CITAZIONE
Ho appena finito di leggere su onemanga l’ultimo capitolo (il 108) del meraviglioso manga della Arakawa. E mi sono posto una domanda: “Quanto forte può colpirci un manga? Quale messaggio può trasmetterci? Cosa ci lascia, alla fine?”
Fullmetal Alchemist è stato pubblicato in Giappone per la prima volta nel 2001, arrivando in Italia nell’estate del 2006. Il manga mi colpì sin dai primi tankobon: molto più seinen che shounen (anche se è stato pubblicato sulla rivista mensile Shonen Gangan) ha sempre mostrato molto più che una semplice storia steampunk basata sulla commistione tra tecnologia protoindustriale e uso dell’alchimia (vista nella sua forma originaria di magia e scienza chimica fuse insieme). La genialità della Arakawa (che ama dipingersi come una mucca) ha fatto sì che questo manga facesse da specchio alla realtà bellica dei nostri tempi: il regno di Amestris, retto da una forte forza militare e dal suo Fuhrer, rappresenta quelle grandi potenze che soggiogano i piccoli paesi con la loro supremazia nella tecnologia e negli armamenti; il popolo di Ishval è un chiaro riferimento a tutte le popolazioni (prime fra tutte quelle Mediorientali) che vengono spazzate via in quanto minoranza ritenuta insignificante dai Popoli forti.
Fullmetal Alchemist, tuttavia, non vuole essere un manga moralista e bacchettone: la Arakawa non ha mai fatto dire a nessuno dei personaggi cosa fosse giusto e cosa fosse sbagliato, ma ha sempre lasciato intendere che le vicende narrate dovessero essere interpretate da ogni lettore. In questo manga si parla di guerra, di dominazione di un popolo su di un altro, di razzismo ed incomprensioni dovute a differenze culturali, etiche e religiose: come nella vita reale, non si può dire quale delle due fazioni rappresenti il bene e quale il male, in quanto durante un conflitto spesso e volentieri questi confini si assottigliano e si mescolano, facendo perdere, spesso, la nozione della causa scatenate delle ostilità.
Il finale di questo manga, a mio parere, non tradisce assolutamente lo stile e la forma con cui questa opera è sempre stata presentata: ho sempre trovato geniale FMA per la capacità con cui mischiava serio e faceto, per l’incredibile maestria con cui l’autrice riusciva ad inserire una vignetta comica in super-deformed all’interno di una sequenza particolarmente drammatica, senza però far cadere la tensione e il pathos che la scena presentava in quel momento. FMA non ha mai voluto stupire “per forza”, non ha mai voluto dare dei colpi di scena che dovessero necessariamente far saltare dalla poltrona il lettore (eppure ci sono state alcune tavole finali di alcuni capitoli che avrebbero potuto causare un infarto ad un debole di cuore!): su questa stessa linea di pensiero, il finale non ha voluto presentarsi come uno spettacolo pirotecnico infinito e pieno di effetti speciali; al contrario, la Arakawa è riuscita a terminare lo scontro finale, quello con il “Boss-Master” di fine gioco, se parlassimo di Videogames, già nel capitolo 107, lasciando questo capitolo 108 (l’ultimo in assoluto) per farci scoprire, finalmente, la verità dietro la porta, quella porta che nasconde le grandi forze del bene e del male, e che porta in sé la conoscenza di tutti gli Universi.
Non preoccupatevi, non vi rivelerò come va a finire, né vi dirò quale è questa grande verità (anche se penso che molti di voi, leggendo gli ultimi capitoli, se ne siano fatti un’idea): voglio solo dirvi che un grande manga (a mio parere) è appena terminato; che un’opera a fumetti, considerata dai falsi colti che popolano questo mondo come una forma culturale di terzo livello, è giunta alla sua degna ed emozionante conclusione; e che il mondo delle nuvole parlanti ha, oggi, una nuova sfolgorante gemma tra i suoi gioielli.
Addio Edward ed Alphonse Elric: ci mancherete.