La Terra dei Demoni

V-VI°-VII° Evento del GDR di TAM

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  1. Leeroy Gorshmit
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    Lo Spirito del Sacrificio

    mamemi-spada



    Osservò la custodia di legno levigato appoggiata sul tavolino basso di legno davanti a sé. Lo inquietava. Rimaneva affascinato da quel legno e dalla fattura con cui l'artigiano, chissà quanti addietro, aveva realizzato il tutto. Eppure, allo stesso tempo, la presenza dei numerosi rettangoli di carta bianchi con sopra il Kanji di Sigillo trasformavano quell'opera d'arte di artigianato in un vero e proprio oggetto portatore di inquietudine.
    Si schiarì la gola, abbassò lo sguardo verso le sue gambe incrociate e poi sulla tazza di té che teneva sul tavolino. Quello che stava per fare lo metteva a disagio e lo faceva sentire in difetto. Eppure aveva senso. La parte razionale ed analitica di lui, sapeva avere tremendamente senso.
    Buttò lo sguardo fuori dalla finestra, facendosi distrarre da un ramo di ciliegio i cui boccioli avevano appena cominciato a gemmare. Un piccolo passerotto dai colori vivaci balzò sul ramo, cinguettò allegro per poi ripartire. Era per quello che lo stava facendo. Aveva visto la distruzione che c'era stata davanti alle porte di Teichi, aveva visto la morte aleggiare negli occhi di quegli esseri. Non c'era più nulla di umano in quelle creature, non erano più esseri viventi, erano divenuti peggio di umani: Demoni.
    Eppure il Mizukage non c'aveva pensato due volte a dargli quell'incarico, a lanciare un'altra anima dentro il mortaio. Si schiarì di nuovo la gola e bevve un altro sorso di té. Mosse la posizione seduta a disagio, spostando il peso da una natica all'altra. La leggerezza sulla schiena gli risultava innaturale dopo quelle settimane passate al fronte. Abbassò lo sguardo verso sinistra. Là dove riposava la sua fedele arma che era solito tenere sulle spalle. Era sempre lì, era sempre lì.
    Tornò a fissare la custodia di legno. Le sue labbra si strinsero in una linea sottile.
    Conosceva il Credo dei Ninja, sapeva quello che doveva essere fatto, perciò non era contrario al mandato del Mizukage. Ogni Shinobi e Kunoichi del Villaggio doveva essere pronto a dare la vita per il benessere di molti. Si combatteva nell'ombra perché bambini e civili potessero continuare a sorridere alla luce del sole. Si viveva la vita dei fantasmi perché altri potessero non pensare ai propri nella vita di tutti i giorni. Era giusto così, era sensato sin dal momento in cui il Villaggio era stato eretto, e lui aveva abbracciato ed integrato quel pensiero anni or sono. Se sacrificare la vita di uno Shinobi poteva permettere di salvarne altre cento, non ci si doveva pensare due volte. Sopratutto se quello Shinobi era sacrificabile, e lui aveva giusto qualche nome posto in cima alla lista dei sacrificabili. Per il bene del Villaggio, ovviamente. In tutti i sensi.
    Purtroppo, però, oggi nessuno della sua lista personale dei sacrificabili era stato scelto, al contrario era stata scelta la persona sbagliata. Proprio quella che per lui non avrebbe dovuto essere sacrificata con tanta leggerezza. Del resto, in tal materia non aveva potere decisionale in opposizone al Mizukage. Aveva provato ad argomentare a tu per tu con lui, certamente, Aveva addirittura provato a dire che quella persona sarebbe stata senz'alcun dubbio più utile e capace nelle retrovie, con una posizione di comando, in grado di poter sfruttare la mente strategica che si ritrovava come una sorta di sua personale estensione per il bene e la protezione del Villaggio. Non in prima fila a far scorrere sangue. Però lei aveva accettato di ingrossare le fila degli ANBU, e l'ultimo arrivato non aveva nessuna voce in capitolo. Voleva servire il Villaggio, e ora il Villaggio le stava dando l'occasione di farlo. Nel bene e nel male.
    Sorseggiò di nuovo la tazza di té e grugnì con disapprovazione. La sua stretta si fece più salda non appena sentì la porta a pannelli scorrere.
    La figura di una ragazza dai brillanti capelli rossi oltrepassò la soglia.
    "Volevi vedermi?"
    "Siediti." ordinò diretto e conciso. In quel momento aveva il dovere di essere il più asettico possibile poiché non poteva far traspirare niente: instillare il dubbio nei sottoposti era il peggiore dei veleni.
    Appoggiò con decisione la tazza di té sul tavolino.
    "Ho deciso che sarai in prima linea per un assalto sul fronte Sud-Ovest. Avrai una piccola squadra di cui sarai al comando, e sarete una delle prime incaricate di iniziare quella che il Mizukage ha definito come tattica di rallentamento..." le annunciò, impedendo che dalle sue parole potesse trasparire qualunque considerazione personale. D'altronde, a suo parere le tattiche di quel tipo erano assolutamente inutili in una circostanza come quella. Dovevano prendere una squadra di elementi d'elitè da tutto il mondo ninja, farsi supportare dal resto dell'esercito per passare con l'elitè oltre le linee nemiche e piantare un bel paletto di legno nel cuore pulsante dell'esercito. Almeno era così che si faceva una volta. Tuttavia, oggi non era così semplice: il Padre era nascosto da qualche parte a Tsuki, e non si era fatto vedere, mentre quel nuovo Mostro imperversava come un tritacarne. Non c'era modo di vincere una nuova guerra frontale, non senza gli aiuti dagli altri paesi che tardavano ad arrivare. "In quel consiglio dei Kage si potevano contare più eunuchi che uomini. Che vergogna. Ai miei tempi ho visto ben altri Kage meritare di indossare quel cappello. Tutto ciò che abbiamo affrontato per portare il mondo ninja a ciò che è oggi è stato dimenticato di fronte alla prima grossa minaccia..."
    "Sì, sono stata informata, ma non sapevo ci fossi tu dietro."
    "In piccola parte sì. La strategia non è mia, ma una parte del lavoro sporco sì. Tagliamo la testa al toro: so che hai deciso di intraprendere la via degli ANBU, Kuroe. È una scelta ingrata, una via fatta di ombre e irriconoscenza..." Lasciò indugiare il silenzio, incerto sul cos'altro dire per continuare quella frase. Decise di non dire oltre, e lasciarla morire lì, perché delle volte era meglio tacere che parlare a vanvera, un'arte che molti Shinobi di questi tempi avevano dimenticato.
    Afferrò la tazza dal tavolino e la portò alle labbra. Prese un altro sorso di tè, portò la mano con la tazza sulla coscia. Il Tè era quasi finito.
    "E...? Volevi dirmi qualcosa...?" incalzò Maemi, mostrandosi scocciata e spazientita. Era irrispettoso, ma ormai la conosceva e decise di lasciar correre per quella volta.
    "Sì, il Mizukage ha riconosciuto la tua presenza e valore in battaglia. La tua ascesa tra i ranghi è stata una delle più veloci negli ultimi tempi. Per questo..." si schiarì di nuovo la gola. Il suo unico occhio dardeggiò verso la custodia di legno piena di sigilli. Poi riprese. "Per questo motivo ti è stato affidato il compito di portare con te in battaglia questo oggetto" le disse aprendo con decisione i due moschettoni della custodia e tirando via il coperchio. Il legno rivelò un interno fatto di stoffa imbottita al cui centro di quel rettangolo, riposava una Katana dal manico di stoffa violacea e dal fodero di ugual colore. Anche stavolta sia il fodero che il manico erano coperti da Sigilli di carta, la tsuba della katana era legata al fodero con una serie di legacci di stoffa piena di sigilli neri.
    "Questa è un'arma potente. Abbiamo dovuto portarla via dalle mani di una Kunoichi di Kiri, mentre cercava di varcare illegalmente il confine del Villaggio per ricongiungersi con l'esercito nemico..." le raccontò brevemente. Era stato lui stesso a strappargliela dalle mani mentre quella kunoichi ancora schiumava bava dalla bocca. "Al momento è stata imprigionata e, se è fortunata, probabilmente subirà la corte marziale per crimini di guerra dopo che avrà perso utilità per noi. Quella stronza si è portata dietro ben cinque compagni di guardia..." Mentre lo diceva un'ombra passò sui suoi occhi: se solo avesse intuito di un simile pericolo, avrebbe potuto evitare le perdite. C'era un altro Shinobi di Kiri che aveva fatto una simile fine, ma lui era riuscito a scappare e non si sapeva più nulla. Abbassò lo sguardo verso la Tagliateste stesa al suo fianco. Indugiò sul profilo della lama. Avrebbe posto rimedio anche a quell'errore, un giorno.
    "È un grande onore..." disse Maemi, con un velo di incertezza, avvicinando la mano sulla spada.
    "Stai attenta..." le disse Kisuke sollevando l'indice della mano destra. "Quell'arma racchiude dentro di sé un potere incredibile che i Monaci pensano di aver sigillato, ma dopo quello che è successo non siamo più così certi. Se dovrai usarla, e sottolineo se, assicurati di non rimuovere i Sigilli dal fodero o dal manico... le parlò col tono autoritario che aveva sempre usato con lei quando le assegnava un compito o le dava ordini senza ammettere remore. "E prega di non essere la prossima di cui dovrò occuparmi" pensò tra sé e sé il Sennin della Nebbia, pregando egli stesso la medesima cosa. Aveva sulle mani fin troppo sangue di ex compagni e non avrebbe mai voluto che ci fosse anche quello della sua allieva.
    La ragazza afferrò la Katana con decisione, sollevandola verso l'alto. Kisuke sentì le dita serrarsi intorno alla tazza, un lieve crepitio si propagò nell'aria. Vedeva Maemi già attratta da quell'artefatto demoniaco. Cercò di rilassare i muscoli della mano o si sarebbe ritrovato cocci e té tra le dita. Il pericolo che anche Maemi divenisse un mostro schiumante senza cervello era dietro l'angolo. Un pericolo che lui avrebbe odiato vedersi realizzare. C'era però una possibilità, l'unica possibilità a cui aveva deciso di aggrapparsi quando il Mizukage aveva scelto lei per la spada: Maemi aveva una mente di sicuro ben più forte della precedente proprietaria, una capacità del controllo del Chakra raffinata e sublime, un autocontrollo ferreo nel discernere le illusioni dalla realtà. L'aveva forgiata lui ed ora come non mai sperava di aver fatto un buon lavoro. Forse quella mente determinata sarebbe stata in grado di tenere a bada quegli impulsi. Forse.
    "Questo è tutto! Ora vai, la tua squadra partirà domani all'alba!"
    La Kunoichi si alzò e si infilò la Katana nella fascia alla vita. Lei fece per chinarsi leggermente in segno di rispetto, ma allora Kisuke fu preso dall'istinto e si sporse appena per afferrare il polso di Maemi e bloccarla prima che potesse ritirarsi.
    "Guardami bene in faccia" le disse, levandosi bende e coprifronte, per scoprirsi il volto ad eccezione dell'occhio destro. "Ricordati sempre chi sei. Ricordati sempre quali sono le tue origini. Ricorda sempre a chi devi la tua fedeltà. Ricordati sempre di chi ti ha accolta e di chi ti aspetta qui al Villaggio. Pensaci sempre. E pensaci bene, sempre, prima di usare quell'arma. Non è un premio per te. Non è una medaglia al valore. Quelle si ottengono diversamente. Non usarla mai a meno che tu non ti veda messa di fronte allo shinigami. Hai capito? MI HAI CAPITO?" tuonò il Sennin, sapendo che nessuno al di fuori poteva intercettare la loro conversazione.
    Maemi accennò un timido gesto di assenso. Non aveva mai visto Kisuke così, al di là del volto.
    Kisuke le lasciò il polso, e solo allora si rese conto di aver stretto un po' troppo la presa, quindi accennò una lieve inclinazione del capo. Un ultimo saluto ad una kunoichi che si recava in battaglia. Così come accadeva agli antichi pure oggi, ciascuno di loro sapeva che non ci potevano essere certezze nel rivedersi di nuovo. Nemmeno grazie al marchio del Legame di Ferro che Maemi portava sull'interno del polso sinistro.
    "Vedi di non deludermi e di tornare indietro sana e salva, perché in un modo o nell'altro avrò ancora modo di giudicare il tuo operato" furono le ultima parole che uscirono dalle labbra del Ninja più potente della Nebbia, mentre il pannello di legno si chiudeva alle spalle della Kunoichi.
     
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