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Hai inviato a qualcuno i codici? Ti chiedo anche due cose:
1) Ti riconteggiare da zero il valore totale della tua Taglia
2) Di specificare di che tipo di Chakra forgiare la spada -
.Ok grazie, allora chiedo anche questo ma giusto per conferma: se il mio avversario non ha specificato 'sta cosa, posso procedere a mia discrezione?
Sì, ma a prescindere potresti agire a tua discrezione in ogni caso perché è sempre il difensore a decidere se e come viene colpito da un attacco. Il fatto che tu possa comporre i Sigilli ad una mano per me è già un counter sufficiente a questo tipo di Tecnica. In fondo ti serve soltanto poter muovere liberamente le dita -
.Domandina da delfino curioso: se vengo presa dalla tecnica qui citata, posso comunque fare i Sigilli a una mano?CITAZIONEAi no Muchi - Frusta dell'Amore
Villaggio: Tutti
Livello: B
Tipo: Ninjutsu
Questa tecnica permette a Gamaho di estendere la propria lingua a velocità alta fino ad un massimo di venti metri per avvolgerla repentinamente attorno ad un avversario con lo scopo di immobilizzarlo, l'immobilizzazione dura fino alla fine del Turno e sarà possibile liberarsi prima usando una tecnica B o superiore sulla lingua o provocandole una ferita di medio-grave entità. E' possibile, dopo aver catturato la propria vittima, sbatterla al suolo, provocando danni medio-gravi da impatto ma in quel caso subito dopo averla sbattuta la vittima sarà libera dalla presa.
Consumo: 8
Direi che dipende dall'altezza in cui la lingua si avvolge intorno al tuo corpo. Se ad esempio ti si avvolge intorno al petto, o all'ombelico, anche se le braccia sono schiacciate contro il tronco dovresti riuscire a comporre i Sigilli ad una mano. Se invece la lingua blocca all'altezza del polso, o della mano stessa, direi che diventa più difficile -
.Buonasera,
una domanda a fini di infiltrazione. Essendo stata creata una nuova allenaza shinobi, c'è stata anche la reintroduzione del coprifronte unico oppure posso usarne uno di un villaggio specifico ? ( in questo caso Kiri )
Grazie
Non è stato specificato e, siccome i rapporti tra i vari Villaggi/Kage non sono poi così idilliaci, direi che possiamo stabilire che ognuno stia mantenendo il proprio coprifronte d'origine. -
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Richiedo la correzione di QUESTA Missione di livello B progressiva, che vorrei far valutare come Missione di livello S. Grazie!
Lee: on my way
Edited by Leeroy Gorshmit - 4/5/2024, 10:40 -
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Edited by Glustrod - 3/5/2024, 12:57 -
.SPOILER (clicca per visualizzare)Narrato, "Pensato", «Parlato», "Pensato Baku", «Parlato Altri».
«Questo posto fa schifo», disse Goro, sbattendo il boccale vuoto sul tavolo.
Ruttò. Nessuno parve farci caso.
«Spero solo che varrà la pena essere venuti in questo Paese di merda».
Yusuke piegò l’angolo della bocca in un sorriso appena accennato. Goro non era mai stato un amante dei posti freddi, e l’inverno nel Paese del Fulmine sapeva essere particolarmente ostile nei confronti degli stranieri. Da quando erano arrivati a Raiden non avevano fatto altro che stringersi nei mantelli e rabbrividire, o starnutire come due bambini raffreddati. Un’immagine assai ben poco minacciosa per due tra gli agenti più pericolosi del Villaggio della Foglia.
«Lo spero anch’io», rispose l’Uchiha, sospirando, «altrimenti chi ti sopporta durante il viaggio di ritorno?»
Il colosso addentò un trancio di carne abbrustolita e gli puntò la forchetta sotto il naso, facendogliela roteare davanti al viso.
«Senti, scusa se non sono entusiasta all’idea di viaggiare per centinaia di chilometri inseguendo un fantasma, solo per tornarmene indietro a mani vuote e considerarmi fortunato se sono ancora vivo. Di solito questa è la tua specialità».
Yusuke incassò senza ribattere, ma si limitò a sorridere al compagno, lasciandosi cadere contro lo schienale della sedia. Goro aveva ragione: gli sembrava fossero passati anni da quando aveva cominciato a dare la caccia ad Hayato Kusanagi ed al suo Sharingan, e forse erano passati davvero. Si era rivelata una strada costellata da vicoli ciechi, più di una morte evitabile e diversi incontri spiacevoli, fino a quella che pareva essere la svolta più importante in quella caccia: Yurei Namizake e quel suo folle desiderio di affrontarlo, ancora e ancora, quasi si trattasse di un gioco spassoso, di cui solo lui conosceva le regole, e Yusuke ne fosse l’ignara marionetta, controllata da forze più grandi di quanto potesse comprendere. L’ultima volta che si erano visti, sull’isola che un tempo ospitava la base operativa della Compagnia del Sole Rosso – l’Organizzazione di Mukenin guidata da Kusanagi prima di sparire nel nulla – quel pazzo gli aveva rivelato che Hayato era morto e che il suo Sharingan non riposava con il suo cadavere, ma che l’Arte Oculare rubata era stata trafugata di nuovo. Stando a lui, era finita nelle mani di un certo Yogan Raimu. Quanto tempo era passato da quel giorno? Un anno, due?
Da allora, non era riuscito a scoprire che poche, banali informazioni su quel Ninja sconosciuto. Sapeva solo che era un idiota che si era fatto beccare mentre insegnava una Tecnica Segreta della Nuvola ad un Ninja straniero e che, per questo, si era dato alla macchia fuggendo a gambe levate dal Paese del Fulmine; poi, più nulla. Per un po’ aveva pensato a quanto fosse improbabile che un elemento del genere fosse il nuovo depositario dell’occhio di uno Shinobi famigerato, come lo era Kusanagi, e che forse Yurei si era preso gioco di lui; che quel nome non lo avrebbe mai portato a niente. Per quanto ne sapeva, Raimu poteva essere morto durante la fuga sbattendo la testa contro un sasso. Dopo tanto tempo, quando ormai aveva smesso di pensarci, quel nome gli era capitato sottomano mentre controllava gli aggiornamenti alle Taglie dei Mukenin più pericolosi del mondo Ninja.
Sospirò, allontanando la minacciosa forchetta con un dito. «La differenza è che questa volta non stiamo dando la caccia ad uno spettro. Stando all’ultimo bollettino rilasciato dal Villaggio della Nuvola, il nostro amico è vivo e vegeto. Ne hanno pure aumentato la classificazione al livello A…»
«Considerando da quanto tempo stai dietro a quel dannato occhio, mi perdonerai se rimango scettico riguardo all’utilità di qu—»
«Allora forse potresti fare le tue rimostranze direttamente a Sadaaki, eh Goro?», intervenne Chidori, sibilando come un serpente pronto a colpire. «Oppure, e qui faccio un’ipotesi azzardata, potresti smettere di lamentarti per cinque cazzo di minuti e lasciarmi finire in pace la mia dannata bistecca».
Si ammutolirono entrambi. Sadaaki era il nome che usavano per riferirsi a Saburo quando si trovavano in territorio ostile, il che comprendeva la quasi totalità del mondo al di fuori del Villaggio della Foglia. Yusuke emise un basso fischio, lanciando all’altro un’occhiata eloquente nel tentativo di trattenere una risata.
«Non una parola, Kagachi», gli intimò l’uomo, appoggiando un gomito sul tavolo, che prese a traballare sotto il suo peso. «Non una parola, o ti giuro che ti faccio saltare quei denti a punta che ti ritrovi».
Trovava divertente come, quando si lasciavano andare ai loro battibecchi, a Chidori bastasse una parola per rimetterli in riga. Nonostante le cose terribili che facevano per vivere, quell’atmosfera surreale gli dava un senso di… casa. Famiglia. Una sensazione che non provava da troppo tempo. Era un vero peccato che, non appena avesse tagliato la testa a quel vigliacco di Emon Saburo, tutto quanto sarebbe crollato su sé stesso.
«E comunque», riprese Chidori, tracannando il contenuto del suo bicchiere in una sola sorsata, «sono arrivati. Entreranno dalla porta principale tra pochi secondi».
Gli occhi di entrambi gli uomini guizzarono verso l’arco d’ingresso a quell’ala della taverna. Si trovava dalla parte opposta della sala circolare rispetto a dove si trovavano loro, seduti intorno ad un tavolo molto vicino ad una delle pareti dell’edificio di pietra. Avevano scelto quel tavolo per mantenere il controllo sull’ambiente, su chi entrava e chi usciva, come da procedura standard delle forze speciali. L’unica che dava le spalle alla porta era Chidori, poiché non aveva bisogno di utilizzare gli occhi per vedere quello che accadeva intorno a lei. La stanza era ricca di finestre ed aveva il tetto basso, spiovente; era collegata all’ambiente principale della taverna, dove si trovava anche il bancone dal quale venivano preparati cibo e bevande. In quella saletta laterale soltanto un altro tavolo era occupato da una coppia di avventori silenziosi, intenti a consumare un piatto di stufato caldo, mentre i rumori più forti provenivano dal salone d’ingresso poco distante.
«Quanti sono?», chiese Yusuke, raddrizzando la schiena.
«Cinque. Ma solo in due stanno entrando. Gli altri stanno circondando il perimetro».
«Scrupolosi», commentò Goro, masticando un altro pezzo di carne.
"E per niente minacciosi", pensò Yusuke, lanciando un’occhiata fuori dalla finestra. Pioveva a dirotto. Un lampo in lontananza illuminò il paesaggio montano, rivelando una figura incappucciata impalata accanto alla recinzione malconcia che circondava la taverna. Non invidiava affatto quel poveraccio. Si sistemò la crocchia di capelli che teneva annodata sulla nuca, mentre nella sala facevano il loro ingresso due figure ammantate di grigio. La prima era una donna dall’aspetto imponente, sulla quarantina, le cui membra vigorose trasparivano anche attraverso la spessa stoffa del mantello carico d’acqua. Aveva la pelle scura ed una lunga cicatrice rosea che dal sopracciglio sinistro le attraversava l’intero lato della testa, rasata a zero. L’altra metà del capo era invece coperta da lunghi capelli bianchi come perle. Alle sue spalle si muoveva un uomo moro dal viso pallido e allungato, con occhiaie profonde che contrastavano con la pelle così chiara e le labbra esangui. Avvicinandosi, i due afferrarono due sedie vuote da un tavolo libero e le avvicinarono al loro, riempiendo lo spazio lasciato vuoto di fronte a Goro. Mentre si sedeva, la donna lanciò un’occhiata allo spadone di Chidori, appoggiato accanto a lei, e sogghignò.
«Bella spada».
Aveva una voce ruvida, come duro era il suo aspetto. Yusuke sorseggiò il suo boccale di birra ed impartì un ordine mentale ai due uomini seduti nel tavolo accanto. Questi interruppero tutto ciò che stavano facendo, posarono boccali e posate sul tavolo e lasciarono la stanza in silenzio, senza proferire parola. Nella sala rotonda ora restavano soltanto loro e i nuovi arrivati, senza alcuna interferenza esterna che potesse origliare i loro discorsi.SPOILER (clicca per visualizzare)Sharingan Tre Tomoe
Villaggio: Tutti
Livello: B
Tipo: Doujutsu
Sviluppata la terza Tomoe l'Uchiha può, nel caso si accorga di essere preda d'un Illusione, dissolverla istantaneamente, anche se a base uditiva nel caso in cui le suddette Illusioni coinvolgano il senso della vista; per illusioni di livello A o superiore, quando disperse, l'utilizzatore dovrà pagare un surplus di Chakra pari al costo del Genjutsu disperso a cui andrà sottratto il costo dello Sharingan. Può inoltre utilizzare qualsiasi Genjutsu semplicemente con lo Sharingan senza usare alcuna impostazione delle mani, se la vittima ne incrocia lo sguardo. Lo Sharingan dona capacità di preveggenza permettendo all'Uchiha di prevedere qualunque attacco fisico, movimento, Taijutsu e Ninjutsu e capire se è una tecnica a base elementale o meno, e di conseguenza l'elemento utilizzato per la tecnica. Tuttavia, ogni schivata o contromossa è vincolata ai limiti fisici dell'utilizzatore. E' possibile inoltre copiare qualsiasi Taijutsu, Ninjutsu e Genjutsu visto ed utilizzarli in combattimento fino al termine dello stesso.
Se attivato solo per lanciare Tecniche a scopo narrativo che non hanno consumo, neanche lo Sharingan avrà consumo.
Consumo: N/A
Seishin Tosei No Jutsu - Tecnica del Controllo Mentale
Livello: A
Tipo: Genjutsu
Questo potentissimo Genjutsu permette di far cadere un altro individuo sotto il proprio controllo mentale. Per essere utilizzato richiede immobilità da parte dell’utilizzatore ed il contatto visivo della vittima con il proprio Sharingan. Questo Jutsu può essere utilizzato soltanto su Ninja di grado inferiore al proprio o sui civili, e rende il bersaglio una vera e propria marionetta al servizio dell'utilizzatore, di fatto obbedendo ad ogni suo ordine. Se si sta controllando uno Shinobi egli potrà utilizzare le Tecniche del proprio arsenale, ma solo una per Turno ed il Chakra utilizzato dal Ninja verrà scalato da quello dell'Uchiha, e non dalla vittima dell’Illusione. Durante il controllo mentale, la vittima del Genjutsu non può auto-infliggersi ferite superiori all’entità media, pena lo scioglimento della Tecnica per via dell’istinto di auto-conservazione dell’individuo che entrerà in gioco un attimo prima che questi stia per ferirsi. Se utilizzata contro un altro giocatore, l'Uchiha dovrà essere di almeno due gradi superiore all'avversario. Se l'utilizzatore prova ad attaccare in qualsiasi modo la vittima di questa Tecnica, l'Illusione si dissolve automaticamente.
Se utilizzata a scopo narrativo durante una Quest, la sua durata può essere protratta fino ad un massimo ventiquattro ore con un solo utilizzo e non avrà Consumo.
Dissolvibile con una ferita medio-grave, oppure tramite la Capacità "Interruzione Genjutsu" utilizzata sull'Uchiha o sulla vittima, pagando 30 punti Chakra.
Consumo: N/A
Si accorse che l’uomo pallido aveva osservato con curiosità l’innaturale incedere dei due uomini, i quali un attimo prima stavano conversando fitto tra di loro, ed un momento dopo si erano fatti muti come pesci, prima di andarsene senza neanche aver terminato il loro pasto. Era chiaro che il suo fosse uno sguardo allenato a notare ogni particolare di ciò che lo circondava. Anche se a malincuore, era stata un’idea di Goro quella di contattare le forze speciali ANBU della Nuvola; pareva che lui e quella Kunoichi avessero dei trascorsi.
«Ako», la apostrofò Goro, allontanando i resti del suo piatto verso il centro del tavolo. «il clima di questo bel Paese è incantevole, come sempre».
Lei spostò la sua attenzione sul colosso, indugiando in un sorriso a mezza bocca prima di rispondere.
«Goro, è passato troppo tempo dall’ultima volta. Cominciavi quasi a mancarmi».
Yusuke cercò sul volto di Goro segni di reazione, ma lui rimase impassibile. Capì che la donna trovava divertente quella barriera rocciosa che l’uomo aveva eretto tra di loro.
«Nella tua lettera dicevi che avevi bisogno di parlarmi. Immagino non sia per questioni di piacere».
Questa volta fu Goro a sorridere, mostrando una lunga fila di denti squadrati e bianchi, nonostante la quantità industriale di sigarette che consumava ogni giorno. «Nello spirito di rinnovata collaborazione tra i nostri due gruppi… vorrei condividessi con noi alcune informazioni classificate in vostro possesso».
Ako incrociò le braccia al petto, rivelando due avambracci nerboruti da sotto la mantella. «Avevo detto che ti dovevo un favore, non che ero disposta a tradire il mio Villaggio per te».
«Calma, calma. Sai che non ti chiederei nulla che tu non sia disposta a darmi. Siamo sulle tracce di un Mukenin, uno dei vostri… speravo che poteste darci qualche dritta su di lui, niente di più».
La donna sbuffò. «Qualche dritta… hai sentito, Kou?» L’altro piegò le labbra sottili in quello che poteva passare come l’ombra di un sorriso. Era così bianco che sembrava gli avessero aspirato tutto il sangue che aveva in corpo. «Sentiamo prima il nome di questa feccia a cui state dando la caccia».
«Yogan Raimu», intervenne Yusuke, poggiando il boccale di legno davanti a sé.
Non ci voleva lo Sharingan per notare l’irrigidimento nel corpo della donna, che gonfiò il petto ed affondò le dita nel bicipite scoperto. L’attenzione dei due Ninja della Nuvola si volse interamente su di lui: Ako lo guardava come si fosse appena accorta della sua presenza e fosse stupita di trovarlo seduto lì, al posto di una sedia rimasta vuota fino a pochi istanti prima; l’altro uomo, Kou, lo osservava con la stessa intensità che aveva dedicato ai due uomini che aveva controllato mentalmente. Quella sua aria cadaverica, con i capelli bagnati e le ombre scure intorno agli occhi, lo metteva a disagio.
«Che cosa volete da lui?», chiese la Kunoichi, fattasi all’improvviso più seria.
«Ha rubato qualcosa che ci appartiene. Abbiamo visto che avete alzato la sua classificazione Mukenin, quindi pe—»
«Rubato che cosa, di preciso?», lo interruppe l’uomo pallido, con una voce che appariva poco più che un sussurro. «Dovrete essere più specifici, se volete il nostro aiuto».
«…Uno Sharingan», rispose Yusuke, dopo un attimo di esitazione, guardando la donna dalla pelle scura dritta negli occhi con la sua Arte Oculare.
Chidori, seduta accanto a lui, inspirò rumorosamente e spostò il peso da un gomito all’altro. Non era contenta che avesse rivelato agli stranieri l’esatto motivo della loro ricerca. I due Shinobi della Nuvola si scambiarono una lunga occhiata, mentre dal salone principale della taverna si udiva il coro sgangherato di più voci che cantavano una canzone popolare. Qualcosa riguardo un’orsa ed il cacciatore che se l’era scopata in una notte d’inverno, scambiandola per la moglie avvolta da strati di pelli conciate.
«Sentite», disse infine Ako, appoggiando entrambe le mani sul tavolo traballante. Yusuke distolse con rammarico l’attenzione dalle note oscene che echeggiavano nell’altra sala. «Sarò sincera: quel Raimu ci ha già causato abbastanza guai con Kirigakure. Non vogliamo che per colpa sua nascano problemi anche con la Foglia, non se possiamo evitarlo. Che cosa volete sapere?»
Chidori gli lanciò un’occhiata torva. Sollevò le sopracciglia in uno sguardo eloquente, come ad invitarlo ad andare fino in fondo ora che la frittata era stata fatta. Yusuke prese un lungo respiro. Già sapeva che avrebbero discusso, non appena i Ninja della Nuvola avessero levato le tende.
«Visto il cambio di rango Mukenin, immaginiamo che sia successo qualcosa negli ultimi tempi: che abbia commesso nuovi crimini, o resistito di nuovo alla cattura… insomma, speravamo che aveste piste più fresche delle nostre su dove possa trovarsi Raimu in questo momento».
La donna dalla pelle scura annuì. «Yogan ha… ucciso una Kunoichi della Nuvola che ha cercato di catturarlo. Prima di morire la ragazza era riuscita a leggergli la mente, e Raimu è stato così stupido da lasciarsi dietro il cadavere, perciò dal suo corpo siamo riusciti a scoprire diverse informazioni utili».
«Un ultimo servigio per il suo Paese», commentò Goro, sollevando il boccale in segno di rispetto.
«Già…», grugnì la donna, perdendosi per un momento nei suoi pensieri. Si riscosse, riportando lo sguardo sull’omaccione accanto a Yusuke. «Siamo disposti a condividere queste informazioni con voi. Dovrò parlarne con il mio superiore ma, viste le premesse», lanciò una fugace occhiata all’Uchiha, «non credo ci saranno problemi. Raggiungeteci a Kumo e vi daremo una copia del rapporto scritto da chi ha effettuato la lettura mentale sulla nostra Kunoichi. Lì dovreste trovare tutto quello che vi serve».
«Lo apprezzo, grazie», disse Goro.
«Tieni per te queste stronzate, Goro», rispose lei, mentre si alzava da tavola con un sogghigno. «Con questa siamo pari».
Dopo un breve commiato, i due della Nuvola lasciarono la taverna. I Ninja della Radice rimasero soli nella sala e restarono in silenzio per diversi secondi, in attesa che Chidori confermasse che l’intera squadra di Kumo aveva davvero lasciato la zona. Yusuke notò che la cascata di capelli neri della donna ondeggiava appena, seguendo il tamburellio del tallone sulle assi di legno del pavimento. Era arrabbiata.
«Non avresti dovuto parlare dello Sharingan», sbottò la Kunoichi ad un certo punto, convalidando implicitamente che potevano parlare senza timore di essere ascoltati.
Yusuke sospirò. «Perché? Ha funzionato. Ci diranno quello che sanno».
«Questo non lo sappiamo per certo. L’unica cosa di cui siamo sicuri è che ora la Nuvola sa dove trovare uno Sharingan al di fuori del Villaggio della Foglia, e che tu gliel’hai servito su un piatto d’argento».
«Chidori», intervenne Goro, «non credo che Ako voglia—»
Lei lo zittì con un’occhiata. «Non farti ingannare dalla tua familiarità con quella donna. È un ANBU, come noi. Credi che non ci tradirebbe, se le ordinassero di impossessarsi di quell’Arte Oculare? Diamine, per quel che ne sappiamo potrebbero già essere a metà strada per il nascondiglio di Raimu».
Yusuke incrociò le braccia al petto, accigliandosi. «Dici sempre che con il tuo Occhio Psichico riesci ad accorgerti quando qualcuno non dice la verità. Perciò dimmelo tu: ci hanno mentito?»
«Beh…», Chidori si bloccò a metà della frase, prima di aggrottare le sopracciglia. «Loro no. Ma chi può dire cosa ne penseranno i loro superiori, non appena faranno rapporto?»
Restarono a guardarsi in cagnesco per qualche secondo, finché non intervenne Goro, posando una mano sulle spalle di entrambi.
«Sentite, è inutile stare a piangere sul latte versato. Facciamo rapporto a Tora e poi vediamo il da farsi».
Avvertì la presa del compagno farsi più forte intorno al muscolo, prima che il compagno si alzasse in piedi urtando il tavolo instabile con la sua figura corpulenta. Chidori lo seguì con un sibilo di disappunto; recuperò il pesante spadone e se lo fissò alla fascia sulla schiena, prima di avviarsi per prima verso l’uscita.
Rimasto solo al tavolo, Yusuke si grattò la nuca, passandosi la lingua lungo i canini appuntiti. Un tempo Goro lo avrebbe insultato, o avrebbe preso le parti di chiunque altro solo per fargli un dispetto; ora invece si era speso per riportare la pace tra loro, lo aveva coperto al penultimo Torneo quando aveva rischiato un’imputazione per alto tradimento per salvare il collo a Maemi Takahashi… ed era rimasto al suo fianco quando aveva scoperto i crimini di Emon Saburo nei suoi confronti. Gli doveva molto. Sospirando, lanciò un’occhiata fuori dalla finestra: aveva smesso di piovere.* * *
L’aria gelida gli si insinuava nelle ossa come stilettate crudeli che lo trapassavano tra una costola e l’altra. Quell’acquazzone improvviso aveva fatto crollare ulteriormente le temperature, costringendo Yusuke ad avanzare tremando nella boscaglia fangosa, avvolto nel pesante mantello invernale. Quando ritenne di essersi allontanato a sufficienza dal Vecchio Bue, la locanda dove avevano incontrato Ako ed il suo commilitone, si fermò nei pressi di una roccia piatta abbastanza grande da ospitare il suo didietro congelato. Vi si accasciò sopra, rabbrividendo, e compose i Sigilli per una Tecnica di comunicazione a distanza. Dietro di lui, Goro e Chidori aspettavano in disparte. Li udì scambiarsi qualche parola a bassa voce, ma era troppo concentrato sulla manifestazione del suo Jutsu per riuscire a prestarvi sufficiente attenzione.SPOILER (clicca per visualizzare)Genjutsu Tsūshin - Comunicazione Illusoria
Villaggio: Tutti
Livello: C
Tipo: Genjutsu
Questa è una singolare Tecnica Illusoria, tant'è che non è votata al combattimento e non crea nessun impedimento a chi ne cade vittima. Si tratta di immagini e voci di se stessi proiettate nella mente dei bersagli designati, utilizzate per incontrare e comunicare con una persona o più persone contemporaneamente. Viene utilizzata verso soggetti consenzienti e di cui si conosce l'ubicazione in tempo reale, oppure con qualsiasi persona nelle vicinanze che deve però incrociare lo sguardo con l'utilizzatore. Tutte le immagini proiettate con questa Tecnica appaiono corporee e reali, proprio come se fossero vere, ma trattandosi di un'Illusione gestita dall'utilizzatore non per forza devono corrispondere alla realtà. Eventualmente anche le immediate vicinanze che circondano l'utilizzatore possono essere modificate, facendo apparire chi utilizza il Genjutsu immerso in una foresta mentre si ritrova chiuso in una stanza. Non è possibile utilizzare nessun'altra forma di Jutsu insieme a questo, a meno che non si tratti di Jutsu a Turno attivati in precedenza.
Necessaria la Specializzazione in Genjutsu.
Consumo: N/A
Visualizzò il luogo in cui avrebbe dovuto trovarsi Tora, il braccio destro di Emon Saburo. Ninja Sensore dalle capacità eccezionali, superiori anche a quelle della stessa Chidori, solitamente ricopriva il ruolo di gestore della squadra; si occupava di organizzare ed assegnare le missioni, supervisionare l’andamento dei nuovi membri, fungere da raccordo tra la Radice e la macchina burocratica del Villaggio della Foglia… in sostanza, tutto ciò di cui Saburo non poteva o non voleva occuparsi, preso com’era dalle sue continue macchinazioni, che nascondeva dentro ad altri piani di cui solo lui stesso, forse, era al corrente. Individuò l’uomo dove si aspettava di trovarlo, sepolto nel suo ufficio nella base sotterranea della Radice. Nella sua illusione rimosse tutto di quella stanza, tranne la scrivania sulla quale stava lavorando e la sedia su cui era arroccato. Si ritrovarono l’uno di fronte all’altro, sospesi sul pelo di una distesa infinita d’acqua, che si specchiava su un cielo rosso fuoco e sterminato, attraversato da sparute nuvole fuligginose.
«Tora», lo salutò Yusuke, asciutto. «Rapporto missione».
A differenza del solito, lo Shinobi non indossava i suoi abituali occhiali da sole dalle lenti rotonde, ma teneva sulla punta del naso un paio di occhiali da vista a mezzaluna. Se li tolse, massaggiandosi gli occhi stanchi, e li appoggiò sul piano di lavoro davanti a sé. Erano ormai settimane che stava lavorando a qualcosa di grosso, che aveva deciso di non condividere con il resto del gruppo. Con ogni probabilità su ordine di Saburo in persona.
«Kagachi», disse, focalizzando l’attenzione su di lui. Non era abituato a guardarlo direttamente in quei suoi occhi grigi e freddi, senza il filtro delle lenti scure. «Ti ascolto. Quali novità da Raiden?»
Gli raccontò dell’incontro appena avvenuto con le forze speciali della Nuvola, senza omettere alcun particolare. Quando ebbe finito, Tora rimase in silenzio per alcuni secondi, a riflettere. Raddrizzò la schiena ed intrecciò le dita delle mani davanti al viso, appoggiando i gomiti sul tavolo.
«Ti sei preso un rischio, raccontando loro dello Sharingan di Kusanagi».
Yusuke serrò la mandibola, ripensando alle identiche obiezioni di Chidori. «Un rischio calcolato. Sapevo quali guai Raimu abbia già fatto passare a Kumo e puntavo sul fatto che non volessero ripetere l’esperienza… Ho avuto ragione».
«Così sembra, ma non abbiamo certezza di quello che accadrà a Kumogakure», rispose l’altro, tenendo lo sguardo fisso in un punto davanti a sé. Sembrava molto stanco, con pesanti borse sotto gli occhi che normalmente non aveva. «Potrebbero depistarvi con informazioni false, farvi perdere tempo mentre un’altra squadra va a caccia di Raimu, o peggio. Non mi sento tranquillo ad inviarvi da soli dentro al Villaggio della Nuvola». Riportò lo sguardo su Yusuke, appoggiando il mento sull’indice e il medio di entrambe le mani. «Invierò alla vostra posizione anche Mana, così che possiate completare la missione con una squadra completa. In caso di necessità, può interrogare qualcuno meglio di te».
«Sì, signore».
«Tenetemi aggiornato non appena entrate in possesso di questo rapporto. Prima levate le tende dal Paese del Fulmine, e meglio è».
L’Uchiha chinò il capo, conscio che la conversazione volgeva al termine. «Ricevuto».
Mentre la trama del Genjutsu si dissolveva, non poté fare a meno di chiedersi se tutta quella preoccupazione fosse in un qualche modo giustificata, o se non stessero esagerando. Sapeva bene come ragionavano i Grandi Villaggi e ancora meglio come operavano le forze speciali ANBU: solo un pazzo avrebbe corso il rischio di inimicarsi la Radice nel tentativo di recuperare un’Arte Oculare che apparteneva alla Foglia di diritto. Tutti quelli che erano coinvolti in quella faccenda sapevano quale fosse la posta in gioco e a cosa potevano andare incontro, se qualcosa fosse andato storto. Di che cosa avevano paura?* * *
«Quindi… come entriamo?»
Il Villaggio della Nuvola era costruito intorno o all’interno di enormi guglie rocciose che svettavano sui picchi più alti del Paese del Fulmine, inframezzate da alcuni altopiani che ospitavano gli edifici ad altezza più bassa rispetto a quelli attorcigliati sui pinnacoli più elevati. Ciascuna guglia era avvolta da costruzioni in legno e in pietra, dotate di lunghe protuberanze nella forma di ponti sospesi che collegavano una rupe all’altra, fungendo da principale mezzo di collegamento tra una parte e l’altra del Villaggio. Dove la montagna offriva formazioni rocciose più estese, vi erano soltanto alcuni ingressi la cui struttura mimava il lato frontale di un’abitazione, i quali si tuffavano direttamente nella profondità di quelle enormi sporgenze. I quattro della Radice si trovavano ai piedi di quell’arcipelago roccioso, con il naso all’insù e lo sguardo puntato verso il portone d’ingresso principale, situato alla base di una guglia al termine di una lunga salita, percorsa da un’eterogenea fila di viandanti, carri ed animali che attendevano di poter fare il loro ingresso alla Nuvola. Yusuke era estasiato dalla meraviglia tecnologica rappresentata da quell’insediamento: pur rappresentando un modo di vivere all’apparenza molto scomodo, la sua posizione sopraelevata lo rendeva, in caso di conflitto aperto, un Villaggio difficile da assaltare ed espugnare, poiché i suoi difensori avrebbero sempre goduto di una posizione sopraelevata per controbattere ad un esercito nemico, il quale non avrebbe mai potuto spiegarsi in tutte le sue forze in spazi così ristretti, ma sarebbe stato costretto a dividersi in plotoni molto più piccoli, più semplici da neutralizzare.
Goro gli si fece accanto, con un’espressione indecifrabile stampata in volto.
«La tua amica ci ha fornito un lasciapassare?»
«…No», grugnì il gigante, aggrottando la fronte. «Fa…», esitò, a disagio. «…parte della nostra “tradizione”. Dobbiamo trovare da soli il modo di entrare».
Yusuke inclinò la testa verso il compagno, come un gufo. L’altro si ostinava a tenere lo sguardo fisso in avanti, ma il suo imbarazzo era palese. Poteva quasi giurare di aver visto un leggero rossore spuntare sulle sue guance abbronzate. Sul viso dell’Uchiha si distese un ampio sorriso, simile ad un ghigno.
«Oh, ho capito! Vuoi dire come un gioco, Goro…? Un gioco fra te e la signora straniera?»
Il rossore sul viso dell’uomo si fece più pronunciato.
«Vaffanculo».
«Devo chiedertelo: quindi tu ed Ako…»
«No», grugnì il colosso, soffiando aria dalle narici. «Ed è tutto quello che dirò sull’argomento. Ora vediamo di darci da fare, invece di perdere tempo con queste stupidate», disse, avviandosi lungo la risalita ad ampie falcate.
Alle sue spalle, Mana gli si avvicinò con un risolino. La riconobbe per lo sferragliare che la sua armatura pesante faceva ad ogni passo; ogni componente appariva di foggia diversa dagli altri, ed allo stesso modo alcuni sembravano usurati dal tempo, pieni di graffi ed ammaccature, mentre altri rilucevano alla luce del sole come se fossero appena usciti dalla forgia. Mostrandole il suo nuovo spallaccio scintillante piena di orgoglio, una volta gli aveva spiegato perché se ne andava in giro con un’armatura composita invece di farsene costruire una nuova tutta insieme: si trattava di un’usanza di famiglia, di una branca minore del Clan Akimichi, per cui ogni membro doveva guadagnarsi combattendo ciascuno dei pezzi forgiati nella speciale lega rinforzata con il Chakra che componeva le loro protezioni. Tutti quelli più vecchi, ammaccati ed opachi, erano composti di semplice ferro o acciaio, e venivano sostituiti quando il Ninja o la Kunoichi si dimostravano degni di ottenerne di nuovi. Solo quando l’armatura diveniva completa, l’Akimichi poteva considerarsi davvero entrato nell’età adulta. Mana era molto giovane – doveva avere un paio d’anni meno di lui – eppure buona parte della sua armatura luccicava nella maniera giusta, compreso il pettorale, il componente più grande e quindi più importante di tutti, segno che era abbastanza vicina a concludere quel curioso rituale.
«Dai, lascialo stare. È da quando sono arrivata che lo prendi in giro».
Yusuke alzò le mani in segno di resa. «Va bene, va bene… ma così mi togli tutto il divertimento».
«Diglielo anche tu, Chidori, per favore: chi lo sente poi Goro, sennò?»
La Kunoichi li superò con un mugugno incomprensibile, l’enorme spadone che le ondeggiava lungo la schiena insieme ai capelli neri e lunghissimi, lasciati sciolti fino a metà della schiena, dove invece li aveva legati con un elastico rosso fuoco. Mana gli lanciò un’occhiata interrogativa alla quale lui non rispose, anche se era convinto di sapere che cosa passasse per la testa della loro compagna. Non doveva essere facile, per lei, tornare nel luogo in cui era stata costretta a vivere per gran parte della sua infanzia e dell’adolescenza, spacciandosi per una Kunoichi di Kumo mentre agiva come spia per conto di Saburo, suo padre, che lì ce l’aveva mandata. Se fosse stato al suo posto, avrebbe solo desiderato mettere quanti più chilometri possibili tra sé e quel posto senza più metterci piede per il resto dei suoi giorni. Ma la vita nella Radice non andava mai come si desiderava.
Tagliò corto con un gesto, invitandola a lasciar perdere, ed insieme si unirono alla coda di persone che aspettava di superare i controlli all’ingresso del Villaggio. Quando fu il loro turno, si ritrovarono davanti ad un portone spalancato alto quanto due uomini, il quale mostrava il passaggio che era stato scavato nella guglia per permettere a carrozze e persone di passarvi attraverso, accedendo al primo degli altopiani che costituivano il livello più basso della città. L’attraversamento era bloccato da due Shinobi che indossavano il gilet tattico della Nuvola, candido e con una spalla sola, privo di spallacci, che lasciava quindi scoperto il braccio destro. Erano vestiti entrambi alla stessa maniera, con una divisa nera a maniche lunghe e dei parastinchi color panna, dipinti con strisce verticali decorative di un rosso perlaceo. Uno dei due, un uomo sulla trentina con un naso bulboso ed i capelli spettinati, che gli ricadevano sulle sopracciglia, fece loro cenno di avvicinarsi. Impugnava una cartellina su cui, immaginava, fosse indicata la lista di persone autorizzate ad entrare.
«Prego, dichiate identità e motivo della visita», disse con voce nasale, guardandoli torvo.
Yusuke capì che, nonostante fossero tutti e quattro avvolti in mantelli scuri, aveva riconosciuto nel loro portamento persone addestrate nelle Arti Ninja. Si fece avanti, forte dell’implicito accordo che sarebbe stato lui ad occuparsi della questione. Nelle loro missioni insieme, aveva risolto situazioni simili decine di volte. Quell’incontro non sarebbe stato diverso. Si schiarì la voce, esibendo l’accenno di un sorriso distaccato. Se voleva fregarlo, doveva dare l’impressione che per lui quell’incontro non avesse alcuna importanza, e che lo scambio di battute che stavano per avere non era per lui che una mera formalità.
«Buongiorno», lo salutò, concentrando una piccola quantità di Chakra nelle corde vocali. Diede all’uomo tre nomi falsi, pescati dalla girandola di identità fittizie che utilizzavano da prassi. «Siamo qui in missione diplomatica per conto del Villaggio della Foglia. Sono sicuro che i nostri nomi compariranno nella vostra lista. Questo, invece», disse, estraendo dalle pieghe del mantello un rotolo di pergamena vuoto, «è un salvacondotto firmato dall’Hokage in persona».
Con un’analoga concentrazione di Chakra Yin, intessé un’illusione intorno a quei due oggetti: alterò la lista fissata alla cartella perché, tra i nomi presenti, figurassero anche quelli che aveva fornito al Ninja; modificò invece la pergamena intonsa perché risultasse vergata dal pugno stesso dell’Ottavo Hokage, con tanto di timbro ufficiale della Foglia.SPOILER (clicca per visualizzare)Joho no Sosa - Manipolazione di Informazioni
Villaggio: Tutti
Livello: D
Tipo: Genjutsu
Questo Genjutsu non richiede Sigilli, ma solo di star parlando con il proprio bersaglio. La Tecnica consiste infatti nell'immettere Chakra nelle corde vocali per far cadere vittima dell'illusione i bersagli che abbiano udito le parole. L'illusione consiste nel far credere come vera qualsiasi affermazione pronunciata dall'utilizzatore, purché lo riguardi. L'affermazione deve essere una frase semplice e verosimile, come l'essere in possesso di un certo Elemento, o l'affermare di essere un Ninja appartenente ad un altro Villaggio e così via (non è possibile dire cose come "siamo amici di infanzia" etc). L'affermazione non sarà dubitata dalla vittima fino alla fine della Ruolata a seguito della quale, se si tratta di un Personaggio Giocante, l'illusione perderà effetto; se si tratta di un civile o un Personaggio Non Giocante, essa continuerà a produrre i propri effetti fino a che la vittima non venga in possesso di informazioni successive certe che contrastino con l'illusione. Questo Jutsu perderà effetto in ogni caso se la vittima subisce una ferita almeno di medio-lieve entità, ed è utilizzabile soltanto su avversari di grado pari o inferiore al proprio.
Se utilizzata a fini di infiltrazione durante le Missioni, la Tecnica non avrà Consumo.
Gli Specializzati in Manipolatore Elusivo sono considerabili di un grado superiore nell'uso di questo Jutsu, se lo subiscono.
Consumo: N/A
Camuffamento Illusorio
Questa Capacità simboleggia la maestria dello Specializzato nell'utilizzare la Tecnica della Falsa Postazione per ingannare gli avversari ed indurli in errore. La Capacità permetterà infatti di utilizzare la Tecnica della Falsa Postazione con perizia così estesa da essere magistrale: ciò si traduce nella capacità dell'utilizzatore di ricorrere alla Falsa Postazione in Missione, quando la utilizza a fini di infiltrazione, senza pagarne il consumo e senza doverne rispettare i requisiti per l'attivazione, potendola utilizzare su qualsiasi bersaglio nel raggio di cinquanta metri senza dover rimanere immobili per un Turno e potendo utilizzare nel frattempo altri Jutsu. In termini di combattimento, l'utilizzatore potrà ricorrere alla Falsa Postazione senza l'utilizzo di alcun Sigillo, ma sempre rispettandone le restrizioni di utilizzo e purché egli possa vedere la vittima bersaglio del Genjutsu.
Richiede la conoscenza della Tecnica della Falsa Postazione.
Magen: Kokoni Arazu no Jutsu - Tecnica della Falsa Postazione x2
Villaggio: Tutti
Livello: C
Tipo: Genjutsu
Questo Jutsu è un classico fra le Arti Illusorie. Permette all'utilizzatore di cambiare, agli occhi dell'avversario, l'aspetto d'una persona o d'un oggetto. L'oggetto che si andrà a trasformare manterrà le stesse dimensioni e forma agli occhi dell'avversario e ne cambierà solo l'aspetto. Ad esempio, se la Tecnica viene utilizzata su una persona la si potrà far apparire con un aspetto differente, ma non potrà essere trasformata in un animale. Per far sì che la Tecnica si attivi è necessario comporre una breve serie di Sigilli, senza la necessità che l'avversario li veda. Quest'ultimo dovrà trovarsi però ad un massimo di cinquanta metri dall'utilizzatore. E' possibile inoltre cambiare l'aspetto di una persona o di un oggetto agli occhi di più persone, senza che queste vedano i sigilli, attivando la Tecnica e restando immobili per un turno, senza poter utilizzare nel frattempo altri Jutsu. E' possibile usare più volte la Tecnica per alterare l'aspetto di più oggetti e l'illusione perdurerà fino a che non venga dissolta, ma non sarà possibile utilizzarla per modificare l'aspetto di Jutsu di natura elementale.
Dissolvibile con il Kai o con una ferita d'entità media.
Consumo: N/A
Lo Shinobi controllò prima la pergamena che gli aveva fornito, poi diede una scorsa alla sua lista confrontando ciò che c’era scritto nei due documenti. Con fare asciutto, richiuse il rotolo con il laccio blu di cui era fornito e glielo porse indietro.
«Sembra tutto in regola. Potete passare».
C’era una sorta di piacere sottile nel far cadere qualcuno in un Genjutsu senza che questi se ne accorgesse, uno che traeva potere da quella parte di lui che amava piegare la realtà al suo volere, facendo sì che il resto del mondo vedesse ciò che lui aveva previsto per esso. Accettò la pergamena con un pacato cenno del capo.
«Benvenuti nel Villaggio della Nuvola».
Una volta superata la roccia nella quale era stato ricavato l’accesso al Villaggio, si ritrovarono ad un crocevia di persone e mezzi che sciamavano in ogni direzione. C’era chi proseguiva camminando ai piani inferiori, dove si trovavano loro, chi invece si inerpicava lungo scalinate scavate nella roccia per risalire i pinnacoli e chi invece, saltando su rapidi montacarichi di legno, ascendeva agli edifici costruiti intorno alle guglie stesse. Sollevando il capo mentre camminavano, Yusuke vide numerosi ponti che collegavano un pinnacolo all’altro; anche se quelli che saltavano più all’occhio erano costruiti in muratura e potevano ospitare l’attraversamento di più persone alla volta, ne scorse diversi di più piccoli, formati da tavole di legno tenute insieme da corde, o addirittura composti soltanto da cordoni intrecciati. Quel tipo di ponti apparivano di uso privato, o quasi, perché collegavano punti secondari o strade minori con edifici specifici, mentre quelli di pietra connettevano tra loro le rocce più grandi, che immaginava contenessero gli edifici più importanti della Nuvola. Trovava tutto ciò stupefacente, frutto dell’ingegno di grandi menti. Chissà, per Chidori, cosa avesse significato crescere tra quelle strade pur senza sentirsi davvero parte di quel popolo. Imparare a combattere fianco a fianco con persone che eri costretta a tradire ogni giorno, solo perché tuo padre aveva deciso di fare di te un’arma al servizio di un Villaggio a cui ti hanno strappato da bambina. Si incupì, scoprendo di aver serrato involontariamente la mandibola per l’acredine. Un altro motivo per cui Saburo meritava la morte, per impedire che altri bambini subissero lo stesso destino di sua figlia.
Fu proprio Chidori a dargli un colpetto sulla spalla, riportando la sua attenzione sulla strada. Gli indicò un punto più avanti, accanto all’insegna di un ristorante di ramen, dove una figura se ne stava appoggiata al muro del locale, in attesa del loro arrivo. Era Ako, i capelli bianchissimi che, a contrasto con la pelle color dell’ebano, sembravano irradiare luce propria, e l’inconfondibile cicatrice sulla parte rasata del cranio come promemoria di quanto fosse difficile mandarla al tappeto una volta per tutte. Sotto la divisa d’ordinanza di Kumo indossava gli stessi abiti scuri dei suoi compagni, anche se vi aveva strappato le maniche della maglia – pareva quasi a mani nude, visto il tratto irregolare delle sdruciture – così che le braccia muscolose fossero ben in evidenza. Yusuke calcolò che un suo bicipite fosse grande quasi il doppio dei suoi.
«Ben arrivati. Pensavo ci avreste messo di più. Che cos’avete detto alle guardie perché vi facessero entrare?»
«Se te lo dicessi, poi dovrei ucciderti», sogghignò Goro, andandole incontro.
«L’ultima volta che ci hai provato non ti è andata poi così bene, giusto?» La donna si rivolse al resto del gruppo, indicando Goro con un dito incerottato. «Vi ha mai raccontato com’è andata? Dov’è che eravamo? Non mi ricordo… Kori? Toketsu?»
«Kori», le fece eco Chidori, asciutta. «C’ero anch’io».
«Giusto, Kori. Ma all’epoca non avevi ancora quella spada, giusto? Me ne ricorderei. Comunque!», Ako sbatté i palmi delle mani tozze, entusiasta, «Stavamo combattendo in mezzo ad una tempesta di neve. Quegli idioti del Villaggio del Gelo ci stavano addosso ed entrambi dovevamo ancora recuperare quello per cui eravamo venuti. Il fustacchione qui pensava di potermi affrontare in uno contro uno…»
«Ehi, io ti ho affrontata in uno contro uno… e anche molto bene!»
Mentre i due battibeccavano come due amici di vecchia data, o anche qualcosa di più, Mana si avvicinò a Yusuke, bisbigliandogli all’orecchio. Nonostante il freddo che regnava in quelle terre, la ragazza aveva un respiro caldo che lo fece rabbrividire.
«Ma come fanno a parlare così di queste cose?»
L’Uchiha sorrise a mezza bocca, sporgendosi verso di lei. «Sono soldati, e sanno che in ogni schieramento le cose funzionano sempre allo stesso modo. Quando si è in missione si stanno soltanto eseguendo gli ordini, niente di più. E questo significa che, anche se oggi siamo alleati, domani potrebbero puntarsi un pugnale alla gola a vicenda, e nessuno dei due batterebbe ciglio».
«Sì, però…»
«Adesso basta!» proruppe Goro, facendo sobbalzare Mana prima che potesse completare la frase, ed anche alcuni degli avventori del ristorante, seduti in un tavolino poco distante. «Non sono venuto in questa fogna di Villaggio per farmi umiliare da te, donna».
Lei rise di pancia, tenendosi i fianchi con entrambe le mani. Non sembrava essersela presa neanche un po’ per quello sbotto del Ninja della Foglia.
«Sei una palla, Goro, ma capisco che tu voglia cercare di salvare quel poco di reputazione che ti rimane davanti alla nuova generazione di Shinobi». Lanciò un’occhiata a Mana e Yusuke, soppesandoli con lo sguardo. «D’accordo, seguitemi».
«Dove andiamo?», chiese la Luna di Sangue, incamminandosi.
«Laggiù», rispose Ako, indicando un edificio panciuto che svettava su tutti gli altri, arroccato sulla guglia più alta del Villaggio. «Al palazzo del Raikage».
Li condusse attraverso una serie di ponti e passaggi secondari che permisero loro di evitare gran parte degli affollamenti sugli altopiani più popolosi. Superarono un ponticciolo traballante che si estendeva al di sopra di un mercato coperto, da cui proveniva il vociare allegro e sguaiato dei venditori insieme ad un forte odore di cibo – principalmente di un pesce arrostito che però non riuscì a riconoscere – finché non si ritrovarono, quasi all’improvviso, davanti ad un palazzo grande almeno il doppio degli altri. Sembrava un enorme uovo ceruleo che si era fatto strada a forza nella roccia fino a raggiungere la luce del sole; dal terrazzo sbucava un’infinità di piante, che parevano ricoprirlo interamente ed appoggiarsi alla punta del pinnacolo roccioso intorno a cui l’edificio era costruito. La porta d’ingresso, qui a misura d’uomo, era spalancata, e numerosi Shinobi e funzionari vi entravano ed uscivano a ciclo continuo. Quando Yusuke stava per varcarne la soglia, una mano pesante gli si appoggiò sulla spalla, bloccandolo senza sforzo.
«Di qua», disse Ako, facendo segno di seguirla.
Con i suoi passi pesanti camminò intorno al palazzo del Kage e si fermò davanti ad un punto apparentemente casuale della guglia. Dopo una rapida disamina, poggiò una mano sulla roccia e, un momento dopo, questa prese vita mostrando una serie di sigilli neri che si estendevano dal palmo della mano della Kunoichi. Sulla sporgenza rocciosa si formò una spaccatura lineare che, correndo lungo una linea prefissata dal Sigillo appena attivato, delineò il profilo di una porta rudimentale, la quale emerse dalla parete e scorse di lato, rivelando un corridoio interno illuminato da lampade a corrente elettrica.
L’ANBU della Nuvola sorrise. «Evitiamo la fila, e le domande».
La prima a seguirla oltre quella che, a conti fatti, sembra essere una semplice porta di servizio, per quanto ben occultata, fu Chidori; seguirono Goro, Mana e, da ultimo, Yusuke. Non appena fu entrato, udì il raschiare della pietra alle sue spalle e, voltatosi, scoprì che la porta si era richiusa, fondendosi di nuovo con il gigantesco spuntone di roccia. Sparito ogni accesso alla luce esterna, i suoi occhi ci misero qualche secondo per abituarsi a quella alogena irradiata dalle lampade che costellavano il corridoio, ricolmo di ulteriori porte che ospitavano piccoli uffici, i quali ospitavano Ninja e civili in egual misura che si affannavano da una stanza all’altra, intenti a svolgere le loro mansioni. Nessuna delle persone che incrociarono fece caso a loro. Ako si muoveva sicura tra quei corridoi e, dopo alcuni cambi di direzione, sbucarono in un’ala del palazzo riservata all’Archivio del Villaggio, dove venivano custoditi i rapporti di tutte le missioni svolte dai Ninja della Nuvola. Si fermarono davanti ad un lungo bancone in legno di noce, troppo lungo se si considerava che dall’altro lato era presidiato da una sola persona. Si trattava di una Kunoichi di mezza età, dal viso rotondo ed i capelli spruzzati di grigio raccolti in un'acconciatura elaborata, tenuta insieme da un fermacapelli d’osso che, se messo nelle mani giuste, poteva tranquillamente risultare un ottimo pugnale o uno stiletto improvvisato. La donna era protetta da ben quattro Shinobi che occupavano la sala, posti ciascuno ad un angolo della stessa e con gli sguardi attenti rivolti su di loro. Non sembrava che la divisa indossata da Ako servisse a renderli più tranquilli. Un buon segno, pensò Yusuke, poiché nel mondo Ninja le apparenze potevano essere facilmente ingannate. Lanciò un’occhiata ai suoi compagni: la più irrequieta era Chidori, che aveva un’espressione concentrata scolpita in viso e continuava a guardarsi intorno, come se stesse registrando ogni piccolo dettaglio su cui i suoi occhi si posavano. Avrebbe scommesso che aveva spalancato il suo occhio mentale nell’istante stesso in cui avevano messo piede lì dentro.
La donna di colore fece loro segno di aspettare un poco più indietro e si avvicinò al bancone, armeggiando con le tasche del suo gilet.
«Ehi, Inori. Come va?», apostrofò la funzionaria, estraendo un involto di carta dalla scarsella che portava alla vita, dopo aver rinunciato a rovistare nello smanicato. «Avrei bisogno di consultare questo rapporto, se non ti dispiace».
Una volta disteso ed appiattito il foglio stropicciato, la signora si aggiustò gli occhiali da vista sulla punta del naso e strabuzzò gli occhi, avvicinando la pagina al viso per meglio mettere a fuoco.
«Ah, sì!», disse infine illuminandosi. Un istante dopo, però, aggrottò le sopracciglia mentre restituiva il biglietto alla sua proprietaria. «Curioso… siete venuti a chiedermi questo stesso documento neanche un giorno fa».
Ako si accigliò. «Chi è venuto a chiedertelo, di preciso?»
«Io, ecco… non me lo ricordo». La donna pareva confusa. Rivolse all’ANBU della Nuvola un sorriso di scuse. «Perdonami, devo essermi confusa. Lo recupero subito».
Davanti a Yusuke, Mana e Goro si scambiarono un’occhiata.
La funzionaria dell’archivio, Inori, si allontanò dal balcone e superò una porta dietro di sé. Poco dopo, nella sala echeggiarono i rumori di pesanti componenti metallici in movimento, come se degli enormi ingranaggi stessero ruotando su loro stessi nelle profondità stesse della guglia rocciosa. Quando tornò indietro, dopo alcuni minuti di attesa silenziosa da parte del gruppo della Foglia, la Kunoichi apparì ancora più costernata di prima. Reggeva tra le mani una scatola di cartone ed una cartellina, che continuava a sfogliare con apprensione.
«Ecco… non so bene come dirlo, ma… il rapporto che cercate non c’è».
«In che senso, non c’è?», chiese Ako, con una nota di tensione nella voce.
«È come ho detto… il rotolo dovrebbe essere qui, in questa scatola, ma non c’è».
«Guarda un po’», intervenne Chidori, sbuffando. «Chissà perché ma non sono sorpresa».
Ako la fulminò con lo sguardo. «Per caso stai insinuando che sia opera nostra?»
«Non lo so. Dimmelo tu», replicò l’altra, guardandola in cagnesco. «è opera vostra? Ci avete fatti venire qui per farci perdere tempo, mentre qualcun altro si occupa di Raimu?»
«No», ringhiò Ako in risposta. «Non siamo stati noi».
Strappò di mano la cartellina ad Inori, che ancora cercava di raccapezzarsi con quanto vi fosse scritto sopra, e la sfogliò con rabbia a sua volta.
«Dovrebbe esserci un registro degli ultimi accessi, con la segnalazione dei documenti richiesti… dove accidenti è quell’affare!?»
Yusuke si fece avanti, accostandosi alla donna. Appoggiò le mani sul bancone e si sporse verso l’archivista.
«Inori, mi guardi un momento, per favore».
«Io, oh… eh?»SPOILER (clicca per visualizzare)Sharingan Tre Tomoe
Villaggio: Tutti
Livello: B
Tipo: Doujutsu
Sviluppata la terza Tomoe l'Uchiha può, nel caso si accorga di essere preda d'un Illusione, dissolverla istantaneamente, anche se a base uditiva nel caso in cui le suddette Illusioni coinvolgano il senso della vista; per illusioni di livello A o superiore, quando disperse, l'utilizzatore dovrà pagare un surplus di Chakra pari al costo del Genjutsu disperso a cui andrà sottratto il costo dello Sharingan. Può inoltre utilizzare qualsiasi Genjutsu semplicemente con lo Sharingan senza usare alcuna impostazione delle mani, se la vittima ne incrocia lo sguardo. Lo Sharingan dona capacità di preveggenza permettendo all'Uchiha di prevedere qualunque attacco fisico, movimento, Taijutsu e Ninjutsu e capire se è una tecnica a base elementale o meno, e di conseguenza l'elemento utilizzato per la tecnica. Tuttavia, ogni schivata o contromossa è vincolata ai limiti fisici dell'utilizzatore. E' possibile inoltre copiare qualsiasi Taijutsu, Ninjutsu e Genjutsu visto ed utilizzarli in combattimento fino al termine dello stesso.
Se attivato solo per lanciare Tecniche a scopo narrativo che non hanno consumo, neanche lo Sharingan avrà consumo.
Consumo: N/A
Uchiha Seishin Shin'nyu - Intrusione Mentale Uchiha
Livello: B
Tipo: Genjutsu
Questo potente Genjutsu permette, dopo aver stabilito il contatto visivo con la vittima, di invadere la mente di una persona per ricavare informazioni ed esplorarne i ricordi. L'Uchiha viene proiettato nella coscienza dell'avversario e può riviverne a piacimento le memorie passate, proiettando sé stesso all'interno dei ricordi selezionati come se fosse stato presente nel momento in cui tali avvenimenti sono accaduti. Questo Jutsu può essere utilizzato soltanto su Ninja di grado inferiore al proprio o sui civili, e mai in combattimento. Shinobi di grado pari o superiore all'Uchiha potranno respingere l'intrusione mentale con relativa difficoltà (parigrado) o semplicità (grado superiore) senza alcun consumo di Chakra.
Gli Specializzati in Interrogatorio sono considerabili di un grado superiore nell'uso di questo Jutsu, se lo subiscono.
Consumo: N/A
Si tuffò nella sua mente, rovistandole tra i ricordi con secca precisione. Si fece strada tra le memorie senza preoccuparsi di mostrare un tocco gentile, con il solo intento di visionare quanti più ricordi poteva nel più breve tempo possibile. Camminò accanto alla Kunoichi lungo la via di casa; la osservò attraversare con sicurezza i passaggi tra le guglie fino al Palazzo del Raikage; fece scorrere le lunghe ore al lavoro, finché non si imbatté in qualcosa che balzava all’occhio per quanto risultasse sbagliato. Da quando aveva imparato a frugare nei cervelli altrui, non gli era mai capitato di imbattersi in qualcosa del genere: un’intera ora del giorno prima avvolta in una nebbia densa ed impenetrabile. Se provava a camminarvi attraverso, non riusciva a scorgere che le ombre e le sagome indistinte di persone che si avvicendavano appena oltre il suo campo visivo, senza la possibilità di raggiungerle mai. Pareva che più si avvicinava e più la risposta gli sfuggiva, allontanandosi quel tanto che bastava per eludere la sua presa. Ogni suono risultava ovattato, alterato con mano così pesante da risultare irriconoscibile. Forse, se solo provava ad indagare un po’ più a fondo…
«Ehi. Cosa stai facendo?»
Uno strattone alla spalla lo riscosse, interrompendo la sua Arte Oculare. Ci mise un istante per mettere a fuoco Ako, che lo guardava con fare minaccioso.
«Ti ho fatto una domanda, Uchiha».
«I suoi ricordi sono stati manomessi», rispose Yusuke.
«Che cosa…?» Ako lanciò un’occhiata a Inori, che non sapeva come rispondere a quell’affermazione, poi riportò lo sguardo su di lui. «Ne sei sicuro?»
Sostenne il peso del suo sguardo indagatore. «Sì».
La Kunoichi della Nuvola imprecò, passandosi una mano davanti alla bocca.
«Che significa tutto questo, Ako?», intervenne Goro, incrociando le braccia al petto.
«Che devo parlare con un mio superiore. Un’intrusione del genere nel cuore del Villaggio è… preoccupante».
Chidori fece schioccare la lingua, ma non disse niente.
«Voi, nel frattempo», riprese la donna dalla pelle scura, «potete recuperare le informazioni che vi servono direttamente alla fonte». Strappò un pezzo di carta dalla cartellina che reggeva tra le mani e vi scarabocchiò sopra un indirizzo, ricopiandolo dai documenti di archiviazione del rapporto mancante. «Qui dovreste trovare il Ninja che ha effettuato la lettura mentale su Misaki, la ragazza uccisa da Raimu».
Lo porse a Yusuke, che se lo mise in tasca dopo averci dato una rapida occhiata. Data la sua ignoranza riguardo la geografia di Kumogakure, su quel biglietto avrebbe potuto esserci scritta qualunque cosa e per lui non avrebbe fatto alcuna differenza. Da solo, non sarebbe comunque riuscito a rintracciare il loro uomo se non perdendo tempo prezioso per capire come orientarsi.
«Io vi raggiungerò lì. Spero per allora di avere notizie migliori di quanto abbiamo appena scoperto».* * *
I lunghi capelli di Chidori ondeggiavano al di sopra del mantello scuro, da cui spuntava l’impugnatura foderata dello spadone a due mani. Era lei, che conosceva quel Villaggio come le sue tasche, a fare strada al gruppo verso l’altopiano su cui abitava Gaku Ishizaki, l’esperto in interrogatorio che era diventato la loro unica pista per capire dove si fosse cacciato Yogan Raimu. La seguiva a ruota Goro, le cui larghe spalle ingobbite tradivano la cupezza dei suoi pensieri. Era chiaro che non volesse credere che Ako e i suoi li stessero facendo fessi, eppure era innegabile che tutta quella faccenda avesse l’amaro sapore di una perdita di tempo, di una pista fittizia sulla quale potevano averli messi al solo scopo di depistarli, come insinuava Chidori. Yusuke non sapeva che cosa pensare. C’era la possibilità che fosse tutto un ardito imbroglio, sì, ma un pensiero continuava a ronzargli per la testa: chi mai, in tempi incerti come quelli, avrebbe rischiato di inimicarsi la Radice o, ancora peggio, l’intero Villaggio della Foglia, se la cosa fosse giunta all’orecchio dell’Hokage?
"Solo una persona molto stupida", si disse, lanciando un’occhiata a dei ragazzini che correvano lungo un ponte di corda sopra le loro teste. "O qualcuno così sicuro dei propri mezzi da essere convinto di riuscire a farla franca. Con quale dei due ci stiamo misurando, mi chiedo?"
Il clangore metallico di pezzi d’armatura che raschiavano l’uno contro l’altro lo informò che Mana gli si era avvicinata. Accantonò quei pensieri, facendole posto sul ballatoio che stavano percorrendo, una stretta via che si attorcigliava intorno ad una guglia rocciosa. A giudicare dalla quantità minore di persone che incrociavano, si stavano allontanando dal centro del Villaggio verso una zona più residenziale. Molte abitazioni erano costruite dentro le rocce stesse, con finestre scavate nella pietra per far entrare un po’ di luce negli ambienti. Altre, invece, erano costruite in maniera più tradizionale ed erano state costruite in quegli altopiani abbastanza grandi da ospitare interi quartieri abitativi. Intuiva che il loro uomo abitasse in una di queste zone, a giudicare dal tragitto indicato dalla loro compagna.
«Senti, Kagachi», disse l’Akimichi, sollevando gli occhi nocciola verso di lui. Non aveva mai fatto caso a quanto diventassero chiari, illuminati dalla giusta luce del sole. «Sei sicuro che i ricordi di quella donna siano stati alterati?»
Lui annuì. «Sì. Perché?»
«Perché so che le nostre Tecniche di interrogatorio funzionano in modo diverso. Tu, in un certo qual modo, vivi quei ricordi, giusto? Che cos’hai visto di preciso…?»
Yusuke annuì una seconda volta. «Come una grande nebbia che oscura e confonde, nascondendo i ricordi alla mia vista. Era come camminare in mezzo alla nube di un fumogeno».
Mentre scendevano molti scalini scavati nella roccia per trasferirsi dalla guglia ad un altopiano, Mana si mangiucchiò un’unghia, distogliendo lo sguardo da Yusuke.
«Accidenti, quanto avrei voluto analizzare quel cervello».
«Lascia perdere, non ti avrebbero mai fatta avvicinare. Quella donna conosce troppe informazioni riservate, con un tale accesso ai rapporti di ogni missione effettuata dal Villaggio. Io sono riuscito a dare un’occhiata solo perché li ho colti di sorpresa, e quello che ho scoperto era troppo importante perché perdessero tempo ad accertarsi di ciò che avrei potuto vedere».
«Forse hai ragione», bofonchiò la ragazza, con un sospiro. «Peccato, però».
«Dai, magari siamo fortunati e il tipo si rifiuta di passarci le informazioni», scherzò Yusuke, dandole una leggera spallata. «Potremmo essere costretti ad interrogarlo con la forza».
«Eh già», ridacchiò la Kunoichi, dandogli il colpo indietro, «proprio il tipo di fortuna che ci serve in questo momento».
Raggiunsero la casa di Ishizaki pochi minuti dopo, senza incontrare intoppi lungo il tragitto. Si riunirono davanti al cancello d’ingresso come quattro giganteschi corvi neri, scrutando l’abitazione in silenzio. Era una casa costruita in uno stile architettonico tradizionale, munita di un piccolo giardino e circondata da un muretto in pietra, costruita sul limitare dell’altopiano. Di fronte ad essa, a poco più di una decina di metri di distanza dal cortile, sorgeva un ponte di pietra che collegava il quartiere ad uno analogo, costruito sulla piatta cima di una formazione rocciosa larga e squadrata. Le serrande alle finestre erano sollevate; dall’interno non parevano provenire rumori particolari che potessero indicare la presenza di qualcuno in un punto preciso della casa.
«Chidori?», disse Goro, lo sguardo fisso sull’abitazione.
«Non c’è nessuno», decretò Chidori, spostando il peso del corpo da una gamba all’altra. Il suo tono di voce non nascondeva il disappunto palpabile. «Un altro viaggio a vuoto».
Goro grugnì, borbottando un’imprecazione a bassa voce.
«Io entro lo stesso. Voglio vederci chiaro in questa storia».
«Non possiamo. Non è la nostra giurisdiz—»
«Stronzate», rispose il colosso, avviandosi a grandi passi lungo il vialetto di ingresso. «Non lo senti? Mi è sembrato di sentire una voce che chiamava aiuto. Non possiamo voltarci dall’altra parte, no?»
Chidori gli andò dietro, sollevando le sopracciglia per lanciare a Yusuke un’occhiata che gli intimava di fare lo stesso. L’Uchiha roteò gli occhi al cielo con un sospiro che sapeva di sconfitta.
«Mana, per favore, resta di guardia… non dovremmo metterci più di qualche minuto».
Trovarono il corpo al piano di sopra, steso a terra in una pozza di sangue.
Gli ANBU della Foglia torreggiavano su di lui, in piedi al centro di quella che sembrava una stanza studio. La riempivano alcune scaffalature colme di libri e riviste, una scrivania in un angolo, illuminata dalla luce che filtrava dall’unica finestra, che dava sul lato frontale della casa, ed un tappeto rotondo ora impregnato di sangue. Non c’erano segni di lotta. Fra i tre era calato un tetro silenzio, rotto soltanto dal picchiettare del tallone di Goro contro le assi del pavimento e dal rumore dei loro pensieri. Poteva udirli formarsi nelle loro teste, e grattare tra loro come gli ingranaggi arrugginiti di un vecchio orologio a pendolo. Cla-clack, cla-clack, cla-clack. Quella quiete fasulla gli faceva saltare i nervi.
«Credi ancora che sia stata la Nuvola a farlo fuori?», chiese quindi Yusuke, spostando lo sguardo su Chidori.
La Kunoichi scosse la testa. «No… Se fossero stati loro, non avremmo trovato il corpo. Lo avrebbero fatto sparire e basta, inventandosi una scusa per la sua assenza o lasciandoci qui come degli scemi a chiederci che fine avesse fatto».
«Già», aggiunse Goro con un grugnito. «Ako non è tipo da lasciare questioni in sospeso. E il nostro amico se ne lascia dietro un bel po’. Soprattutto per il modo in cui lo hanno ammazzato».
Yusuke si inginocchiò accanto al cadavere.SPOILER (clicca per visualizzare)Torakku - Seguire Tracce
Villaggio: Tutti
Livello: C
Tipo: Supplementaria
Questa capacità permetterà al ninja di seguire con precisione e perizia qualsiasi bersaglio, a meno che questi non sia in grado di non lasciare tracce in assoluto. Grazie ad un intenso allenamento sarà possibile per loro individuare tracce, anche tra le più sottili, riconoscere odori, rumori particolari e via discorrendo, nonché riuscire a ragionare accuratamente per prevedere le mosse di un probabile fuggitivo. Tutto ciò permetterà al ninja di seguire con infallibilità il proprio bersaglio.
Consumo: N/A
Gaku Ishizaki era un uomo sulla trentina, tarchiato, dalla fronte ampia e lunghi capelli castani che portava raccolti in una coda. Quando lo avevano ucciso indossava abiti civili, comodi. Il sangue intorno al corpo era ancora caldo. Doveva essere successo da poco. Quando erano entrati in casa non avevano notato cenni di effrazione, ma nel mondo Ninja quella era una constatazione di poco conto; c’erano mille modi diversi per intrufolarsi in un’abitazione senza essere scoperti, ed altri ancora di cui probabilmente nemmeno lui stesso era a conoscenza. Quel che pareva certo era che lo avessero colto di sorpresa. Quel poveraccio non aveva nemmeno avuto il tempo per reagire, ma forse per lui era stato meglio così: almeno era morto in fretta. Il cranio del Ninja era attraversato da quello che sembrava un lungo punteruolo dorato dalla forma affusolata. Il foro d’entrata era sulla fronte, molto vicino ad una tempia, mentre quello d’uscita si trovava dalla parte opposta del capo, in corrispondenza della nuca. Danneggiandone il cervello, l’omicida si era assicurato che da quel corpo non fosse possibile ricavare alcuna informazione utile sulla sua morte. Allungò una mano verso l’arma del delitto: al tatto era dura e fredda come il metallo, ma possedeva una foggia particolare che non riconosceva. Nel Paese del Fuoco non fabbricavano armi del genere e, più ci pensava e più se ne convinceva, non credeva di aver mai visto uno Shinobi andarsene in giro con simili attrezzi. Anche la lunghezza stessa di quell’oggetto aveva qualcosa che non andava: era troppo lungo per essere un semplice pugnale, ed era di gran lunga troppo corto per essere utilizzato come spada. Era privo di impugnatura e non possedeva un filo affilato, ma solo una punta per perforare. Era molto più simile a… "…Una freccia", realizzò, spalancando gli occhi.
Inclinò la testa di lato, spostando lo sguardo verso la finestra che dava verso Est. Su una delle due vetrate gemelle notò un foro, grande abbastanza da farci passare un quadrello, all’altezza giusta per colpire un uomo dritto in testa.
«Un cecchino», mormorò.
«Eh?»
«Un cecchino», ripeté Yusuke, alzandosi in piedi.
Scavalcò il corpo e si affrettò verso la finestra, senza preoccuparsi di calpestare la pozzanghera scarlatta sul pavimento. La spalancò. Mana se ne stava a braccia conserte poco oltre il muretto che circondava la casa, il profilo spigoloso della sua figura che tradiva la presenza dei pezzi di armatura sotto il mantello. Il sangue era ancora caldo…
«Mana!», gridò, sbracciandosi dalla finestra.
Lei si volse a guardarlo, le sopracciglia aggrottate in un muto interrogativo.
«Vieni via da lì! Potrebbe essere pericol—»
La ragazza ebbe un sussulto. Abbassò lo sguardo verso il torace, dove una punta di freccia dorata le era appena sbucata dallo sterno, trapassando la spessa piastra d’acciaio del pettorale. Pochi istanti dopo, una seconda freccia la colpì pochi a pochi centimetri di distanza dalla prima, causandole un rigurgito di sangue che tossì, sporcandosi il mento e le labbra. Mentre cadeva a terra, accasciandosi piano, i loro sguardi si incrociarono per un momento che gli parve lunghissimo. Nei suoi occhi lesse paura.
«MANA!», ruggì Yusuke, affondando gli artigli nello stipite della finestra.
Si lanciò di sotto senza pensarci due volte. Quando atterrò sull’erba con una capriola, le sue caviglie protestarono, ma le ignorò e si tuffò in avanti, rannicchiandosi contro il muro di mattoni che delimitava l’abitazione. Mana era solo a pochi passi di distanza; poteva ancora salvarla. Fece per uscire allo scoperto, ma dovette ritrarsi al riparo subito dopo aver messo il naso oltre limite del muretto, là dove il cancello d’ingresso era rimasto aperto dopo il loro passaggio di poco prima. Un dardo dorato si conficcò a terra, forando una delle piastrelle di pietra che formavano il viale d’ingresso che conduceva alla casa.
"Cazzo", pensò l’Uchiha, appoggiandosi con la schiena al muro.
«Kagachi, non fare cazzate!», abbaiò Goro dal piano di sopra.
Sollevò il capo e lo vide spuntare appena dal foro della finestra, appiattito e ricurvo contro la parete della stanza.
«È una vecchia tattica, non cascarci! Lasciano un ferito in bella vista, per spingere gli altri ad uscire e farli fuori uno dopo l’altro!»
Yusuke sbatté un pugno contro le mattonelle di cemento. "Cazzo!" Se si sporgeva appena, riusciva a vedere un braccio teso di Mana, riverso al suolo. Non poteva lasciarla lì a morire.
«Chidori!», urlò, rivolto alla casa. «Riesci a vedere da dove sta tirando?»
«…Sembra da una di quelle case laggiù, oltre il ponte!», rispose lei da dentro allo studio, dopo un momento.
Dalla quella posizione non riusciva a vederla. Forse si era appoggiata al muro dal lato opposto rispetto a Goro. Un tiratore scelto dall’altra parte del ponte… come faceva a colpire da così lontano? Persino lui avrebbe avuto difficoltà a trovare il bersaglio ad una tale distanza, nonostante si considerasse un esperto nell’utilizzo delle armi da lancio. Quel tipo, invece, sembrava infallibile. Deglutì, ricacciando giù il groppo che gli si era formato in gola.
«Quando te lo dico, vallo a prendere! D’accordo?»
Goro bestemmiò il suo dio.
«Ricevuto!», disse invece la figlia di Emon Saburo.
Yusuke sorrise, snudando i canini affilati. Si fece scivolare il mantello lungo le spalle e lasciò che cadesse a terra ai suoi piedi.
«Tieni duro, Mana». I suoi occhi si incendiarono di rosso e di nero, mutando nella trama circolare dello Sharingan Ipnotico. «Ora vengo a prenderti. Adesso!»
Dal foro della finestra schizzò una figura ammantata di nero che volò in direzione dell’altopiano vicino, generando dai piedi una scia di Chakra esplosivo che la propelleva in avanti. Mentre il suo corpo veniva avvolto da un’aura di Chakra rossastro, Yusuke abbandonò la copertura ed attraversò la cancellata ancora aperta. Intorno a lui prese forma l’enorme cassa toracica del Susano’o, che lo ammantò di un’armatura protettiva fiammeggiante.SPOILER (clicca per visualizzare)Mangekyo Sharingan
Livello: A
Tipo: Doujutsu
Il Mangekyo Sharingan può rimanere attivo per un numero di Turni prestabilito. Se si utilizzano con sconsideratezza diverse tecniche derivanti dal Mangekyo in una stessa battaglia si rischierà di venire incontro all'oscurità. L'utilizzatore potrà, nel caso si accorga di essere preda di un'Illusione, dissolverla istantaneamente, anche se a base uditiva nel caso in cui le suddette Illusioni coinvolgano il senso della vista. Può inoltre utilizzare qualsiasi Genjutsu semplicemente con lo Sharingan senza usare alcuna impostazione delle mani, se la vittima ne incrocia lo sguardo. Lo Sharingan dona capacità di preveggenza permettendo all'Uchiha di prevedere qualunque attacco fisico, movimento, Taijutsu e Ninjutsu e capire se è una tecnica a base elementale o meno, e di conseguenza l'elemento utilizzato per la tecnica. Tuttavia, ogni schivata o contromossa è vincolata ai limiti fisici dell'utilizzatore. È possibile inoltre copiare qualsiasi Taijutsu, Ninjutsu e Genjutsu visto ed utilizzarli in combattimento fino al termine dello stesso.
Se attivato solo per lanciare Tecniche a scopo narrativo non avrà consumo, né sarà necessario rispettare i Turni di riposo.
Necessari due Turni di riposo.
[Numero Turni: ANBU: 3; Jounin: 4; Sennin: 6]
Consumo: 8 (A Turno)
Susano'o - I° Stadio
Livello: S
Tipo: Doujutsu
L'utilizzatore potrà evocare, tramite il proprio Mangekyo Sharingan, la gabbia toracica del Susano'o dal raggio di un metro, che può essere usata come Difesa proteggendo l'utilizzatore in tutte le direzioni tranne che per gli attacchi provenienti sopra la testa ed sotto i piedi, sebbene non sia una Difesa Assoluta. Poiché questa struttura scheletrica non lo circonda interamente, l'utilizzatore può muoversi facilmente, senza subire alcun malus di velocità. Tuttavia le ossa possano essere rotte se colpite da tre Jutsu di livello B o tramite possono resistere a qualsiasi Jutsu di livello B ma potranno essere rotte se colpire da almeno due Tecniche di livello A. Ninjutsu e Taijutsu di livello S frantumeranno la gabbia e sortiranno il loro normale effetto. Ove la gabbia toracica venisse distrutta per ricrearla nel medesimo Turno bisognerà pagare di nuovo il Consumo della Tecnica.
Consumo: 15 (A Turno)
Mana era stesa a terra su un fianco e gli dava le spalle. Due impennaggi metallici le sbucavano dalla schiena. Là dove una normale freccia sarebbe stata composta da piume per stabilizzarne il volo, quelle armi erano invece interamente composte da quel materiale sconosciuto, ma in grado di trapassare anche le corazze più spesse. La afferrò da sotto le ascelle e la trascinò all’indietro, con fatica, verso il muro di mattoni. Imprecò a mezza voce: con tutta quella ferraglia che indossava, faceva una fatica immensa a trasportarla. Come faceva quella ragazza a muoversi così in fretta, con tutto quel peso che si portava dietro ogni giorno?
Una freccia dorata si conficcò in una delle costole del Susano’o, perforandola e fermandoglisi ad un palmo dal naso. "Merda", pensò, osservando con ansia la distanza che ancora lo separava dal muretto. Un secondo dardo lo colpì mentre stava innervando il corpo con un flusso maggiore di Chakra ed il primo Stadio del Susano’o andò in frantumi. Sentì i muscoli di braccia e gambe farsi più forti; rinvigorito da quella rinnovata energia che si manifestava nella forma di riccioli di vapore che si sollevavano dalla pelle accaldata, accelerò il passo verso la salvezza.SPOILER (clicca per visualizzare)Kaze no Ugoki - Movimento del Vento
Sviluppatore: Kyoshiro Tsuuya
Livello: B
Tipo: Taijutsu
Le basi per creare questo Taijutsu sono nate da un tentativo di imitare la Tecnica degli Specchi Diabolici tipica del Clan Yuki. Lo sviluppatore ha cercato di trovare un modo per eguagliare, o quantomeno avvinarsi, alla rapidità di movimento che contraddistingue il Jutsu base della sua Innata. Facendo dunque circolare in modo rapidissimo il Chakra Base nel proprio corpo, una lieve scia di vapore acqueo fuoriuscirà dai propri muscoli, a causa dell'enorme sollecitazione e frizione a cui sono sottoposti, fino al punto da permettere allo Shinobi di aumentare le proprie capacità motorie e la Forza di ben due gradi. Fintanto che la Tecnica rimane attiva, da tutto il corpo dell'utilizzatore si potranno vedere questi lievi riccioli di vapore acqueo sollevarsi dalla propria pelle per qualche centimetro, segno che il proprio corpo è sotto l'influsso della Tecnica.
Consumo: 8 (A Turno)
Stringendo i denti, attraversò il cancello e diede un ultimo strattone, gettando entrambi di lato, al sicuro dietro la protezione del muro. Afferrò la compagna per le spalle e la tenne sollevata da terra, per evitare che, a contatto con il terreno, le frecce si conficcassero ancora più in profondità nella carne. La esaminò, studiando la gravità delle ferite. A giudicare dall’inclinazione dei dardi e dai rantoli gorgoglianti che emetteva ad ogni respiro spezzato, sembrava che almeno una freccia le avesse perforato un polmone. Non osò toccarle, per paura di aggravare l’emorragia senza avere un Ninja Medico a portata di mano.
«Resisti. I soccorsi arriveranno presto».
Lei lo afferrò per la divisa, attirandolo a sé con una forza sorprendente, date le condizioni in cui si trovava.
«K-Kagachi… lui lo sa…»
«Eh? Sa che cosa?», chiese lui, senza capire. «Chi…?»
«L-Lui lo s-sa…», rantolò lei, tra un colpo di tosse e l’altro. Sembrava che anche solo pronunciare quelle poche parole le stesse causando un dolore immenso.
Stava delirando. Le prese la mano e la strinse nella sua, staccandola dal gilet tattico da ANBU. Si accorse che era ricoperta di sangue, e che la sua presa si era fatta più debole.
«Non parlare. Cerca di mantenere le forze. Andrà tutto bene, te lo prometto».
La terra ebbe un tremito. Yusuke sollevò lo sguardo e vide che Goro li aveva raggiunti, dopo essersi lanciato dalla finestra a sua volta. Si inginocchiò al suo fianco e, con una delicatezza sorprendente per un uomo dalle mani così grandi, sciolse la presa della stretta di Mana con l’Uchiha e racchiuse la mano della ragazza tra le sue.
«Resto io qui con lei», disse in un greve sussurro. «Tu va’ a prendere quel bastardo».
Yusuke esitò, poi annuì, scambiandosi un cenno d’assenso con il compagno.
«Tu tienila sveglia», lo pregò Yusuke, mentre già correva per strada. «Non farle perdere conoscenza!»
Attraversando il lungo ponte di pietra, si cosparse di un’aura di fiamme blu e nere, attingendo al Chakra della Bicoda ancora racchiuso in lui. Anche se il rituale che avrebbe dovuto fare di lui un vero Jinchuuriki era stato interrotto prima del tempo, sembrava che parte dell’essenza del Gatto a Due Code fosse rimasto ancorata al suo corpo, donandogli poteri nuovi, che ancora non aveva imparato a controllare del tutto. In quel momento però aveva bisogno di correre veloce, molto veloce. Forse più di quanto non avesse mai corso in vita sua.SPOILER (clicca per visualizzare)Neko no Koto - Manto Felino
Livello: B
Tipo: Taijutsu
Questa Tecnica è il fondamento dello stile di combattimento del Jinchuuriki del Nibi e permette all’utilizzatore di assumere movenze simili a quelle di un felino, potenziando la propria velocità e la forza degli artigli. Adottando movenze agili ed acrobatiche e circondando il corpo di un cospicuo strato di Chakra azzurrino visibile ad occhio nudo, attraversato da venature nerastre tipiche del manto del Nekomata, a questo livello il Jinchuuriki riceve un bonus alle capacità motorie pari a due gradi e mezzo. Mentre questa Tecnica è attiva, il danno inflitto dai propri Artigli è Danno Diretto e, se utilizzati in combinazione con un Kenjutsu di livello B o inferiore, essi diventano in grado di abbattere difese di pari livello.
Consumo: 8 (A Turno)
Saettò tra la gente in attraversamento, lasciandosi dietro una scia bluastra da tanto che si muoveva rapidamente. Evitò ogni impatto prevedendo la traiettoria di ciascun passante grazie alla sua Arte Oculare, che gli permetteva di sgusciare tra loro muovendosi in anticipo rispetto a quanto facessero gli altri. Raggiunto l’altopiano vicino, si fermò davanti ad una serie di case a schiera, puntando a quella intorno a cui si era formato un manipolo di osservatori curiosi. Sollevò il capo e notò una vetrata in frantumi al piano di sopra, da cui sbucava la lunga chioma corvina di Chidori, rivolta verso l’interno della stanza. Serrò la mandibola, poiché notò che non stava combattendo, ma anzi pareva immobile a fissare qualcosa oltre il suo campo visivo, il che poteva significare che o aveva già steso il bastardo, oppure che quando era arrivata il cecchino aveva già levato le tende.
«Lo hai preso?», gridò, gonfiando il petto.
Il gruppetto di astanti trasalì alla vista di un Ninja straniero in assetto da combattimento e fecero un passo indietro, allargando il cerchio intorno ai frammenti di vetro sparsi per strada. Li ignorò, tenendo il mento sollevato e lo sguardo fisso sulla Kunoichi della Foglia.
Lei scosse la testa. «No. È sparito nel nulla».* * *
La casa occupata dall’assassino era circondata da ANBU mascherati della Nuvola, che la presidiavano dopo aver creato un perimetro di sicurezza che tenesse lontano chiunque non fosse coinvolto nelle indagini. Giù in strada, il numero di civili accalcati contro il cordone umano formato dai membri delle forze speciali si era moltiplicato, anche se nessuno osava avvicinarsi ad un passo in più di quanto consentito. C’era un che di universale nel timore che un sicario mascherato poteva incutere alla gente comune. All’interno dell’abitazione, su nella stanza da cui il tiratore aveva scoccato i suoi dardi letali, Chidori, Ako e Yusuke si scambiavano sguardi cupi. La camera era infestata da fitte ragnatele che ricoprivano ogni centimetro di soffitto, pareti e pavimento, in un reticolo appiccicoso che pareva fosse uscito dritto da un romanzo dell’orrore. Appoggiato contro un muro c’era un corpo umano avvolto in un bozzolo di tela, disteso su un fianco alla bell’e meglio. Il resto delle ragnatele lo avevano inglobato alla parete, segno che doveva essere stato messo lì per primo, prima che la stanza fosse tramutata nella macabra tana di una nidiata di ragni. Quando Chidori aveva strappato il rivestimento sulla testa per vedere chi fosse il malcapitato, e se per caso fosse ancora vivo, avevano scoperto che gli era stato inciso il cranio con una lama affilata e gli era stata scoperchiata la testa, come se avessero rimosso il coperchio di una pentola in ebollizione. A giudicare dalla quantità di sangue rappreso sul viso del poveretto, che era stato identificato come il proprietario della casa, quando lo avevano torturato a quel modo doveva essere stato ancora cosciente.
«Che razza di mostro può fare una cosa del genere ad un’altra persona?» chiese Ako, lugubre, guardando il cadavere con disgusto.
Osservandolo più da vicino, avevano scoperto che parte della materia grigia all’interno del cranio era stata asportata, o… morsicata. Dai segni che si potevano notare sul cervello, non era del tutto chiaro quale fosse l’ipotesi corretta, per quanto macabre fossero entrambe. Per appurarlo con certezza occorreva un esame approfondito, che in quel momento non potevano permettersi di attendere.
Incapace di stare del tutto fermo, Yusuke tamburellava con il tallone sul pavimento di legno della stanza, il rumore sordo della sola dei sandali che veniva attutito dallo strato di ragnatele che imbiancavano le assi. Appena saputo quanto accaduto, la donna della Nuvola aveva inviato un Ninja Medico a casa di Ishizaki per occuparsi di Mana e delle sue ferite, ma non erano ancora giunte notizie né di lei, né di Goro. Più passavano i minuti, e più non poteva fare a meno di pensare al peggio. Non poteva fermarsi, o i sensi di colpa lo avrebbero divorato vivo.
«Spiegami di nuovo come hai fatto a perderlo». Si morse un labbro con un canino affilato, spostando lo sguardo dalla carcassa a Chidori. «Credevo stessi seguendo la sua impronta di Chakra».
Gli occhi della Kunoichi dardeggiarono di rabbia. «Sì, infatti. Un momento l’impronta era davanti a me, chiara come la luce del sole, e quello dopo era svanita nel nulla».
«Se il nostro uomo sa come nascondersi agli occhi di un Sensore, rintracciarlo non sarà semplice», intervenne Ako. China accanto al corpo avvolto nella tela, sollevò lo sguardo verso Chidori, che si trovava dal lato opposto della stanza, vicino alla finestra. «Sei riuscita a vederlo in faccia, prima che fuggisse?»
«No… quando ho infranto la finestra, non c’era già più nessuno».
Fra i tre calò un tetro silenzio, rotto soltanto da uno sgraziato rumore di passi che risalivano le scale. In quell’andatura pesante e flemmatica Yusuke riconobbe l’arrivo di Goro, ed ebbe un tuffo al cuore. Quando l’uomo fece il suo ingresso nella stanza, da solo, tre paia di occhi lo fissavano con sguardi carichi d’attesa. Incrociò il suo, e all’Uchiha si raggelò il sangue nelle vene. Il gigante scosse la testa, prima di abbassare il capo e fissarsi con insistenza la punta dei piedi.
La Luna di Sangue scoprì che dentro di sé c’era ancora qualcosa che poteva essere spezzato. La sentì andare in frantumi, così come la vita di Mana si era infranta su una strada ciottolata di cui non ricordava neanche il nome, davanti ad una casa qualunque, solo perché lui le aveva chiesto di restare di guardia. Non era per niente come quando Itaru si era fatto ammazzare come un cane dagli uomini di Kaori Mitarashi. Mana non se lo meritava, cazzo. Era una brava persona, per gli dèi. Un’altra che quella loro vita dannato aveva masticato e risputato quando aveva finito di spolparla fino all’osso.
«Dov’è?», chiese, con la voce che tradiva il suo dolore.
Goro si diede un colpetto sul petto. «Al sicuro».
Certo, che stupido. Goro girava sempre con almeno un rotolo per cadaveri in cui sigillare corpi da far sparire o da cui recuperare informazioni preziose. Spesso scherzavano sul fatto che, se continuavano a stare nelle Forze Speciali, prima o poi sarebbero tutti quanto finiti in quegli stessi rotoli. Chissà se vi avrebbero ancora scherzato sopra, dopo quel giorno.
Il suo cuore si indurì. Quando aprì bocca, la sua voce trasudava dell’oscura determinazione della vendetta.
«Quel bastardo è un uomo morto».
Ako si schiarì la voce con un colpo di tosse, a disagio. «Con tutto il rispetto, ma questo caso è di nostra competenza. Sono avvenuti degli omicidi nel cuore del nostro Paese; da qui in avanti ce ne occupiamo noi».
«Con tutto il rispetto, vaffanculo. Una dei nostri è appena morta perché non sapete fare il vostro cazzo di lavoro nel giardino di casa vostra».
«Goro, tieni a bada il tuo micetto», ringhiò lei, facendo un minaccioso passo in avanti. «Sta rizzando il pelo».
Yusuke snudò gli artigli di entrambe le mani e si preparò ad attaccare.SPOILER (clicca per visualizzare)Tsume No Sakusei - Creazione degli Artigli
Livello: D
Tipo: Ninjutsu
Questa Tecnica permette al Jinchuuriki della Bicoda, senza l'utilizzo di Sigilli, di far crescere le proprie unghie delle mani o dei piedi fino ad una lunghezza massima di quaranta centimetri, donandogli una robustezza ed una capacità di taglio pari a quella di una comune Katana. Lo Shinobi ottiene quindi la capacità di utilizzare Kenjutsu e Jutsu che necessitano di una lama per fare effetto, di livello A o inferiore, sfruttando i propri artigli come se fossero un’arma vera e propria. Indipendentemente dal numero di artigli utilizzati per le Tecniche, il danno complessivo dei Jutsu utilizzati rimane invariato. Finché questa Tecnica è attiva su una o entrambe le mani, risulta impossibile comporre efficacemente i Sigilli utilizzando le stesse. La Creazione degli Artigli dura un massimo di ventiquattro ore e può essere annullata dal Jinchuuriki in qualsiasi momento.
A livello Chuunin, pagando un consumo doppio, sarà possibile aumentare lunghezza e resistenza delle unghie di mani e piedi con un singolo utilizzo.
Consumo: 2
«Perché non vieni più vicino? Magari ti apro anche l’altro lato della testa, così diventi simmetrica».
Goro si gettò in mezzo a loro per fermarli prima che si saltassero alla gola a vicenda. Con ciascuna delle braccia grandi come tronchi cercava di tenere fermi sia Ako che Yusuke, ma la donna sembrava forte almeno quanto lui e richiedeva gran parte della sua attenzione. Ne approfittò per sgusciare via dalla sua stretta e fiancheggiare la Kunoichi, pronto a piantarle gli artigli nelle costole. Qualcuno lo afferrò da sotto le ascelle e lo trascinò all’indietro con un secco strattone.
«Stai cercando di farci ammazzare tutti quanti? Eh?», gli sibilò Chidori all’orecchio. Lo bloccò in una morsa che lo lasciò a smanacciare nell’aria per un paio di secondi, prima che rinunciasse ai suoi bellicosi propositi. «Ricordati dove siamo, prima di fare qualcosa di cui potremmo pentirci tutti».
Lo lasciò andare, poco prima che Goro facesse la stessa cosa con l’ANBU della Nuvola. Ci volle ad entrambi un momento per riprendere fiato. Yusuke fece scattare gli artigli, ritraendoli all’interno delle dita.
«Perché non vai a prendere una boccata d’aria, prima di tagliarti da solo con quegli affari?», sbuffò Chidori, dando un colpetto sul braccio a Yusuke con il dorso della mano. Gli indicò poi la porta, invitandolo ad uscire.
«Sto bene».
«No, non è vero. È meglio se vai a rinfrescarti le idee».
«Ho detto che sto bene».
«Va’», gli intimò Goro, trapassandolo con un’occhiata.
Yusuke sostenne il suo sguardo per un momento, poi si allontanò a grandi passi senza guardare in faccia nessuno. Mentre scendeva le scale, udì la voce dell’uomo che intercedeva per lui.
«Ti chiedo di perdonare il mio compagno, Ako. Non è in sé. Come dice, una dei nostri è appena morta sotto i nostri occhi. Credo che questo ci dia almeno il diritto di partecipare alla cattura di chi l’ha uccisa».
«…D’accordo», acconsentì la donna, dopo un momento di pausa. L’Uchiha rallentò il passo per carpire anche le ultime frasi. «Farò finta che non sia accaduto nulla, per questa volta, ma solo perché sei tu a chiedermelo, Goro. Potete restare».
Uscì in giardino, schivando gli sguardi dei curiosi ammassati all’esterno e degli ANBU mascherati di guardia. Fece il giro della casa, spostandosi sul retro dove invece non c’era nessuno, tranne un gatto randagio acciambellato sul coperchio di un bidone del pattume ammaccato, abbandonato in un angolo del cortile. Appoggiò entrambe le mani alla staccionata e chiuse gli occhi, stringendo forte. Emise un lungo sospiro modulato, cercando di sciogliere il groppo che aveva alla base della gola.
"Non è stata colpa tua", sussurrò Baku, emergendo nella sua coscienza.
Yusuke strinse un po’ più forte le dita contro le assi della staccionata, quasi fino a farsi del male. Erano ancora sporche del sangue di Mana. "Invece sì, Baku. Le ho chiesto io di restare di guardia… Se non l’avessi fatto, adesso sarebbe ancora viva".
"Non potevi sapere cosa sarebbe accaduto. Nessuno poteva".
"Ma i segni c’erano, capisci?", obiettò lui, sentendo la rabbia che gli montava in petto. "Avrei dovuto accorgermi prima che si trattava di un cecchino. Se solo l’avessi avvisata in tempo, allora forse…"
"Non puoi salvare tutti, Yusuke".
"Lo so, questo!" Una lacrima calda gli colò lungo una guancia. Diede un calcio allo steccato, sfondando un’asse malmessa. "Cazzo. Accidenti…"
La Divoratrice di Sogni non aggiunse altro. Rimasero in silenzio per un po’, il tempo scandito dai deboli calci che Yusuke continuava a sferrare alla palizzata.
"È che… mi sembra di non riuscire mai a farne una giusta", disse infine, concedendo un po’ di respiro alle assi malconce. "Tutti quelli che mi stanno intorno muoiono. E io non riesco a proteggerli".
La voce di Baku si addolcì. "Stai facendo del tuo meglio, e nessuno potrà mai chiederti più di questo."
Yusuke tirò su col naso. "E se questo non fosse abbastanza…? Per me, per la mia coscienza?"
"Allora puoi fare ciò che ci riesce meglio. Mandare sottoterra il sacco di carne che ha ucciso la tua amica. Concederle un po’ di giustizia", fece lei, ora più tagliente.
La Luna di Sangue raddrizzò la schiena.
"Sì". Si asciugò la lacrima dalla guancia e si diede una rassettata, sistemandosi la veste al di sotto del gilet. "Sì. Lo prendiamo, quel figlio di puttana. Sta’ a vedere, Baku ".
"Così mi piaci, piccolo Uchiha. Con quel tuo meraviglioso istinto omicida puntato nella direzione giusta. Ora va’ e taglia la testa di quell’animale".
Quando rientrò nella stanza ricoperta di ragnatele, trovò un ANBU della Nuvola intento a sussurrare qualcosa all’orecchio di Ako. Quando ebbe riferito ciò che aveva da dire, l’uomo mascherato svanì in un battito di ciglia, Dislocandosi altrove.
«Novità?», chiese, avvicinandosi a passi lenti.
Non c’era animosità nello sguardo che Ako gli rivolse. Solo l’asciutta professionalità di chi aveva vissuto quei momenti decine di volte.
«I miei uomini hanno appena confermato che non è possibile recuperare alcuna informazione dal corpo di Ishizaki. Il cervello è troppo danneggiato».
Yusuke non commentò quell’informazione. L’aveva immaginato fin da subito, non appena scoperto il primo cadavere e visto quanto in profondità la freccia avesse colpito.
«Nel frattempo abbiamo bloccato ogni accesso al Villaggio, sia in entrata che in uscita. Nessun civile o Shinobi, anche della Nuvola, può allontanarsi da Kumo senza il nostro permesso. Abbiamo Percettori sparsi in ogni quartiere alla ricerca di qualsiasi cosa che possa saltare all’occhio. Quel cane non ci sfuggirà».
«Ci stavamo anche interrogando sul modo di agire dell’assassino», aggiunse Goro. Si spostò verso la finestra, lanciando un’occhiata oltre l’altopiano, là dove si poteva vedere la casa della prima vittima. La casa dove era morta la loro compagna. «C’è qualcosa che non mi torna. Se mi assoldassero per rubare un rapporto e far fuori chi l’ha scritto, leverei le tende non appena completato il lavoro. Lui invece è rimasto, ed ha ingaggiato un altro scontro». Lasciò che il suo sguardo corresse lontano, come ad immedesimarsi nel Ninja che fino a pochi minuti prima aveva occupato quella stessa posizione. «Perché?»
«Forse non ha paura di essere catturato», ipotizzò Chidori, avvicinandosi al centro della stanza. «Se può svanire nel nulla ed ingannare persino un Ninja Sensore, allora può permettersi di rischiare molto di più. Commettere azioni impossibili per un normale Shinobi».
«O forse non ha alcuna intenzione di scappare», continuò Ako, grattandosi la lunga cicatrice sulla testa. «Forse sa di non poter scappare da questo villaggio e che prima o poi lo prenderemo, quindi tanto vale portare con sé quanti più nemici possibile, no?»
Goro aggrottò le sopracciglia. «Una missione suicida?»
«È quello che farei io. Se devo morire, allora vorrei farlo in grande stile. Uccidendo tutti quelli che posso. Senza offesa», aggiunse, rivolta a Yusuke.
«Nessuna offesa».
L’Uchiha si abbassò accanto al corpo avvolto nel bozzolo di ragnatele, così come aveva fatto con il Ninja abbattuto con il colpo alla testa. Gli occhi vitrei e spalancati dell’uomo si specchiavano nei suoi, concentrati nel cercare di capire ciò che ancora gli sfuggiva. Goro aveva ragione: c’erano troppe cose che non tornavano. Era probabile che l’assassino avesse ucciso quell’uomo dai baffi all’ingiù per appropriarsi della casa e poter agire indisturbato, mentre si preparava a colpire Ishizaki. Ma perché infierire su di lui a quel modo? Perché aprirgli il cranio e rimuovere parte del cervello…?
Trovava difficile si trattasse di semplice crudeltà. Il loro avversario si stava dimostrando un nemico senza pietà, sì, ma fino a quel momento si era rivelato eccezionalmente metodico. Cercava di non lasciare alcun conto in sospeso, ma era molto attento ad agire solo quando era strettamente necessario. Se fosse stato un pazzo fuori controllo avrebbe potuto uccidere anche la signora Inori all’Archivio della Nuvola; invece si era limitato a cancellare ogni traccia di sé dai suoi ricordi. Aveva aspettato che Ishizaki fosse in casa, da solo, invece di trucidarlo per strada come un animale, causando il panico tra la folla. Era certo che il tentativo di fare fuori pure loro non fosse stato programmato, ma che si fosse trovato di fronte ad una serie di domande a cui dover rispondere in pochi secondi: quanto sapevano quegli Shinobi riguardo la sua missione? Perché si trovavano lì? Era ancora troppo presto perché dessero l’allarme ed allertassero il Villaggio…?
«Troppo presto…», mormorò tra sé e sé, con un filo di voce appena udibile.
«Hm? Hai detto qualcosa, Kagachi?»
Yusuke si voltò verso la voce.
«Come?»
«Ti ho chiesto se stavi dicendo qualcosa», ripeté Chidori, più lentamente. «Sembrava stessi parlando da solo».
«Oh. Sì. Stavo pensando che, forse… il motivo per cui il nostro uomo è rimasto qui è che non ha ancora finito il lavoro».
«In che senso?» Ako gli si fece incontro, spostando l’attenzione da Goro all’Uchiha.
«Nel senso che non ci siamo mai chiesti quante fossero le persone che è stato mandato qui ad uccidere. Se diamo per scontato che Mana sia stata un incidente di percorso, dettato da eventi che non poteva prevedere, i fatti rimangono questi: era qui per recuperare un rotolo che vuole fare sparire dalla circolazione, e sta eliminando chiunque possa essere venuto a conoscenza di cosa vi sia scritto all’interno». Yusuke si rialzò in piedi e guardò Ako dritta negli occhi. Per farlo doveva piegare il collo all’insù, come quando parlava con Goro, perché la donna era molto più alta di lui. «Chi altri può averlo letto, o essere stato informato dei suoi contenuti?»
La Kunoichi sbiancò. Lanciò una rapida occhiata a Goro mentre faceva mente locale. «Beh, di sicuro c’è il suo Capitano, a cui ha fatto rapporto e che ha dovuto approvare la conclusione della missione e… il suo compagno di squadra. Non mandiamo mai nessuno ad analizzare i cadaveri da solo in campo nemico».
«Allora fareste meglio a rintracciare quei due, e in fretta», replicò Yusuke.
Edited by Glustrod - 3/5/2024, 12:32 -
.Richiedo Missione di Livello B in solitaria, possibilmente questaCITAZIONEShinobi fa attenzione. C'è giunta voce che un Mukenin di Takigakure no Sato, da quello che sappiamo uomo al soldo del Mercato Nero, è sulle tue tracce. È stato avvistato ultimamente nei pressi di Atsumi e da tempo raccoglie informazioni sul tuo conto. Abbiamo il forte sospetto che sia ormai in procinto di venirti a cercare. Vedi bene di non farti uccidere, questa sarà la tua missione personale, e poi vedi di catturare quel Mukenin vivo o morto, per noi è indifferente e pure per quelli di Takigakure no Sato, questi però ci dovranno un favore e noi lo aggiungeremo alla lista.
Buon lavoro.
Grazie a chi passa
Credo tu abbia sbagliato Ufficio per abitudine con il vecchio PG, comunque ecco QUI la missione -
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Missione Takehiko Chikamatsu Missione a Servizio di: Sunagakure No Sato Livello: B Esecutore della Missione: Takehiko Chikamatsu Shinobi fa attenzione. C'è giunta voce che un Mukenin di Takigakure no Sato, da quello che sappiamo uomo al soldo del Mercato Nero, è sulle tue tracce. È stato avvistato ultimamente nei pressi di Atsumi e da tempo raccoglie informazioni sul tuo conto. Abbiamo il forte sospetto che sia ormai in procinto di venirti a cercare. Vedi bene di non farti uccidere, questa sarà la tua missione personale, e poi vedi di catturare quel Mukenin vivo o morto, per noi è indifferente e pure per quelli di Takigakure no Sato, questi però ci dovranno un favore e noi lo aggiungeremo alla lista.
Buon lavoro. -
.SPOILER (clicca per visualizzare)Narrato, "Pensato", «Parlato», "Pensato Baku", «Parlato Altri», «Parlato Takehiko».
I nemici sbucavano da tutte le parti. Li avevano inseguiti per due giorni e due notti, inoltrandosi nel folto della foresta a caccia di qualunque cosa potesse aver spazzato via un contingente di quaranta uomini nel giro di poche ore, lasciando dietro di sé nient’altro che una scia di corpi sfregiati e mutilati. Quello che non sapevano era che tra di loro si nascondesse un fottutissimo Sensore. Convinti di essere loro i cacciatori, nascosti tra le macchie d’ombra di quella vegetazione inospitale, erano invece finiti dritti nella trappola di quei bastardi, in un’imboscata tesa ad arte per accerchiarli con un soverchiante numero di avversari.
«Fanculo», ringhiò Goro, schiantando un pugno roccioso sulla faccia di un Cultista.
Schivò l’affondo di un Ninja armato di katana e lo colpì al mento con un montante di pietra. Sentì la mandibola dell’uomo accartocciarsi sotto il rivestimento di roccia che gli ricopriva il pugno e ne gioì, di quel piacere selvaggio che solo la battaglia poteva fornire ad un uomo. Dopo quell’ultimo attacco, l’esoscheletro roccioso intorno alle braccia si sbriciolò e cadde ai suoi piedi in mille frammenti pietrosi sporchi del sangue nemico. Ansimante, fece appena in tempo a voltarsi prima di venire assaltato da una creatura rabbiosa e ricoperta di pelo. Cadde a terra, schiacciato dal peso di un enorme lupo fulvo grande almeno quanto lui. Gli afferrò le lunghe zanne con entrambe le mani, impedendogli di squarciargli la gola con un sol morso, e restarono bloccati così, in una prova di forza che non vedeva un chiaro vincitore. La fila di denti acuminati dell’animale era così vicina che poteva sentire il fetore emanato dal suo fiato, che sapeva di sangue e morte. Con un ringhio rabbioso, la bestia gli affondò gli artigli nel petto e lui si lasciò sfuggire un grugnito mal soffocato. La presa sulle zanne si fece più debole e scivolosa.
Una sagoma avvolta di energia del fulmine saettò attraverso il suo campo visivo e, un istante dopo, un fiotto di sangue zampillò dalla schiena del lupo, prima che questo gli si accasciasse addosso, senza più vita. Goro piegò le labbra in un sorriso. “Chidori”. Con un muggito dolente si scrollò di dosso il cadavere dell’animale e si rimise in piedi, incespicando sul corpo del cultista che aveva steso poco prima. Quella maledetta bestia gli aveva aperto diversi buchi nel petto; stava perdendo abbastanza sangue da inzuppare il fottuto gilet della Foglia. Dannata creatura. Mentre riprendeva fiato osservò la sua compagna sfrecciare in qua e in là in mezzo alla boscaglia, impugnando il suo gigantesco spadone ricoperto di Chakra Raiton come se fosse leggero come una piuma, con cui affettava nemici senza alcuna pietà. I lunghissimi capelli neri la seguivano come una coda morbida e dotata di vita propria, impegnata a farle da contraltare in quella sua danza mortale fatta di sangue e acciaio.
«Goro!», gridò lei, indicando un punto alle sue spalle. «Kagachi è a terra!»
Il colosso si voltò di scatto. Qualche metro più avanti, accerchiato da un gruppo di nemici, l’Uchiha si trovava disteso a terra di schiena. Il tizio che gli stava più vicino era un Posseduto dallo sguardo spiritato ed un singolo corno d’osso che gli spuntava dalla fronte, circondato da vene pulsanti e bluastre. Impugnava una lunga falce gocciolante di sangue.
“Cazzo”.
Accumulò Chakra Doton nella pianta del piede e la sbatté a terra con forza. Il lembo di terra su cui poggiava Kagachi schizzò verso l’alto, elevandosi dal suolo e portandolo al sicuro per qualche secondo. Subito dopo sollevò entrambe le braccia, e acuminate lance di roccia sorsero dal terreno, impalando sul posto tutti i traditori che si trovavano lì. Con ampi movimenti delle mani guidò il pinnacolo di terra che aveva appena sollevato, facendolo muovere in aria come una serpe composta di roccia e terriccio, affinché riportasse a lui il corpo del compagno. Lo lasciò scivolare verso di lui e lo afferrò al volo, caricandoselo in spalla.
«Tieni duro, ragazzo. Ora ce ne andiamo. Ce l’ho!», abbaiò poi, volgendosi verso Chidori.
La Kunoichi, accerchiata da più nemici, piantò la spada a terra con entrambe le mani ed il terreno si frantumò, pervaso da strali erratici che folgorarono chiunque stesse cercando di attaccarla. Recuperata l’arma, sgusciò tra i corpi fulminati e partì di corsa verso ovest, dove si trovava il campo base a cui ritornare. Dagli occhi emise un raggio di pura energia dritto verso il sottobosco, che incenerì alberi e piante aprendo un passaggio attraverso la fitta vegetazione.
«Via, via!»
Goro sputò un grumo di sangue e la seguì a ruota. Avevano percorso solo pochi metri quando uno shuriken gigante gli passò appena sopra la testa e si conficcò nel tronco di un albero davanti a lui, proprio al limitare della zona incenerita da Chidori. Il gigante imprecò ad alta voce, bestemmiando chi aveva inventato quelle dannate armi. Di quel passo non sarebbero mai riusciti a seminarli. Kagachi era fuori gioco e anche lui era ferito; Chidori poteva rigenerarsi ma le sue riserve di Chakra non erano infinite e, da sola, non sarebbe mai riuscita a mettere in salvo tutti quanti i membri della squadra, se le cose si fossero messe ancora più male di così. Doveva fare qualcosa per rallentare quei bastardi. Si arrestò di colpo, piantando i piedi sull’erba umida finché non riuscì a rallentare abbastanza da ancorarsi al terreno. Appoggiò il corpo di Kagachi a terra e si voltò per fronteggiare l’orda urlante che stava loro alle calcagna. Mentre raccoglieva le ultime energie, emise un lungo sospiro. Stava diventando troppo vecchio per quella merda. Compose alcuni Sigilli magici, richiamando a sé tutte le energie che gli erano rimaste.
«Inferno Inevitabile».
La terra si tramutò in una distesa fangosa sotto i piedi degli inseguitori, che vi restarono intrappolati e sprofondarono nella fanghiglia, risucchiati da una forza invincibile. Goro emise un lungo grido, che superò quelli dei nemici che cercavano invano di liberarsi, e sbatté entrambe le mani al suolo. Evocò un’immensa muraglia di pietra a pochi passi da lui, formata da innumerevoli pareti di roccia che proruppero dal terreno, sradicando alberi e tagliando a metà la foresta nell’area di estensione del Jutsu. Creò la muraglia ad arco, per racchiudere Posseduti e cultisti all’interno della palude ed impedire che potessero raggiungerli, almeno per un po’.
Una volta sostenuto quello sforzo titanico, Goro cadde in ginocchio, esausto, all’ombra di quella barricata così alta da oscurare la luce del sole. La testa gli pulsava di un rumore sordo, che rendeva ovattato ogni suono proveniente dall’esterno. Sentiva solo il battito del suo cuore, che si faceva sempre più lento.
Una mano lo afferrò per un braccio e gli diede una scossa, scuotendolo dal suo torpore. Ci mise qualche istante per mettere a fuoco Chidori, china su di lui. Aveva riposto lo spadone sulla schiena e si era caricata Kagachi in spalla con un grugnito. Aveva le vesti piene di graffi e tagli, ma non una sola ferita traspariva dagli strappi che le permeavano gli indumenti. Anche lei doveva essere quasi al limite, dopo aver rigenerato così tante ferite, eppure non una parola di lamentela o sconforto usciva dalla sua bocca.
La ragazza gli tese la mano, aiutandolo a rimettersi in piedi.
«Bel lavoro. Credo ne avranno per un bel po’. Ora diamoci una mossa, prima che questo qui ci lasci le penne».
Goro sorrise, mostrando una fila di denti sporchi di sangue. «Se quel bamboccio ci resta secco per una ferita del genere, lo ammazzo di botte».* * *
«Svegliati, Samurai. Abbiamo un esercito da distruggere».
Yusuke ebbe un sussulto. Si rialzò di scatto, pronto ad imbracciare le armi, quando una fitta terribile alla schiena lo fece crollare di nuovo giù. Gemendo, realizzò di trovarsi prono su quello che aveva tutta l’aria di un lettino da campo. Strizzò gli occhi un paio di volte per mettere a fuoco la figura corpulenta che incombeva su di lui. Goro. Era seduto accanto a lui su una seggiolina pieghevole troppo piccola per ospitare tutta la sua mola, dandogli l’aspetto di un enorme orso appoggiato su una sedia per bambini. Emise un lungo e basso grugnito, massaggiandosi la fronte con una mano artigliata.
«Attento, vecchio. Quella sedia potrebbe rompersi da un momento all’altro».
«Molto divertente. Se non fosse per questo vecchio, ora ti troveresti all’altro mondo a brindare con i tuoi antenati».
«Che è successo?», mugugnò Yusuke, sollevandosi a sedere con fatica.
Mise a fuoco il resto della tenda, che poteva ospitare altri tre posti letto in quel momento tutti vuoti. accanto a Goro, la figura slanciata di Chidori faceva capolino da dietro una sua spalla. Impilata alla morbida parete della tenda, a due passi dal suo giaciglio, trovò la sua arma, la Spada Kusanagi, la gemma a forma di occhio di serpente alla base dell’impugnatura che sembrava ricambiare il suo sguardo. Si diede una grattata alla nuca, stupendosi per un istante di non trovarvi la lunga criniera di capelli che aveva tenuto ormai da quasi un decennio. Poco dopo l’inizio della guerra aveva deciso di tagliarli corti, in una zazzera spettinata che gli rendeva molto più facile lavarli e tenerli puliti anche in condizioni igieniche precarie. Era stata una scelta dettata dalla praticità, ma che con il passare dei giorni aveva assunto anche un valore simbolico. Anche se le cose stavano andando male, erano passati anni da quando aveva stretto una promessa di sangue con Baku, giurando sulla morte di tutti i demoni che infestavano il pianeta. E finalmente era arrivata l’occasione per mantenere quella promessa, una volta per tutte.
«È successo che ti hanno beccato, ragazzino», proferì Goro, riscuotendolo dai suoi pensieri. Gli indicò la stretta fasciatura che gli avvolgeva il tronco con un dito tozzo ed un cenno del capo. «Hai rischiato di restarci secco per colpa di quei maledetti Cultisti».
Yusuke fece mente locale. Giusto, i Cultisti. Ricordò gli appostamenti nella foresta, l’imboscata accanto a quel masso appuntito che svettava tra gli alberi, come una punta di lancia che puntava verso il cielo; il soverchiante numero di nemici che li attaccava in uno spazio troppo piccolo per poter combattere liberamente. Quando i suoi ricordi raggiunsero il momento in cui lo avevano attaccato alle spalle, avvertì un dolore sordo alla colonna vertebrale.
«Il Sensore», chiese, spostando lo sguardo su Chidori. «Lo abbiamo preso?»
Lei fece spallucce. «Non ne sono sicura. C’era troppa confusione perché potessi concentrarmi su tutte le impronte di Chakra mentre combattevamo».
«Allora dobbiamo assicurarcene in fretta. Avete visto cos’è successo a quel contingente nella foresta, prima di noi. Non possiamo lasciare questa zona in balìa del nemico».
Fece per alzarsi dalla brandina, ma una pugnalata lancinante alla schiena lo paralizzò a metà del movimento. Annaspò nel vuoto alla ricerca di qualcosa a cui aggrapparsi.
«Whoa, whoa. Tu non vai da nessuna parte», disse Goro, afferrandolo al volo. Lo accompagnò di nuovo in posizione seduta, evitando che si facesse del male da solo. «Hai bisogno di riposo».
Yusuke fece una smorfia mentre tratteneva il dolore. «È solo un graffio. Sono a posto».
«Smettila di fare l’eroe», lo zittì Chidori, affiancandosi al compagno. «Sai meglio di me che mandare a combattere un soldato ferito ti espone a perdite ancora maggiori. E poi… gli ordini sono cambiati».
«In che senso?», domandò l’Uchiha, senza capire.
Lei incrociò le braccia al petto. Sospirò. «Io e Goro siamo stati riassegnati. Tora ha reputato di inviarci altrove, mentre tu riprendi le forze».
Yusuke abbassò lo sguardo sul ventre fasciato. Riassegnati… ma chi volevano prendere in giro. Conosceva bene Tora ed il suo modo di ragionare. Pragmatico, preciso, e freddo come il ghiaccio. Li spostavano da un’altra parte perché, ridotto così, era diventato un peso.
«Quindi mi state lasciando indietro».
Prima di rispondergli, i due ANBU si scambiarono un’occhiata. Goro gli appoggiò una mano sulla spalla, abbozzando un sorriso paterno.
«È solo per qualche giorno, Kagachi. I dottori hanno fatto del loro meglio per rattopparti, ma era davvero una brutta ferita. È meglio se resti fermo finché non recuperi le energie».
«Tora ha lasciato indicazioni anche per te», aggiunse Chidori.
Yusuke sollevò lo sguardo su di lei. «Quali indicazioni?»
«Hai ordine di continuare ad indagare sugli agguati che avvengono nella foresta. Pare che l’unico sopravvissuto al massacro dell’altro giorno si sia appena svegliato. Suppongo che avrà qualcosa di interessante da dire».SPOILER (clicca per visualizzare)▪ Chakra ▪ ▪ Fisico ▪ ▪ Mentale ▪ Base: 380
Arte Segreta: 80Ferita Profonda: -1/-1 passivo. Contrariato. ▪ Slot ▪ ▪ Oggetto ▪ ▪ Note ▪ Indossata Meccanismo Kunai Polso Dx Fodero Spada Kusanagi Fianco dx ✘ ✘ ✘ Rotolo Minore ✘ ✘ T. Suppl Kunai [10/10] Coscia dx ✘ ✘ ✘ ▪ Armi ▪ Kunai [8/10] Shuriken [20/20] Shuriken [20/20] Kunai [10/10] Palla Luce [2/2] Rasoi [25/25] ▪ Accessori ▪ Occhio Cibernetico Pietra Focaia Maschera Respiratoria ✘ ✘ Radiolina ▪ Armi ▪ ▪ Accessori ▪ ✘ ✘ ✘ ▪ Note ▪ ▪ Sharingan ≈ Disattivato
▪ Unione Demoniaca ≈ Disattivata
▪ Due Palle Luce ≈ Legate a due Kunai [2/2]
▪ Guanti ≈ Indossati
Edited by Glustrod - 3/5/2024, 12:03 -
.Dato che alcuni dei miei sottoposti conoscono l'ubicazione e la strada dove dovremmo dirigerci posso supporre che loro posseggano una mappa su cui poter mostrare il percorso? (anche se questa non è segnata nell'equipaggiamento che riporta solo le armi)
Sì, l'importante è gestire questi PNG in maniera oculata e non come deus ex machina per risolvere qualsiasi problema relativo alla fattibilità della missione. Questo come consiglio generale, non rivolto nello specifico al possesso della mappa.Buondì Giovini
una domanda sul Mantello ScuroCITAZIONEPurtroppo è molto ingombrante e non consente una perfetta mobilità durante il combattimento, pertanto deve essere rimosso durante lo stesso o si riceverà un malus motorio di due gradi.
Questo malus lo devo segnare in scheda anche durante la missione narrativa ? O posso muovermi "alla pari" con gli altri durante gli spostamenti e viene applicato solo durante il combattimento ? ( just to be sure )
Il malus ce l'hai soltanto quando devi far ricorso a tutte le tue capacità fisiche in maniera esplosiva, dunque quando combatti. A riposo non ti dà alcuna penalità -
.Domanda: durante l'evento, fermo restando l'intenzione di dargli massima priorità, è possibile richiedere di svolgere missioni in singolo collocate in arco temporale antecedente alla guerra?
Sì, come abbiamo fatto per l'ultimo Torneo. Rimane il fatto che per l'Evento abbiamo tempi molto stringenti, quindi consiglio a tutti di dare la priorità a quello, compatibilmente ai propri impegni -
.
Hotfix Pre-Evento:
27 Qual'è esattamente la differenza tra i gradi di ANBU, Capo Squadra ANBU, Jounin e Jounin Veterano?CITAZIONENon vi è nessuna differenza, ognuno di essi conta come un grado a parte per tutte le interazioni del GDR che ne tengano conto.CITAZIONEValori di aumento Taglia:
- Chuunin: +350 Ryo
- Sp. Jounin: +300 Ryo
- ANBU: +300 Ryo
- CS.ANBU: +300 Ryo
- Jounin: +300 Ryo
- Jounin Veterano: +300 Ryo
- Sennin: +300 Ryo
Tutti quelli che fino a questo momento sono stati considerati dei "sotto-gradi", con aumenti delle capacità fisico-motorie di mezzo grado oppure nulli, da oggi vengono considerati come Gradi Ninja a tutti gli effetti. Questo significa che vi sarà una differenza fisico-motoria passiva di un intero grado da ANBU a CS ANBU, da CS ANBU a Jounin, da Jounin a Jounin Veterano e così via. Questa modifica va ad uniformare questi sotto-gradi rispetto agli altri, dal momento che i requisiti di Missioni per raggiungerli sono i medesimi rispetto ai gradi "standard" e già adesso si ricevono i vari Crediti per il passaggio di grado. Tenetene quindi conto in combattimento e non dimenticate di aggiornarvi la Taglia. -
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Votato, Scheda in targhetta -
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Fatto tutto. Ho aggiunto anche +10 Taglia per Hijutsu B ottenuto tramite addestramento; ti sale quindi ad un totale di 1085 Ryo