Accampamento di Orbashà

Deserto - Paese del Vento

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    Il Campo

    L'Accampamento di Orbashà non è un luogo, poiché trattandosi di un popolo nomade, quello dei beduini del Deserto si sposta continuamente. La tribù comprende circa 160 individui, uomini, donne, vecchi, bambini. La Tribù sembra composta da molte più donne che uomini, sensazione che viene accresciuta ancora di più dal fatto che spesso gli uomini sono fuori per missioni, cacce o pattugliamenti. Tutti, anche i vecchi e i bambini, sanno combattere, seppure quelli in grado di affrontare uno Shinobi sono veramente pochi, e solo una manciata riescono a cavarsela meglio di un Genin.
    Sono un popolo duro ed orgoglioso, che difficilmente accetta gli stranieri, tuttavia hanno un rigido codice di onore a cui si attengono e rispettano con rigore le regole dell'ospitalità.
    Anni fa hanno siglato un trattato ufficiale con la Sabbia, in cui s'impegnavano a dare la caccia ai predoni che infestano il deserto, attaccando le carovane o compiendo crimini tra le dune.
    Dopo i recenti attacchi subiti, i nomadi hanno preso ad erigere una fortificazione di filo spinato attorno al loro campo, piazzando anche a volte qualche trappola, quando si trovano nei territori meno sicuri.


    La Tribù

    Orbashà
    OrbashagraveAvatar_zps4cfd9b53
    Leader austero e carismatico del proprio popolo, presso tutte le tribù del deserto e persino a Sunagakure, il suo leggendario coraggio lo hanno reso famoso come il Leone del Deserto. Il suo senso dell'onore è tale da spingergli ad esiliare suo figlio per non infrangere le leggi della tribù, e la sua parola è accolta come legge da tutto il suo popolo.

    Guerrieri di spicco:

    Toubou: Guerriero di spicco della tribù. Taciturno e riservato è leale fino alla morte nei confronti del suo leader, della sua gente e di quelli che considera suoi amici.
    Omàr: Giovane e promettente guerriero, sposatosi di recente. Deceduto durante un attacco di Mukenin al accampamento.
    Abd-el Kader: Guerriero ed allevatore di cavalli. Il suo coraggio e il suo spirito combattivo sono pari a quelli del Leone. Di recente ha perso tutti e cinque i suoi figli e una mano, a seguito dell'attacco dei Mukenin al campo.
    Shiroshi: Ex-Shinobi adottato ormai da molti anni dalla Tribù. Le sue conoscenze delle arti Ninja sono spesso più teoriche che pratiche, e sebbene sia un formidabile guerriero, capace di rivaleggiare con Chuunin esperti, i suoi talenti come Shinobi non superano il rango di Genin.


    Minidizionario del Deserto

    I popoli del Deserto parlano una vasta gamma di dialetti diversissimi tra loro, i quali sono però riconducibili ad un unica lingua.
    Raramente gli stessi Shinobi di Suna sono in grado di capire tale lingua, men che meno di parlarla, abilità che richiede anni di studio ed esercizio pratico.
    Come lingua del Deserto ho ovviamente scelto l'arabo, scelta che continua a piacermi molto. Tuttavia ciò presenta un notevole problema, in quanto raramente sono disponibili trascrizioni fonetiche delle parole arabe (lo stesso Google Traduttore non ne ha). Pertanto il Dizionario serve da sistema di riferimento per usare sempre lo stesso modo di scrivere una parola, e può essere continuamente ampliato da chiunque abbia i mezzi o la voglia di farlo. Laddove non ho trovato fonti attendibili sul modo corretto di trascrivere in lettere una parola evito di far pronunciare tale parola ai Beduini ma la uso tranquillamente con Kenji al quale una pronuncia "imperfetta" è perdonabile. Dunque potrete "sentire" Kenji dire "shokran" ma i beduini diranno sempre "shukran". A seguito quelle "canonizzate".
    Dove possibile, accanto ad una traduzione comune ne inserirò una letterale.
    Una nota sulle lettere: La lettere ā equivale ad una ↓ più lunga. In alternativa è possibile usare una o due A a discrezione.

    CITAZIONE
    "Salām", ovvero "ciao/salve"
    "Salām aleyk/aleykum" ovvero "che la pace sia con te/voi", l'equivalente di un "buongiorno"
    "As-salāmu 'alaykum" stessa cosa di cui sopra, più formale.
    "Alayk/Aleykum salām" ovvero la risposta al saluto di cui sopra. Aleyk è la forma singolare, aleykum plurale.
    "Shukran", ovvero "grazie"
    "Na`am", ovvero "sì"
    "Lā", ovvero "no"
    "Sayyid" ovvero "signore"
    ”"Ana" = "Io"
    "Enta" = "Tu"
    "Habibi"= "Amore"
    "Enta habibi" = "ti amo" o anche "amore mio"


    Edited by Rinne87 - 20/11/2013, 16:26
     
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  2. .:Susanoo:.
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    Un clone nel deserto.



    Lo scontro a Kusagakure era finito da appena un giorno. Ero stato creato in un piccolo villaggio a nord-ovest di Yamamichi e il mio obiettivo era il caldo sud. Avevo fasciate le principali ferite ma grazie agli ampi abiti comprati dall'originale, che si erano moltiplicati assieme a me, non erano molto visibili. Un cappuccio nascondeva il viso e dalle larghe maniche si potevano solo intravedere delle dita fasciate come quelle di un pugile. Per la fasciatura mi ero ispirato a un ceto Kiichi, un lottatore piuttosto abile che avevo visto un giorno su un volantino proveniente dal paese del fuoco. Comunque il mio cammino verso il deserto era cominciato a metà mattinata. Accompagnato da un cavallo comincio il viaggio che mi avrebbe portato a un duro scontro con Kenji. Logicamente non dal punto di vista fisico ma dal punto di vista mentale. Decido di prendere una delle strade più veloci che mi avrebbero condotto dal Leone del deserto, ovvero passando a ovest di Yamamichi e di Tosi per poi deviare maggiormente il percorso e puntare direttamente all'accampamento in cui avrei trovato Kenji. Almeno a livello teorico. Gli ampi vestiti di seta mi avrebbero protetto dal caldo sole del deserto, avevo portato acqua in abbondanza, cibo a bassa deperibilità e una semplice tenda per potermi riparare dal freddo della notte e dal vento del deserto. Avrei fatto bene anche a cambiare cavalcatura a metà strada, se me ne si presentava l'occasione, un cammello poteva essere decisamente meglio. Visto che non sapevo muovermi bene nel deserto e non ero un esperto allevatore rischiavo solo di far patire l'animale nel caso sbagliassi strada o un'oasi che avevo previsto sul mio cammino si fosse prosciugata. Un cammello aveva una resistenza decisamente maggiore.
    Il viaggio prosegue senza intoppi e in due giornate di viaggio, un cambio di cavalcatura, e un paio di litri di liquidi sudati, arrivo fino all'accampamento di Orbashà, o almeno a quello che doveva esserlo. E' decisamente cambiato dall'ultima volta che l'ho visto. Mi dissi osservando dalla distanza un'enorme recinzione che circondava l'accampamento. L'ultimo attacco doveva proprio aver lasciato il segno se erano ricorsi a metodi simili. Un po' inutili forse. Chissà se mi permetteranno di entrare. L'ultima volta che gli avevo visti non erano disposti a dare protezione a un ricercato come Hayato o come me. Quindi, questa volta, la situazione poteva essere ancor peggiore. Faccio scendere a passo calmo il cammello lungo la pendice di sabbia che mi separava dalla recinzione metallica. Proprio come mi aspettavo l'accoglienza non tarda a venire armata di scimitarra. Non sapendo con chi avrebbero avuto a che fare i nomadi del deserto avevano già portato una mano sull'impugnatura per precauzione. Le ultime decine di metri che mi separavano dalla mia meta le percorro a mani ben alzate e in vista. Non passa molto che le guardie riescono a vedermi bene in viso allentando la presa. Mi scopro il capo e mi rivolgo a loro con un sorriso. E' un po' che non ci si vede. Esordì per salutare quei guerrieri. Non ero ancora abituato alle leggi del deserto e le loro usanze. Spesso usavo titoli onorifici inappropriati e parlavo più del dovuto ma non avevo mai avuto problemi. Sono qui per incontrare Kenji. Sapete dirmi se è già arrivato? Se il ragazzone di Suna era già presente potevamo risolvere la faccenda anche fuori dall'accampamento, se la nostra presenza creava problemi. Non saprei. Prova a chiedere al leone. Rispose quello che sembrava il capo pattuglia lasciandomi il passo. Grazie. Risposi brevemente con un ceno del capo cominciando a far proseguire il mio cammello fra le tende dei beduini. Vista la calda ora la maggior parte delle persone era rifugiata dentro le tende e così arrivo brevemente alla tenda del leone del deserto dopo aver lasciato il mio cammello in compagnia di altri suoi simili allevati dalla tribù. Con permesso. Mi annuncia prima di entrare in casa del leone. Nella sala principale non c'era nessuno così aspetto pazientemente l'arrivo di Orbashà. Era strano entrare in quel modo nella tenda del leone, solitamente ero sempre accompagnato da qualcuno ma, questa volta, era andata diversamente. Aspetto pazientemente seduto su uno dei colorati tappeti che ornavano la sala e poco dopo lo stesso Orbashà arriva circondato in un pregiato vestito di seta. Buongiorno Orbashà-san. Dissi dopo essermi alzato e con un leggero inchino. Kensei? Non aspettavo una tua visita. Confidò l'uomo che mi invita, con un gesto della mano, a sedermi nuovamente. E' stato qualcosa di un po' improvviso. E come mai hai viaggiato fin qui nel deserto? Mi auguro che tu non abbia avuto troppi problemi. Rispose Orbashà guardando le mie fasciature. Ah queste? Niente di preoccupante un piccolo incidente. Sono qui solo per incontrarmi con Kenji. Quindi dovremmo ricevere anche una sua visita mi pare di capire. Probabilmente ma, piuttosto, voi vi siete ripresi? Chiesi un po’ in apprensione vista la nuova disposizione dell'accampamento.
     
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    Elle era morto, Hayato se l'era filata e così pure Kensei, ed ero ancora vivo.
    Tutto sommato la giornata poteva considerarsi un successo, estrapolata da quello che era il contesto della mia vita in quel periodo. O forse era proprio quel contesto a spingermi a considerarla una vittoria?
    Il mio clone era persino riuscito ad incontrare Hayato, e mi stava riferendo per filo e per segno com'era andata, mentre gli altri volontari si radunavano per leccarsi le ferite e gli ANBU finivano di far pulizia e di setacciare la zona.
    «... ma in quel momento sono stato inghiottito da quella gigantesca massa d'acqua, e Hayato è tornato a combattere. Poi hai visto anche tu come se n'è andato, non c'era altro che potessi fare.» concluse il clone.
    «Così è stato Kensei ad informare Hayato?» domandai ancora una volta al clone.
    «Sì ma è strano... A che pro informare Hayato, non sono amici, giusto? E se gli stava a cuore questa guerra, perché non ha mosso un dito?» domandò la copia.
    «In verità,» la informai, «Kensei era qui fino a poco fa, travestito da Regolare.»
    Era inutile scendere nei dettagli con una copia che comunque prima o poi avrei dissolto, e anzi, in verità neanche quella precisazione era necessario. Tuttavia stavo pensando che se la mia copia si era sorpresa che l'Urahara non fosse qui, per me era stato il contrario. E se bene avessi avuto modo di constatare, ancora una volta, che la missione di Kensei coincideva con la mia, restava da chiarire come avesse avuto accesso a certe informazioni e che fine avessero fatto il regolare che aveva impersonato.
    «Dobbiamo andare.» mi disse la mia copia, indicando col capo il gruppo dei volontari, che ne frattempo era stato raggiunto dagli ANBU.
    Annuii e mi diressi verso gli altri, sostenuto dal clone, che mi aiutava a reggermi sulle gambe malferme. Sebbene in un primo momento, a causa dell'impellenza e momento e dell'adrenalina in circolo non me ne fossi reso conto, le ferite che avevo riportato da quel ultimo attacco di Taki erano considerevoli, e ora si facevano sentire.
    «Questo non è messo bene, ci rallenterebbe troppo.» disse uno degli ANBU.
    Per un momento pensai che intendesse lasciarmi lì.
    «Gobashi, portalo con te, e vai a fare rapporto.» disse invece ad un altro degli Shinobi mascherati.
    Questi si limitò ad annuire, prima di avvicinarsi a me.
    «Dissolvi pure il clone, non ti servirà, e aggrappati a me.» mi disse in tono pacato.
    «Il clone è in perfette condizioni, lo lascio alla squadra, se può essere utile.» contestai, lasciando però il Raiton Kage Bushin e aggrappandomi al Gilet ANBU di Gobashi.
    Questi si limitò ad un gesto che equivaleva ad un "come ti pare", e si concentrò per un secondo. Sentii come se qualcuno mi spingesse indietro la testa premendo sulla fonte che d'improvviso mi ritrovai in una stanza. Nemmeno il tempo d'un battito di un battito di ciglia e le persone attorno a noi erano scomparse, e la foresta di notte era diventata una sala ben illuminata, dalle pareti arancioni e pavimento e soffitto bianchi.
    Sbattei le palpebre più volte, per abituarmi alla nuova luce.
    «Bene, io vado a fare rapporto,» mi disse Gobashi, facendo un cenno ad alcune persone che solo allora notai nella stanza, «tu fatti curare e preparati, vorrà sentire anche te immagino.» disse come se fosse già tutto chiaro.
    «Dove...»
    «Sunagakure. Siamo dentro il palazzo del Kazekage.» mi interruppe col tono di chi dice una cosa scontata. «Ho usato una tecnica di teletrasporto.» aggiunse comunque.
    Alcune persone in camice bianco mi accompagnarono in un'altra stanza, dove altre persone in camice bianco cominciarono a prendersi cura di me, pulendo e disinfettando le mie ferite, prima di usare il Chakra per accelerarne la guarigione. Mi sentii un po' in colpa per il trattamento di favore, rispetto agli altri a cui aspettavano ora giorni di marcia, ma ero talmente esausto che durante il trattamento mi addormentai più volte, svegliandomi solo quando i medici mi chiedevano di voltarmi.
    Terminato il processo di guarigione mi lasciarono riposare finché non fui convocato dal Kazekage in persona. Di botto fui completamente sveglio. Mi preparai in fretta, pensando a quello che volevo dirgli.
    Intendevo raccontargli tutto, l'aiuto datoci da Kensei, l'intervento di Hayato, le sue parole, tutto quanto. Conoscendo la situazione mi avrebbe sicuramente autorizzato ad incorntrare Kensei. Se fosse stato necessario gli avrei detto che questi avrebbe potuto mandare anche solo un clone, cosa che, in effetti, avrebbe potuto fare, anche se io sarei andato di persona. Interruppi il flusso dei miei pensieri per bussare alla porta.
    «Avanti...» rispose la voce del mio Kage.
    Ma appena entrai nell'ufficio del Kage mi sentii gelare. Erano presenti ANBU di Kiri, Konoha, Oto e Kumo, oltre al vecchio Ebizo. Ovviamente non potevo chiedere a tutti i presenti di uscire, neanche per sogno, ma non potevo neanche raccontare a tutti che dei Mukenin avevano probabilmente spie in tutti i villaggi, né che intendevo io stesso andare ad incontrarli di lì a breve, sopratutto per via di quanto sarebbe sembrato sospetto.
    «Kazekage.» risposi con un inchino.
    «Ah, Kenji... La missione è stata un successo, mi hanno detto. I miei complimenti.» mi disse il Kage, sottolineando il "mi hanno detto" con una nota diversa nella voce.
    Capii subito che era un avvertimento per me. Forse temeva che non considerassi il fatto che avessero già ricevuto tutti il rapporto del primo ANBU o che in ogni caso avrebbero avuto anche gli altri, e dunque magari omettessi la presenza di Hayato per qualche motivo.
    Uno scrupolo non necessario, anche se mi diede coraggio il fatto che cercasse di proteggermi.
    «Non ho fatto più del mio dovere.» mi limitai a rispondere chinando il capo.
    Mi sembrava di essere sott'esame da parte di tutti i presenti, così decisi di passare al contrattacco e stendere un veloce rapporto.
    «Il viaggio è andato assolutamente liscio, ma una volta raggiunta la zona calda abbiamo avuto dei problemi. Gli ANBU sono stati impegnati da alcuni Shinobi di Taki e alcuni uomini pianta, e la squadra di volontari ha dovuto occuparsi dell'obiettivo.» dissi, rievocando velocemente nella mia mente quello che era successo, come se guardassi un video a velocità doppia.
    «Elle si aspettava la nostra mossa, e ci trovavamo in pesante inferiorità, sennonché...» esalai un sospiro prima di riprendere, «... il ricercato Hayato Kusanagi è intervenuto nello scontro con due Shinobi di Ame. Onestamente ritengo che Elle fosse un genio della strategia e che se non ci fosse stato Kusanagi a disturbare i suoi piani saremo stati noi a cadere in trappola. Io stesso ho abbattuto uno dei luogotenenti di Elle, un certo Taki Saisei, ma anche grazie all'aiuto dello Shinobi di Ame, mentre un altro l'ha fatto fuori l'altro Ameano. Il quarto, quella tizio-pianta, si è rivelato ancora una volta una specie di mostro, ricorrendo oltre al Mokuton anche a potenti tecniche Doton e Suiton. Sembra che quelli completamente bianchi siano cloni di un'originale metà nero e metà bianco. Se non avesse deciso di abbandonare Elle non penso che qualcuno di noi sarebbe stato in grado di abbatterlo.» dissi, condividendo le informazioni ricevute da Kensei, ma senza poterne citare la fonte.
    «Ma tutto questo è successo mentre Elle affrontava Hayato. Senza di lui a trattenerlo...» dissi, non ritenendo di dover fare altre considerazioni al riguardo. Non era bello dover ammettere che avevamo fermato la guerra grazie ai Mukenin. Anzi, più ci pensavo più l'intera faccenda mi suonava come se le Cinque Nazioni, alleate dei Mukenin, si fossero mosse per assassinare il Leader di Takigakure. In realtà la cosa era piuttosto diversa, ma dovevo ammettere che quell'interpretazione suonava terrificante e plausibile al tempo stesso.
    «Cos'altro poi?» domandò il Kazekagage in tono neutro.
    Solo allora mi accorsi che il mio racconto non era finito e del trepidante silenzio che ne attendeva il termine.
    «Oh, sì. Elle è morto, per mando degli ANBU. Kusanagi e i suoi sono fuggiti. Ah, e non ho visto i due Shinobi di Oto, ora che penso.» dissi come se mi venisse in mente in quel momento.
    «Mitobe Fumamori e Hitomi Yoshiko.» precisò il Kazekage, come se lo sapesse già.
    Rimasi in silenzio, in attesa di altre spiegazioni, che arrivarono in forma di domanda.
    «Risultano attualmente ad Otogakure, e non si sono proposti per tale missione. Hai notato qualcosa nei due che erano con voi in missione?»
    «A dire il vero li ho visti battersi entrambi con grande coraggio, prima di perderli di vista nella battaglia.» dissi, chiudendo il discorso.
    Se i due erano ad Oto, sani e salvi, Kensei aveva usato solo un trucco innocente per partecipare. Questo lo scagionava da ogni accusa che potessi muovergli, seppure restavano delle domande da porre.
    «Va bene Bayushi, puoi andare.» mi congedò il vecchio Ebizo, pensieroso.
    Feci un un leggero inchino e mi diressi verso l'uscita, ma una volta arrivato alla porta mi voltai, con un improvviso ripensamento.
    «Solo una cosa Kazekage-sama... Chiedo il permesso per andare a visitare la tomba della mia famiglia, fra tre giorni.» dissi con voce ferma.
    Il Kazekage annuì e fece un gesto con la mano, a ribadire che potevo andare.
    Lasciai l'edificio e mi diressi verso casa, per riposare e prepararmi al mio incontro con Kensei.

    Tre giorni dopo, il Deserto.
    Fulmine procedeva a passo deciso verso l'Oasi della Vergine, il posto nei cui pressi sapevo avrei trovato il campo di Orbashà. Trovare un campo nomadi non era una cosa semplice, se non si rimaneva in costante contatto con loro o se non si conoscevano in anticipo i loro spostamenti. Il mio era il secondo caso. Sapevo dove Orbashà e i suoi avrebbero piantato le tende da qui ai prossimi sei mesi, potendo rintracciarli dunque in qualsiasi momento.
    Finalmente in lontananza scorsi una macchia di colore. Le stoffe colorate delle tende e delle vesti della Tribù. Con una fitta al cuore notai le recinzioni, mentre Fulmine trottava tra le guardie che mi rivolgevano cenno di saluto.
    «L'altro Shinobi è già arrivato.» mi disse uno dei beduini, prendendo le redini mentre smontavo di sella.
    Annuii, per niente sorpreso. Kensei si era già dimostrato un tipo puntuale, e non mi stupiva che fosse arrivato prima di me. Con passo svelto, mi diressi verso la tenda di Orbashà.

    Edited by Rinne87 - 17/11/2013, 00:17
     
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  4. .:Susanoo:.
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    «Dove...»
    «Sunagakure. Siamo dentro il palazzo del Kazekage.» mi interruppe col tono di chi dice una cosa scontata. «Ho usato una tecnica di teletrasporto.»

    Cheater :addit:
     
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    «Ehi ANBU! Damme un passaggio che non c'ho voglia di farmela a piedi...»
     
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  6. .:Susanoo:.
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    Il bello è che fa tanto il brillante "io non manderei un clone, andrei di persona". Ma si, tanto non sei dovuto andare a piedi, ti hanno curato, facile parlare quando non devi andare in territorio nemico feritoXD

    PS: si dai, comincio anche la risposta
     
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  7. .:Susanoo:.
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    pensato/narrato/Parlato/Orbashà/Kenji


    Come potrai immaginare la situazione non è ancora risolta. Abbiamo perso tanti validi uomini, le ferite riportate sono ancora scolpite nella nostra mente. Solo quelle fisiche sono guarite, almeno quasi per tutti. Dissi con sguardo malinconico il Leone. Non sapevo a chi si riferiva, poteva essere chiunque della sua tribù ma la mia mente era subito viaggiata ad Abd-El-Kader. Dopotutto era uno dei suoi uomini più fidati e la perdita di un arto poteva causare la così detta sindrome dell'arto fantasma. Un dolore che poteva apparire in qualsiasi momento alla porzione dell'arto amputato indipendentemente dalla sua guarigione. Oppure la frase detta dal Leone si riferiva a tutt'altra cosa. Quindi la tribù è ancora spaventata che si possa ripetere una simile situazione? Domandai sbadatamente. Era più una domanda retorica fatta a me stesso, subito dopo averla pronunciata mi ero reso conto che non aveva senso porla. Sapevo che era così, ma sapevo anche che Orbashà non era il tipo da spaventarsi e come lui, pure i suoi uomini nonostante una sconfitta, non erano così arrendevoli. Non sia mai! Noi popoli del deserto non abbiamo certo timore degli uomini! Rispose con convinzione il leader della tribù. Lui probabilmente ne era convinto, ma non sapevo se tutta la popolazione fosse così sicura di se stessa. Altrimenti a che pro innalzare una recinzione metallica? Certo, mi scusi per la domanda. Ci tenni subito a chiudere l'argomento immediatamente, non aveva senso portarlo avanti, sarebbe sfociato solo in una conversazione sterile. I suoi uomini hanno ricominciato coi loro compiti e la vita nell'accampamento è tornata alla normalità? Il cambio repentino di argomento non ero riuscito a mascherarlo molto bene, il mio intento era facilmente intuibile, ma il Leone decide di non darci peso. Si, la vita nella tribù è tornata a quella di prima. Certo, ci sono stati dei cambiamenti, la disposizione degli uomini è cambiata, la porzione di deserto che teniamo pulita dai predoni si è dovuta ridimensionare, ma nuovi guerrieri stanno sorgendo, e alla luce della prossima primavera saremmo in grado di ripristinare le nostre forze militari e rispettare pienamente gli accordi presi con Ebizo-bey. Come prospettiva era ottima, speravo solo che non avesse accelerato l'addestramento dei nuovi guerrieri per cercare di compensare le perdite recenti. No, improbabile. Mi dissi dopo una breve riflessione. Per quanto Orbashà desiderasse la prosperità e la forza della sua tribù non avrebbe mai messo in pericolo i giovani guerrieri per questo suo desiderio. Quindi è solo una questione di tempo prima che ritorni, per davvero, tutto alla normalità? Domandai ben sapendo che era impossibile tornare alla stessa situazione di prima visto che le persone care decedute non sarebbero tornate in vita. Già. Rispose brevemente il Leone che, meglio di me, sapeva che non sarebbe stato così. Invece Toubou e Shiroshi dove sono? Domandai visto che erano i due guerrieri con cui ero più legato e mi sarebbe piaciuto rivederli.
    Il Leone del deserto aveva preso a parlare e io, pendente dalla sue labbra, lo stavo ascoltando con attenzione, oltre ai due uomini di cui avevo chiesto il discorso si era spostato anche su altri componenti della tribù. Mi sarebbe piaciuto salutare un po' tutti visto il lungo periodo passato in loro compagnia, dopo l'incontro con Kenji, se tutto fosse andato per il meglio, avrei sicuramente portato il mio saluto ad alcuni di loro. Durante la conversazione si poteva vedere come lo sguardo di Orbashà, a volte, faceva trasparire un grande senso di tristezza. Mi sarebbe piaciuto molto aiutarli ma vista la mia posizione non era affatto facile. Anzi, la mia presenza nel loro accampamento poteva solo causare problemi. Comunque, se avessi trovato un modo, non c'avrei pensato due volte a farmi avanti. La conversazione stava giungendo alle sue battute finali quando sentiamo avvicinarsi dei passi alla tenda. Questi si fermano e qualche istante dopo qualcuno entra nella tenda del Leone, la luce proveniente dall'esterno mi abbaglia per un attimo ma subito cerco di guardare in viso chi era entrato.
     
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    Ero circa a metà strada verso il palazzo di stoffa del capotribù, che due figure mi sbarrano la strada stagliandosi come sagome scure in controluce.
    «Toubou! Shiroshi!» li riconosco stringendo gli occhi.
    «Kenji! Qual buon vento?» chiese il secondo dei due.
    «Fratello, ben tornato.» aggiunse semplicemente Toubou, con un candido sorriso.
    «A dire la verità, ho un appuntamento con Kensei.» risposi a Shiroshi. «Dovrebbe essere già arrivato.»
    Shiroshi si corrucciò, e mi bastò una semplice occhiata, per invitarlo a parlare.
    «Kensei è un mio amico, e gli sono grato per il suo aiuto ma... non è bene che sia qui.» concluse come imbarazzato da quel pensiero.
    «Kensei è gradito ospite di Orbashà, e anche nostro.» lo contraddisse Toubou, più rivolto al compagno che a me. L'ammonimento bastò a zittire i dubbi dell'ex Shinobi, ma non i miei.
    «Eppure Hayato è stato qui, chiedendo aiuto e asilo in mio nome, e a lui è stato rifiutato.» commentai con stizza.
    Dall'occhiata di Shiroshi capii che lui invece la considerava un'ottima scelta, mentre stavolta fu Toubou a sembrare imbarazzato.
    «Di questo dovresti parlare con Orbashà.» disse infine.
    «Lo farò, sta tranquillo.» risposi con calma apparente.
    Dalle parole di Shiroshi avevo capito che anche lui era a conoscenza del tradimento di Kensei, com'era prevedibile dopo il periodo passato a Suna, in cui gli Shinobi avevano interrogato molti beduini, facendo domande sopratutto su Kensei e spiegando come questi fosse un ricercato.
    Mi feci largo tra i due, scostando con un braccio un drappo di stoffa che fungeva da porta, e varcando la soglia di un'ambiente ben diverso dal caldo cocente di fuori. Mentre un leggero brivido mi accapponava la pelle, socchiusi gli occhi per abituarli alla penombra. Distinsi immediatamente Orbashà, di fronte a me, e Kensei, seduto da una parte.
    «Salam aleykum», ovvero "che la pace sia con voi" nella lingua del Deserto, l'equivalente di un "buongiorno".
    «Alayk salam.» "che la pace sia con te", rispose Orbashà.
    Salutai Kensei con un cenno del capo, dato che non sapevo se avesse capito il primo saluto.
    «Interrompo qualcosa?» domandai mentre anche Toubou e Shiroshi entravano, e salutavano Kensei.
    «Orbashà-bey, ho una domanda per voi.» dissi accostandomi al leader dei nomadi. Questi fece un cenno, impassibile in volta.
    «Hayato Kusanagi. Mio fratello nello spirito viene dal mio fratello delle sabbie, chiedendo aiuto, chiedendo asilo in mio nome.» dissi, e nello sguardò di Orbashà vidi balenare qualcosa, per un attimo, forse rabbia.
    «E come ha accolto mio fratello, il mio stesso fratello?» domandai con una punta di rabbia io stesso.
    «Kusanagi è un Mukenin ricercato da tutto il tuo Villaggio. Offrirgli ospitalità, aldilà del fatto che io possa considerarlo innocente o meno, è un rischio che non posso far correre alla mia gente.» rispose Orbashà mal tollerando il tono che la conversazione stava assumendo.
    «Un rischio che per lui però, sei disposto a correre.» dissi indicando Kensei.
    Non mi faceva piacere tirarlo in ballo così, ma nella concitazione del momento non ci avevo pensato troppo.
    L'aria era tesa, vibrante di tensione, nessuno parlava.
    «Kensei... è amico mio e della mia gente, e l'ha già dimostrato in passato.» rispose Orbashà.
    «Ho un debito di onore con lui.» soggiunse.
    «Ma ne hai uno anche con me, a quanto dici. E tu sai che io non aiuterei te, che sei mio amico, come chiunque altro del tuo popolo, anche se non lo conoscessi. L'ho fatto.» dissi, faticando nel tentativo di rimanere apparentemente calmo, mentre Orbashà sembrava fare lo stesso sforzo.
    Alla fine cedette, e in qualche modo sembrò rimpicciolire, e l'aria si fece più rada, meno densa e soffocante.
    «Kenji, Kensei è accusato di diserzione. Hayato... hai sentito tu stesso!»
    «Stai dicendo che credi sia vero? Che non ti fidi del mio giudizio?» domandai, offeso.
    Gli altri ormai ci fissavano in silenzio. Mi pentii di aver fatto quella scena davanti a tutti, soprattutto davanti a Kensei. Ero stato ambiguo con lui sui miei rapporti con Hayato, e ora aveva scoperto la verità in modo totale e inaspettato, il che poteva solo essere un male. Inoltre me l'ero presa anche con lui, seppur indirettamente, quindi speravo che ora non ce l'avesse con me, tuttavia quando Shiroshi aveva ammesso di sapere che Kensei era un Mukenin non avevo potuto fare a meno di chiedermi perché avesse cacciato Hayato nel momento del bisogno.
    «Non è così. Sai che metterei la mia vita, il mio popolo, il mio onore, nelle tue mani. L'ho fatto.» rispose, punto a sua volta.
    «Voglio la verità, Orbashà-bey...» insistetti, ancora determinato, ma più addolcito.
     
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    La stoffa che permetteva l'ingresso nella tenda viene spostata, una forte luce mi fa chiudere gli occhi per qualche secondo e, quando li riapro, noto la figura di Kenji che si apprestava ad entrare nella tenda del Leone. Che diavolo?! Mi domandi stupito. Io ero ancora messo male, avevo ancora diverse fasciature, ma lui, invece, sembrava in perfetta forma. Ah, i ninja medici mi mancano... Mi dissi scocciato ripensando ad una kunoichi in particolare. Insieme a Kenji entrano pure Shiroshi e Toubou nella tenda che saluto con un cenno del capo che loro ricambiano. Potevamo parlare dopo, per ora mi sarei limitato a concludere la questione con Kenji. Dopo il saluto col Leone del Deserto, però, Kenji non si rivolge a me ma sempre ad Orbashà. Orbashà-bey, ho una domanda per voi. E io che pensavo mi avesse dato appuntamento qua per qualcosa di importante che non poteva aspettare. Mi immaginavo già una lunga serie di domande. Invece, a quanto pare, la mia presenza è secondaria. Mi dissi un po' dispiaciuto. Se non era così impellente il bisogno di domandarmi qualcosa poteva almeno aspettare un paio di settimane. Quanto bastava per riprendersi dalle ferite riportate durante la guerra. Hayato Kusanagi. Mio fratello nello spirito viene dal mio fratello delle sabbie, chiedendo aiuto, chiedendo asilo in mio nome. Quindi era così che era andata? Quella frase di Kenji mi spiegava un bel po' di cose. Prima su tutte il motivo per cui voleva rintracciarlo e il legame che univa lui e Hayato. Quel legame che non ero riuscito a svelare quando mi aveva parlato di lui. Orbashà spiega il motivo per cui aveva rifiutato asilo a Hayato, motivi chiaramente plausibili dal mio punto di vista. Così come lo erano stati anche allora. Un rischio che per lui però, sei disposto a correre. Quelle parole mi erano giunte improvvisamente, non avevo considerato che potesse tirarmi in mezzo a quella discussione. Proprio per questo non mi ero preparato per cercare di mascherare una qualche emozione. Il mio disappunto si poteva chiaramente vedere dal fatto che avevo arricciato il naso con un'espressione piuttosto infastidita sul viso. Non mi piaceva minimamente l'idea che Kenji mi paragonasse a uno come Hayato. Forse dovevo considerarlo un complimento visto che lui lo considerava un fratello, ma il paragone non lo avevo minimamente preso come una lusinga. Kenji si fidava di lui, a quanto pare, ma per me erano i fatti quelli che più contavano. Durante il mio tradimento non avevo fatto del male a nessuno, forse stordito un po' uno Hyuuga ma dopo avergli impedito di morire dissanguato, ma non avevo ucciso nessuno. Non ero come Hayato, non avevo assalito un villaggio. La conversazione va avanti concitata e io rimango in silenzio cercando di non intromettermi e di trattenermi. Voglio la verità, Orbashà-bey... Dopo quelle parole di Kenji, che sembravano provenire dai suoi sentimenti più profondi, decido di prendere parola. Permettimi di intervenire, Kenji. Ci tengo a precisare che quando Hayato è stato qua, gli è stata negata la possibilità di rimanere nelle tribù, proprio come era stata negata a me. Non gli è stato impedito di arrivare nell'accampamento, non gli è stato impedito di riempire le sue borracce e di rifornirsi di cibo. Gli è stato impedito di potersi fermare, come è stato impedito a me. Come mi sarà impedito anche oggi. Sai meglio di me che loro non possono permettersi di mantenere un mukenin nella loro tribù. Inoltre, subito dopo l'attacco a Kiri, probabilmente aveva sia la nebbia che la sabbia sulle sue tracce, il momento peggiore per stabilirsi in qualsiasi posto visto il rischio di trascinarsi dietro gli ANBU. Cominciai a spiegare, come se volessi dimostrare l'innocenza di Orbashà anche se, sicuramente, sapeva giustificare da solo le proprie scelte e probabilmente sapeva farlo meglio di me. Inoltre Hayato è stato accusato di aver attaccato la nebbia e di aver ucciso degli shinobi. Non so se ti abbia raccontato la stessa storia che ho sentito io, ma lui stesso si è dichiarato colpevole. Aggiunsi pur sapendo che queste mie parole non avrebbero fatto piacere a Kenji. E' stato accusato di aver ucciso uno shinobi di Kiri. Se anche questa fosse una balla come lui sostiene, c'è la certezza che ha assassinato la squadra che ha cercato di fermarlo... E questo, mi spiace, ma è un dato di fatto... Se mi limitavo ad osservare i fatti, per me, Hayato era l'assassino di diverse persone a Kirigakure, e questa etichetta non se la sarebbe mai tolta. Poteva avere tutti i buoni motivi del mondo per difendersi. E' stato un suo diritto. Ma altrettanto logica è stata una dura reazione da parte delle nebbia. Se davvero era innocente avrebbe fatto meglio a farsi catturare. Con un semplice interrogatorio sarebbe emersa la verità ma, col senno di poi sono capaci tutti a parlare... Mi dissi, più a me steso che a Kenji, immaginandomi nella sua situazione. In quel caso mi sarei difeso? Avrei agito anch'io come lui? Avrei avuto il sangue freddo di procedere in modo razionale? Era impossibile da sapere. Ciò nonostante devo dire che la scelta di non tornare a Sunagakure e la sua non insistenza a rimanere qua sono doti da apprezzare. Ha deciso di sacrificare se stesso per evitare dei conflitti fra due villaggi ninja. Una scelta che condivido pienamente. Forse l'unica scelta che reputavo corretta di quell'uomo.
     
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    Kensei s'intromise con tono pacato, spiegando lucidamente cos'era successo. Ascoltando le sue parole non potei non rendermi conto di come, preoccupato per Hayato, abbandonato a sè stesso, non avessi considerato che la sua potesse essere un'interpretazione parziale o errata della vicenda,
    «Gli ANBU di Suna sono venuti tre volte.» aggiunse Orbashà, che aveva approvato col capo il discorso di Kensei.
    «Mentre uno parlava con Orbashà l'altro andava in giro a controllare le mani della gente, graffiandoli sul palmo.» confermò Shiroshi, come se volesse sottolineare che era chiaro chi cercassero.
    «Non lo dico con piacere, ma questo riguarda tanto Hayato che Kensei.» risposi in tono molto più triste che arrabbiato.
    In effetti mi dispiaceva di essermela presa con Orbahsà, e anche con Kensei. In realtà la colpa non era di nessuno dei due, lo sapevo, solo che avrei tanto voluto che qualcuno fosse stato in grado di aiutare il mio amico, prima che si perdesse.
    «Kensei... Orbashà.... Mi dispiace! Io...» cercai di dire, ma Tobou m'interruppe.
    «Penso che tutti possiamo capire come ti senti al pensiero del tuo fratello perso.» disse mite.
    «E' stato stupido da parte mia » v
    «Non chiamate stolto nessuno tra voi, giacche’ in verita’ noi non siamo ne’ saggi ne’ stolti. Siamo verdi foglie sull’albero della vita, e la vita stessa e’ al di la’ della saggezza e, certo, al di la’ della stoltezza.» disse Orbashà, evidentemente preso da profondi turbamenti.
    Restai un secondo in silenzio, meditando sulle parole di quell'uomo, prima di rivolgermi a Kensei, il vero motivo per cui ero lì. Accantonai il pensiero di Hayato e mi concentrai su quanto era successo dal suo tradimento fino a Takigakure. Al improvviso l'urgenza di ciò che dovevo chiedergli mi colse come un'onda di adrenalina mista a panico. Presi un profondo respiro per calmarmi, poi parlai.
    «Devi scusarmi Kensei, è stato scortese tirarti in mezzo, e mi dispiace anche di averti nascosto la verità su Hayato, anche se Akira era veramente mio amico, e vorrei che anche per lui fosse fatta giustizia.» ammisi come prima cosa.
    Entrambe le cose non erano un buon punto di partenza per una discussione fiduciaria come quella. Dopotutto Kensei avrebbe potuto temere che lo avessi ingannato anche su altre cose e magari avessi portato con me altri Shinobi di Suna, oppure che intendessi attaccarlo sfruttando il fatto di essere stato guarito ed aver riposato. Tutto ciò a meno che Kensei non avesse mandato un clone. In tal caso i rischi sarebbero stati minimi, ma in ogni caso doveva fidarsi un po' di me, se volevo che rispondesse alle mie domande.
    «Comunque, un mio clone ha parlato con Hayato, a Taki. Mi ha detto che sei stato tu ad avvisarlo su quanto sarebbe successo...» ripresi, non volendo fargli perdere ulteriore tempo.
    «...come diavolo facevi a saperlo tu? E come hai fatto ad infiltrarti?», gli domandai in maniera diretta.
    Sapevo che lo Shinobi di cui aveva assunto l'identità era rientrato al Villaggio durante la battaglia di Taki, suscitando un bel putiferio a Oto e Suna, anche se solo negli uffici dei Kage. Ma il resto era un vero mistero per me, un mistero da dipanare assolutamente.
     
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    Gli ANBU di Suna sono venuti tre volte. Aggiunse Orbashà alla fine del mio discorso per farci capire che la situazione non era delle migliori e che, probabilmente, avevano interrogato tutta la popolazione. Da quanto aveva aggiunto Shiroshi sembrava che l'ANBU avesse parlato solo con Orbashà ma c'era la possibilità che così non fosse. Magari aveva semplicemente minimizzato l'accaduto. Kensei... Orbashà.... Mi dispiace! Io... Ma prima di poter continuare Kenji viene interrotto da Toubou. Non erano certo necessarie delle scuse, alla fine non aveva fatto niente di che, almeno dal mio punto di vista. Per quando era stato rifiutato asilo ad Hayato, visto che era fatto secondo logica e non a causa di un capriccio, bastava spiegarlo a Kenji ed era suo diritto domandarne il perchè. Poco dopo prende parola Orbashà, parole grazie alle quali tutta la stanza cade in un rispettoso silenzio. Probabilmente tutti i presenti avevano sfruttato quelle parole per riflettere a propria volta e probabilmente ognuno stava pensando cose differenti. Il silenzio viene interrotto poco dopo da Kenji che sembrava essersi svegliato di soprassalto dopo un lungo sogno. Devi scusarmi Kensei, è stato scortese tirarti in mezzo, e mi dispiace anche di averti nascosto la verità su Hayato, anche se Akira era veramente mio amico, e vorrei che anche per lui fosse fatta giustizia. Nessun problema. Risposi ancora un po' sovrappensiero. Certo era che se il rapporto che univa Kenji e Hayato era di amicizia allora anche la mia decisione di andare alla ricerca di Hayato poteva decisamente cambiare. ...come diavolo facevi a saperlo tu? E come hai fatto ad infiltrarti? Chiese concitato Kenji. Domanda comprensibile ma non avevo ben idea della risposta quindi, per cominciare, cerco di guadagnare un po' di tempo. Forse è meglio fare due passi, non credi? Se era vero che gli ANBU avevano visitato la tribù era meglio che Orbashà non sentisse queste informazioni. Se Sunagakure si accorgeva che Orbashà aveva informazioni su un'organizzazione di mukenin i sospetti e gli interrogatori alla tribù non avrebbero fatto che aumentare. Al tempo stesso se Kenji voleva far in modo che la mia risposta arrivasse fino a Sunagakure impiegava meno a portarla di persona. Così mi alzo e salutando con un leggero inchino Orbashà mi avvio verso l'uscita. Se poi il Leone o uno dei suoi uomini preferivano seguirmi non li avrei di certo ostacolati. Uscito dalla tenda cerco un posto un po' isolato dove poter parlare senza farmi sentire da nessuno e, solo una volta raggiunto, rispondo a Kenji. Direi che qui non dovremmo disturbare nessuno... Comunque mi spiace ma anche su questo non so risponderti con precisione. Cominciai riferendomi a quando mi aveva domandato chi era il mio capo. Anche in quel caso non ero certo della risposta. Come ti ho già detto faccio parte di un'organizzazione di mukenin. Da quanto mi è parso di capire hanno alcuni membri dell'organizzazione dislocati per Iwagakure a raccogliere informazioni. Dissi pensando a Mushi. Probabilmente riescono ad intercettare anche qualche informazione riguardante i villaggi che confinano con Iwagakure e un'informazione come l'assassinio del capovillaggio di Amegakure non è qualcosa che passa inosservato. Per questo, quando ho incontrato Hayato, sapevo già della faccenda... Quando mi aveva parlato del suo tradimento mi era venuto il sospetto che le cose potessero essere collegate anche se, a quanto pare, non era così. Dalla sua storia sembra che qualcuno volesse incrinare i rapporti fra Suna e Kiri. Capitava proprio al momento giusto con una guerra alle porte. Se i cinque villaggi avevano degli attriti interni avrebbero risposto meno tempestivamente all'attacco di Takigakure ai danni di Amegakure. Quindi visto questo sospetto ne avevo parlato anche con Hayato. Spiegai omettendo tutto l'astio dell'uomo nei miei confronti e, perchè no, anche del mio nei suoi. Per quanto riguarda il fatto di infiltrarsi, semplicemente, mi sono fatto costruire un viso finto per apparire come uno shinobi di Otogakure. Vista l'adunata di forze a Sunagakure grazie a un falso volto e dei falsi documenti sono riuscito ad infiltrarmi all'interno della sabbia. Dopotutto era il modo migliore per partecipare a quello scontro. Spiegai brevemente a Kenji sperando di aver risposto alle sue domande in modo soddisfacente.
     
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10 replies since 12/11/2013, 14:39   284 views
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