Dal nulla apparve la figura di uomo e per un istante Tae sentì il sangue congelarsi nelle vene.
Aveva dimenticato qualcuno? Non era stata attenta? Perché l’Omicidio Silenzioso non era stato in grado di rivelare anche lui? Era certa che l’ultimo cuore rimasto era quello dell’uomo davanti se, nessun altro, tranne forse…oh diavoli!
Non poteva che essere lui, doveva essere lui...Kyoshiro Tsuuya. Sentì di avere una presa ben salda sulla lama, era ancora in forze nonostante la tanta energia buttata fino a quel momento, i riflessi erano buoni e la sua concentrazione al picco massimo: si, era ancora in tempo per fermare Nihiru, evitare di commettere tradimento dividendo a metà un superiore e a seguire l’arresto e una probabile esecuzione. Tuttavia, Kyoshiro si era appena messo in mezzo tra uno squalo e la sua preda e in quel momento, Tae era sicura di non poterlo accettare tanto quanto lo era della sua capacità di fermarsi. Che cosa voleva quell’uomo? Perché diavolo tentare una pazzia simile…dopotutto c’era stato qualcuno che era riuscito a scappare, perché non inseguire quello invece che immischiarsi in qualcosa che non lo riguardava…inoltre era stato lui a darle la possibilità di decidere cosa fare, lei aveva scelto morte e il ritirare così all’improvviso il suo benestare era assolutamente imperdonabile. Due luccicanti lame spuntarono fuori dalle maniche dei polsi, belle, costose, adatte a un ninja del suo valore, Lei, le avrebbe a pezzi. Senza neanche la benché minima resistenza Nihiru passò attraverso l’acciaio e proprio mentre il filo della katana, ancora imbevuta di sangue, stava per tranciare di netto la spalla destra del ninja, un sussulto.
Sto davvero per uccidere il mio compagno?!
In quegli istanti che sembravano avere il peso delle ore, un brivido terribile le paralizzò completamente la schiena, desiderava fermarsi più di ogni altra cosa al mondo, tornare indietro nel tempo e obbedire come un cagnolino agli ordini del suo superiore; la consapevolezza di non voler morire, la colpì in faccia con la forza di un carro da guerra, insieme all’improvviso terrore che fosse ormai troppo tardi.
Da li non si tornava indietro ed anche se ci fu un accenno di tentativo per ritrarre l’arma, l’impatto era inevitabile: Tae stava per commettere tradimento e le ripercussioni sarebbero state ben peggiori dell’obbligo di visita psichiatrico. Proprio come il bandito poco prima di lei, chiuse gli occhi mentre sentì la lama toccare Kyoshiro.
PUF
Il clone scomparve nel nulla, lasciando dietro di sé amarezza e una evanescente nuvoletta di fumo grigia.
AAAAARRH!!!
Tae si voltò di scatto imprecando e calciando il terriccio umido, tirava pugni al vento e il volto era piegato in una maschera d’ira e frustrazione.
AAAAARRGGHH!!! MALEDETTO !
Un ruggito riecheggiò in tutta la zona, simile a quello di una bestia, simile a quello di una donna ingannata. In quei momenti tutto le sembrava atroce: il suo inspiegabile comportamento, la decisione di attaccare Kyoshiro, il terrore e il rimorso seguenti e infine la scoperta della realtà; non riusciva a immaginarsi sollevata, in qualche modo sentì che tutto il ciclone di emozioni e sentimenti che l’aveva rapita, anche se per pochi istanti, era finto, un ombra innocua. Si sentì beffata e sola...una stupida bambina ingannata da un ragazzo più grande.
Lui! Almeno lui !!!
Di nuovo si voltò verso il bandito, che già da tempo aveva abbandonato la sua stoica accettazione della morte, strinse di nuovo in mano la sua arma e si lanciò su di lui nel tentativo di prendersi almeno una piccola rivincita, per quanto insignificante.
Tae.. Non ucciderlo!
MH!?
Alla sua sinistra si materializzò la figura del suo collega, strana, come fosse nell’ombra; l’ammoniva nuovamente alla calma, voleva che risparmiasse l’uomo.
Ci serve vivo! Non farlo scappare. E' l'unico che possiamo interrogare. Capisco che sei arrabbiata, ma prendertela con quell'uomo non risolverà i tuoi conflitti.
Sta zitto!! Perché diavolo mi hai fermat…
Domanda idiota.
Merda…
Parlane con me piuttosto!
Mh?!
Nuovamente si sentì ingannata. Tutte le sue energie erano concentrate in quel momento sul fomentare l’odio verso il collega, colpevole di averla imbrgliata di averle fatto credere di star per commettere tradimento…ma quell’ultima frase, quell’apertura al dialogo la spiazzò. Si era davvero proposto di ascoltarla? Da quando era rientrata da Tsuki nessuno si era proposto o fatto trovare anche solo vagamente nella posizione di ascoltarla senza giudizi. Forse solo Kurono, intorno al quale però c’erano troppe questioni in ballo per essere preso sul serio: in lui aveva sempre visto una figura paterna, una guida, ed ora che si sentiva perduta, confusa e sola non poteva che scaricare su di lui tutte le colpe. L’offerta di Kyoshiro aveva quindi una inaspettata aura di speranza. Poi di nuovo tutto cambiò.
Tae era una ragazzina molto insicura, che compensava il suo coraggio in battaglia – più simile all’imprudenza in realtà – con una infantile codardia verso i rapporti umani. Lasciò andare nuovamente le briglie della ragione per riprendere quella del sospetto.
Dev’essere così…vuole estrarmi informazioni…chiunque l’abbia mandato qui vuole vedere se sono diventata un inutile peso o se sono ancora in grado di lavorare…mi hai quasi fregato Tsuuya..quasi..
A te non devo dire proprio niente…conosco questo jutsu..devi essere ancora nei dintorni..e immagino che chiunque fosse riuscito scappato ora non ci sia più…sbrigati a tornare, questo lo interroghi tu…capitano.
Si voltò nuovamente verso l’uomo e lo guardò fisso per alcuni secondi, dopodichè si avvicinò per pulire la lama di Nihuri sui suoi vestiti. Hirotaro tremò nel vedere la kunoichi inginocchiarsi e tirarlo per il lembo dei suoi stracci sporchi.
Ti giuro, disse con voce di ghiaccio al suo orecchio, prima dell’alba desidererai che quell’uomo non mi avesse fermato.

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Uccidetela! Uccidetela!!
Il volto di Hirotaro era ancora fumante. La palla di fuoco non era riuscita a colpirlo abbastanza forte da metterlo fuori gioco ma la pelle puzzava di bruciato, la ciocca di capelli che gli copriva la fronte era come consumata, la barba e il sopracciglio destro ridotti a dei maleodoranti puntini neri; sentiva le carni pulsare e il dolore annebbiava i suoi pensieri più di quanto non facesse già alcool ingurgitato poco prima. Lui e il suo gruppo stavano andando a fare una consegna al porto, nulla di speciale, non era un lavoro diverso da quello che aveva già fatto tante volte nella sua vita ma proprio come tutte quelle volte, prima di iniziare, si era concesso un paio di brindisi con la banda e il suo capo. Un atto di basico cameratismo e superstizione, ma dopotutto aveva sempre portato buona fortuna, poi il sakè era proprio buono, anche se dovevano accontentarsi di roba scadente. Si era messo d’accordo con Karube per fare una sosta al solito vecchio bordello sulla via del ritorno, il suo capo, che ora era sballottato sul carretto dalla corsa scoordinata dei cavalli, aveva dato il suo assenso. Non avrebbe mai immaginato che quella normalissima nottata si sarebbe potuta trasformare in un così orribile incubo. Chi diavolo era quella bestia incappucciata? Cos’era quella nebbia e perché i pezzi dei suoi compagni erano sparpagliati un po’ qui e un po’ lì…non riusciva proprio a capire. Non aveva senso. Avrebbe ucciso quella cosa e poi sarebbe andato al bordello con Karube, come avevano deciso…si, sarebbe andata così.
Strinse la sua spada con entrambe le mani, con la presa con la quale un boscaiolo brandisce la sua accetta e si lanciò contro la strana figura incappucciata. Si rese conto mentre correva che non l’aveva mai usata, la spada. Gli era capitato di impugnare l’elsa con fare minaccioso mentre magari minacciava qualche mercante o si faceva i suoi giri per raccogliere il pizzo, ma nella maggior parte dei casi era sufficiente avere una spada e far sapere che era pronto ad usarla. In fin dei conti, se non pesti i piedi sbagliati e se il tuo capo è un uomo rispettato, ti basta tirare qualche pugno per sbarcare il lunario nei sobborghi di Mitsu.



Meno un fendente, per la prima volta contro qualcosa di umano. Istintivamente gli occhi si chiusero nel momento in cui vibrò il colpo, stretti, così stretti che il suo volto bruciato, asimmetrico e ruvido sembrò tornare indietro nel tempo e assomigliare a quello di un bambino spaventato: pochi istanti dopo era a terra, la schiena gli faceva male e sentiva una forte fitta al costato, sapeva che stava per morire ma per un istante decise di riaprire gli occhi, decise di essere coraggioso e che per l’ultima volta avrebbe voluto guardare il cielo, che come ultimo ricordo del mondo, prima di finire all’inferno, voleva portare con se un ultima immagine di una stella. Si sorprese nel vedere quanto un uomo piatto e incivile come lui potesse riscoprirsi poetico negli ultimi istanti…ma aprendo gli occhi vide solo nebbia, tutt’intorno grigio e il cielo più lontano e irraggiungibile di quanto non fosse mai stato. Forse era già morto, dopotutto oltre al grigiore intorno a lui, l’unica cosa che vedeva era la punta di quella malefica spada viola, pronta a penetrargli il cranio e…lei, quella dannata figura con il cappuccio.
E così… pensò.
Poi un urlo. La punta di una lancia e un’asta.
Si, quell’urlo era Sasakibe. Lui era rimasto all’interno della fabbrica ma sentendo le urla dei suoi compagni era venuto in soccorso.
Si, Sasakibe. Grazie Sasakibe.
La figura però, che sembrava vedere nella nebbia aveva evitando l’affondo. Si era spostata a malapena di una decina di centimetri e aveva bloccato l’asta della lancia la mano. La stringeva forte, le dita ricordavano gli artigli di un falco che ghermisce crudele la preda prima di straziarla a morte col becco. La spada spezzò l’asta senza difficoltà alcuna, la punta fu rivolta verso il proprietario e conficcata nella gola dell’uomo.
I polmoni di Hirotaro erano sgonfi, come se l’aria gli fosse stata aspirata via con forza. Quanto desiderò in quel momento di urlare il nome del suo compagno, di piangerlo almeno, come umile segno di gratitudine per aver cercato di salvarlo, ma non poteva; non riusciva a parlare, non riusciva a respirare, non riusciva a muoversi. Era tornato ancora più indietro nel tempo, era divenuto un infante: appena uscito dall’utero della madre che non aveva mai conosciuto, spaventato, umidiccio, sporco e inerme.
Altri due si lanciarono contro il demone, dopotutto quelle voci erano forse vere, c’erano davvero i demoni aldilà del mare.



Matsuda fu investito da una palla di fuoco, proprio come era successo a lui poco prima e l’ultima cosa che poté vedere fu quella figura librarsi in aria, la sua spada rivestirsi di fiamme e, con un aggraziato movimento ad arco investire Matsuda. Poi solo la nebbia, nebbia e i rumori dei suoi compagni che muoiono.
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Perché??
Si chiedeva la kunoichi risvegliata da una nuova fitta, questa volta poco sopra il seno, vicina alla clavicola.
Perché diavolo insisto? Perché non risolvo tutto in fretta? Dopotutto mi basterebbe utilizzare il Campo di Sciroppo…sarebbero tutti immobilizzati, non potrebbero attaccarmi…mi basterebbe…
Nihiru tranciò di netto la squallida spada che aveva ferito la sua carceriera, l’ennesimo errore che le era costata una nuova ferita. Due passi corti, veloci, un colpo ad arco, basso, mentre con il corpo si sposta verso la destra dell’avversario. Poi una fontana di sangue, un flutto vermiglio così splendente da illuminare la notte e la gamba recisa che svolazza in aria mentre il proprietario cade a terra in lacrime.
Perché faccio così? Mi basterebbe allontanarmi, nascondermi nella nebbia e vomitare addosso a questi vermi colonne di fuoco, torrenti d’acqua e sarei al sicuro.
Un battito cardiaco, accelerato, in preda al panico. il suono di un tamburo che si allontana.
Tae poteva sentirlo chiaramente, il sudore sulla fronte, le ascelle pezzate, la saliva alla bocca e le narici dilatate che cercano di ingurgitare più aria possibile. Un uomo stava fuggendo.
Con una fulminea sferzata mise fine ai lamenti del bandito ai suoi piedi e infilò la mano nella borsa. Non lo vedeva più ormai, nascono nella nebbia, ma lo sentiva bene. Era come fosse davanti a lei.
Perché mi sono fatta ferire? Perché mi sono buttata in una squallida rissa insieme a questi squallidi omuncoli…mi sarebbe bastato indurire la pelle e sarei incolume…perché?
Non più di sette metri, forse otto. Lanciò il kunai nella direzione dei suoni e dopo il trambusto dell’esplosione niente più. Rilasciò la nebbia e i suoi sensi tornarono umani. Solo Hirotaro era rimasto in vita: in ginocchio, muto e con lo sguardo spento. Incredibilmente l’uomo era riuscito a regredire ancora di più, a spingersi ancora più indietro nel tempo tornando feto, no meno ancora, tornando idea. In silenzio, scoraggiato e finalmente conscio di quello che c’era intorno a sé, aveva accettato l’idea che non sarebbe mai andato in quel bordello con Karube, che i brindisi prima del lavoro non portavano ne buona ne cattiva sorte e che non imparare ad usare quella vecchia spada che si portava sempre in giro, non avrebbe fatto nessuna differenza.
Perché?...
Pensava Tae.
È così…
Si rispondeva Hirotaro.
La kunoichi si avvicinò all’uomo, immersa nei suoi pensieri: si chiedeva compulsivamente il perché di questo suo assurdo comportamento. Si chiedeva se avesse appena cercato di commettere suicidio e perché, fosse stato vero, avesse scelto la feccia più patetica di Mitsu come boia.
Levò in alto la spada e senza prestare attenzione, sferrò un ultimo colpo verso Hirotaro.
Chi sono Otomo sensei?...chi sono io?

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Aaahh…finalmente! Che bella sensazione…
Per la prima volta in assoluto Tae era riusciva a colpire Maemi con un attacco pulito, pieno, una cinquina di nocche impressa sul volto. La rossa era ben conscia dei suoi pregi quanto dei suoi difetti ed il suo fisico sottile e minuto non era la migliore arma per cimentarsi in scontri corpo a corpo: durante i combattimenti adottava quindi un approccio molto “shinobi”, confondendo, ingannando e traendo in trappola il suo avversario tenendosi sempre a debita distanza, in sostanza l’opposto di Tae anche in questo. La ragazza squalo era riuscita a colpire l’avversaria solo usufruendo delle arti magiche ed ogni tentativo di approcciarla in un corpo a corpo o scontro all’arma bianca si era sempre rivelato infruttuoso…ma Dei, quanto aveva desiderato colpirla. L’eccitazione e la soddisfazione di essere riuscita in quell’impresa tanto banale, era abbastanza piacevole da farle raggiungere quasi l’orgasmo, da lasciare l’arena e dichiararsi soddisfatta, dal rinunciare al pasto per i prossimi due giorni tanto si era riempita la pancia di ego e snobismo infantile. Così come però, saper agitare una spada non è sufficiente per dirsi maestri, l’aver centrato un pugno non è abbastanza per dirsi vincitori, Maemi sebbene stanca e spossata da quel match tanto violento, non aveva ancora esaurito le sue carte, anzi, la migliore di tutte doveva ancora essere messa sul piatto.
La piccola soldatessa si era rimessa subito in piedi, mostrando quanto di grande si nascondeva in un corpo così piccolo: la testa le girava e il fiato si faceva sempre più corto ma covava dentro un desiderio di vittoria e rivalsa superiore rispetto a quella della mora, si asciugò quindi il naso e le gocce di sangue immaginando la prossima mossa. Mentre Tae era rimasta immobile, ansimando e sorridendo con una espressione ottusa, quasi depersonalizzata e disinteressata a Maemi, l’altra kunoichi aveva deciso come contrattaccare.
Il clone d’ombra rimasto troppo a lungo nascosto sarebbe finalmente entrato in scena: l’azione concitata di pochi secondi prima, la deconcentrazione dell’avversaria e le corte riserve di chakra, imponevano l’intervento del bunshin, il quale si posiziono a distanza di sicurezza dietro la mora, mentre il corpo originale iniziava a comporre una serie di sigilli per una ben nota tecnica.
La zona prese a cambiare, tutt’intorno a Tae apparvero bellissimi petali di sakura i quali roteavano intorno a lei come si trovasse nell’occhio di un bellissimo ciclone uscito da una favola.
Mh? Ancora questa tecnica Meami? Adesso immagino che si smaterializzerà la man…cosa?!
Un battito cardiaco, uno nuovo, dietro di lei: nell’esatto momento in cui il chakra raiton prese a scorrere negli shuriken che la copia teneva in mano, la tecnica che fino a quel momento l’aveva nascosto si dissolse rivelandone la presenza. Il suono elettrico delle scintille che permeavano le tre stesse ninja arrivò un istante dopo quella del battito cardiaco, pulito, tranquillo, il battito di qualcuno di calmo. Di getto la kunoichi si voltò ignorando il turbinio di petali rosa, le fiamme ingolfarono Nihiru e sferrando un istintivo colpo di spada, Tae fece partire una rapida sfera di fuoco nella direzione dalla quale proveniva il suono.

Maledetta!! Come diavolo...??!!
In una brevissima sequenza di secondi Tae fu colpita in pieno petto da uno shuriken e di striscio da un altro. Il corpo subì un improvviso indurimento, il respiro sembrò interrompersi bruscamente mentre sentiva le carni pervase da energia elettrica. Le sembrò che il corpo stesse prendendo il sopravvento sulla sua volontà, paralizzandola per un istante sul posto: la mano che impugnava Nihiru si strinse ancor più saldamente all’elsa mentre le si serravano le mandibole e gli occhi si sgranarono mentre sentiva la vescica come liquefarsi, finendo con il farsela addosso. Era già stata colpita da una tecnica del genere, anche in altre occasioni e contro altri avversari ma era la prima volta in vita sua che sperimentava l’effetto di una scarica elettrica fuori dall’acqua: il suo corpo e alcune delle sue tecnica personali le permettevano di usufruire di una forza e una resistenza inusuale quando immersa nell’acqua, va da se che le scariche elettriche le apportavano comunque danni ingenti e spiacevolissime sensazioni di paralisi, ma l’assenza di quei potenziamenti rendeva il tutto un vero incubo, un nuovo viaggio in un tipo di dolore mai sperimentato. Non fu però solo il bruciore delle ferite da taglio, la paralisi e la mancanza di fiato provocate dall’elettricità a farle davvero male, ma l’umiliazione, non solo per essere stata ingannata come l’ultima degli apprendisti, ma per essersi ritrovata a farsi i bisogni addosso davanti alla sua acerrima avversari.
Ti odio Maemi…pensò mentre la paralisi e la stanchezza iniziavano a inficiare anche il suo controllo sul chakra. Il dolore le aveva permesso di uscire ampiamente dal genjutsu avversario, quindi poteva nuovamente sentire il battito cardiaco della rossa, la quale non si era mossa di un passo dalla sua posizione.
Il controllo del chakra lentamente iniziava a venir meno: le fiamme che avvampavano l’arma presero a spegnersi e la lama abbandonare il colore vermiglio per tornare al normale acciaio, la percezione aumentata tornava normale e i muscoli potenziati dal Karate ripresero un tono medio mentre le scariche attenuavano i loro effetti lasciandosi dietro solo indolenza e debolezza.
Le gambe si fecero molli mentre anche il controllo che le permetteva di restare attaccata alla parete veniva lentamente meno. Ti odio…si disse mentre infilava la mano destra nella borsa.
Poi cadde.
Ti odio Maemi.
Ancora una volta il suo pensiero tornò a quella frase. I piedi si scollarono dalle alte mura dell’arena ma nel mentre la kunoichi ricadeva giù, trovò le forze per scagliare verso l’avversaria un’ultima offensiva: il kunai lanciato verso la rossa, aveva attaccato all’anello un sottile laccio di stoffa ed una piccola sfera azzurra; mentre Tae sprofondava a peso morto nell’acqua così come ne era uscita poco prima, la palla gelo esplodeva rilasciando nella zona una spiacevole aria ghiacciata e al seguito, una fitta nuvola di spini.
Si sentiva sull'orlo dello svenimento, le acqua del lago artificiale la dondolarono verso il fondo come fosse un sasso, convinta che le sue possibilità di vittoria fossero sempre meno probabili e sempre meno importanti.

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Li uccidiamo…
La risposta di Tae fu secca, severa e tuttavia tradiva la sua frustrazione e il bisogno di rimane fedele ad un personalistico codice lavorativo; non cercò neanche di motivare la sua decisione, non c’era bisogno di mascherare i suoi desideri farneticando chissà quale giudizio morale o sindacando sul diritto o meno di vivere di qualche bandito. Kyoshiro aveva messo le redini della missione nelle sue mani e lei avrebbe trainato quella carretta come meglio credeva.
Si sarebbe potuto pensare che lo shinobi stesse ancora testando la kunoichi, proprio come lo squalo sospettava fin dall’inizio, ma approcciandosi con uno stile diverso: non era certo necessario un fine psicologo per rendersi conto dell’instabilità di Tae, le sue risposte aggressive e paranoiche rendevano la situazione cristallina e sebbene non fosse certo se lo shinobi anziano fosse stato inviato lì come semplice supporto o come esaminatore, il suo lasciarla fare aveva certamente toccato le corde giuste; ubriaca com’era della sua arroganza e contemporaneamente insicurezza, Tae non era in grado di attribuire a questo approccio laissez faire un fine diverso dalla “fiducia nella sue capacità”.
Sette uomini….
Nascosti nella boscaglia, gli occhi dorati della ragazza squalo setacciavano la zona in cerca di qualche dettaglio sfuggito, di qualche punto debole o semplicemente dell’ispirazione per dare il via al suo attacco.
Uno sul carro…tre dietro a caricare le casse…un uomo sul lato destro ad assicurare il carico con delle cinghie, uno a sinistra vicino a quello sul carro e uno davanti con una torcia in mano a cinque metri circa…tra noi e loro ci sono una decina di metri, posso raggiungere il primo uomo in pochi secondi.
Un lungo sospiro precedette l’entrata in scena della kunoichi, decisa più che mai a far man bassa delle vite di quei criminali.

Si coprì il capo con il cappuccio e a seguito di rapide imposizioni delle mani, una leggera nebbia prese a calare nella zona: dapprima sottile, prese a circondare la zona, comprendo inesorabilmente l’ingresso dell’edificio come fosse una coperta.
Eh?! – fece l’uomo sul carro – che diavolo succede?
Nebbia signore…
...signore eh?
Nebbia? Così dal nulla? Karube! Torna qui.
È il momento di agire!

I muscoli della kunoichi, pervasi dal chakra, assunsero d’un tratto un aspetto più definito: le cosce e le braccia si gonfiarono leggermente, l’addome divenne una tavola e le spalle più larghe; Tae poggiò tutto il peso sui polpacci come si stesse preparando per la partenza in una gara d’atletica, la mano destra afferrò l’elsa della spada e poi in un attimo, partì lanciandosi contro Karube con la foga con la quale una squalo si lancia su una tartaruga.
L’uomo si voltò subito sentendo i passi pensati della kunoichi, la quale procedeva con una rumorosa falcata verso di lui, incurante di possibili controffensive. Lui fece appena in tempo a corrucciare lo sguardo cercando di schiarire la vista, quando la sua torcia illuminò la figura incappucciata. Il rapido sibilo della lama che sfiora il fodero nel momento dell’estrazione, sembrò congelare il tempo mentre i due in una manciata di istanti si fissavano intensamente negli occhi.

*Slash*
Un rapido movimento ad arco aprì uno squarcio sul petto di Karube, in quale sconvolto faceva cadere al suolo la torcia. Il terriccio bagnato smorzò la fiamma e subito la kunoichi si piegò a terra sferrando un calcio basso: l’uomo cadde a terra emettendo un forte tonfo, e prima che potesse comprendere che per lui era giunta la fine, la punta di Nihiru passò da parte a parte il suo cranio raggiungendo il terreno umido.
Che diavolo?!
Karube!!
L’uomo sul carro si sporse sulla sinistra cercando di avvertire i compari che sul retro stavano ancora caricando le casse.
Fermatevi schiocchi! Qui c’è un prob…AAAAH!!
La kunoichi spiccò un balzo e, nel mentre riscendeva a terra, sferrò un fendente orizzontale tranciando di netto il braccio dell’uomo, ritrovandosi davanti al secondo bandito che fiancheggiava il carro sulla sinistra. I cavalli presero a imbizzarrirsi nitrendo e scalciando: le bestie consapevoli del pericolo erano divenute irrequiete e nel tentativo di divincolarsi e allontanarsi dallo scontro presero a muoversi confusamente, fuggendo alla meno peggio lungo il sentiero e portandosi via il carretto con sopra l’uomo ferito.
Signore!!
Samegawara Seiken!!

Il diretto della ragazza squalo colpì il bandito al suo fianco fracassandogli uno zigomo, ed investito da una impetuosa folata di energia finì scaraventato svariati metri indietro, schiantandosi contro il tronco massiccio di un albero. Voltandosi verso l’uomo che prima fiancheggiava il carro sulla parte destra, si concentrò per quei secondi necessari per accumulare la giusta dose di chakra per una semplice quanto efficace tecnica katon. Quella sfera di fuoco non arrecava abbastanza danno per mettere fuori gioco un avversario, ma era una mossa abbastanza rapida da permetterle di prendere tempo ai suoi avversari e che i prestava bene per essere utilizzata in situazioni come la sua; Tae si era gettata nel mezzo di un gruppo di uomini armati che sebbene non fossero ninja, erano involontariamente riusciti a circondarla. Quel jutsu, facendo forza sulla velocità di esecuzione, sul dolore e sulla paura improvvisa che da essere investiti da una palla di fuoco, le concedeva secondi prezioso per fronteggiare singolarmente i nemici rimasti.

Di nuovo scattò alla sua sinistra verso i tre uomini rimasti indietro, i quali avevano ormai impugnato le loro armi ed erano pronti al contrattacco. Tae scanso un primo colpo goffo e lento di clava sfruttando il suo movimento iniziale; la kunoichi abbassò leggermente il capo concentrandosi sull’uomo subito dietro al suo assalitore, il quale, meno reattivo del suo compagno e comprensibilmente spaventato dall’improvviso attacco e dalla scarsa visibilità, era rimasto fermo sul posto con un corto pugnale in mano. Un rapido diretto destro alla bocca dello stomaco fece sobbalzare l’uomo che si portò rapidamente le mani al volto rugoso, come per trattenere un conato di vomito, facendo quindi cadere a terra l’arma: Tae saltò sul posto sferrando un calcio alto alla testa di questo e, riatterrando con la mano sinistra, concluse la combinazione di colpi con un ulteriore calcio, questa volta sferrato al terzo dei banditi rimasti indietro, molto vicino a quello appena assalito. Il secondo colpo, sfruttando un netto movimento di bacino e una intensa concentrazione di chakra, risultò molto più forte del precedente e sposto il suo avversario un paio di metri indietro: quel taijutsu era un colpo d’affondo portato con la gamba tesa, la quale ricordava l’asta di una lancia con la forza percussiva di un colpo di martello. Tornata in piedi si voltò nuovamente, il primo dei tre infatti era ancora incolume e deciso a far fuori quella spettrale figura incappucciata. Impugno l’arma con ambedue le mani portandola alta sopra la testa, era pronto a ferrare un violento colpo verticale, il suo movimento ricordava il colpo con il quale decapitano i boia, mancando però di tecnica ed equilibrio: quei banditi erano palesemente un gruppo di banali tagliagole e picchiatori, e la totale mancanza di grazie, la concentrazione di tutto il peso sull’arma e il lento caricamento del colpo, evidenziavano chiaramente l’assenza di qualsivoglia addestramento marziale.

Tae si mosse in avanti facendo scivolare il piede sinistro dietro quello del suo avversario, la mano sinistra nel frattempo afferrava il bavero della giacchetta dell’uomo, il quale in un istante si ritrovò a terra con il volto nel fango: un fendente finale, sferrato come fosse un colpo di frusta, tranciò violentemente l’uomo a metà. La lama maledetta prese a brillare di un intenso color violaceo eguagliando la luce della fiaccola di Karube e anzi, superandola. Nihiru tranciava davvero ogni materiale, organico o meno, come si trattasse di burro e il suo luccichio pareva voler esprimere tutta la contentezza del demone sigillato in essa. Un’improvvisa fitta alla coscia rapì l’attenzione della ragazza squalo. L’uomo dal viso rugoso si era ripreso, e sebbene ancora a terra, era riuscito a colpire Tae sferrandole una pugnalata al bicipite.
AARRG!!!
Un ringhio gutturale riecheggiò nella vecchia fabbrica.
Un altro rapido colpo di spada aprì di netto la calotta cranica dell’uomo uccidendolo sul colpo e rilasciando nell’aria un dolce olezzo di sangue caldo.

Il viso della kunoichi prese subito a deformarsi, la temperatura corporea ad aumentare così come la sudorazione: in brevi istanti prese forma una smorfia beffarda sul volto dalla ragazza, una via di mezzo tra un sorriso e disgusto, la sua mente fu pervasa di desideri impronunciabili, tanto sporchi da inumidirle le cosce, desideri della parte più profonda del Se; i due uomini rimasti si rialzarono e il trambusto attirò altri compari all’interno della fabbrica. In pochi secondi Tae fu circondata da altri tre uomini.
Fatevi sotto… sibilò ancora sprezzante del pericolo, ignorando colpevolmente la gravità della situazione nella quale si era andata a cacciare.

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Ti odio…
Il proiettile squalo si schiantò contro il muro eretto dalla kunoichi.
L’impatto aveva prodotto un roboante suono tonfo simile al rumore di uno scoglio che cade nel mare, schizzando schegge d’acqua dolce fin sugli spalti dell’arena. Tae sentiva l’acqua salirle nel naso arrivando fino ai polmoni, aveva il forte istinto di tossire e per un istante la Tecnica dell’Omicidio Silenzioso, le aveva totalmente appannato l’udito. Non riusciva a orientarsi come neppure a localizzare la posizione dell’avversaria, non aveva visto con precisione lo svolgimento dell’azione ma poteva ben immaginare la successione di eventi: Maemi era riuscita a difendersi utilizzando probabilmente la tecnica del Muro Acquatico e questo significava non solo che fosse ancora incolume, ma anche che a una così breve distanza stava per sfruttare l’apertura della ragazza squalo che chiudere definitivamente il match.
La situazione era grave, il suo attacco era stato neutralizzato e Tae era già stata severamente ferita, la prima cosa da fare era quindi evitare di essere colpita di nuovo, non aveva intenzione di finire in infermeria per un banale sprarring, tanto meno di essere mandata lì da quella specifica e irritante avversaria. Tuttavia Maemi era riuscita in poche mosse a portare lo scontro dalla sua parte - in fondo - pensava la ragazza - una solo confronto, seppur vinto, non dice davvero nulla di un avversario.
La rossa non era affatto un “capitolo chiuso”, un libro già letto dal quale si sa già cosa aspettarsi, anzi, proprio come aveva sempre sospettato, Maemi era uno di quegli avversari contro il quale sai di non poter mai dare nulla per scontato e Tae, ancora una volta, dimostrava di non esser riuscita a liberarsi del suo più grande limite, l’arroganza. Aspettarsi una vittoria facile era uno di quegli errori che un chunnin esperto non dovrebbe più correre il rischio di commettere.
Si lasciò cadere a peso morto verso il lago artificiale per alcuni metri per poi, utilizzando il controllo del chakra, riprendere il contatto con le mura dell’arena; lentamente l’udito tornava a funzionare, il battito accelerato, il suo quanto quello della Gatta Ross, nuovamente distinguibile, le gocce d’acqua che picchiettavano sugli spalti vuoti, il respiro affannato ma in controllo della rossa e il suo, stanco e deluso. A quattro zampe si diede un deciso colpo di reni spostandosi verso destra: Maemi era probabilmente riuscita a intercettare la sua offensiva grazie all’Omicidio Silenzioso, tecniche che in quanto compaesane sicuramente padroneggiava bene quanto lei, sarebbe quindi riuscita a seguirne i movimenti anche circondata dalla nebbia, mantenere attivo il velo quindi era oramai solamente uno spreco di energia.
Sciroppo?
Una familiare sostanza viscosa sfiorò per un attimo le punte delle dita della kunoichi proprio mentre lei balzava via: le due possedevano lo stesso elemento chakra e se questo era in molte occasioni uno svantaggio, limitando possibili offensive, in questo caso non lo era affatto; il jutsu avversario scivolo come nulla fosse senza riuscire a limitare i movimenti dello squalo, la quale spostandosi a destra eluse l’intera combinazione della rossa.
Ancora un forte frastuono, questa volta un’esplosione. L’ultimo atto dell’attacco nemico seppur diede alla ninja la sensazione di mille spilli conficcate nei timpani, oltre al velocizzare il diradarsi della nebbia, non causò nulla se non un forte urto e una lieve perdita d’equilibrio.
Ora!


A seguito del sigillo di clonazione, otto copie incorporee si affiancarono alla mora, la quale sfruttando l’incremento delle sue capacità atletiche, si lanciò verso l’avversaria più decisa che mai a ferirla. Per ogni singolo metro che divideva le due rivali, le copie si mischiavano fra loro e per ogni singolo maledettissimo metro, il desiderio di stampare cinque nocche sul delicato musino di quella piccola odiosa ragazzina si faceva più denso, più gonfio, totalizzante. La distanza di circa sei metri sembrava eterna, vicina ma lontanissima: nella sua testa Tae non riusciva a non pensare di volerla ferire, abbattere, rompere ogni singolo osso del corpo come farebbe una palla da demolizione ad un palazzo. Portò la mano sinistra all’altezza della nuca e afferrò la spada in una morsa così stretta quasi da ferirsi il palmo; il chakra prese a scorrere lungo l’elsa, la guardia, per tutto il filo della lama fino alla punta, dopodiché con un furente e fulmineo fendente, che procedeva dall’interno verso l’esterno, tentò di sferzare il busto dell’avversaria come impugnasse una frusta fiammeggiante.
Il colpo di spada fu accompagnato dall’ormai classico pianto di bambina, Nihiru, che avviluppata dal fuoco soffriva nello spirito come se ad ardere fosse la sua stessa pelle.
Noncurante del fatto di aver colpito o meno l’avversaria, Tae sfruttò il momentum del suo fendente per girare su sé stessa, caricando nel pugno destro quanto più chakra possibile. Una volta tornata in posizione, sfruttando l’energia del primo attacco, sferrò un rapido pugno diretto al centro del volto di Maemi.
AAAHHHH!!!

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C’era davvero qualcosa che accumunava tutta loro; forse era un caso e lo shinobi aveva sempre avuto quello sguardo, eppure sembrava davvero di guardarsi allo specchio. Riconosceva in quell’energumeno, che aveva l’olezzo di qualcuno che si era appena fatto un bagno in una pozzanghera, la stessa espressione che a volte scopriva di avere lei stessa, la stessa che aveva Yuzin durante il loro scontro al tempio, la stessa di Yusuke sulla barca e in quella mattina a Kiri dove si erano detti addio. Lo sguardo dell’uomo era vuoto, inespressivo e leggermente rivolto verso il basso, le sopracciglia aggrottate e ravvicinate. Sulla fronte sollevata erano come incise delle rughe, gli occhi erano spenti e malinconici; tutto del suo volto sembrava ricordare qualcosa di perso.
Provò pena.
Così come l’aveva sentita nei confronti degli altri ex compagni. La rabbia e il disgusto parevano prendere forma solo quando i Caduti non avevano un volto. Si rese conto, per un solo istante, della totale inaffidabilità dei suoi pensieri, dei suoi ragionamenti. Che le sue lunghe e arzigogolate elucubrazioni avevano la stessa autorità dei capricci di un bambino e che il riconoscersi sui volti di quei disgraziati era la cosa che più di tutte la spaventava.
Tuttavia riprese subito il controllo. Indossò la sua corazza di fango e si sforzò di schiarire la mente appannandola nuovamente con i suoi giudizi veloci; cercò di riportare i suoi pensieri su quanto di più frivolo e materiale le venisse in mente:
come diavolo si chiamava??...aahhh…Mishu è quello di Kiri…Yuzin è quello con la faccia mostruosa…lui era…Tama…Tamago? Tamashi?...Tama Inuqualcosa. Non ci sono dubbi però questo tizio si trovava a Tsuki con noi quella mattina.
Nel frattempo, un imprevisto irruppe come un fulmine a ciel sereno, il funerale era concluso e le persone venute a rendere omaggio al vecchio iniziavano a lasciare il cimitero; Tae sentì un brivido freddo correrle lungo la schiena, quelle persone erano il suo “inganno” migliore, un muro dietro il quale nascondersi. Le sole sembianze di un bambino non le avrebbero permesso di rimanere inosservata a lungo e senza quella massa a farle da diversivo avrebbe presto dovuto trovare un modo alternativo per mimetizzarsi. Iniziò a guardarsi intorno, ad agitarsi. Gocce di sudore iniziavano a condensarsi sulla fronte, le pupille si erano improvvisamente dilatate e disperatamente cercavano una improbabile soluzione.
La kunoichi sentì la mano destra tremare e come d’istinto serrò la presa; stringeva forte il pugno facendo tensione con tutti i muscoli del braccio, digrignava i denti e cercava di regolare il respiro già affannoso, respirando a pieni polmoni.
Si stava innervosendo, troppo per riuscire a concentrarsi a dovere: la ragione per la quale aveva deciso di nascondere la sua presenza ora sembrava quasi non contare più, sostituita da una paura irrazionale. Non voleva incontrare i suoi ex-commilitoni certo, ma non riusciva a spiegarsi il perché di quella improvvisa paura. Si sentiva braccata, come se dal trovare un riparo dipendesse la sua vita.
Si passò una mano sulla fronte, poi di nuovo fra i capelli.
Il camposanto diventava sempre più vuoto e ad ogni gruppo di persone che salutava per l’ultima volta la salma, il suo battito aumentava, la temperatura diminuiva e le mani tremavano.
Sta calma, sta calma, sta calma, sta calma, sta calma STA CALMA CAZZO….non ora…non adesso…devo concentrarmi…devo stare calma…prima di tutto, localizziamo gli altri membri del gruppo e poi troveremo un posto dove nasconderci…dove siete?
Lo sguardo improvvisamente si spostò su Tamashi, l’uomo infatti prese a muoversi verso la sua destra.
Dove vai?
Penso Tae, indecisa se pietrificarsi o meno dalla paura.
Mi ha scoperta??! Di già??!...ah…no…eccovi dunque…siete davvero tutti qui.
I caduti della Luna erano riuniti tutti intorno al loro capitano. Yusuke Uchiha.
Sembra diverso.
Fu l’unico commento che le venne in mente. Avere uno sguardo severo, stoico. Non si intravedeva nessuna emozione. Le labbra di Tae si piegarono in una istintiva smorfia di dolore. L’ultima volta che l’aveva visto aveva percepito una forte tristezza, un distinto richiamo d’aiuto e le era piaciuto molto vederlo in quel modo. Non ci aveva più pensato ma ora che i suoi pensieri tornavano a quella mattina le era piaciuta quella sensazione: si era sentita…necessaria. Ricordava ora di aver pensato che un suo gesto d’affetto avrebbe risollevato il suo animo, che una sua carezza avrebbe rasserenato il suo compagno. Si sentiva capace di condizionare positivamente quel ragazzo e adatta ad indossare dei panni materni per una volta, che poteva incidere anche senza il suo spirito agonistico, anche senza “colpire più forte”, anche non facendo il ninja. Ricordò che quella sensazione l’aveva irrigidita e che andando contro quella piacevole consapevolezza si era ritratta subito esternando solo freddezza e distacco. Ricordò che immaginare di aver ferito Yusuke sparendo nel nulla…anche quello le era piaciuto.
Non erano rimaste che una decina di persone e fra queste si mosse silenziosa, girando furtivamente intorno a quella comitiva di disgraziati. Si avvicinò ad una lapide, la più vicina e si inginocchiò fingendo di pregare per il suo proprietario. Era distante una decina di metri poco dietro di loro, si concentrò acuendo i sensi. Erano andati tutti via, tutti tranne i Caduti.


Muten portava con sé un ciondolo, una pietra blu. Quella pietra conteneva un demone vivo, ed ora che è morto è sparita...
Cosa?!
Percepisco su ognuno di voi tracce di uno dei demoni che abbiamo combattuto, quindi so che capite di cosa sto parlando...
Percepisci? Cosa…che vuoi dire?
Chi lo ha preso?
Di che diavolo stai parlando? Perché tanto interesse Yusuke? Perché perdi ancora tempo dietro queste storie…perché avete tutti voglia di continuare a ricordare?...idioti.

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