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Missione Maemi Takahashi & Norio Minamoto Missione a Servizio di: Kirigakure No Sato & Mercato Nero Livello: A Esecutori della Missione: Maemi Takahasi & Norio Minamoto Mukenin:
Se ci tieni alla pelle del tuo amico Kenzo, ecco quello che faremo. Voi due batterete ogni angolo della città alla ricerca di notizie sul famoso "Demone di Todoroki". Ricordi quella serie di omicidi e tutte le fesserie che ci giravano intorno? Bene. Voglio sapere quanto di vero c'era in quelle storie; che cosa rendeva quel tizio così pericoloso, e così pazzo. Tutto quanto. Se la fonte di quel potere è qualcosa che può essere rubato, o trasmesso, voglio che lo prendiate e lo portiate da me.
Non ho altro da aggiungere. Buon divertimento.
Regolare:
Ci è giunta voce che la città di Todoroki sia diventata un improvviso punto di interesse per un piccolo gruppo di Mukenin. Temiamo siano alla ricerca di qualcosa, ma la nostra fonte non è riuscita a scoprire di cosa si tratti o perché questi traditori siano così interessati ad averla. Sospettiamo che la ricerca abbia a che fare con una tua precedente missione sul luogo, e per questo abbiamo pensato di inviare te.
Il tuo compito sarà dirigerti a Todoroki per scoprire quanto più possibile sull'identità di questi Mukenin ed, eventualmente, impedire loro di mettere le mani su quello che cercano. Ci aspettiamo discrezione ed efficienza.
Buona fortuna.
Edited by Glustrod - 26/9/2023, 17:23. -
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.SPOILER (clicca per visualizzare)«Parlato Maemi» - "Pensato Maemi" - «Parlato Kenta»
«Ahi» fece Maemi, irrigidendosi all'improvviso.
«Ti ho fatto male?» Kenta si sollevò sul fianco con aria preoccupata.
«No, non tu...» Maemi rialzò un po’ la schiena, cercando invano di strisciare lontano dal fastidio. «Queste dannate radici che sbucano. Sono una rottura».
«Non ci avevo fatto caso» disse Kenta con un sorriso ironico.
Aveva cercato di dissimularlo, ma a Maemi non era sfuggito quel barlume fugace di cupezza, come un pensiero sgradevole arrivato e scappato via di gran corsa. La situazione non gli piaceva nemmeno un po', lei lo sapeva. Doversi accontentare sempre dei posti più scomodi e defilati per stare solo con Maemi, quasi fossero dei criminali costretti a nascondere le loro malefatte, era quasi umiliante.
Quella volta gli era toccato un piccolo spiazzo al centro di una foresta, poco distante dalle mura del Villaggio. Seduti in mezzo ad enormi radici, con lombrichi ad ogni angolo e la terra umida che sporcava e bagnava. L'antitesi del romanticismo. Kenta aveva provato a lamentarsi, ma su quel fronte Maemi era stata fermissima, e, cosa ancora più frustrante, non aveva voluto dare spiegazioni.
Si assicurava però di ricompensarlo con lunghe e rilassanti sessioni di baci.
«Immagino» fu la risposta di Maemi, seguita da una risatina. «Allora… dov’eravamo rimasti?»
«Mi pare che il tuo viso fosse molto più vicino al mio».
«Ti pare, eh?» Maemi se lo attirò a sé, e lui si tenne in equilibrio sui gomiti. I loro corpi erano così vicini che la kunoichi sentiva il battito del cuore di Kenta attraverso le maglie. Poi lui piegò testa e le prese a baciare la pelle proprio sotto la mascella, e il respiro della ragazza le si bloccò in gola.
«Non ti sembra strano?» chiese Kenta, scostandosi leggermente.
«Cosa?»
«È passato un mese dalla nostra missione assieme...»
«Di già?» lo interruppe lei, ridacchiando.
«E ieri mi arriva la lettera d’ammissione all’Esame Sp.Jounin».
«Ti ho già fatto le mie congratulazioni?»
Kenta la ignorò. «Mi sono tornate in mente tutte le cose strane che mi avevi chiesto di fare… tipo fingermi a capo della spedizione, lasciarmi escogitare l’imboscata, le dritte sulle intuizioni. Ho quasi l’impressione che fosse tutto un test».
«Ooooh» continuò a stuzzicarlo Maemi, allungando una mano e iniziando a tracciare col dito i lineamenti duri della sua mascella. «Interessante».
«Non mi dirai se ci ho preso, vero?»
«Perché dovrei? Mi piace fare la misteriosa. Mi si addice».
A quello, Kenta rise. «Questo… sì che è un eufemismo».
Maemi era pronta a ribattere, ma il ragazzo si chinò a baciarla e lei si dimenticò subito tutto. Continuarono così per svariati minuti, le braccia di lei che gli si intrecciavano intorno al collo e le mani di lui nei suoi capelli a scompigliare la chioma scarlatta. L’aria attorno a loro era immota, il silenzio che fermava tutto.
Poi Maemi vide un'ombra volare oltre la sua visione periferica, e qualcosa di vivo cadere improvvisamente a pochi centimetri dalla sua testa. La ragazza allontanò bruscamente Kenta da sé, rotolando sul fianco con i muscoli tesi e pronti a fronteggiare l'imprevisto.
«Ma che...?» si lamentò il ragazzo, ma poi notò anche lui il nuovo arrivo.
Era un animaletto, una lucertola con degli sporgenti occhi bianchi e il corpo tendente al blu. Portava una stramba imbragatura che custodiva una messaggio arrotolato più volte e ben riposto. Li fissava a moderata distanza, con gli occhioni altezzosi puntati su di loro.
Maemi saltò in piedi come tirata da una molla, le guance sempre più bollenti mentre si chinava a raccogliere il rotolo legato alla schiena della creaturina. Avvertiva le labbra gonfie e i capelli arruffati. “È del maestro” pensò ancor prima di aprirlo. Il pensiero era angosciante, ma inevitabile. Quelle comunicazioni erano tipiche del Sennin di Kiri.
E invece, con suo gran stupore, non era lui. «Una convocazione alla Torre del Mizukage!» esclamò, sostituendo velocemente l’imbarazzo con la sorpresa. «Mi vogliono subito a rapporto… per una missione».
«Missione?» Kenta allungò il collo, visibilmente accigliato. «Da quando convocano in questa maniera?»
A quello, Maemi non seppe che rispondere. Effettivamente era la prima volta. Girò il foglio per controllare che non ci fosse altro scritto dietro.
«Nient'altro? Hanno scritto solo quello?»
«È dell'ansia, quella che percepisco?». Maemi gli scoccò un'occhiata sorpresa. «Guarda che non sei tu a dover andare».
«È così strano che mi preoccupi per la mia ragazza?»
Ragazza. Faceva ancora uno strano effetto sentirlo. «Io non sono preoccupata» rispose Maemi, con una scrollata di spalle. Si avvicinò a raccogliere lo zaino e il fodero, poggiati poco distante. «La questione può essere urgente, ma non necessariamente pericolosa. Le due cosa non vanno sempre a braccetto».
A quello, Kenta non rispose. Invece la guardò con tristezza rimettersi lo zainetto sulle spalle, sistemarsi vestito e capelli per andare via. Il loro… incontro era finito lì. E lei sarebbe probabilmente partita per chissà quanti giorni, lontana da lui e senza possibilità di comunicare. Ammorbidendo la sua espressione, Maemi tese una mano verso di lui e disse: «Vieni qua».
Kenta si alzò, e in pochi passi le si avvicinò, ancora corrucciato. La kunoichi si alzò sulle punte dei piedi e gli scoccò un lieve bacio, toccandolo solo con le labbra. «Cerco di fare in fretta, d'accordo? Tu pensa ad allenarti per l'Esame».
«Dimmi che ti mancherò» mormorò lui.
«Sono troppo orgogliosa per farlo» rise lei, dandogli un piccolo buffetto sulla guancia. «Però ti penserò. Vedrai, non sarà nulla di troppo impegnativo».
Kenta la fissò ancora per un po', come se non le credesse, poi sospirò. «Spero tu abbia ragione».SPOILER (clicca per visualizzare). -
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.SPOILER (clicca per visualizzare)«Parlato Maemi» - "Pensato Maemi"
La faccia di Maemi era indecifrabile; nessuno avrebbe potuto dire che aveva appena ricevuto informazioni tanto importanti da farle svoltare la giornata. Camminava in mezzo alle vie di Kiri silenziosa, gli occhi distanti e il volto lievemente accigliato come se fissasse un rompicapo particolarmente complesso.
Non credeva che avrebbe mai più risentito parlare del Demone di Todoroki, né del suo incarico lì. Le missioni, solitamente, una volta concluse rimanevano sigillate in qualche angolo dell’archivio, e sotterrate per bene nella mente dell’esecutore; dopo non molto tempo sedimentavano come concime, diventando fantasmi di memorie, vissute e rammentate più come racconti esterni piuttosto che spezzoni di vita vissuta. Così andavano le cose, e così era per lei: si prendeva il buono e si lasciava il marcio, cercando di non ruminarci più.
Per questo motivo, la convocazione di Maemi per quell'urgente missione l'aveva turbata. Erano riemersi con impressionante chiarezza tutti i dettagli riguardanti la faccenda del Demone di Todoroki. Il plico di fotografie con corpi martoriati indegnamente. Una piazzetta distrutta. Sangue. Una scarpetta bianca. La lotta, l'ascia che scuoteva l'aria a pochi centimetri sopra la sua testa, pezzi di vetro che si conficcavano nella carne, il fermacapelli infilzato dietro le scapole...
La kunoichi aspirò profondamente l'aria, impregnata di pioggia e dell'odore del mare. Era già arrivata nei pressi del porto; che strano, non ricordava nemmeno di aver percorso il tragitto dai cancelli fino a lì.
Molti dei porti dov'era stata erano vivaci di colori, ma non quello vicino a Kiri: forse era la nebbia a dargli un aspetto lugubre, o era l’acqua sporca, oppure i numerosi marinai barbuti e chiassosi, sparsi qua e là sul ponte. O forse un miscuglio di tutto ciò. Tuttavia era per lei un luogo familiare, e la familiarità dava conforto, sicurezza.
Maemi si strinse maggiormente nella sua solita mantella, proteggendosi dal vento tagliente che soffiava dal mare. Oltre i i moli di pietra, diverse imbracature si protendevano nelle acque agitate, e là, ondeggiante e rollante, trattenuto dagli ormeggi, c’era il suo traghetto. Ormai conosceva a memoria orari e tratte. Pagò il biglietto, e si imbarcò, mettendosi dietro ad una coppia di shinobi che chiacchierava in tranquillità. Mancava ancora mezz’oretta prima della partenza, e le nubi cariche di pioggia invitavano tutti i passeggeri a rimanere sottocoperta.
La cabina di Maemi occupava uno spazio ristretto, sotto il ponte di poppa e lei vi si insediò senza badare allo stato della stanza. Ci avrebbe messo tre giorni pieni di navigazione; due in meno della volta precedente, considerando che non era la stagione dei temporali.
“Ho tutto il tempo del mondo” pensò Maemi, mordicchiando l’estremità della penna. Si era accoccolata sulla cuccetta, la schiena poggiata sulla parete e il fodero accanto a sé. Gli occhi scuri e cupi erano fissi sul foglio di un quadernetto rigato ma immacolato che teneva sulle ginocchia, senza in realtà vederlo. “Se davvero questa storia ha a che fare con il Demone di Todoroki, sarà meglio fare un po’ d’ordine mentale”.
Tutto era iniziato con gli omicidi. Una lunga serie di morti misteriose, sempre più brutali e macabre ad ogni nuovo conteggio, e con sempre più evidenza di un'azione umana piuttosto che animale. Tutta la città si era paralizzata. Le autorità avevano messo in piedi protezioni e svariate misure di sicurezza quali coprifuoco, controlli serrati e pattugliamenti notturni. Ma nulla era riuscito a fermare l’omicida: iniziava a spargersi la voce che si trattasse di un’entità soprannaturale, un demone o uno spirito maligno. Le pressioni dall’alto avevano costretto le autorità a richiedere l’assistenza di Kiri, e per questo era stata mandata Maemi.
Per prima cosa, la ragazza si era interfacciata con la polizia, con cui aveva l’ordine di collaborare. Aveva visto le foto degli omicidi. Aveva scoperto che l’ultimo era avvenuto solo pochi giorni prima, e che per la prima volta c’erano dei dispersi. Una donna e sua figlia piccola. Ne era seguito un sopralluogo con la nuova recluta della polizia - Mika, era il suo nome? - dove aveva ispezionato la squallida dimora ormai distrutta dell’ultima vittima; da lì aveva avuto poi l’intuizione di un bosco poco distante, dentro cui potevano essersi rifugiate madre e figlia. Forse erano ancora vive. Forse il marito era riuscito a trattenere l’omicida abbastanza a lungo da permettere a loro di scappare…
Non era così: la scapretta bianca striata di fango e sangue aveva condotto Maemi ai due cadaveri impiccati e lasciati a marcire da giorni. E poi era comparso lui. L’aspetto del “demone” si era presentato a lei in tutta la sua mostruosità, così anomalo da sembrare innaturale, la voce e le parole così spiacevoli da suonare come unghie sui vetri. L’aveva scossa nel profondo, e sebbene a farne le spese era stato il suo clone, da lì la ragazza aveva optato per un approccio molto cauto. Osservare, apprendere e poi pianificare.
Idea andata alle ortiche il giorno successivo: in qualche maniera il demone l’aveva seguita, sorprendendola all’interno della locanda in cui alloggiava, nel cuore stesso di Todoroki. Avevano combattutto, lei con la spada e lui con un’ascia pesante, al centro di una piazza con cittadini che sciamavano in preda al panico. Alcuni erano rimasti feriti, e Maemi non sapeva se c’era scappato qualche morto. Non aveva voluto saperlo. Sta di fatto che quella piazzetta finì per essere il luogo in cui tutto ebbe fine: Maemi aveva quasi decapitato il mostro con la sua stessa ascia, causandogli un taglio al collo che lo aveva ammazzato in pochi secondi. Lì aveva avuto modo di notare il fermacapelli infilzato per bene dietro la schiena, e per qualche motivo aveva avvertito una sorta di... sensazione. Nulla che avrebbe mai potuto spiegare con logica. Era ripartita per Kiri il giorno stesso, dopo essere stata ricucita ed aver parlato per l'ultima volta con il capo della polizia.
La kunoichi fece un elenco puntato di tutti gli avvenimenti più importanti, scoprendo che così riusciva a rievocare maggiori dettagli, aggiungendoli ai suoi appunti. L’imbarcazione si era già mossa quando terminò il lavoro, ma Maemi non se ne curò. Passò altro tempo sempre sulla cuccetta, rileggendo i suoi appunti e mordicchiando a momenti alterni la penna, cercando di cristallizzare le informazioni nella memoria. Infine, quando fu soddisfatta, stracciò il foglio in tanti, piccolissimi pezzetti.
Non si lasciavano mai prove scritte riguardo una missione. La sua mente era l’unico luogo di cui poteva fidarsi per prepararsi a quanto ancora doveva avvenire.SPOILER (clicca per visualizzare). -
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.SPOILER (clicca per visualizzare)«Parlato Maemi» - "Pensato Maemi"
Il mare era calmo, liscio come l'olio, e soffiava una brezza leggera. Le tonalità rosso-aranciate della prima luce disegnavano il profilo della costa a levante, alta e sovrastante. A Maemi sembrò il mattino più bello del mondo, ma non per la bellezza paesaggistica: semplicemente, non vedeva l’ora di terminare quel supplizio via mare.
Todoroki era una città particolare, divisa su due importanti livelli: la zona abitata vera e propria si ergeva sulla cresta di una falesia alta e ripida, che torreggiava e quasi riparava il porto scavato alla base. Maemi la ricordava bene. Osservò con cura il traghetto addentrarsi nello stretto corridoio tra due promontori sporgenti, che cingevano il litorale dalla stretta forma a C. Era una punto particolarmente insidioso, l’acqua poco profonda piena di scogli, e notizie di incidenti ricoprivano quasi quotidianamente i giornaletti locali.
Il porto era collocato nella parte bassa, al livello del mare; un insieme di fabbricati industriali, qualche locanda di poco conto e null’altro degno di nota che si stringevano nel poco spazio tra i gradoni rocciosi ed una spiaggia sassosa, poco invitante. Una sezione puramente logistica, pensò Maemi camminandoci nel mezzo. Troppo piccola per grandi e splendenti costruzioni, la baia offriva quel tanto che bastava da rifilarci sedi di stoccaggio per le spedizioni via mare. Ma era solo una pallida impressione di Todoroki, un biglietto da visita brutto ed incolore.
A più di trenta metri sopra il porto, spalmata su ampie colline, la reale città era un agglomerato di edifici quasi tutti a più piani, con lunghe tettoie e molte balconate richiuse che le faceva sembrare più ciccione. Era particolarmente curata e pulita, tutto disposto con precisione studiata; si otteneva l'accesso risalendo delle venature scavate nella roccia, umidi antri semi riparati che facevano zigzag fino a raggiungere la cima della falesia.
Non stava piovendo, ma le nubi scure e cariche di pioggia presagivano una giornata temporalesca. Maemi si calò ancora di più il mantello in testa, infilandoci per bene le ciocche di capelli rossi. Non c'era molta gente in giro di prima mattina, ma preferiva non mostrarsi a volto scoperto. Si era chiesta più volte quale sarebbe dovuta essere la sua prima mossa una volta sbarcata. Non aveva molte informazioni su chi stesse ficcanasando in giro per la città, e l’unico punto di partenza per Maemi era quella possibile, vaga connessione con il Demone di Todoroki. Sarebbe dovuta partire da lì... e da una persona che era stata direttamente coinvolta nella sua precedente missione.❋❋❋
SPOILER (clicca per visualizzare)Mujin Meisai - Manto senza Polvere
Villaggio: Tutti
Livello: B
Tipo: Ninjutsu
Tramite questa Tecnica Suiton, che non necessita di Sigilli, l'utilizzatore infonderà di Chakra le particelle di vapore acqueo intorno al proprio corpo, in modo da deflettere la luce solare e rendersi invisibile all'occhio nudo, dopo un paio di secondi di preparazione. Questa Tecnica permetterà all'utilizzatore non solo di diventare perfettamente invisibile e di non produrre alcuna ombra, ma addirittura di rendere inefficaci Jutsu percettivi e di natura sensoriale. Le particelle di vapore intrise di Chakra schermeranno odori e suoni emessi dall'utilizzatore, sarà però possibile creare rumori esterni, come muovere delle frasche o far cadere oggetti, che potranno essere individuati. Tutto ciò ha effetto solo contro Jutsu di livello B o inferiore, ma sarà comunque possibile essere individuati per mezzo di Doujutsu capaci di vedere il Chakra. Se si possiede la capacità di Schermatizzazione, sarà possibile utilizzarla in combinazione con questa Tecnica per schermare completamente il proprio Chakra ed essere così invisibili anche ai Doujutsu, oltre che a qualsiasi tecnica percettiva o sensoriale di livello superiore. Durante la Tecnica non è possibile utilizzare alcun Jutsu, neanche A Turno, né sferrare alcun attacco di qualsiasi tipo, poiché un eventuale movimento violento comporterà la dissoluzione delle particelle di vapore acqueo e la conseguente cessazione del Jutsu.
Se utilizzata a fini investigativi durante le Missioni, la Tecnica non avrà Consumo.
Consumo: NA
Non c’era una vera ragione per entrare così di soppiatto, si rese conto la kunoichi. Doveva essere solo l’abitudine. Ma ormai il suo corpo era stato ricoperto di Chakra, schermato agli occhi del mondo, e stava risalendo la parete color mattone della stazione di polizia. Aveva fatto un giro perlustrativo attorno all'edificio, cercando di ricordare il tragitto compiuto dall’interno e calcolando quale, tra le tante finestre, fosse quella che si affacciasse all’ufficio del capo. Le bastò un’occhiata per capire di aver puntato alla finestra sbagliata; magari era il lato opposto, ma il piano doveva essere giusto. Si diresse allora verso la finestra sulla sinistra, che era pure aperta. “Bingo” pensò, riconoscendo immediatamente il bellissimo tappeto al centro sala. Allora con un movimento unico e fluido si infilò all'interno, prima di testa e poi di gambe, aggrappandosi al pannello per darsi stabilità ed evitare ogni genere di rumore esterno.
La stanza era vuota, ma illuminata. La kunoichi di Kiri si diede una veloce occhiata in giro, riconoscendo la disposizione dei mobili e la bella poltrona imbottita; vi si avvicinò lentamente. Dal modo in cui la scrivania era disordinata e il resto dell’ambiente perfettamente intonso, di capiva che chi ripuliva la stanza non toccava la sacra postazione da lavoro. Maemi vi si avvicinò ed allungò il collo: moduli di denuncia, dossier, rapporti e verbali vari. Ad un’occhiata distratta non c’era nulla di pressatamente urgente.
Aspettò il signor Kamiya per una decina di minuti, finché la porta si spalancò e rivelò l’omaccione con spessi baffi e gli occhi sporgenti e un po’ giallognoli, una mano stretta attorno ad un’alta tazza di tè fumante e sottobraccio il quotidiano locale. Erano le otto e mezza di mattina.
Maemi, sempre invisibile, si avvicinò alla porta, che a seguito del pigro colpetto del Capo della Polizia si era solo accostata all’uscio. Con un leggero, quasi inudibile gesto, la kunoichi spinse la porta affinché si chiudesse definitivamente. Il click che ne conseguì fu soffocato dal rumore della sedia che strusciava, e subito dopo essersi seduto il signor Kamiya si lasciò andare ad un sonoro sospiro, di quelli che le persone farebbero solo se convinte di essere sole. Per un lungo momento, Maemi si limitò ad osservarlo: palesarsi così di botto gli avrebbe provocato un coccolone? Era vecchio, ma nemmeno troppo, e inoltre doveva essere stato un uomo d’azione. Il sangue freddo da non urlare come una donnicciola isterica avrebbe dovuto avercelo.
Alla fine si voltò di lato, poggiando la schiena sulla porta. Non si poteva chiudere a chiave, ma con la pressione che poteva mettere la kunoichi nessuno sarebbe stato in grado di aprirla. Dopodiché, a braccia conserte e una caviglia accavallata all’altra in una posa rilassata, Maemi rilasciò il Chakra affinché tornasse mano a mano visibile. «Buongiorno, signor Kamiya».SPOILER (clicca per visualizzare). -
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.SPOILER (clicca per visualizzare)«Parlato Maemi» - "Pensato Maemi" - «Parlato Kamiya»
«Buongiorno, signor Kamiya».
Il buon vecchio Kamiya, che proprio in quel momento stava sorseggiando il suo tè, lo sputò tutto su un documento rilegato dall'aria importante. «Ma che diamine…?» riuscì a tossicchiare tra un sputacchio e l'altro, la voce strozzata e il viso paonazzo.
Maemi si ritrovò a soffocare una risatina. «Animo, buon signore, animo. Non vorrei ritrovarmi sulla prima pagina di domani per averla accidentalmente ammazzata con del tè». La kunoichi era ancora poggiata alla porta, le braccia conserte e una caviglia accavallata sopra l'altra; osservò il suo interlocutore con curiosità, inclinando lievemente la testa. «Mi riconosce? È passato un po’ tempo dall’ultima volta che ci siamo visti».
Gli occhi sbarrati del signor Kamiya erano fissi su di lei, il corpo immobile come se avesse visto un fantasma. «La… Chuunin di Kiri che avevamo ingaggiato. Takahashi, mi sembra?»
«Sp.Jounin, adesso. Per quel che vale. Complimenti per la memoria».
«Ma che...» si guardò intorno, spaesato. «Che diavolo ci fai qui? E da dove... da dove sei sbucata?»
«Mi sono teletrasportata direttamente da Kiri. No, non è vero» si corresse subito, notando il Capo della Polizia impallidire. «Però si faccia due risate, perché tra poco troverà ben poco di cui divertirsi».
«Non sto capendo. Nessuno mi ha notificato dell'arrivo di uno Shinobi della Nebbia, anzi, non aspettiamo proprio nessun Shinobi, da nessun posto!»
«A quanto pare però ne ospitate qualcuno, e di poco raccomandabile».
Il signore la fissò, cercando di capire se lo stesse prendendo in giro di nuovo. «Che stai farneticando?»
«Oh, mi scusi. Dimentico che lei non è al corrente». La ragazza raddrizzò un po' meglio la postura, facendosi più composta. «E non ne è al corrente perché sono informazioni sottobanco del Villaggio della Nebbia. Informazioni classificate».
«Classificate?» ripeté lui. «Se sono classificate non me ne potresti parlare. A meno che non sei qui per mettermi definitivamente a tacere...»
«Be', allora il té stava già facendo un lavoro migliore del mio» scherzò lei, imbevendo la frase di sarcasmo. Scosse la testa come a voler scacciar via qualche pensiero di troppo, e quando rialzò lo sguardo il suo volto si era indurito. «Sono in missione per conto del mio Villaggio, e non sotto richiesta del Paese del Tè. Nessun altro sa che sono arrivata qui stamattina, e nessuno lo deve sapere. Mi mi sono rivolta a lei perché penso che abbiamo collaborato bene in passato, e possiamo farlo di nuovo. Dopotutto, i nostri interessi sono allineati».
«Ci sono dei criminali qui a Todoroki» concluse il signore, la voce greve. Non era una domanda. «È questo di cui parlavi prima, vero? E sono criminali che interessano a Kiri».
A quello, Maemi non rispose. L'insinuazione del signore non era senza fondamenti - dopotutto, era un po' strano che Kiri si tuffasse con tale celerità in affari ambigui e riguardanti altri Paesi - e lei sapeva che spesso delle banali missioni nascondevano un iceberg di segreti dietro. Segreti sporchi che però l'esecutore non era minimamente a conoscenza. «Criminali che nel Paese del Tè non devono stare» rispose infine, accantonando le sue congetture impossibili da comprovare. «Sappiamo anche che eravate completamente all'oscuro della loro presenza».
Il pensiero non sembrò far felice il capo della Polizia. La guardò severamente, strofinandosi le mani con fare preoccupato. «Già mi inquieta pensare che ci siano dei Mukenin dentro la mia città, ma che non sospettassimo assolutamente nulla mi fa drizzare i capelli sulla nuca». Si levò gli occhiali, e iniziò a stropicciarsi gli occhi con un sospiro stanco. «Il sindaco monterà su un casino. Non è un tipo molto ortodosso, vorrà la mia testa appena lo verrà a sapere...»
«Aspetti, cosa?» lo interruppe bruscamente Maemi, sciogliendo le braccia conserte e staccando la schiena dalla porta, quasi dimenticandosi che lo stava facendo per bloccarla. «Chi è che vorrebbe informare? No, mi spiace, forse non ci siamo capiti: se avessi voluto coinvolgere il sindaco, sarei andata direttamente da lui».
Il capo della polizia rise, una risata profonda da presa in giro, e Maemi si sentì avvampare di indignazione. «E tu credi che io, un pubblico ufficiale, possa tenere segreta una cosa del genere ai miei superiori?» la accusò tra le risate, puntandole contro un'asta degli occhiali. «Unità pericolose sul suolo cittadino, in mezzo ai nostri abitanti, e il Capo della Polizia non avverte nemmeno le istituzioni di competenza?» scosse la testa con incredulità. «Non so come funziona da voi della Nebbia, ma qui una cosa del genere rasenta il tradimento».
«Le probabilità che un segreto venga rivelato è proporzionale al quadrato del numero di persone che ne sono al corrente» insistette Maemi, sentendo il disappunto crescerle esponenzialmente dentro lo stomaco . «Faccia lei i calcoli. E questi sono Mukenin, probabilmente pericolosi. Non mi arrischierei ad allertarli».
«Finché non abbiamo qualcosa in più di semplici chiacchiere classificate, o non sappiamo che diavolo vogliono dalla mia città...».
Maemi non lo fece continuare: una mano si strinse a pugno sul fianco e lo sbatté contro la porta in un colpo fragoroso, tanto assordante che fece sobbalzare il vecchio sulla sedia. Per un flebile secondo regnò un silenzio stupito, l'aria immota e in attesa.
Gli occhi blu di Maemi erano infiammati di collera, mossi da un fuoco che pareva arderla da dentro. «Sono qui per il Demone di Todoroki» disse a denti stretti. «Adesso si degnerà di darmi ascolto?»SPOILER (clicca per visualizzare). -
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.SPOILER (clicca per visualizzare)«Parlato Maemi» - "Pensato Maemi" - «Parlato Kamiya»
«Sono qui per il Demone di Todoroki».
Il Demone di Todoroki.
La stanza piombò in silenzio freddo, gelido, e risucchiarono le parole che il signor Kamiya stava per pronunciare, lasciandolo in uno stato di improvviso imbambolamento. Per un lungo attimo fu come se il tempo si fosse fermato, ed ogni cosa fosse in trepida attesa; persino i mobili parevano star trattenendo il respiro.
Poi, provenienti dall'esterno, delle falcate sempre più pesanti si fecero largo puntando alla loro stanza. Nel silenzio creato parevano quasi rimbombare. Maemi rizzò sul posto come presa da una scarica, spezzando la magia di quell'immobilità; era ancora davanti alla porta, e quando questa si aprì seguì il suo movimento naturale, finendo nascosta dietro. Il cigolo era lento ed esitante quanto il moto dell’anta, ed aveva lasciato aperto solo un piccolo spiraglio. «Ehm, tutto bene signore?» chiese la vocina di una ragazza giovane. La kunoichi di Kiri, schiacciata tra la porta e il muro, sentiva il respiro quasi trattenuto. «Abbiamo sentito un colpo...»
«Tutto bene, Mika, scusa. Mi è solo caduto un fascicolo» tagliò corto il Signor Kamiya, abbassandosi dalla sedia come a voler raccogliere qualcosa che non c'era. «Vai pure, oggi pensavo di far fuori un po' di scartoffie» con uno scatto, i suoi occhi giallognoli si spostarono verso il pannello della porta, per poi tornare subito su Mika, «...prima che siano loro a fare fuori me».
Dopo un attimo di dubbio, la sottoposta richiuse la porta borbottando un “buona fortuna”.
Il Signor Kamiya e Maemi rimasero di nuovo soli.
La kunoichi si fece avanti lentamente, lasciandosi la porta alle spalle; fissava il signore con intensità nuova, per valutare l’impatto che avevano avuto le sue parole di prima. Notò che qualcosa, nella sua mascella, pareva essersi irrigidita. «Quindi è così» borbottò infine, la voce greve. «Adesso capisco».
Tirò su un bel respiro, raddrizzandosi meglio sulla sedia. Maemi si rilassò un attimo, tirando anche lei un respiro più breve e poggiando entrambe le mani sulla scrivania. «Già».
Un'altra pausa, altri secondi di silenzio opprimente.
«E perché...» il signore si schiarì la voce, «questi criminali sarebbero interessati ad un caso vecchio di quasi un anno?»
«Domanda da un milione di ryo. Ma è per questo che sono qua: cercare di scoprire cosa vogliono». Esitò un attimo. «Sembrano alla ricerca di qualcosa».
«Qualcosa?» Kamiya si accigliò, quasi scettico. «Avrei pensato più a qualcuno. Ma comunque non ha senso».
«Nulla che riguardi quel Demone ha senso. Non siamo riusciti a scoprire quasi nulla su di lui» ribatté Maemi, spostando con gentilezza una delle due poltrone in pelle e sedendosi su un bracciolo. «Né del motivo per cui ha dato di matto. Per questo non possiamo permetterci di fare errori. Se per caso stanno cercando ciò che ha scatenato quel pazzo, e se dovessero trovarlo...»
«Credi sia questo quello che vogliono?» la interruppe bruscamente Kamiya.
Maemi scrollò le spalle, tirando un sospiro stanco. «È una possibilità. Sicuramente quella più logica». Distolse lo sguardo, prendendo a grattar via una parte particolarmente ruvida della poltrona. «E la peggiore in assoluto. Magari sono solo degli scemi alla ricerca di un qualcosa che non esiste, o pensano di poterci ricavare qualcosa da una storiella fin troppo infiocchettata, chi lo sa. So solo che la faccenda non mi piace, ed ho bisogno di qualcosa di concreto da cui iniziare».
«Come ho detto, da parte nostra non abbiamo...»
«Mi bastano i rapporti su tutto quello che riguarda il Demone. Di ciò che è stato reso pubblico...» e qui gli lanciò un'occhiata intensa, «e di ciò che non è mai stato rivelato. Possibilmente in due fascicoli separati, così posso avere un'idea chiara di ciò che possono sapere i Mukenin dall'esterno e ciò che non dovrebbero sapere. Da lì proverò a farmi un piano in testa e inizierò ad indagare con discrezione».
Il signor Kamiya deglutì, ma per una volta non ribatté. Da quando era stato nominato il Demone, si era ammansito parecchio. «Sei già stata a Todoroki in veste di kunoichi ufficiale. Se dovessero vederti in giro...»
«Saprò non farmi riconoscere» rispose Maemi, asciutta. Allungò la mano. «Posso considerare una collaborazione con lei, dunque? E, tipo... passare di nuovo dal suo ufficio dopo pranzo e trovarmi quanto ho chiesto sulla sua scrivania?»
«Vedo quello che posso fare».
Bene, fu il pensiero di Maemi. Le sue spalle si rilassarono all'improvviso: la certezza che Kamiya era dalla sua parte era un sollievo. Un alleato, all'interno di una città in cui ogni faccia nuova poteva essere il nemico, era qualcosa di insospettabilmente confortante.
«Devo chiederti...» Kamiya riprese il discorso, allungando l’ultima parola come a voler prendere tempo. Si intrecciava e strecciava le dita nervosamente. «Ti ricordi, ehm, di quando ci eravamo incontrati appena prima che tu partissi? Mi avevi fatto delle domande… forse per un oggetto trovato sul corpo del Demone...»
Maemi si limitò a fissarlo, prendendosi tempo per rispondere. Ebbe l'impressione che, ad un certo punto della conversazione, ad entrambi fosse venuto in mente la stessa cosa, ma nessuno dei due aveva il fegato di tirarlo fuori. Comprensibile: pensare che un insulso fermacapelli c’entrasse qualcosa con un assassino assetato di sangue era ridicolo, ma dirlo ad alta voce era quasi comico. «Non lo so» ammise infine. Non era la risposta alla domanda che Kamiya le aveva posto, quanto più a quella che lui avrebbe voluto farle. «Non ho modo di sapere se c'entri qualcosa. Magari non c'è spiegazione per quello che è successo a quel Mukenin, ma di certo c'è qualcuno di pericoloso che vuole andarci più a fondo. È imperativo che non sappiano mai la verità».
«E noi?» fu la risposta del capo della polizia. «Noi vogliamo saperla, la verità?»
La verità. Maemi ci rifletté su, la bocca che disegnava una linea sottile sul volto. «Direi che la faccenda ci è già costata abbastanza, senza ci mettiamo lo zampino oltre. Dopotutto» e qui fece un sorriso d’intesa, portandosi l’indice ad arricciare una ciocca rossa, «la curiosità uccide il gatto, non è così?»SPOILER (clicca per visualizzare). -
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.SPOILER (clicca per visualizzare)«Parlato Maemi» - "Pensato Maemi" - «Parlato altri» - «Parlato altri»
Il fuoco ardeva e crepitava mentre Maemi, seduta su una poltrona alta, dallo schienale rigido, scaldava il suo corpo appena uscito dalla doccia, con i capelli ancora umidi e appesantiti dall'acqua. Fuori dalla locanda, una lieve pioggerella era iniziata a calare nascosta dalla notte. La ragazza si trovava poggiata all'indietro, le gambe piegate in modo da usarle come una specie di scrittoio: su di esse, c'era il fascicolo aperto che aveva recuperato dell'ufficio del signor Kamiya. Maemi lo stava sfogliando, i suoi occhi blu che immersi nella lettura cadevano da riga a riga. Cercava indizi, o informazioni che avrebbero potuto aiutarla per la sua attuale operazione, ma in quel giornaletto ricordi di battaglie passate e dettagli di indagini recenti si mescolavano senza offrirle una direzione chiara.
I suoi pensieri tornarono allora all’interrogativo iniziale: come avrebbe potuto stanare quegli infiltrati, da sola e senza molte risorse dalla sua?
"Come mi comporterei, se fossi in loro?" provò a pensare, sprofondando nella poltrona con un cipiglio. Un sacco di possibilità le balenarono in testa, una probabile quanto l'altra, tutte troppo fumose affinché Maemi potesse farci qualcosa.
L'unico indizio concreto erano i luoghi collegati al Demone, potenzialmente esaminati dai Mukenin. Questi includevano scene degli omicidi, la foresta dell'accampamento, la piazza dell'ultimo confronto, oltre a copie di giornali dell'epoca, la tomba del demone, l'archivio della polizia, e il mandante dietro al demone."Un demone..." si ritrovò a pensare, una bollicina di pensiero che si era fatta strada nella sua mente non voluta, e nemmeno gradita. I suoi pensieri andarono molto indietro, fino alla sua missione a Mitsu, a quello che Yusuke le aveva detto riguardo il disastro nel Paese della Luna, e per qualche motivo rabbrividì. Subito scosse la testa, rifiutandosi di indugiare oltre su quei pensieri. "Forse è meglio se mi metto all'azione, altrimenti tutti questi pensieri finiranno con l'uccidermi".
Maemi si stirò, sospirando, ed infine si alzò mentre fuori continuava a regnare un'oscurità senza luna né stelle. Prese la katana, ignorò il coprifronte sulla cassapanca davanti al letto, indossò la nuova mantella che si era comprata quello stesso pomeriggio, ed infine si dirette verso la porta per uscire dalla locanda.❋❋❋
Il cimitero, avvolto nella notte, era silenzioso sotto una pioggia leggera ma costante. Maemi avanzava lentamente, la sua torcia rivelava tombe e monumenti mentre il terreno melmoso ostacolava ogni suo passo; i suoi occhi scorrevano da una lapide all'altra alla ricerca di qualcosa, guidati dalla luce intermittente della torcia. "È questa" realizzò, fermandosi all'improvviso.
Ne era certa non per via delle incisioni sulla lapide, ma perché il terreno intorno alla tomba era stato evidentemente manomesso. Qualcuno aveva scavato recentemente, non più di qualche giorno, come dimostrato dalla terra smossa e dalle tracce di fango ancora fresco, prima di riempire nuovamente la buca. "Sono stati loro" pensò, realizzando di aver trovato una traccia dei Mukenin e sentendo un brivido di realtà davanti a quella prova tangibile. Finalmente aveva trovato qualche segno del loro passaggio, anche se tutte le informazioni utili ormai erano colate via dal tempo e dalle intemperie.
Un improvviso rumore di passi ruppe il silenzio della notte, seguito a ruota da un altro cono di luce. Maemi alzò lo sguardo, e dall'ombra emerse una figura, avanzando con passo deciso verso di lei. Non ci volle molto alla ragazza per riconoscere chi fosse: la figura era il custode del cimitero. La sua andatura lenta ma sicura, la chiave arrugginita appesa alla cintura e l'abituale torcia che teneva in mano non lasciavano spazio a dubbi.
«Che ci fai qui a quest'ora? Il cimitero è chiuso, vattene!» ringhiò, avanzando verso Maemi. La pioggia gli offuscava la vista, ma si fermò netto vedendo la spada al suo fianco. «Ehi, che diavolo... chi diavolo sei tu?» chiese, la sua voce ora mescolata a cautela. La spada al fianco di Maemi parlava più di mille parole.
La Sp.Jounin non rispose subito, riflettendo sulla tomba manomessa e sul fallimento delle sue ricerche. Il cimitero era il terzo luogo ad essere visitato inutilmente, quella notte. In quel momento di incertezza, con la pioggia che scendeva e il custode sospettoso davanti a lei, Maemi concepì improvvisamente un piano, come se fosse stato suggerito da un'intuizione improvvisa. Un piano sicuramente rischioso, ma era l'unica opzione rimasta, nonostante le sue stesse raccomandazioni di cautela.
Allora si voltò completamente verso il custode, che quasi trasalì. «Chi sono non la riguarda» dichiarò, con tono fermo e autoritario. «E per il suo bene, le consiglio di non immischiarsi».
Mentre pronunciava quelle parole, Maemi avanzò rapidamente, oltrepassando il custode senza degnarlo di un secondo sguardo. Calò il cappuccio più profondamente sulla testa e si allontanò, lasciando dietro di sé il custode immobile nella notte. Doveva tornare alla locanda: il suo nuovo piano prevedeva un'alzata di primo mattino.❋❋❋
Trovare i Mukenin era come cercare un ago in un pagliaio. Di fronte all'impossibilità di rintracciarli rapidamente, restava una sola opzione: lasciare che loro scovassero lei. Tra gli insegnamenti ricevuti dal suo maestro, Maemi aveva imparato una strategia precisa per attirare i suoi avversari nel luogo da lei scelto, facendoli cadere nella trappola senza che si rendessero conto di essere stati scoperti. Così, quando avrebbero fatto la loro mossa, avrebbero trovato Maemi pronta ad accoglierli.❋❋❋
SPOILER (clicca per visualizzare)Henge No Jutsu - Tecnica della Trasformazione
Villaggio: Tutti
Livello: E
Tipo: Ninjutsu
Grazie a questa Tecnica il Ninja potrà assumere l'aspetto d'una qualsiasi persona o oggetto, ma il peso e le dimensioni reali dell'utilizzatore rimarranno invariate e non potrà trasformarsi in nulla di più piccolo di un cucciolo di cane o più grande di un orso.
Siccome la Tecnica non cambia il peso dell'utilizzatore bisogna fare attenzione, ad esempio sarà infatti possibile tramutarsi in uno Shuriken Gigante, ma sarà poi impossibile lanciarlo in assenza di un bonus alla Forza. Eventuali Armi possedute dal Ninja saranno utilizzabili solo se non camuffate tramite questa Tecnica. Questa è considerata la Tecnica di livello E più difficile da apprendere, difatti solo un Genin molto abile sarà capace di replicare alla perfezione l'aspetto di qualcuno, mentre inizialmente sarà possibile ad un occhio attento notare diverse imperfezioni.
La Tecnica si dissolve dopo aver subito un danno lieve e potrà avere una durata massima di cinque Turni o due ore.
Se utilizzata a fini investigativi durante le Missioni, la Tecnica non avrà Consumo.
Consumo: NA
Utsusemi no Jutsu - Tecnica della Manipolazione della Voce
Villaggio: Tutti
Livello: E
Tipo: Ninjutsu
Tramite l'ausilio del Chakra, convogliato nelle corde vocali, sarà possibile per qualunque Ninja modificare la propria voce, facendola assomigliare ad un'altra già udita o semplicemente rendendola irriconoscibile. La Tecnica ha inoltre il vantaggio di poter essere usata come un vero e proprio ventriloquio, facendo sembrare che la propria voce provenga da un punto qualsiasi a scelta dell'utilizzatore in un raggio di venti metri.
Se utilizzata a fini investigativi durante le Missioni, la Tecnica non avrà Consumo.
Consumo: NA
All'alba, la piazza si svegliava sotto i primi raggi di sole, trasformandosi rapidamente nel cuore pulsante della città per il giorno di mercato. Bancarelle colorate sbocciavano come fiori in un prato, offrendo prodotti freschi, artigianato locale e le più svariate mercanzie. Venditori e compratori iniziavano a riempire lo spazio, mescolando le loro voci in un coro vivace che annunciava l'inizio di una giornata di affari e chiacchiere.
Maemi, camuffata sotto le mentite spoglie della locandiera che la ospitava, si muoveva attraverso il mercato con un'andatura leggermente calante, cercando di imitare una camminata un po' difficoltosa. Si guardava attorno circospetta, e quando odocchiò il suo obiettvo si mosse: si avvicinò a una bancarella di tessuti e abbigliamento, i colori vivaci dei tessuti attiravano l'attenzione con la loro promessa di bellezza e qualità. La venditrice, una donna di mezza età con un sorriso accogliente e lineamenti gentili, alzò lo sguardo mentre Maemi si faceva avanti. Riconoscendo immediatamente la figura che kunoichi cercava di impersonare, la signora illuminò il suo viso con un sorriso caloroso. «Ah, Matsuri!» esclamò, come se stesse salutando una vecchia amica. «Mamma mia, quanto tempo! Non vieni mai al mercato, come stai?»
«Ciao anche a te, Echiko» rispose Maemi, con la voce della locandiera. «Non parlarmi di tempo, sembra che mi giri un attimo e via, è già passato un mese».
«Ma davvero! E dimmi, alla fine sei riuscita a parlare con tuo fratello?»
«Purtroppo no» sospirò la kunoichi, abbassando lo sguardo. «E sinceramente non ho proprio la testa per pensarci».
«Oh. Mi sembrava infatti un po' turbata, ma pensavo fosse per tuo fratello... scusa».
«Sai come si dice, i guai non vengono mai da soli. No, in realtà è la locanda mi sta preoccupando ultimamente, soprattutto con l'arrivo di questa straniera, una ragazzina...»
«Una ragazzina? Tutta da sola?» La signora spalancò gli occhi. «Cielo, che coraggio!»
«Te lo dico io, non è una ragazza normale». Maemi si sporse in avanti, abbassando la voce come se temesse di essere ascoltata. «Mi dà i brividi. Sparisce all'alba, torna di notte. Una volta, mentre ripulivo la sua stanza, ho trovato...» e qui la sua voce tremò. «Ho trovato un taccuino pieno di appunti sul caso del Demone di Todoroki!»
«Il Demone?» ripeté subito la signora, fermando subito di armeggiare col tessuto che teneva in mano. «Ancora con quella storia? Che palle!»
«Proprio quello che ho pensato io! Ma questa ragazza ha qualcosa che non va... mi fa paura, chissà chi mi sono portata in casa!»
«Dammi retta, vai dalla polizia!»
Maemi si mordicchiò le labbra. «È che... mi sembra che ci sia dietro qualcuno, come se l'avessero assunta apposta. E come ben sai, sono in pochi ad avere le risorse per ingaggiare dei mercenari. Se mi metto a ficcare il naso negli affari di qualche pezzo grosso, ho il terrore che... be', che possa finire male per me».
«Ma chi pensi che sia, questa qua? Uno shinobi, forse?»
«Non lo so. Potrebbe. Aveva una spada, ma oltre a questo, è sempre stata molto discreta, quasi invisibile. Quando riordino la sua stanza, non c'è mai nulla».
La signora si limitò a fissarla con comprensione e simpatia.
Maemi abbassò ulteriormente la voce, quasi implorando. «Non è che potresti... cercare di scoprire qualcosa per me? Qualsiasi indizio su chi l'abbia ingaggiata. Vorrei solo sapere se posso rivolgermi alla polizia senza rischiare. Sarebbe un grande favore».
«Oh, tesoro, naturalmente! Non devi nemmeno chiederlo. Un po' di chiacchiere qui e là, e avrai le tue risposte. Mano sul cuore!»
Maemi sorrise, di un sorriso che non aveva nulla di finto. «Sapevo di poter contare su di te» rispose. «E più persone sono disposte ad aiutarmi, prima uscirò da questa situazione».❋❋❋
Le voci al mercato non tardano a diffondersi, soprattutto quando a parlarne è la signora Echiko, nota pettegola del paese. Così, racconti su una misteriosa ragazza legata al Demone di Todoroki si sparsero rapidamente tra le bancarelle in una sola mattinata. Nel pomeriggio, si aggiunse la voce che anche il vecchio custode del cimitero aveva incontrato una figura sospetta la notte precedente, vicino alla tomba del demone. Nonostante il crescente mormorio, l'identità di chi potesse aver ingaggiato tale figura rimaneva avvolta nel mistero, alimentando la curiosità e il desiderio di gossip, che a loro volta favorivano la diffusione della storia.SPOILER (clicca per visualizzare).