Missione Maemi Takahashi & Norio Minamoto

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    Missione Maemi Takahashi & Norio Minamoto
    Missione a Servizio di:Kirigakure No Sato & Mercato Nero
    Livello:A
    Esecutori della Missione:Maemi Takahasi & Norio Minamoto
    Mukenin:
    Se ci tieni alla pelle del tuo amico Kenzo, ecco quello che faremo. Voi due batterete ogni angolo della città alla ricerca di notizie sul famoso "Demone di Todoroki". Ricordi quella serie di omicidi e tutte le fesserie che ci giravano intorno? Bene. Voglio sapere quanto di vero c'era in quelle storie; che cosa rendeva quel tizio così pericoloso, e così pazzo. Tutto quanto. Se la fonte di quel potere è qualcosa che può essere rubato, o trasmesso, voglio che lo prendiate e lo portiate da me.
    Non ho altro da aggiungere. Buon divertimento.

    Regolare:
    Ci è giunta voce che la città di Todoroki sia diventata un improvviso punto di interesse per un piccolo gruppo di Mukenin. Temiamo siano alla ricerca di qualcosa, ma la nostra fonte non è riuscita a scoprire di cosa si tratti o perché questi traditori siano così interessati ad averla. Sospettiamo che la ricerca abbia a che fare con una tua precedente missione sul luogo, e per questo abbiamo pensato di inviare te.
    Il tuo compito sarà dirigerti a Todoroki per scoprire quanto più possibile sull'identità di questi Mukenin ed, eventualmente, impedire loro di mettere le mani su quello che cercano. Ci aspettiamo discrezione ed efficienza.
    Buona fortuna.


    Edited by Glustrod - 26/9/2023, 17:23
     
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    oPrKUGW
    Una settimana prima.

    Vennero a prenderlo di notte, quando la luna si nascondeva dietro un banco di nubi passeggere e le onde sciabordavano quiete sulla spiaggia, a pochi passi dalla sua abitazione. Lo svegliarono di soprassalto, facendo un gran trambusto all’interno della catapecchia in cui viveva, e lo afferrarono da sotto le ascelle per trascinarlo di peso fuori dal letto. Uno dei due uomini che lo aveva aggredito puzzava di liquore scadente; ne avvertiva il fetore sul collo ad ogni respiro affrettato del suo rapitore, che gli alitava addosso tenendolo stretto a sé. Nessuno pronunciò una parola, e lui non oppose resistenza. Gli ficcarono in testa un sacco di stoffa grezza, la cui trama era abbastanza fitta da impedirgli di vedere alcunché, complice il buio che imperversava nella baracca. Uscendo, inciampò con i piedi scalzi sul legno decrepito della porta di casa, che a quanto pare avevano sfondato nella premura di piombargli addosso in piena notte, dimenticandosi di bussare. Si augurò che il legno dello stipite non avesse subìto danni eccessivi, o ripararla gli sarebbe costato molto lavoro. Si lasciò condurre nella notte finché non lo gettarono in malo modo all’interno di una carrozza e gli legarono i polsi con una corda. Alla terza svolta perse il senso dell’orientamento e rinunciò a tentare di tracciare il percorso che stavano affrontando: intuiva soltanto che si stessero allontanando dalla periferia ai confini di Todoroki, dove viveva, per avvicinarsi al centro della città. La sua mente non era più acuta come una volta, purtroppo. Sospirando, si lasciò cadere contro lo schienale imbottito. Era comodo, e la carrozza abbastanza grande perché il puzzo dei suoi aggressori non gli arrivasse alle narici anche attraverso il sacco. Chiuse gli occhi, lasciandosi cullare dal dondolio della carrozza sui ciottoli della strada.
    Quando si fermarono, lo fecero scendere dal cocchio a spintoni e lo guidarono lungo un sentiero sconosciuto, tenendolo stretto per le braccia e dandogli strattoni decisi quando occorreva cambiare direzione. Lungo il tragitto si aspettava di ricevere vuote minacce e insulti, giusto per tenerlo buono e instillare in lui maggiore paura, ma nessuno pronunciò nemmeno una parola. Si chiese se era perché si stava mostrando così accomodante, oppure se erano stati istruiti proprio in tal senso, per evitare il più possibile di dare nell’occhio in piena notte. Dopo un pezzo di strada percorso sui ciottoli, i suoi piedi nudi avvertirono il contatto con la nuda terra, che gli si insinuava tra le dita come la sabbia su cui camminava ogni giorno. Una porta si chiuse alle sue spalle, con un rumore sordo e inaspettato, mentre lui percepiva il passaggio dal terriccio ad un pavimento freddo e costruito dall’uomo.
    Lo schiacciarono su una sedia e rimossero il sacco dalla testa. Lui riaprì gli occhi, accecato dalla luce improvvisa dopo tanta oscurità. Aveva ancora i polsi legati, quindi sollevò entrambe le mani per ripararsi il viso dalla luce alogena di un lampadario che penzolava non lontano dalla sua testa. La prima cosa che invase le sue narici fu l’olezzo penetrante di pesce marcio che impregnava l’aria. Ipotizzò di essere finito all’interno di un capanno dove il pesce veniva stoccato, o lavorato, a giudicare dalle postazioni di lavoro poste in lunghe file, che si perdevano nell’ombra a mano a mano che si allontanavano da quell’unica lampada accesa. Nonostante la penombra gli impedisse di farsi un’idea precisa del luogo in cui si trovava, e di quanto fosse grande realmente, sapeva che a Todoroki non c’erano molti posti simili delle dimensioni che stava immaginando. Avrebbe potuto ridurre la lista al massimo a tre o quattro stabilimenti che si occupavano della distribuzione su larga scala del pescato della città, ma non di tutti conosceva i proprietari; ancor meno un motivo per cui uno di questi volesse rapirlo a quel modo.
    Si guardò intorno, scostandosi dalla fronte una lunga ciocca di capelli ingrigiti. Accanto a lui, appostati come due avvoltoi in attesa di avventarsi sul suo cadavere, c’erano gli uomini che lo avevano prelevato dalla sua abitazione. Uno dei due era un bruto dal viso schiacciato e gli occhi porcini, che non gli si staccavano di dosso nemmeno per un istante, come se si aspettasse di vederlo prendere il volo da un momento all’altro. L’altro mostrava due baffetti sottili, un lungo pizzetto intrecciato che gli penzolava dal mento pronunciato e una distesa di capelli lunghi e fini, la cui attaccatura si era ritratta fin oltre la metà del cranio, dando a ciò che restava della sua capigliatura un effetto posticcio. Quest’uomo teneva lo sguardo fisso davanti a sé, all’apparenza senza degnarlo di alcuna attenzione.
    Un colpo secco e terribile rimbombò nel magazzino, echeggiando nella notte e facendolo voltare di scatto. Ne seguì il grido di dolore di un uomo, il quale si trasformò dopo pochi istanti in un lamento piagnucolante. Davanti a lui si trovavano altre due figure. La prima era un uomo che gli dava le spalle, e che reggeva in una mano un martello da lavoro gocciolante di sangue. Anche se da quella posizione non riusciva a distinguerne le fattezze, poteva vederne il petto alzarsi ed abbassarsi nell’esaltazione data da quell’atto brutale. Al di là di quell’individuo si trovava un’altra persona, legata ad una sedia e china sul tavolo che gli era stato posto di fronte. Entrambe le mani erano strette a delle cinghie, in modo tale che rimanessero ben distese sulla superficie del tavolo davanti a lui. Gran parte delle dita erano state prese a martellate ed erano ridotte in uno stato pietoso, un ammasso di carne in poltiglia ed ossa sbriciolate. Piegando le labbra in una smorfia penosa, spostò lo sguardo sul volto di quel poveraccio e si accorse con orrore di riconoscerlo: era Kenzo, un giovinastro del villaggio che cercava di fare fortuna con piccoli furti ed atti criminali di bassa lega, ma finiva spesso per farsi beccare o combinare casini. Se ne stava con la guancia destra appoggiata sul ripiano, piangendo come un disperato. L’altra guancia, quella scoperta, era una ragnatela di tagli profondi su cui avevano inciso una parola nella carne, in finissimi ed intricati kanji: “debitore”. Quando i loro occhi si incrociarono, gli venne un tonfo al cuore che lo fece sobbalzare sulla sedia.
    "Oh, stupido, stupido ragazzo… in che guai ti sei cacciato, stavolta?"


    Chakra: 180
    Condizioni Fisiche: Ottimali
    Condizioni Psicologiche: Preoccupato
    Malus: N/A

     
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    «Parlato Maemi» - "Pensato Maemi" - «Parlato Kenta»

    «Ahi» fece Maemi, irrigidendosi all'improvviso.
    «Ti ho fatto male?» Kenta si sollevò sul fianco con aria preoccupata.
    «No, non tu...» Maemi rialzò un po’ la schiena, cercando invano di strisciare lontano dal fastidio. «Queste dannate radici che sbucano. Sono una rottura».
    «Non ci avevo fatto caso» disse Kenta con un sorriso ironico.
    Aveva cercato di dissimularlo, ma a Maemi non era sfuggito quel barlume fugace di cupezza, come un pensiero sgradevole arrivato e scappato via di gran corsa. La situazione non gli piaceva nemmeno un po', lei lo sapeva. Doversi accontentare sempre dei posti più scomodi e defilati per stare solo con Maemi, quasi fossero dei criminali costretti a nascondere le loro malefatte, era quasi umiliante.
    Quella volta gli era toccato un piccolo spiazzo al centro di una foresta, poco distante dalle mura del Villaggio. Seduti in mezzo ad enormi radici, con lombrichi ad ogni angolo e la terra umida che sporcava e bagnava. L'antitesi del romanticismo. Kenta aveva provato a lamentarsi, ma su quel fronte Maemi era stata fermissima, e, cosa ancora più frustrante, non aveva voluto dare spiegazioni.
    Si assicurava però di ricompensarlo con lunghe e rilassanti sessioni di baci.
    «Immagino» fu la risposta di Maemi, seguita da una risatina. «Allora… dov’eravamo rimasti?»
    «Mi pare che il tuo viso fosse molto più vicino al mio».
    «Ti pare, eh?» Maemi se lo attirò a sé, e lui si tenne in equilibrio sui gomiti. I loro corpi erano così vicini che la kunoichi sentiva il battito del cuore di Kenta attraverso le maglie. Poi lui piegò testa e le prese a baciare la pelle proprio sotto la mascella, e il respiro della ragazza le si bloccò in gola.
    «Non ti sembra strano?» chiese Kenta, scostandosi leggermente.
    «Cosa?»
    «È passato un mese dalla nostra missione assieme...»
    «Di già?» lo interruppe lei, ridacchiando.
    «E ieri mi arriva la lettera d’ammissione all’Esame Sp.Jounin».
    «Ti ho già fatto le mie congratulazioni?»
    Kenta la ignorò. «Mi sono tornate in mente tutte le cose strane che mi avevi chiesto di fare… tipo fingermi a capo della spedizione, lasciarmi escogitare l’imboscata, le dritte sulle intuizioni. Ho quasi l’impressione che fosse tutto un test».
    «Ooooh» continuò a stuzzicarlo Maemi, allungando una mano e iniziando a tracciare col dito i lineamenti duri della sua mascella. «Interessante».
    «Non mi dirai se ci ho preso, vero?»
    «Perché dovrei? Mi piace fare la misteriosa. Mi si addice».
    A quello, Kenta rise. «Questo… sì che è un eufemismo».
    Maemi era pronta a ribattere, ma il ragazzo si chinò a baciarla e lei si dimenticò subito tutto. Continuarono così per svariati minuti, le braccia di lei che gli si intrecciavano intorno al collo e le mani di lui nei suoi capelli a scompigliare la chioma scarlatta. L’aria attorno a loro era immota, il silenzio che fermava tutto.
    Poi Maemi vide un'ombra volare oltre la sua visione periferica, e qualcosa di vivo cadere improvvisamente a pochi centimetri dalla sua testa. La ragazza allontanò bruscamente Kenta da sé, rotolando sul fianco con i muscoli tesi e pronti a fronteggiare l'imprevisto.
    «Ma che...?» si lamentò il ragazzo, ma poi notò anche lui il nuovo arrivo.
    Era un animaletto, una lucertola con degli sporgenti occhi bianchi e il corpo tendente al blu. Portava una stramba imbragatura che custodiva una messaggio arrotolato più volte e ben riposto. Li fissava a moderata distanza, con gli occhioni altezzosi puntati su di loro.
    Maemi saltò in piedi come tirata da una molla, le guance sempre più bollenti mentre si chinava a raccogliere il rotolo legato alla schiena della creaturina. Avvertiva le labbra gonfie e i capelli arruffati. “È del maestro” pensò ancor prima di aprirlo. Il pensiero era angosciante, ma inevitabile. Quelle comunicazioni erano tipiche del Sennin di Kiri.
    E invece, con suo gran stupore, non era lui. «Una convocazione alla Torre del Mizukage!» esclamò, sostituendo velocemente l’imbarazzo con la sorpresa. «Mi vogliono subito a rapporto… per una missione».
    «Missione?» Kenta allungò il collo, visibilmente accigliato. «Da quando convocano in questa maniera?»
    A quello, Maemi non seppe che rispondere. Effettivamente era la prima volta. Girò il foglio per controllare che non ci fosse altro scritto dietro.
    «Nient'altro? Hanno scritto solo quello?»
    «È dell'ansia, quella che percepisco?». Maemi gli scoccò un'occhiata sorpresa. «Guarda che non sei tu a dover andare».
    «È così strano che mi preoccupi per la mia ragazza?»
    Ragazza. Faceva ancora uno strano effetto sentirlo. «Io non sono preoccupata» rispose Maemi, con una scrollata di spalle. Si avvicinò a raccogliere lo zaino e il fodero, poggiati poco distante. «La questione può essere urgente, ma non necessariamente pericolosa. Le due cosa non vanno sempre a braccetto».
    A quello, Kenta non rispose. Invece la guardò con tristezza rimettersi lo zainetto sulle spalle, sistemarsi vestito e capelli per andare via. Il loro… incontro era finito lì. E lei sarebbe probabilmente partita per chissà quanti giorni, lontana da lui e senza possibilità di comunicare. Ammorbidendo la sua espressione, Maemi tese una mano verso di lui e disse: «Vieni qua».
    Kenta si alzò, e in pochi passi le si avvicinò, ancora corrucciato. La kunoichi si alzò sulle punte dei piedi e gli scoccò un lieve bacio, toccandolo solo con le labbra. «Cerco di fare in fretta, d'accordo? Tu pensa ad allenarti per l'Esame».
    «Dimmi che ti mancherò» mormorò lui.
    «Sono troppo orgogliosa per farlo» rise lei, dandogli un piccolo buffetto sulla guancia. «Però ti penserò. Vedrai, non sarà nulla di troppo impegnativo».
    Kenta la fissò ancora per un po', come se non le credesse, poi sospirò. «Spero tu abbia ragione».
    ChakraMentaleMalus/Bonus
    » 240;»Tranquilla;»Nessuno;
    Fisico» Ottimo
    Tripla Borsa
    Armi da LancioAccessori
    Kunai = 10Kunai = 10Fili Metallici = 30 mtFili Metallici = 30 mt
    Shuriken = 20Shuriken = 20Fili Metallici = 30 mtKit Grimaldelli
    Cartabomba = 5Cartabomba fasulla= 5Occhio CiberneticoPillole del Soldato = 3
    Palla Gelo = 5Fumogeni = 5Rotolo di TrasformazioneBinocolo
    Divisa alternativa
    Armi da LancioAccessori
    Senbon = 20Cartabomba = 5Torcia ElettricaRadiolina
    Foderi
    Fodero Minore
    Tanto
    Fodero
    Katana
    Rotoli
    Sigilli d'Evocazione
    DecimaShuriken Maggiore
    Frecce = 30//
    Rotolo Minore
    Shuriken Maggiore
    Doppia Tasca da Coscia
    Shuriken ad Astro = 20
    //
    Abbigliamento
    Coprifronte Kiri
    Parabraccia
    Note
    » Trenta metri di Filo Metallico sono legati ad uno Shuriken Maggiore;
    » Trenta metri di Filo Metallico sono legati a due Shuriken: quindici ciascuno;
    » Venti metri di Filo Metallico sono legati ad un Kunai;
    » Tre Cartebomba sono legate ad altrettanti Kunai;
    » Tre Cartebomba Fasulle sono legate ad altrettanti Kunai;
    » Tre Palle Gelo sono legate ad altrettanti Kunai;
     
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    oPrKUGW
    Con un sospiro, l’uomo con il martello si passò una mano tra i capelli. Indicò Kenzo con l’attrezzo e stirò i muscoli del collo, inclinando la testa di lato con deliberata lentezza.
    «Ancora», ordinò quasi con tedio.
    Dalle ombre alle spalle del ragazzo emerse una giovane donna avvolta in un mantello lacero, che gli si affiancò. Aveva i capelli cortissimi, rasati a zero, ed un’espressione torva scolpita in viso. Nell’occhiata che lanciò a Kenzo, Norio non vi scorse un briciolo di pietà o compassione, e temette per lui. Tuttavia la ragazza estrasse le braccia dalle pieghe del mantello e pose le mani al di sopra di quelle maciullate del ragazzo, senza toccarle. Non erano braccia fatte di carne ed ossa, ma protesi meccaniche intagliate nel legno, molto simili ai componenti utilizzati per la costruzione delle marionette Ninja, nel Paese del Vento. Accorgendosi delle menomazioni che la affliggevano, Norio provò un moto di pietà anche per lei. Dai palmi di legno si irradiò una luce smeraldina, che illuminò dal basso il volto del giovane sotto tortura. Le ossa delle mani di Kenzo si ricomposero, insieme ai tendini e alla carne martoriata che si riformarono intorno alle dita non più piegate in angoli innaturali. Quando la Kunoichi ebbe finito di aggiustare ciò che era danneggiato, delle orribili ferite di cui Norio era stato testimone non v’era più traccia alcuna, come se il ferro di quel martello non fosse mai andato a segno.
    A quel punto, invece di tirare un sospiro di sollievo e darsi una calmata, ringraziando gli dèi per la pietà che gli avevano mostrato, Kenzo prese a tremare più forte di prima e a guardarsi intorno con aria spaurita. La giovane arretrò, scartando di lato, e l’uomo di spalle si fece avanti con passi pesanti.
    «No, vi prego! Basta, per pietà!»
    L’uomo sollevò il martello in alto sopra la testa. Kenzo chiuse gli occhi, incapace di liberarsi dal tavolo per via delle cinghie troppo strette, e chiuse gli occhi, piangendo.
    «Fermo!», gridò Norio, sovrastando i lamenti dell’altro.
    Il braccio del torturatore si bloccò a mezz’aria.
    L’uomo si volse verso di lui, posando sul vecchio i suoi occhi a mandorla, stirati come quelli di una volpe. Una ciocca di capelli brizzolati gli si era appiccicata alla fronte imperlata di sudore e gli penzolava sopra le orbite. Norio si accorse che era privo delle sopracciglia; ciò dava al suo volto un’aria… fredda, artificiale.
    «Signor Minamoto».
    Lo guardò con stupore, come se fosse sorpreso di vederlo.
    «Mi rincresce per le modalità con cui abbiamo dovuto prelevarla, stanotte». Fece una pausa. Rise, senza mai sbattere le palpebre. «Su, sappiamo entrambi che non è vero».
    Lanciò con noncuranza il martello sul tavolo da lavoro lì accanto, dove erano riposti in maniera disordinata altri strumenti di tortura. A giudicare dalla quantità di sangue che ricopriva alcune lame, prima del suo arrivo doveva averne utilizzata più d’una sul povero Kenzo. Prima di dedicare tutta la sua attenzione a Norio, l’uomo si pulì le mani strofinandole sul grembiule da macellaio che indossava. Fece un cenno al tizio con la faccia schiacciata e quello gli allungò una sedia, su cui si sedette girandola al contrario, con lo schienale rivolto verso il vecchio legato. Gli lanciò un’occhiata carica di attesa, alla quale Norio rispose con uno sguardo interrogativo. Spazientito, il tipo allargò le braccia.
    «Non vuole sapere perché siamo qui?»
    «Sì, suppongo di sì».
    «E perché non me lo chiede, allora?»
    Norio fece spallucce. «Perché immagino che ora me lo dirà comunque, anche se non gliel’ho chiesto. Quelli come lei vogliono sempre qualcosa dalla gente come me».
    «Ah sì? Come sarebbero, quelli come me…?» chiese l’altro, sorridendo. Pareva divertito dall’assenza di paura di Norio. Forse perché era convinto di non avere niente da temere da un uomo anziano come lui.
    Minamoto si agitò sulla sedia, raddrizzando la schiena. «Prepotenti, convinti di poter trattare altri uomini come a loro pare e piace».
    «Prepo… prepotenti…».
    Il sorriso dell’uomo si allargò fin quasi alle orecchie, stirando le labbra secche e sottili, ma Norio notò che mal celava un certo nervosismo. Lo vedeva da come si guardava intorno, o da come sbatteva ripetutamente il tallone del sandalo contro una gamba della sedia. Quel tipo sembrava pericoloso, e instabile.
    «Vede, signor Minamoto. Il nostro amico Kenzo, laggiù, mi deve un sacco di soldi. E, siccome mi sono stancato di farmi prendere in giro da uno stronzetto del genere, come vede, l’ho posto di fronte ad una scelta. Una scelta dolorosa». Ridacchiò, come se si fosse ricordato qualcosa di molto divertente, o come se considerasse quella battuta particolarmente simpatica. A Norio, quel tipo dava il voltastomaco. Gli ricordava tutto quello da cui aveva scelto di allontanarsi, dopo una vita… complicata. «Come ultima speranza prima di finire in un sacco sul fondo dell’oceano, mi ha indicato lei».
    Norio lanciò un’occhiataccia a Kenzo, che rispose con uno sguardo supplichevole. Perché lo aveva coinvolto nei suoi casini?
    Stupido ragazzo.
    «Norio, ti prego…», piagnucolò il giovane.
    «SILENZIO!» berciò il suo carceriere, la voce che si innalzava di un paio di ottave. «Gli adulti stanno parlando. Ed e meglio che i bambini tengano chiusa la loro boccaccia, se ci tengono alla lingua».
    Lo sconosciuto riportò la sua attenzione su Norio, che si sentì in dovere di rispondere con una decisa scrollata di spalle.
    «Qualunque sia la cifra di cui stiamo parlando, mi dispiace deluderla, ma non ho quel tipo di denaro. Sono solo un pescatore».
    «Oh, nessuna delusione. Io so esattamente chi è lei, Norio Minamoto», rispose l’altro, puntandogli contro un dito ammonitore. «Nonostante tutti i suoi sforzi per rintanarsi in questo buco di città e vivere come uno straccione qualunque».
    Da qualche parte, le campane della torre dell’orologio rintoccarono tre volte, con una gravità che giungeva a trovarlo come una vecchia amica. Un’amica a lungo sgradita, che tornava a bussare alla sua porta con le nocche imbrattate di sangue rappreso. Dan… Dan… Norio non rispose. Serrò la mandibola e si guardò intorno, soppesando gli individui che lo circondavano. I due picchiatori, la ragazza medico, il pazzo col martello… C’era stato un tempo, forse, in cui sarebbe riuscito a mandarli tutti gambe all’aria e a tagliare la corda senza restarci secco; ma ora… avrebbero fatto fuori il ragazzo prima ancora che fosse riuscito a ricordare come si impastava un Ninjutsu. Sospirò.
    «…Che cosa volete da me, se non il denaro?», chiese, già immaginando la risposta che avrebbe ricevuto.
    L’altro uomo gongolò, dondolandosi in avanti con la sedia. «Voglio che lei svolga un lavoro per me. Una cosetta da niente, ma che permetterebbe sia a lei che al nostro amico di estinguere il debito nei miei confronti. Diciamo un dare per un avere».
    Il vecchio spostò lo sguardo su Kenzo, sulla sua guancia sanguinante e mutilata, sulla muta supplica che zampillava dai suoi occhi bagnati. Stupido ragazzo. Stupido, stupido ragazzo.
    "Yoho yoho… all’arme miei compari…", canticchiò in silenzio, in un muto motivetto che aveva in testa il sapore amaro della bile. "Sul ponte noi leviam le ossa… Il sangue inzozza quei danari, che la luna stanotte è rossa...".
    Annuì, sconfitto, curvando in avanti la schiena, che d’un tratto gli pareva gravata da un fardello insostenibile. Tutto in una volta, si sentiva addosso il peso degli anni che aveva, e l’impossibilità di opporsi a chi pretendeva di comandare la sua vita. Esattamente come quando era un ragazzino. Una vita intera passata a scappare da questo, e non era cambiato niente.
    «D’accordo. Ditemi che cosa devo fare».
    Il torturatore sbatté i palmi delle mani davanti a sé e si rialzò in piedi, entusiasta.
    «Eccellente! Dunque, ecco quello che faremo…»
    Norio sollevò il capo verso il soffitto del magazzino. Attraverso le strette vetrate che camminavano lungo il profilo del tetto, vide una falce di luna fare capolino da un banco di nuvole di passaggio. Se ne andavano via, permettendole di posare il suo pallido sguardo su di lui. Per la prima volta da quando era stato trascinato in quel posto, la notte sembrava un po’ meno buia, vista da laggiù. Sorrise tra sé e sé, amaro. Una volta era solito prendere sul serio quei segni che i suoi compagni spacciavano per presagi. Ma quello che cos’era, se non un invito a danzare con la morte ancora una volta?
    "Che la luna stanotte è rossa…"

    Chakra: 180
    Condizioni Fisiche: Ottimali.
    Condizioni Psicologiche: Rassegnato.
    Malus: N/A

     
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    «Parlato Maemi» - "Pensato Maemi"

    La faccia di Maemi era indecifrabile; nessuno avrebbe potuto dire che aveva appena ricevuto informazioni tanto importanti da farle svoltare la giornata. Camminava in mezzo alle vie di Kiri silenziosa, gli occhi distanti e il volto lievemente accigliato come se fissasse un rompicapo particolarmente complesso.
    Non credeva che avrebbe mai più risentito parlare del Demone di Todoroki, né del suo incarico lì. Le missioni, solitamente, una volta concluse rimanevano sigillate in qualche angolo dell’archivio, e sotterrate per bene nella mente dell’esecutore; dopo non molto tempo sedimentavano come concime, diventando fantasmi di memorie, vissute e rammentate più come racconti esterni piuttosto che spezzoni di vita vissuta. Così andavano le cose, e così era per lei: si prendeva il buono e si lasciava il marcio, cercando di non ruminarci più.
    Per questo motivo, la convocazione di Maemi per quell'urgente missione l'aveva turbata. Erano riemersi con impressionante chiarezza tutti i dettagli riguardanti la faccenda del Demone di Todoroki. Il plico di fotografie con corpi martoriati indegnamente. Una piazzetta distrutta. Sangue. Una scarpetta bianca. La lotta, l'ascia che scuoteva l'aria a pochi centimetri sopra la sua testa, pezzi di vetro che si conficcavano nella carne, il fermacapelli infilzato dietro le scapole...
    La kunoichi aspirò profondamente l'aria, impregnata di pioggia e dell'odore del mare. Era già arrivata nei pressi del porto; che strano, non ricordava nemmeno di aver percorso il tragitto dai cancelli fino a lì.
    Molti dei porti dov'era stata erano vivaci di colori, ma non quello vicino a Kiri: forse era la nebbia a dargli un aspetto lugubre, o era l’acqua sporca, oppure i numerosi marinai barbuti e chiassosi, sparsi qua e là sul ponte. O forse un miscuglio di tutto ciò. Tuttavia era per lei un luogo familiare, e la familiarità dava conforto, sicurezza.
    Maemi si strinse maggiormente nella sua solita mantella, proteggendosi dal vento tagliente che soffiava dal mare. Oltre i i moli di pietra, diverse imbracature si protendevano nelle acque agitate, e là, ondeggiante e rollante, trattenuto dagli ormeggi, c’era il suo traghetto. Ormai conosceva a memoria orari e tratte. Pagò il biglietto, e si imbarcò, mettendosi dietro ad una coppia di shinobi che chiacchierava in tranquillità. Mancava ancora mezz’oretta prima della partenza, e le nubi cariche di pioggia invitavano tutti i passeggeri a rimanere sottocoperta.
    La cabina di Maemi occupava uno spazio ristretto, sotto il ponte di poppa e lei vi si insediò senza badare allo stato della stanza. Ci avrebbe messo tre giorni pieni di navigazione; due in meno della volta precedente, considerando che non era la stagione dei temporali.
    “Ho tutto il tempo del mondo” pensò Maemi, mordicchiando l’estremità della penna. Si era accoccolata sulla cuccetta, la schiena poggiata sulla parete e il fodero accanto a sé. Gli occhi scuri e cupi erano fissi sul foglio di un quadernetto rigato ma immacolato che teneva sulle ginocchia, senza in realtà vederlo. “Se davvero questa storia ha a che fare con il Demone di Todoroki, sarà meglio fare un po’ d’ordine mentale”.
    Tutto era iniziato con gli omicidi. Una lunga serie di morti misteriose, sempre più brutali e macabre ad ogni nuovo conteggio, e con sempre più evidenza di un'azione umana piuttosto che animale. Tutta la città si era paralizzata. Le autorità avevano messo in piedi protezioni e svariate misure di sicurezza quali coprifuoco, controlli serrati e pattugliamenti notturni. Ma nulla era riuscito a fermare l’omicida: iniziava a spargersi la voce che si trattasse di un’entità soprannaturale, un demone o uno spirito maligno. Le pressioni dall’alto avevano costretto le autorità a richiedere l’assistenza di Kiri, e per questo era stata mandata Maemi.
    Per prima cosa, la ragazza si era interfacciata con la polizia, con cui aveva l’ordine di collaborare. Aveva visto le foto degli omicidi. Aveva scoperto che l’ultimo era avvenuto solo pochi giorni prima, e che per la prima volta c’erano dei dispersi. Una donna e sua figlia piccola. Ne era seguito un sopralluogo con la nuova recluta della polizia - Mika, era il suo nome? - dove aveva ispezionato la squallida dimora ormai distrutta dell’ultima vittima; da lì aveva avuto poi l’intuizione di un bosco poco distante, dentro cui potevano essersi rifugiate madre e figlia. Forse erano ancora vive. Forse il marito era riuscito a trattenere l’omicida abbastanza a lungo da permettere a loro di scappare…
    Non era così: la scapretta bianca striata di fango e sangue aveva condotto Maemi ai due cadaveri impiccati e lasciati a marcire da giorni. E poi era comparso lui. L’aspetto del “demone” si era presentato a lei in tutta la sua mostruosità, così anomalo da sembrare innaturale, la voce e le parole così spiacevoli da suonare come unghie sui vetri. L’aveva scossa nel profondo, e sebbene a farne le spese era stato il suo clone, da lì la ragazza aveva optato per un approccio molto cauto. Osservare, apprendere e poi pianificare.
    Idea andata alle ortiche il giorno successivo: in qualche maniera il demone l’aveva seguita, sorprendendola all’interno della locanda in cui alloggiava, nel cuore stesso di Todoroki. Avevano combattutto, lei con la spada e lui con un’ascia pesante, al centro di una piazza con cittadini che sciamavano in preda al panico. Alcuni erano rimasti feriti, e Maemi non sapeva se c’era scappato qualche morto. Non aveva voluto saperlo. Sta di fatto che quella piazzetta finì per essere il luogo in cui tutto ebbe fine: Maemi aveva quasi decapitato il mostro con la sua stessa ascia, causandogli un taglio al collo che lo aveva ammazzato in pochi secondi. Lì aveva avuto modo di notare il fermacapelli infilzato per bene dietro la schiena, e per qualche motivo aveva avvertito una sorta di... sensazione. Nulla che avrebbe mai potuto spiegare con logica. Era ripartita per Kiri il giorno stesso, dopo essere stata ricucita ed aver parlato per l'ultima volta con il capo della polizia.
    La kunoichi fece un elenco puntato di tutti gli avvenimenti più importanti, scoprendo che così riusciva a rievocare maggiori dettagli, aggiungendoli ai suoi appunti. L’imbarcazione si era già mossa quando terminò il lavoro, ma Maemi non se ne curò. Passò altro tempo sempre sulla cuccetta, rileggendo i suoi appunti e mordicchiando a momenti alterni la penna, cercando di cristallizzare le informazioni nella memoria. Infine, quando fu soddisfatta, stracciò il foglio in tanti, piccolissimi pezzetti.
    Non si lasciavano mai prove scritte riguardo una missione. La sua mente era l’unico luogo di cui poteva fidarsi per prepararsi a quanto ancora doveva avvenire.
    ChakraMentaleMalus/Bonus
    » 240;»Inquieta;»Nessuno;
    Fisico» Ottimo
    Tripla Borsa
    Armi da LancioAccessori
    Kunai = 10Kunai = 10Fili Metallici = 30 mtFili Metallici = 30 mt
    Shuriken = 20Shuriken = 20Fili Metallici = 30 mtKit Grimaldelli
    Cartabomba = 5Cartabomba fasulla= 5Occhio CiberneticoPillole del Soldato = 3
    Palla Gelo = 5Fumogeni = 5Rotolo di TrasformazioneBinocolo
    Divisa alternativa
    Armi da LancioAccessori
    Senbon = 20Cartabomba = 5Torcia ElettricaRadiolina
    Foderi
    Fodero Minore
    Tanto
    Fodero
    Katana
    Rotoli
    Sigilli d'Evocazione
    DecimaShuriken Maggiore
    Frecce = 30//
    Rotolo Minore
    Shuriken Maggiore
    Doppia Tasca da Coscia
    Shuriken ad Astro = 20
    //
    Abbigliamento
    Coprifronte Kiri
    Parabraccia
    Note
    » Trenta metri di Filo Metallico sono legati ad uno Shuriken Maggiore;
    » Trenta metri di Filo Metallico sono legati a due Shuriken: quindici ciascuno;
    » Venti metri di Filo Metallico sono legati ad un Kunai;
    » Tre Cartebomba sono legate ad altrettanti Kunai;
    » Tre Cartebomba Fasulle sono legate ad altrettanti Kunai;
    » Tre Palle Gelo sono legate ad altrettanti Kunai;
     
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    oPrKUGW
    Due giorni prima.

    Un refolo di vento attraversò il molo, trasportando nell’aria il profumo salmastro dell’acqua di mare. Giù alla banchina, un gruppo di marinai stava scaricando la stiva di un veliero: ammucchiavano pile di stoffe colorate e sacchi pesanti e rigonfi, contenenti forse granaglie o spezie provenienti dal continente orientale.
    Una sensazione spiacevole strisciò lungo la schiena di Norio; avrebbe riconosciuto ovunque quelle vele color vinaccia e la polena intagliata nella forma di un cigno ad ali spiegate, protese verso il mare aperto. Era l’Ombra della Sera, la sinuosa fregata di Fuyuki, l’Immorale, capace di fendere le onde ad una velocità tale che molti dei vascelli più grandi non avrebbero mai potuto raggiungere, più pesanti e difficili da manovrare com’erano. Era sulla conformazione di quel vascello – e sulla bravura del suo timoniere – che Fuyuki aveva costruito una fortuna come pirata nei mari del Sud.
    Quel palle-mosce aveva un bel coraggio a venire a contrabbandare la sua merce rubata proprio lì, a Todoroki, in pieno giorno. Un simile ardimento non era da lui. Fuyuki era sempre stato un codardo, buono solo a capitalizzare sugli sforzi degli altri o ad attendere il momento giusto per ottenere il risultato migliore con il minimo coinvolgimento da parte dei suoi. Che si spingesse fin lì senza timori era… preoccupante. Chissà se lo Spezzacatene ne era a conoscenza, rifletté Norio, massaggiandosi la barba intrecciata sul mento. O che cosa ne pensava a riguardo. Negli ultimi anni tutta la sua combriccola si era fatta arrogante, superficiale, stupida; avevano perso di vista il fulcro di ciò che facevano, convinti di poter sfruttare forze che invece non andavano disturbate. Ripensando all’ultima, amara conversazione tra lui e Marwan, Norio si incupì e sentì una mano stringerglisi a pugno, le nocche che sbiancavano per la pressione delle dita contro il palmo. Per quel che lo riguardava, quel vecchio pazzo e la sua dannata strega potevano marcire sul fondo dell’oceano, divorati dai pesci e dai fantasmi degli annegati. Ciò che accadeva al largo della costa non era più affar suo.
    «…chio. Ehi, vecchio, dico a te».
    L’uomo sobbalzò, colto alla sprovvista da un picchiettare legnoso sulla superficie del tavolo.
    «Eh?»
    Seduta accanto a lui, appoggiata con i gomiti al ripiano di uno dei tavoli all’esterno del Ragno Rampicante, una delle taverne che si affacciavano sul molo di Todoroki, Reika lo osservava con un sopracciglio sollevato. Con una delle sue mani prostetiche stava tamburellando sul tavolo per attirare la sua attenzione.
    «Sei tra noi o sei ammattito del tutto…?»
    «S-Sì…», balbettò Norio, distogliendo a fatica lo sguardo dalla nave attraccata in lontananza. Da quella distanza non riusciva a riconoscere nessun volto noto. Chi è che faceva parte della sua ciurma…?
    «Perdonami, ragazza. Devo chiederti di ripetere». Allargò le braccia, riservandole un sorriso sardonico. «Abbi pazienza con questo povero vecchio».
    La Kunoichi sospirò. «Stavo dicendo… che negli ultimi giorni non abbiamo fatto il minimo progresso, riguardo a quel dannato demone. Chiedere in giro non è servito a niente».
    L’anziano Shinobi intrecciò le mani dietro la testa e si dondolò all’indietro sulla sedia scricchiolante, restando in equilibrio con la pianta di un sandalo appoggiata alla gamba del tavolo.
    «Temo di sì, mia cara. Forse tutta questa faccenda del “demone” è solo un buco nell’acqua. Niente più che una stupida diceria. Forse… la cosa migliore sarebbe che tu riferissi questo, al tuo capo, e ognuno di noi potrebbe andarsene libero per la sua strada». Con una mano mimò lo svolazzare di un uccello libero nell’aria, che si librava verso l’alto. «Niente più scocciature per nessuno».
    Lei lo fulminò con lo sguardo. «Scordatelo».
    Lanciò un’occhiata in tralice dalla parte opposta del tavolo, dove Kenzo se ne stava rannicchiato in un angolo come un cane bastonato. Sulla guancia sinistra svettavano ancora le incisioni, ora raggrumate in una crosta purulenta, attraverso la quale si poteva ancora distinguere la parola “debitore”. Era l’unica ferita che il loro committente non aveva fatto curare alla ragazza, perché restasse visibile a tutti, come un monito per chi osava cercare di fregarlo.
    «Nonostante i tuoi stupidi tentativi di perdere tempo, vecchio, la pazienza di Furuichi ha un limite. E lasciatelo dire: quell’uomo non è indulgente quanto me».
    Il sorriso di Norio si allargò. Non era riuscito a convincerla, ma fece spallucce tra sé e sé. Valeva comunque la pena tentare. Si diede un’altra dondolata all’indietro, cigolando con la sedia sul legno marcescente del pavimento. Il Ragno Rampicante non era noto per le qualità della sua tappezzeria, per così dire. Ora che ci pensava, in realtà non era noto per niente che fosse neanche lontanamente positivo.
    «Immagino che tu abbia ragione. Non sarebbe saggio far aspettare oltre il nostro comune amico. Non sei d’accordo, Kenzo?»
    Lanciò un’occhiata al ragazzo, che annuì distogliendo lo sguardo più in fretta che poté. Teneva le braccia raccolte al petto, nascondendo le mani nell’incavo delle ascelle. Il poveretto non si era ancora ripreso da quello che gli avevano fatto l’altra notte. Forse non si sarebbe mai ripreso del tutto. Era così che quel cane di Furuichi operava i suoi affari, in quella città? Facendo la voce grossa con chi era troppo stupido per il suo stesso bene…?
    Riportò i suoi occhi stanchi su Reika, accantonando quel pensiero pericoloso. Si schiarì la voce. Non era la sua battaglia, quella.
    «Senti questa, ragazza. Se davvero c’è qualcosa di reale in questa storiaccia del Demone di Todoroki, qualcuno deve averci scritto qualcosa a riguardo, quando quel tipo se ne andava in giro ad accoppare la gente. Se è rimasta qualche traccia, si trova nella biblioteca di questa fogna di città, non credi?»
    Reika allungò un dito meccanico verso Norio, con un clangore ligneo identico agli scatti delle marionette che aveva udito da bambino.
    «Non mi importa quello che fate, o come ci arrivate, purché portiate a termine la vostra missione. Io sono qui solo per assicurarmi che non cerchiate di fregarci, chiaro?»
    Norio si spinse in avanti, facendo sbattere la sedia a terra con le gambe anteriori. Simulò un brivido che gli correva lungo la schiena, alzandosi in piedi in uno svolazzo della tunica lisa.
    «Lo senti questo freddo, eh, Kenzo? Sembra che le maglie della nostra carceriera non accennino ad allentarsi. Ma almeno possiamo smetterla di giocare e metterci a fare i pagliacci sul serio. Che spettacolo sarebbe, altrimenti?» Diede un colpo sul tavolo con il palmo della mano, scatenando un tintinnio di bracciali e monili. Il giovane Kenzo sobbalzò sulla seggiola, rischiando di perdere l'equilibrio e cadere di lato. «In piedi, ragazzo! Abbiamo un lavoro da fare».

    Chakra: 180
    Condizioni Fisiche: Ottimali.
    Condizioni Psicologiche: Pensieroso.
    Malus: N/A

     
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    «Parlato Maemi» - "Pensato Maemi"

    Il mare era calmo, liscio come l'olio, e soffiava una brezza leggera. Le tonalità rosso-aranciate della prima luce disegnavano il profilo della costa a levante, alta e sovrastante. A Maemi sembrò il mattino più bello del mondo, ma non per la bellezza paesaggistica: semplicemente, non vedeva l’ora di terminare quel supplizio via mare.
    Todoroki era una città particolare, divisa su due importanti livelli: la zona abitata vera e propria si ergeva sulla cresta di una falesia alta e ripida, che torreggiava e quasi riparava il porto scavato alla base. Maemi la ricordava bene. Osservò con cura il traghetto addentrarsi nello stretto corridoio tra due promontori sporgenti, che cingevano il litorale dalla stretta forma a C. Era una punto particolarmente insidioso, l’acqua poco profonda piena di scogli, e notizie di incidenti ricoprivano quasi quotidianamente i giornaletti locali.
    Il porto era collocato nella parte bassa, al livello del mare; un insieme di fabbricati industriali, qualche locanda di poco conto e null’altro degno di nota che si stringevano nel poco spazio tra i gradoni rocciosi ed una spiaggia sassosa, poco invitante. Una sezione puramente logistica, pensò Maemi camminandoci nel mezzo. Troppo piccola per grandi e splendenti costruzioni, la baia offriva quel tanto che bastava da rifilarci sedi di stoccaggio per le spedizioni via mare. Ma era solo una pallida impressione di Todoroki, un biglietto da visita brutto ed incolore.
    A più di trenta metri sopra il porto, spalmata su ampie colline, la reale città era un agglomerato di edifici quasi tutti a più piani, con lunghe tettoie e molte balconate richiuse che le faceva sembrare più ciccione. Era particolarmente curata e pulita, tutto disposto con precisione studiata; si otteneva l'accesso risalendo delle venature scavate nella roccia, umidi antri semi riparati che facevano zigzag fino a raggiungere la cima della falesia.
    Non stava piovendo, ma le nubi scure e cariche di pioggia presagivano una giornata temporalesca. Maemi si calò ancora di più il mantello in testa, infilandoci per bene le ciocche di capelli rossi. Non c'era molta gente in giro di prima mattina, ma preferiva non mostrarsi a volto scoperto. Si era chiesta più volte quale sarebbe dovuta essere la sua prima mossa una volta sbarcata. Non aveva molte informazioni su chi stesse ficcanasando in giro per la città, e l’unico punto di partenza per Maemi era quella possibile, vaga connessione con il Demone di Todoroki. Sarebbe dovuta partire da lì... e da una persona che era stata direttamente coinvolta nella sua precedente missione.

    ❋❋❋

    Mujin Meisai - Manto senza Polvere
    24wXpij
    Villaggio: Tutti
    Livello: B
    Tipo: Ninjutsu
    Tramite questa Tecnica Suiton, che non necessita di Sigilli, l'utilizzatore infonderà di Chakra le particelle di vapore acqueo intorno al proprio corpo, in modo da deflettere la luce solare e rendersi invisibile all'occhio nudo, dopo un paio di secondi di preparazione. Questa Tecnica permetterà all'utilizzatore non solo di diventare perfettamente invisibile e di non produrre alcuna ombra, ma addirittura di rendere inefficaci Jutsu percettivi e di natura sensoriale. Le particelle di vapore intrise di Chakra schermeranno odori e suoni emessi dall'utilizzatore, sarà però possibile creare rumori esterni, come muovere delle frasche o far cadere oggetti, che potranno essere individuati. Tutto ciò ha effetto solo contro Jutsu di livello B o inferiore, ma sarà comunque possibile essere individuati per mezzo di Doujutsu capaci di vedere il Chakra. Se si possiede la capacità di Schermatizzazione, sarà possibile utilizzarla in combinazione con questa Tecnica per schermare completamente il proprio Chakra ed essere così invisibili anche ai Doujutsu, oltre che a qualsiasi tecnica percettiva o sensoriale di livello superiore. Durante la Tecnica non è possibile utilizzare alcun Jutsu, neanche A Turno, né sferrare alcun attacco di qualsiasi tipo, poiché un eventuale movimento violento comporterà la dissoluzione delle particelle di vapore acqueo e la conseguente cessazione del Jutsu.
    Se utilizzata a fini investigativi durante le Missioni, la Tecnica non avrà Consumo.
    Consumo: NA

    Non c’era una vera ragione per entrare così di soppiatto, si rese conto la kunoichi. Doveva essere solo l’abitudine. Ma ormai il suo corpo era stato ricoperto di Chakra, schermato agli occhi del mondo, e stava risalendo la parete color mattone della stazione di polizia. Aveva fatto un giro perlustrativo attorno all'edificio, cercando di ricordare il tragitto compiuto dall’interno e calcolando quale, tra le tante finestre, fosse quella che si affacciasse all’ufficio del capo. Le bastò un’occhiata per capire di aver puntato alla finestra sbagliata; magari era il lato opposto, ma il piano doveva essere giusto. Si diresse allora verso la finestra sulla sinistra, che era pure aperta. “Bingo” pensò, riconoscendo immediatamente il bellissimo tappeto al centro sala. Allora con un movimento unico e fluido si infilò all'interno, prima di testa e poi di gambe, aggrappandosi al pannello per darsi stabilità ed evitare ogni genere di rumore esterno.
    La stanza era vuota, ma illuminata. La kunoichi di Kiri si diede una veloce occhiata in giro, riconoscendo la disposizione dei mobili e la bella poltrona imbottita; vi si avvicinò lentamente. Dal modo in cui la scrivania era disordinata e il resto dell’ambiente perfettamente intonso, di capiva che chi ripuliva la stanza non toccava la sacra postazione da lavoro. Maemi vi si avvicinò ed allungò il collo: moduli di denuncia, dossier, rapporti e verbali vari. Ad un’occhiata distratta non c’era nulla di pressatamente urgente.
    Aspettò il signor Kamiya per una decina di minuti, finché la porta si spalancò e rivelò l’omaccione con spessi baffi e gli occhi sporgenti e un po’ giallognoli, una mano stretta attorno ad un’alta tazza di tè fumante e sottobraccio il quotidiano locale. Erano le otto e mezza di mattina.
    Maemi, sempre invisibile, si avvicinò alla porta, che a seguito del pigro colpetto del Capo della Polizia si era solo accostata all’uscio. Con un leggero, quasi inudibile gesto, la kunoichi spinse la porta affinché si chiudesse definitivamente. Il click che ne conseguì fu soffocato dal rumore della sedia che strusciava, e subito dopo essersi seduto il signor Kamiya si lasciò andare ad un sonoro sospiro, di quelli che le persone farebbero solo se convinte di essere sole. Per un lungo momento, Maemi si limitò ad osservarlo: palesarsi così di botto gli avrebbe provocato un coccolone? Era vecchio, ma nemmeno troppo, e inoltre doveva essere stato un uomo d’azione. Il sangue freddo da non urlare come una donnicciola isterica avrebbe dovuto avercelo.
    Alla fine si voltò di lato, poggiando la schiena sulla porta. Non si poteva chiudere a chiave, ma con la pressione che poteva mettere la kunoichi nessuno sarebbe stato in grado di aprirla. Dopodiché, a braccia conserte e una caviglia accavallata all’altra in una posa rilassata, Maemi rilasciò il Chakra affinché tornasse mano a mano visibile. «Buongiorno, signor Kamiya».
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    oPrKUGW
    Un giorno prima.

    La pioggia cadeva a dirotto. Illuminato dalla pallida luce di una lampada ad olio appesa ad un paletto di legno piantato a terra, Kenzo era impantanato nel fango, sul fondo di una fossa scavata con estrema difficoltà sotto i colpi di una pioggia incessante. Il temporale rendeva il suolo una fanghiglia scivolosa su cui era quasi impossibile anche solo restare in equilibrio, figurarsi giocare a fare i profanatori di tombe nella notte. Il giovane si asciugò l’acqua che gli colava sugli occhi con una mano sporca di fango. Riprendendo fiato, volse il capo verso l’alto, al di sopra della buca profonda ormai quasi due metri. Il rombo di un tuono squarciò l’aria; la lampada ondeggiò più forte, gettando ombre danzanti sulle pareti di terra scavata.
    «Si può sapere perché devo essere io a scavare?», gridò, per farsi sentire al di sopra della pioggia e del vento.
    Comodamente appoggiato ad una lapide senza nome proprio accanto alla fossa, Norio rivolse al ragazzo un sorriso sornione. Accanto a lui, avvolta nel suo zuppo mantello cencioso, Reika li osservava entrambi con sguardo torvo.
    «Perché lei è antipatica, ed io sono troppo vecchio per queste cose!», rispose l’anziano Mukenin altrettanto forte.
    Lanciò un’occhiata alla Kunoichi con la coda dell’occhio: inzuppata d’acqua com’era, con ciocche di capelli bagnati incollate al viso ed il trucco pesante che le colava lungo le guance, come due lunghe lacrime scure e frastagliate, non sembrava che si stesse godendo particolarmente quella loro scampagnata notturna. Norio si aggiustò il cappuccio della tunica sulla testa e celò la sua espressione alla sua riluttante compagna di viaggio. Quanto sarebbe stato semplice gettarla di sotto, e seppellirla viva insieme al ragazzo… avrebbe rimosso in un colpo solo tutti i suoi problemi e sarebbe stato pronto per ricominciare da capo un’altra volta, in qualche altro angolo sperduto del mondo.
    Scacciò quel pensiero con un brivido. Non era più quella persona, ormai da molto tempo.
    Riportò lo sguardo sulla pala che affondava nella melma e si faceva strada in quel pantano putrido, un penoso affondo alla volta. Dai ritagli di giornale archiviati in qualche anfratto polveroso della biblioteca cittadina, avevano scoperto che il cosiddetto “demone”, in realtà, era stato un semplice Mukenin della Pioggia, ingaggiato da un delinquentello locale per danneggiare un suo rivale, che ad un certo punto era impazzito ed aveva cominciato ad affettare chiunque gli capitasse a tiro. Questo finché dalla Nebbia non avevano inviato qualcuno per farlo fuori, ponendo fine alla serie di omicidi con la morte del Demone stesso. Per come la vedeva lui, tutto ciò che era venuto dopo – i racconti, le superstizioni – non erano altro che esagerazioni frutto del terrore in cui la città aveva vissuto in quei giorni. Non c’era niente di demoniaco nell’essere che stavano per riesumare, e presto ne avrebbero avuto una prova inconfutabile. Una volta appurato che il corpo era stato seppellito laggiù, nel cimitero ai margini della città alta, era bastata qualche moneta per convincere il guardiano a rivelare loro in quale lotto di terra andare a scavare. Lo avevano sotterrato ai piedi di un’anonima lapide senza nome, identica a quella di molte altre sepolture che la circondavano per decine di metri. Norio lo trovava un modo singolare di condannare qualcuno all’oblio, quando avrebbero potuto semplicemente bruciare il corpo, se davvero erano così terrorizzati da quel “demone”. Quell’elemento non faceva che rinsaldare la sua convinzione che all’interno della bara non avrebbero trovato niente fuori dall’ordinario, checché ne pensasse quel cane di Furuichi. Ma meglio così, in fondo: prima la sua galoppina si fosse fatta persuasa della verità, prima lui e Kenzo avrebbero potuto levare le tende e lasciarsi alle spalle tutto quel casino.
    Mentre Norio ragionava su ciò che li attendeva, dal fondo della buca Kenzo smise di scavare. Diede un paio di colpi al terreno con la punta della lama, ma questa non affondò, nonostante il suolo morbido e cedevole.
    "Ci siamo", pensò il vecchio, illuminandosi.
    «Credo di averla trovata!», fece il ragazzo, compiendo ampi gesti per richiamare l’attenzione.
    «Meraviglioso».
    Il vecchio e la Kunoichi aspettarono ancora qualche minuto, finché la bara non emerse dal terreno almeno quel tanto che bastava da poterla scoperchiare. Con deliberata lentezza, Norio compose una serie di Sigilli magici e si inginocchiò a terra. Affondò una mano nell’erba bagnata e, dopo qualche istante, il suolo rispose al suo comando. Il fluire del Chakra lungo le membra era elettrizzante come lo ricordava. Esaltante ma, al contempo, foriero di un turbamento che conosceva fin troppo bene. Il terreno tremò e, con uno scatto repentino, l’intera porzione di terra su cui si trovava Kenzo schizzò verso l’alto, raggiungendo il livello su cui si trovavano lui e Reika.
    Doton: Chidōkaku - Spostamento nel Centro della Terra
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    Livello: B
    Tipo: Ninjutsu
    Una volta eseguiti i Sigilli opportuni e appoggiata una mano sul terreno, sarà possibile smuovere la terra entro un raggio di cinquanta metri. Più precisamente sarà possibile spostare cento metri cubi di terreno verso l'alto o verso il basso. Questo vuol dire che si potrà, ad esempio, creare una trincea lunga cento metri e profonda e larga uno, far sprofondare di dieci metri una superficie di terreno pari a dieci metri quadri e simili. Al tempo stesso si potrà fare il procedimento inverso, ovvero creare un muro alto due metri, largo uno e lungo cinquanta oppure alzare di dieci metri una porzione di terreno dalla superficie di dieci metri quadrati. Gli unici limiti di questa Tecnica sono che non si potrà alzare ed abbassare contemporaneamente il terreno e che le zone smosse dovranno essere a contatto fra di loro. Un eventuale muro così creato sarà però molto fragile e basterà una tecnica di livello C per abbatterlo. Lo spostamento del terreno, in qualsiasi direzione e forma, avverrà a velocità altissima.
    Se utilizzata a fini investigativi durante le Missioni, la Tecnica non avrà Consumo.
    Il numero di metri cubi da spostare potrà aumentare con un'ulteriore spesa di Chakra, pari a cinquanta metri cubi ogni quattro punti Chakra spesi in più oltre a quelli richiesti dalla tecnica.

    Consumo: 8

    Kenzo allargò le braccia per non perdere l’equilibrio. Quando il terreno si fu riassestato, gettò via la pala con stizza.
    «Non potevi farlo subito, se eri capace di una cosa del genere!?»
    «Non essere sciocco, ragazzo», rispose il Mukenin, smorzando i toni con un gesto della mano. «Come potevo sapere in quale punto esatto si trovasse la bara? E poi, te la stavi cavando così bene che interromperti era quasi un peccato».
    Il ragazzo grugnì, sputando a terra di lato. «Stupido vecchio…»
    «Uno stupido vecchio a cui devi la vita, non dimenticarlo…», canticchiò Norio, avvicinandosi con bramosia alla bara di legno, che spiccava dal terreno accanto a loro come se qualcuno avesse tentato di seppellirla in tutta fretta, e vi avesse rinunciato alla prima difficoltà. Reika si fece avanti, schioccando le dita lignee davanti al naso di Kenzo.
    «La pala. Subito».
    Il giovane balbettò qualcosa in risposta, ma le parole si persero nella furia del temporale. Abbassò il capo, come un cane abituato ad essere bastonato da un padrone violento, e si affrettò a recuperare l’attrezzo da cui si era separato troppo in fretta. Lei lo usò per fare leva sul coperchio della cassa e, con un affondo a cui aggiunse tutto il peso del proprio corpo, l’aprì. Nonostante l’aria carica dell’odore di pioggia, in pochi istanti si diffuse il tanfo insopportabile di morte e decomposizione. Norio conosceva fin troppo bene l’odore dolciastro che emanava un cadavere, simile all’olezzo del pesce marcio abbandonato sulle banchine a fine giornata, per gli animali e i disperati. Si coprì il volto con una manica della tunica e con la mano libera aiutò la ragazza a spostare il coperchio della bara, che fecero cadere lì accanto con un tonfo sordo. Trattenendo il respiro, allungò il collo per dare un’occhiata all’interno.
    «Beh, che mi venga un colpo».

    Chakra: 180-8= 172
    Condizioni Fisiche: Ottimali.
    Condizioni Psicologiche: Pensieroso.
    Malus: N/A

     
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    «Parlato Maemi» - "Pensato Maemi" - «Parlato Kamiya»

    «Buongiorno, signor Kamiya».
    Il buon vecchio Kamiya, che proprio in quel momento stava sorseggiando il suo tè, lo sputò tutto su un documento rilegato dall'aria importante. «Ma che diamine…?» riuscì a tossicchiare tra un sputacchio e l'altro, la voce strozzata e il viso paonazzo.
    Maemi si ritrovò a soffocare una risatina. «Animo, buon signore, animo. Non vorrei ritrovarmi sulla prima pagina di domani per averla accidentalmente ammazzata con del tè». La kunoichi era ancora poggiata alla porta, le braccia conserte e una caviglia accavallata sopra l'altra; osservò il suo interlocutore con curiosità, inclinando lievemente la testa. «Mi riconosce? È passato un po’ tempo dall’ultima volta che ci siamo visti».
    Gli occhi sbarrati del signor Kamiya erano fissi su di lei, il corpo immobile come se avesse visto un fantasma. «La… Chuunin di Kiri che avevamo ingaggiato. Takahashi, mi sembra?»
    «Sp.Jounin, adesso. Per quel che vale. Complimenti per la memoria».
    «Ma che...» si guardò intorno, spaesato. «Che diavolo ci fai qui? E da dove... da dove sei sbucata?»
    «Mi sono teletrasportata direttamente da Kiri. No, non è vero» si corresse subito, notando il Capo della Polizia impallidire. «Però si faccia due risate, perché tra poco troverà ben poco di cui divertirsi».
    «Non sto capendo. Nessuno mi ha notificato dell'arrivo di uno Shinobi della Nebbia, anzi, non aspettiamo proprio nessun Shinobi, da nessun posto!»
    «A quanto pare però ne ospitate qualcuno, e di poco raccomandabile».
    Il signore la fissò, cercando di capire se lo stesse prendendo in giro di nuovo. «Che stai farneticando?»
    «Oh, mi scusi. Dimentico che lei non è al corrente». La ragazza raddrizzò un po' meglio la postura, facendosi più composta. «E non ne è al corrente perché sono informazioni sottobanco del Villaggio della Nebbia. Informazioni classificate».
    «Classificate?» ripeté lui. «Se sono classificate non me ne potresti parlare. A meno che non sei qui per mettermi definitivamente a tacere...»
    «Be', allora il té stava già facendo un lavoro migliore del mio» scherzò lei, imbevendo la frase di sarcasmo. Scosse la testa come a voler scacciar via qualche pensiero di troppo, e quando rialzò lo sguardo il suo volto si era indurito. «Sono in missione per conto del mio Villaggio, e non sotto richiesta del Paese del Tè. Nessun altro sa che sono arrivata qui stamattina, e nessuno lo deve sapere. Mi mi sono rivolta a lei perché penso che abbiamo collaborato bene in passato, e possiamo farlo di nuovo. Dopotutto, i nostri interessi sono allineati».
    «Ci sono dei criminali qui a Todoroki» concluse il signore, la voce greve. Non era una domanda. «È questo di cui parlavi prima, vero? E sono criminali che interessano a Kiri».
    A quello, Maemi non rispose. L'insinuazione del signore non era senza fondamenti - dopotutto, era un po' strano che Kiri si tuffasse con tale celerità in affari ambigui e riguardanti altri Paesi - e lei sapeva che spesso delle banali missioni nascondevano un iceberg di segreti dietro. Segreti sporchi che però l'esecutore non era minimamente a conoscenza. «Criminali che nel Paese del Tè non devono stare» rispose infine, accantonando le sue congetture impossibili da comprovare. «Sappiamo anche che eravate completamente all'oscuro della loro presenza».
    Il pensiero non sembrò far felice il capo della Polizia. La guardò severamente, strofinandosi le mani con fare preoccupato. «Già mi inquieta pensare che ci siano dei Mukenin dentro la mia città, ma che non sospettassimo assolutamente nulla mi fa drizzare i capelli sulla nuca». Si levò gli occhiali, e iniziò a stropicciarsi gli occhi con un sospiro stanco. «Il sindaco monterà su un casino. Non è un tipo molto ortodosso, vorrà la mia testa appena lo verrà a sapere...»
    «Aspetti, cosa?» lo interruppe bruscamente Maemi, sciogliendo le braccia conserte e staccando la schiena dalla porta, quasi dimenticandosi che lo stava facendo per bloccarla. «Chi è che vorrebbe informare? No, mi spiace, forse non ci siamo capiti: se avessi voluto coinvolgere il sindaco, sarei andata direttamente da lui».
    Il capo della polizia rise, una risata profonda da presa in giro, e Maemi si sentì avvampare di indignazione. «E tu credi che io, un pubblico ufficiale, possa tenere segreta una cosa del genere ai miei superiori?» la accusò tra le risate, puntandole contro un'asta degli occhiali. «Unità pericolose sul suolo cittadino, in mezzo ai nostri abitanti, e il Capo della Polizia non avverte nemmeno le istituzioni di competenza?» scosse la testa con incredulità. «Non so come funziona da voi della Nebbia, ma qui una cosa del genere rasenta il tradimento».
    «Le probabilità che un segreto venga rivelato è proporzionale al quadrato del numero di persone che ne sono al corrente» insistette Maemi, sentendo il disappunto crescerle esponenzialmente dentro lo stomaco . «Faccia lei i calcoli. E questi sono Mukenin, probabilmente pericolosi. Non mi arrischierei ad allertarli».
    «Finché non abbiamo qualcosa in più di semplici chiacchiere classificate, o non sappiamo che diavolo vogliono dalla mia città...».
    Maemi non lo fece continuare: una mano si strinse a pugno sul fianco e lo sbatté contro la porta in un colpo fragoroso, tanto assordante che fece sobbalzare il vecchio sulla sedia. Per un flebile secondo regnò un silenzio stupito, l'aria immota e in attesa.
    Gli occhi blu di Maemi erano infiammati di collera, mossi da un fuoco che pareva arderla da dentro. «Sono qui per il Demone di Todoroki» disse a denti stretti. «Adesso si degnerà di darmi ascolto?»
    ChakraMentaleMalus/Bonus
    » 240;»Irata;»Nessuno;
    Fisico» Ottimo
    Tripla Borsa
    Armi da LancioAccessori
    Kunai = 10Kunai = 10Fili Metallici = 30 mtFili Metallici = 30 mt
    Shuriken = 20Shuriken = 20Fili Metallici = 30 mtKit Grimaldelli
    Cartabomba = 5Cartabomba fasulla= 5Occhio CiberneticoPillole del Soldato = 3
    Palla Gelo = 5Fumogeni = 5Rotolo di TrasformazioneBinocolo
    Divisa alternativa
    Armi da LancioAccessori
    Senbon = 20Cartabomba = 5Torcia ElettricaRadiolina
    Foderi
    Fodero Minore
    Tanto
    Fodero
    Katana
    Rotoli
    Sigilli d'Evocazione
    DecimaShuriken Maggiore
    Frecce = 30//
    Rotolo Minore
    Shuriken Maggiore
    Doppia Tasca da Coscia
    Shuriken ad Astro = 20
    //
    Abbigliamento
    Coprifronte Kiri
    Parabraccia
    Note
    » Trenta metri di Filo Metallico sono legati ad uno Shuriken Maggiore;
    » Trenta metri di Filo Metallico sono legati a due Shuriken: quindici ciascuno;
    » Venti metri di Filo Metallico sono legati ad un Kunai;
    » Tre Cartebomba sono legate ad altrettanti Kunai;
    » Tre Cartebomba Fasulle sono legate ad altrettanti Kunai;
    » Tre Palle Gelo sono legate ad altrettanti Kunai;
     
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    oPrKUGW
    Il demone sepolto altro non era che un semplice essere umano. Con la pelle tirata e mummificata, gli abiti flosci su un corpo in avanzato stato di decomposizione che lo rendeva quasi irriconoscibile, ma… normale. Niente corna, artigli o una qualunque delle mostruosità che si raccontavano nelle storie e nelle chiacchiere da taverna. Solo un morto come tanti, gettato in una tomba senza nome perché il mondo si dimenticasse di lui il più in fretta possibile.
    Norio si ritrasse dalla bara, arricciandosi i lunghi baffi ingrigiti. Un gesto inutile sotto a quell’acquazzone, ma che nel suo automatismo aiutava a rilassarlo.
    «Sembra che purtroppo avessi ragione, amici miei».
    «Non sono tua amica», puntualizzò Reika.
    Il vecchio fece spallucce, fingendo di non averla sentita. Indicò il cadavere riesumato con un ampio gesto della mano. «Pare che il nostro Demone di Todoroki fosse tutta una montatura».
    «È troppo presto per dirlo. Prima voglio osservare il corpo più da vicino. Non sotto questa dannata pioggia, però». La donna si guardò intorno in mezzo al temporale, schermandosi gli occhi con le mani meccaniche, finché non individuò un sepolcro di pietra poco lontano. «Laggiù. Aiutatemi a spostare quest’affare. Al mio tre: uno, due…»
    «Ah…»
    «Ah».
    «Attento a dove metti i piedi, vecchio».
    «Scusate, colpa mia. Questo fango è molto sciv—»
    «Ah!»
    «Si può sapere dove stavi andando, idiota!? Dobbiamo andare dall’altra parte
    «C-chiedo scusa, signora…»
    «Non me ne faccio niente delle tue scuse. Se la fai cadere un’altra volta, ti ammazzo».
    «Suvvia, mia cara, non mi sembra il caso di…»
    «Chiudete il becco, tutti e due! Fate quello che vi dico e basta. Questo stronzo pesa una tonnellata anche da morto».
    Reika diede un calcio al cancelletto che delimitava il perimetro del mausoleo, sfondando il lucchetto che lo teneva sigillato con una catena. Con fatica, si ritirarono all’interno dell’edificio chiudendosi il pesante portone alle spalle, dopo aver lasciato a terra la bara sporca di fango. Abbassando il cappuccio, ora che finalmente erano tornati all’asciutto, Norio si prese un istante per guardarsi intorno. Il sepolcro aveva una forma ottagonale ed era stato costruito in uno stile austero, spoglio, privo di qualsivoglia decorazione sulle pareti di pietra. Era stato costruito per ospitare un singolo defunto, posto al centro della sala all’interno di un sarcofago di pietra, su un piano rialzato da alcuni gradini. Il coperchio era illuminato dalla luce dei lampi, che penetrava all’interno da una vetrata circolare installata sul soffitto. Lì dentro, i rumori del temporale sembravano soltanto i ringhi soffocati di un cielo arrabbiato, ma lontano. Chissà se al silenzioso abitante di quel posto importava qualcosa della loro barbara intrusione nel luogo del suo eterno riposo.
    «È morto per causa violenta», grugnì Reika.
    Norio staccò gli occhi dalla vetrata e dalla danza di luci che traspariva all’interno delle nubi cariche di pioggia. La ragazza era piegata sulla bara, protesa in avanti per esaminare il corpo più da vicino. Con la coda dell’occhio notò invece Kenzo, tremolante per il freddo, lanciare occhiate nervose verso l’esterno da una fessura che aveva aperto nella porta. Lo ignorò, decidendo invece di avvicinarsi alla giovane.
    «È compatibile con ciò che dicono i rapporti. È morto combattendo un Ninja della Nebbia».
    «Ha subìto un lungo taglio che copre la spalla e il collo, qui», spiegò la Kunoichi, indicando i resti della ferita con la mano di legno. «Ma credo che la causa della morte sia stata questa qui, dall’altra parte».
    Con il dito passò vicino ad un secondo taglio nel collo, più profondo, inferto dal lato opposto rispetto alla prima ferita che avevano esaminato. Doveva essere stato un bastardo ostinato, se erano serviti più colpi del genere per mandarlo all’altro mondo. Norio emise un basso fischio.
    «…C’è altro che puoi scoprire che può interessarci?»
    «Con gli strumenti che ho a disposizione, non lo so. Ti interessa sapere qual è stato il suo ultimo pasto prima di morire?»
    «No, lasciamo perdere…», commentò Norio, lisciandosi la tunica sul ventre. «Un momento: non puoi, diciamo, “risvegliarlo” dalla morte per fargli qualche domanda?»
    «Che intendi dire?»
    «Una volta ho conosciuto un Ninja Medico in grado di far resuscitare i morti», rispose l’anziano Mukenin, lanciando una fugace occhiata al cadavere nella cassa. Prima di rispondere, pareva aver esitato un momento. «O almeno questo è quello che diceva lui».
    Reika fece una smorfia. «Quella non è Arte Medica. Se quello che dici è vero, di certo si trattava di una Tecnica molto più… oscura, per così dire. Oppure raccontava cazzate. L’hai mai visto farlo?»
    «Beh… no». Lei gli lanciò un’occhiata eloquente. Norio sorrise. «Anzi, sai che ti dico? Lascia stare. Ora che mi ci fai pensare, quel tipo era un vero idiota. Probabilmente erano solo frottole, raccontate dopo una bottiglia di troppo».
    Distolse lo sguardo, scacciando il pensiero delle armate dei morti che invadevano la costa, risalendo dal mare al calare del sole. Per un istante, i suoi occhi furono illuminati dal bagliore delle fiaccole e delle lingue di fuoco che avvampavano dalle case in fiamme. Lo Spezzacatene se ne stava con i piedi affondati nella sabbia, sordo alle grida che provenivano dal villaggio. Una figura avvolta in un lungo abito ammantato di conchiglie gli si avvicinò.
    «Quindi… che si fa adesso?»
    Norio trasalì. Si accorse che Kenzo aveva abbandonato la sua postazione accanto alla porta e gli si era affiancato. Li guardava entrambi in attesa di una risposta, cercando di tenere il più possibile fuori dal suo campo visivo il corpo all’interno della bara scoperchiata. La ferita sulla guancia continuava ad avere un aspetto orribile.
    Il vecchio si schiarì la voce, cercando di dissimulare il suo disagio. «Dunque… direi che questo dipende dalla nostra amica».
    «Io non—»
    «Lo so, lo so», la interruppe lui, sollevando una mano. «Ho capito, non siamo una squadra. Ma forse potresti aiutarci a concludere le tristi avventure della nostra sfortunata combriccola, sì?» Si appoggiò alla cassa con un gomito, arricciando le narici per il fetore. Fece finta di non sentirlo, sfoderando invece un sorriso sornione. «Dunque: questo cadavere appartiene o no ad un demone?»
    Reika incrociò le braccia al di sotto del poncio fradicio e ridusse le labbra ad una linea sottile. Alzò gli occhi al cielo.
    «Da quello che posso dedurre da questa breve e superficiale analisi… no. Ma», aggiunse, sollevando appena la voce in una nota minacciosa, «purtroppo per te, vecchio, non abbiamo ancora finito. Furuichi vuole che andiamo a fondo in questa storia».
    Norio sospirò. Quella ragazza era incredibile. Proprio quando stava diventando palese tutto il loro girare a vuoto… Cos’altro voleva, prima di lasciar andare quell’osso marcescente?
    «Il che significa…»
    «…che dobbiamo ancora ispezionare gli effetti personali del demone; tutto ciò che era in suo possesso al momento della morte. Tra quegli oggetti potrebbe nascondersi qualcosa in grado di spiegare perché quest’uomo è impazzito da un giorno all’altro».
    Kenzo si schiarì la voce con un colpo di tosse, esitante. «E dove pensiamo di trovarli, questi oggetti? È passato un sacco di tempo da quando ha tirato le cuoia».
    Norio si accarezzò la lunga barba con fare pensieroso, facendo tintinnare i bracciali dorati che portava ai polsi. «Trattandosi di un criminale del genere, dubito che a chi ha preparato la sepoltura sia stato concesso di tenerli». Lanciò un’occhiata fugace nella cassa, intorno al corpo. «E questa bara è vuota».
    «Non ci resta che un posto da dove cominciare a cercare», disse la Kunoichi, avviandosi verso l’uscita del mausoleo.
    Il vecchio la seguì, massaggiandosi il collo dolorante.
    «Fantastico».
    «Ehm… e sarebbe?», chiese lo sfregiato, rimasto indietro accanto al cadavere.
    Nessuno gli rispose. Reika diede uno strattone al portone di legno, che si aprì lentamente mentre una folata di vento carico di pioggia li investiva.
    «Perché nessuno mi dice mai niente, qui…!?», borbottò il giovane, affrettandosi alle loro spalle.
    «La stazione di Polizia, ragazzo», commentò Norio, voltandosi verso di lui con un ghigno stampato in volto. «Andiamo a giocare con le guardie».


    Chakra: 172
    Condizioni Fisiche: Ottimali.
    Condizioni Psicologiche: Pensieroso.
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    «Parlato Maemi» - "Pensato Maemi" - «Parlato Kamiya»

    «Sono qui per il Demone di Todoroki».
    Il Demone di Todoroki.
    La stanza piombò in silenzio freddo, gelido, e risucchiarono le parole che il signor Kamiya stava per pronunciare, lasciandolo in uno stato di improvviso imbambolamento. Per un lungo attimo fu come se il tempo si fosse fermato, ed ogni cosa fosse in trepida attesa; persino i mobili parevano star trattenendo il respiro.
    Poi, provenienti dall'esterno, delle falcate sempre più pesanti si fecero largo puntando alla loro stanza. Nel silenzio creato parevano quasi rimbombare. Maemi rizzò sul posto come presa da una scarica, spezzando la magia di quell'immobilità; era ancora davanti alla porta, e quando questa si aprì seguì il suo movimento naturale, finendo nascosta dietro. Il cigolo era lento ed esitante quanto il moto dell’anta, ed aveva lasciato aperto solo un piccolo spiraglio. «Ehm, tutto bene signore?» chiese la vocina di una ragazza giovane. La kunoichi di Kiri, schiacciata tra la porta e il muro, sentiva il respiro quasi trattenuto. «Abbiamo sentito un colpo...»
    «Tutto bene, Mika, scusa. Mi è solo caduto un fascicolo» tagliò corto il Signor Kamiya, abbassandosi dalla sedia come a voler raccogliere qualcosa che non c'era. «Vai pure, oggi pensavo di far fuori un po' di scartoffie» con uno scatto, i suoi occhi giallognoli si spostarono verso il pannello della porta, per poi tornare subito su Mika, «...prima che siano loro a fare fuori me».
    Dopo un attimo di dubbio, la sottoposta richiuse la porta borbottando un “buona fortuna”.
    Il Signor Kamiya e Maemi rimasero di nuovo soli.
    La kunoichi si fece avanti lentamente, lasciandosi la porta alle spalle; fissava il signore con intensità nuova, per valutare l’impatto che avevano avuto le sue parole di prima. Notò che qualcosa, nella sua mascella, pareva essersi irrigidita. «Quindi è così» borbottò infine, la voce greve. «Adesso capisco».
    Tirò su un bel respiro, raddrizzandosi meglio sulla sedia. Maemi si rilassò un attimo, tirando anche lei un respiro più breve e poggiando entrambe le mani sulla scrivania. «Già».
    Un'altra pausa, altri secondi di silenzio opprimente.
    «E perché...» il signore si schiarì la voce, «questi criminali sarebbero interessati ad un caso vecchio di quasi un anno?»
    «Domanda da un milione di ryo. Ma è per questo che sono qua: cercare di scoprire cosa vogliono». Esitò un attimo. «Sembrano alla ricerca di qualcosa».
    «Qualcosa?» Kamiya si accigliò, quasi scettico. «Avrei pensato più a qualcuno. Ma comunque non ha senso».
    «Nulla che riguardi quel Demone ha senso. Non siamo riusciti a scoprire quasi nulla su di lui» ribatté Maemi, spostando con gentilezza una delle due poltrone in pelle e sedendosi su un bracciolo. «Né del motivo per cui ha dato di matto. Per questo non possiamo permetterci di fare errori. Se per caso stanno cercando ciò che ha scatenato quel pazzo, e se dovessero trovarlo...»
    «Credi sia questo quello che vogliono?» la interruppe bruscamente Kamiya.
    Maemi scrollò le spalle, tirando un sospiro stanco. «È una possibilità. Sicuramente quella più logica». Distolse lo sguardo, prendendo a grattar via una parte particolarmente ruvida della poltrona. «E la peggiore in assoluto. Magari sono solo degli scemi alla ricerca di un qualcosa che non esiste, o pensano di poterci ricavare qualcosa da una storiella fin troppo infiocchettata, chi lo sa. So solo che la faccenda non mi piace, ed ho bisogno di qualcosa di concreto da cui iniziare».
    «Come ho detto, da parte nostra non abbiamo...»
    «Mi bastano i rapporti su tutto quello che riguarda il Demone. Di ciò che è stato reso pubblico...» e qui gli lanciò un'occhiata intensa, «e di ciò che non è mai stato rivelato. Possibilmente in due fascicoli separati, così posso avere un'idea chiara di ciò che possono sapere i Mukenin dall'esterno e ciò che non dovrebbero sapere. Da lì proverò a farmi un piano in testa e inizierò ad indagare con discrezione».
    Il signor Kamiya deglutì, ma per una volta non ribatté. Da quando era stato nominato il Demone, si era ammansito parecchio. «Sei già stata a Todoroki in veste di kunoichi ufficiale. Se dovessero vederti in giro...»
    «Saprò non farmi riconoscere» rispose Maemi, asciutta. Allungò la mano. «Posso considerare una collaborazione con lei, dunque? E, tipo... passare di nuovo dal suo ufficio dopo pranzo e trovarmi quanto ho chiesto sulla sua scrivania?»
    «Vedo quello che posso fare».
    Bene, fu il pensiero di Maemi. Le sue spalle si rilassarono all'improvviso: la certezza che Kamiya era dalla sua parte era un sollievo. Un alleato, all'interno di una città in cui ogni faccia nuova poteva essere il nemico, era qualcosa di insospettabilmente confortante.
    «Devo chiederti...» Kamiya riprese il discorso, allungando l’ultima parola come a voler prendere tempo. Si intrecciava e strecciava le dita nervosamente. «Ti ricordi, ehm, di quando ci eravamo incontrati appena prima che tu partissi? Mi avevi fatto delle domande… forse per un oggetto trovato sul corpo del Demone...»
    Maemi si limitò a fissarlo, prendendosi tempo per rispondere. Ebbe l'impressione che, ad un certo punto della conversazione, ad entrambi fosse venuto in mente la stessa cosa, ma nessuno dei due aveva il fegato di tirarlo fuori. Comprensibile: pensare che un insulso fermacapelli c’entrasse qualcosa con un assassino assetato di sangue era ridicolo, ma dirlo ad alta voce era quasi comico. «Non lo so» ammise infine. Non era la risposta alla domanda che Kamiya le aveva posto, quanto più a quella che lui avrebbe voluto farle. «Non ho modo di sapere se c'entri qualcosa. Magari non c'è spiegazione per quello che è successo a quel Mukenin, ma di certo c'è qualcuno di pericoloso che vuole andarci più a fondo. È imperativo che non sappiano mai la verità».
    «E noi?» fu la risposta del capo della polizia. «Noi vogliamo saperla, la verità?»
    La verità. Maemi ci rifletté su, la bocca che disegnava una linea sottile sul volto. «Direi che la faccenda ci è già costata abbastanza, senza ci mettiamo lo zampino oltre. Dopotutto» e qui fece un sorriso d’intesa, portandosi l’indice ad arricciare una ciocca rossa, «la curiosità uccide il gatto, non è così?»
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    Oggi.

    Norio addentò il suo spiedino di calamaro bollente. Cotto sul momento al banchetto lì accanto, era quasi come gustare del pesce appena pescato e abbrustolito sulla fiamma una volta tornati a riva. Stretti accanto a lui, pigiati per stare tutti e tre seduti sulla stessa panchina, Reika e Kenzo erano alle prese con i rispettivi cartocci fumanti. L’aroma di pesce alla piastra gli riempiva le narici, facendogli rimpiangere di non essere sul ponte di una nave ondeggiante in mezzo al mare a godersi il sole ritrovato di quella giornata. Fissati l’uno accanto all’altro come se li avessero legati con una corda all’albero maestro, non dubitava che loro tre insieme dovessero risultare alquanto buffi, o quantomeno peculiari, piazzati al centro di quel parco per famiglie.
    «Quindi», mugugnò, risucchiando l’ultimo pezzo di ikayaki dallo spiedino. Fece cadere lo spiedino vuoto in grembo, accanto agli altri già ripuliti, dispiacendosi perché gliene restavano soltanto altri due da mangiare. «Quanto credi che ci metterai ancora?»
    La Kunoichi medico fece spallucce. «Non lo so. Immagino lo scopriremo presto».
    Lo sguardo di Norio saettò verso l’edificio dall’altra parte della strada, oltre le aiuole e i sentieri ordinati del parco. Era un fabbricato in mattone a più piani, ben tenuto, intorno a cui si generava un via vai di persone che entravano ed uscivano e, soprattutto, era la sede della Stazione di Polizia di Todoroki. Il luogo nel quale erano custoditi gli effetti personali del pazzo a cui avevano affibbiato il titolo di “Demone” di quella sventurata cittadina, e a cui stavano cercando di accedere senza attirare troppo l’attenzione. L’anziano Mukenin raccolse un altro spiedino, leccandosi i baffi.
    «Non pensi che, invece di mandare un clone là dentro, saresti dovuta andare tu stessa in prima linea? Dopotutto, a quest’ora potrebbe già essere successo di tutto… la copertura saltata, il tuo clone nei guai, la riuscita stessa della missione a rischio…»
    Reika gli puntò contro uno spiedino appuntito come se stesse impugnando uno stocco. «Senti un po’, nonno: se pensi che io vada ad infilarmi là dentro, dando la possibilità a te e al micetto qui di scappare, o peggio, dare l’allarme… ti sbagli di grosso».
    Norio si leccò le dita unte, aggiungendo l’ultimo spiedo di legno alla pila di quelli già ripuliti. Allungò il collo verso il cartoccio di Kenzo, seduto alla sua sinistra.
    «La tua mancanza di fiducia in noi mi uccide, figliola. Era solo un’idea. Ragazzo, lo mangi quello?», chiese, tendendo una mano per appropriarsi di un altro calamaro.
    «E poi», aggiunse la ragazza, facendo sparire il braccio meccanico sotto al poncio logoro, «per ora va tutto bene. Non c’è stata alcuna variazione nel flusso di persone intorno al palazzo; nessuno ha gridato l’allarme, nessuno ha chiesto aiuto. La mia copia è a posto».
    Rimasero in silenzio per qualche minuto, mentre ciascuno finiva di mangiare il suo pasto, finché Kenzo non si schiarì la voce. Tuttavia, appariva esitante, come se quel barlume di personalità che aveva mostrato sotto la pioggia fosse ripiombato sotto uno spesso strato di paura, e dolore ancora pulsante. Dalle occhiate nervose che lanciava a Reika, era chiaro che fosse terrorizzato all’idea di tornare da Furuichi a mani vuote.
    «Su, su. Ognuno è libero di dire ciò che pensa nel nostro piccolo gruppetto». Lanciò un’occhiata a Reika, e lei parve non avere obiezioni. «Che cosa ti passa per la testa?»
    Kenzo prese fiato.
    «Beh… mi chiedevo. Pensate davvero che il Demone fosse stato maledetto da un oggetto che portava con sé? E non rischiamo anche noi di fare la stessa fine, se lo recuperiamo…?»
    Norio scoppiò in una fragorosa risata. «Non penso proprio, Kenzo. Non c’è niente di cui aver paura, semplicemente perché quell’uomo non era un demone. Lo hai visto anche tu nella sua tomba. Ma, se può servire a farti stare più tranquillo, sono disposto ad indossare qualunque cosa riusciremo a recuperare per dimostrare che non esiste alcuna maledizione!»

    * * *

    Mizu Bunshin no Jutsu - Tecnica del Clone Acquatico
    GVSW
    Villaggio: Tutti
    Livello: C
    Tipo: Ninjutsu
    Una delle Tecniche più importanti fra il reparto dell'elemento Suiton. Questa Tecnica permette all'utilizzatore di creare dei cloni che avranno le stesse identiche caratteristiche dell'evocatore. Sono capaci d'utilizzare i Jutsu, ma solo d'elemento Suiton e massimo di livello B. Diversamente da ogni altro clone, la limitazione s'estende anche ad eventuali Abilità Innate ed altro, purché Suiton. Queste copie non possiedono capacità ed eventuali specializzazioni dell'originale, fatta eccezione per il Controllo del Chakra.
    - Il Chakra utilizzato dai cloni viene ovviamente scalato dall'originale e si dissolvono se subiscono una qualsiasi forma di ferita.
    Il clone gode in tutto e per tutto dello stesso equipaggiamento dell'originale, a partire dagli indumenti fino agli oggetti di natura metallica. Fanno eccezione Armi Leggendarie ed oggetti monouso come carte-bomba e Kit di Pronto Soccorso.
    È possibile creare un solo Clone per volta in combattimento, non è possibile crearne altri finché il primo Clone non è stato dissolto; questo limite non si applica in Missione a scopo narrativo.

    Consumo: 4 (A Clone)

    Mujin Meisai - Manto senza Polvere
    24wXpij
    Villaggio: Tutti
    Livello: B
    Tipo: Ninjutsu
    Tramite questa Tecnica Suiton, che non necessita di Sigilli, l'utilizzatore infonderà di Chakra le particelle di vapore acqueo intorno al proprio corpo, in modo da deflettere la luce solare e rendersi invisibile all'occhio nudo, dopo un paio di secondi di preparazione. Questa Tecnica permetterà all'utilizzatore non solo di diventare perfettamente invisibile e di non produrre alcuna ombra, ma addirittura di rendere inefficaci Jutsu percettivi e di natura sensoriale. Le particelle di vapore intrise di Chakra schermeranno odori e suoni emessi dall'utilizzatore, sarà però possibile creare rumori esterni, come muovere delle frasche o far cadere oggetti, che potranno essere individuati. Tutto ciò ha effetto solo contro Jutsu di livello B o inferiore, ma sarà comunque possibile essere individuati per mezzo di Doujutsu capaci di vedere il Chakra. Se si possiede la capacità di Schermatizzazione, sarà possibile utilizzarla in combinazione con questa Tecnica per schermare completamente il proprio Chakra ed essere così invisibili anche ai Doujutsu, oltre che a qualsiasi tecnica percettiva o sensoriale di livello superiore. Durante la Tecnica non è possibile utilizzare alcun Jutsu, neanche A Turno, né sferrare alcun attacco di qualsiasi tipo, poiché un eventuale movimento violento comporterà la dissoluzione delle particelle di vapore acqueo e la conseguente cessazione del Jutsu.
    Se utilizzata a fini investigativi durante le Missioni, la Tecnica non avrà Consumo.
    Consumo: N/A (A Turno)


    Chakra Reika: 300-4= 296

    All’interno dell’archivio della Stazione di Polizia, il Clone Acquatico di Reika si appoggiò, invisibile all’occhio umano, con i gomiti al cassetto spalancato che aveva appena finito di scartabellare per la terza volta, interrompendosi più volte per l’arrivo di un qualche impiegato di passaggio. La sezione era quella giusta, la lettera e l’anno di catalogazione pure, eppure il fascicolo che stava cercando semplicemente non c’era. Quante possibilità c’erano che proprio la cartella che serviva loro si fosse volatilizzata, svanendo nel nulla?
    Trattenne a stento un’imprecazione ad alta voce.
    "Cazzo", pensò, richiudendo piano il carrello di metallo. "E adesso?"



    Chakra: 172
    Condizioni Fisiche: Ottimali.
    Condizioni Psicologiche: Pensieroso.
    Malus: N/A

     
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  13.     +1   +1   -1
     
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    «Parlato Maemi» - "Pensato Maemi" - «Parlato altri» - «Parlato altri»


    Il fuoco ardeva e crepitava mentre Maemi, seduta su una poltrona alta, dallo schienale rigido, scaldava il suo corpo appena uscito dalla doccia, con i capelli ancora umidi e appesantiti dall'acqua. Fuori dalla locanda, una lieve pioggerella era iniziata a calare nascosta dalla notte. La ragazza si trovava poggiata all'indietro, le gambe piegate in modo da usarle come una specie di scrittoio: su di esse, c'era il fascicolo aperto che aveva recuperato dell'ufficio del signor Kamiya. Maemi lo stava sfogliando, i suoi occhi blu che immersi nella lettura cadevano da riga a riga. Cercava indizi, o informazioni che avrebbero potuto aiutarla per la sua attuale operazione, ma in quel giornaletto ricordi di battaglie passate e dettagli di indagini recenti si mescolavano senza offrirle una direzione chiara.
    I suoi pensieri tornarono allora all’interrogativo iniziale: come avrebbe potuto stanare quegli infiltrati, da sola e senza molte risorse dalla sua?
    "Come mi comporterei, se fossi in loro?" provò a pensare, sprofondando nella poltrona con un cipiglio. Un sacco di possibilità le balenarono in testa, una probabile quanto l'altra, tutte troppo fumose affinché Maemi potesse farci qualcosa.
    L'unico indizio concreto erano i luoghi collegati al Demone, potenzialmente esaminati dai Mukenin. Questi includevano scene degli omicidi, la foresta dell'accampamento, la piazza dell'ultimo confronto, oltre a copie di giornali dell'epoca, la tomba del demone, l'archivio della polizia, e il mandante dietro al demone."Un demone..." si ritrovò a pensare, una bollicina di pensiero che si era fatta strada nella sua mente non voluta, e nemmeno gradita. I suoi pensieri andarono molto indietro, fino alla sua missione a Mitsu, a quello che Yusuke le aveva detto riguardo il disastro nel Paese della Luna, e per qualche motivo rabbrividì. Subito scosse la testa, rifiutandosi di indugiare oltre su quei pensieri. "Forse è meglio se mi metto all'azione, altrimenti tutti questi pensieri finiranno con l'uccidermi".
    Maemi si stirò, sospirando, ed infine si alzò mentre fuori continuava a regnare un'oscurità senza luna né stelle. Prese la katana, ignorò il coprifronte sulla cassapanca davanti al letto, indossò la nuova mantella che si era comprata quello stesso pomeriggio, ed infine si dirette verso la porta per uscire dalla locanda.

    ❋❋❋


    Il cimitero, avvolto nella notte, era silenzioso sotto una pioggia leggera ma costante. Maemi avanzava lentamente, la sua torcia rivelava tombe e monumenti mentre il terreno melmoso ostacolava ogni suo passo; i suoi occhi scorrevano da una lapide all'altra alla ricerca di qualcosa, guidati dalla luce intermittente della torcia. "È questa" realizzò, fermandosi all'improvviso.
    Ne era certa non per via delle incisioni sulla lapide, ma perché il terreno intorno alla tomba era stato evidentemente manomesso. Qualcuno aveva scavato recentemente, non più di qualche giorno, come dimostrato dalla terra smossa e dalle tracce di fango ancora fresco, prima di riempire nuovamente la buca. "Sono stati loro" pensò, realizzando di aver trovato una traccia dei Mukenin e sentendo un brivido di realtà davanti a quella prova tangibile. Finalmente aveva trovato qualche segno del loro passaggio, anche se tutte le informazioni utili ormai erano colate via dal tempo e dalle intemperie.
    Un improvviso rumore di passi ruppe il silenzio della notte, seguito a ruota da un altro cono di luce. Maemi alzò lo sguardo, e dall'ombra emerse una figura, avanzando con passo deciso verso di lei. Non ci volle molto alla ragazza per riconoscere chi fosse: la figura era il custode del cimitero. La sua andatura lenta ma sicura, la chiave arrugginita appesa alla cintura e l'abituale torcia che teneva in mano non lasciavano spazio a dubbi.
    «Che ci fai qui a quest'ora? Il cimitero è chiuso, vattene!» ringhiò, avanzando verso Maemi. La pioggia gli offuscava la vista, ma si fermò netto vedendo la spada al suo fianco. «Ehi, che diavolo... chi diavolo sei tu?» chiese, la sua voce ora mescolata a cautela. La spada al fianco di Maemi parlava più di mille parole.
    La Sp.Jounin non rispose subito, riflettendo sulla tomba manomessa e sul fallimento delle sue ricerche. Il cimitero era il terzo luogo ad essere visitato inutilmente, quella notte. In quel momento di incertezza, con la pioggia che scendeva e il custode sospettoso davanti a lei, Maemi concepì improvvisamente un piano, come se fosse stato suggerito da un'intuizione improvvisa. Un piano sicuramente rischioso, ma era l'unica opzione rimasta, nonostante le sue stesse raccomandazioni di cautela.
    Allora si voltò completamente verso il custode, che quasi trasalì. «Chi sono non la riguarda» dichiarò, con tono fermo e autoritario. «E per il suo bene, le consiglio di non immischiarsi».
    Mentre pronunciava quelle parole, Maemi avanzò rapidamente, oltrepassando il custode senza degnarlo di un secondo sguardo. Calò il cappuccio più profondamente sulla testa e si allontanò, lasciando dietro di sé il custode immobile nella notte. Doveva tornare alla locanda: il suo nuovo piano prevedeva un'alzata di primo mattino.

    ❋❋❋


    Trovare i Mukenin era come cercare un ago in un pagliaio. Di fronte all'impossibilità di rintracciarli rapidamente, restava una sola opzione: lasciare che loro scovassero lei. Tra gli insegnamenti ricevuti dal suo maestro, Maemi aveva imparato una strategia precisa per attirare i suoi avversari nel luogo da lei scelto, facendoli cadere nella trappola senza che si rendessero conto di essere stati scoperti. Così, quando avrebbero fatto la loro mossa, avrebbero trovato Maemi pronta ad accoglierli.

    ❋❋❋


    Henge No Jutsu - Tecnica della Trasformazione
    GVoe
    Villaggio: Tutti
    Livello: E
    Tipo: Ninjutsu
    Grazie a questa Tecnica il Ninja potrà assumere l'aspetto d'una qualsiasi persona o oggetto, ma il peso e le dimensioni reali dell'utilizzatore rimarranno invariate e non potrà trasformarsi in nulla di più piccolo di un cucciolo di cane o più grande di un orso.
    Siccome la Tecnica non cambia il peso dell'utilizzatore bisogna fare attenzione, ad esempio sarà infatti possibile tramutarsi in uno Shuriken Gigante, ma sarà poi impossibile lanciarlo in assenza di un bonus alla Forza. Eventuali Armi possedute dal Ninja saranno utilizzabili solo se non camuffate tramite questa Tecnica. Questa è considerata la Tecnica di livello E più difficile da apprendere, difatti solo un Genin molto abile sarà capace di replicare alla perfezione l'aspetto di qualcuno, mentre inizialmente sarà possibile ad un occhio attento notare diverse imperfezioni.
    La Tecnica si dissolve dopo aver subito un danno lieve e potrà avere una durata massima di cinque Turni o due ore.
    Se utilizzata a fini investigativi durante le Missioni, la Tecnica non avrà Consumo.

    Consumo: NA

    Utsusemi no Jutsu - Tecnica della Manipolazione della Voce
    GVoo
    Villaggio: Tutti
    Livello: E
    Tipo: Ninjutsu
    Tramite l'ausilio del Chakra, convogliato nelle corde vocali, sarà possibile per qualunque Ninja modificare la propria voce, facendola assomigliare ad un'altra già udita o semplicemente rendendola irriconoscibile. La Tecnica ha inoltre il vantaggio di poter essere usata come un vero e proprio ventriloquio, facendo sembrare che la propria voce provenga da un punto qualsiasi a scelta dell'utilizzatore in un raggio di venti metri.
    Se utilizzata a fini investigativi durante le Missioni, la Tecnica non avrà Consumo.
    Consumo: NA

    All'alba, la piazza si svegliava sotto i primi raggi di sole, trasformandosi rapidamente nel cuore pulsante della città per il giorno di mercato. Bancarelle colorate sbocciavano come fiori in un prato, offrendo prodotti freschi, artigianato locale e le più svariate mercanzie. Venditori e compratori iniziavano a riempire lo spazio, mescolando le loro voci in un coro vivace che annunciava l'inizio di una giornata di affari e chiacchiere.
    Maemi, camuffata sotto le mentite spoglie della locandiera che la ospitava, si muoveva attraverso il mercato con un'andatura leggermente calante, cercando di imitare una camminata un po' difficoltosa. Si guardava attorno circospetta, e quando odocchiò il suo obiettvo si mosse: si avvicinò a una bancarella di tessuti e abbigliamento, i colori vivaci dei tessuti attiravano l'attenzione con la loro promessa di bellezza e qualità. La venditrice, una donna di mezza età con un sorriso accogliente e lineamenti gentili, alzò lo sguardo mentre Maemi si faceva avanti. Riconoscendo immediatamente la figura che kunoichi cercava di impersonare, la signora illuminò il suo viso con un sorriso caloroso. «Ah, Matsuri!» esclamò, come se stesse salutando una vecchia amica. «Mamma mia, quanto tempo! Non vieni mai al mercato, come stai?»
    «Ciao anche a te, Echiko» rispose Maemi, con la voce della locandiera. «Non parlarmi di tempo, sembra che mi giri un attimo e via, è già passato un mese».
    «Ma davvero! E dimmi, alla fine sei riuscita a parlare con tuo fratello?»
    «Purtroppo no» sospirò la kunoichi, abbassando lo sguardo. «E sinceramente non ho proprio la testa per pensarci».
    «Oh. Mi sembrava infatti un po' turbata, ma pensavo fosse per tuo fratello... scusa».
    «Sai come si dice, i guai non vengono mai da soli. No, in realtà è la locanda mi sta preoccupando ultimamente, soprattutto con l'arrivo di questa straniera, una ragazzina...»
    «Una ragazzina? Tutta da sola?» La signora spalancò gli occhi. «Cielo, che coraggio!»
    «Te lo dico io, non è una ragazza normale». Maemi si sporse in avanti, abbassando la voce come se temesse di essere ascoltata. «Mi dà i brividi. Sparisce all'alba, torna di notte. Una volta, mentre ripulivo la sua stanza, ho trovato...» e qui la sua voce tremò. «Ho trovato un taccuino pieno di appunti sul caso del Demone di Todoroki!»
    «Il Demone?» ripeté subito la signora, fermando subito di armeggiare col tessuto che teneva in mano. «Ancora con quella storia? Che palle!»
    «Proprio quello che ho pensato io! Ma questa ragazza ha qualcosa che non va... mi fa paura, chissà chi mi sono portata in casa!»
    «Dammi retta, vai dalla polizia!»
    Maemi si mordicchiò le labbra. «È che... mi sembra che ci sia dietro qualcuno, come se l'avessero assunta apposta. E come ben sai, sono in pochi ad avere le risorse per ingaggiare dei mercenari. Se mi metto a ficcare il naso negli affari di qualche pezzo grosso, ho il terrore che... be', che possa finire male per me».
    «Ma chi pensi che sia, questa qua? Uno shinobi, forse?»
    «Non lo so. Potrebbe. Aveva una spada, ma oltre a questo, è sempre stata molto discreta, quasi invisibile. Quando riordino la sua stanza, non c'è mai nulla».
    La signora si limitò a fissarla con comprensione e simpatia.
    Maemi abbassò ulteriormente la voce, quasi implorando. «Non è che potresti... cercare di scoprire qualcosa per me? Qualsiasi indizio su chi l'abbia ingaggiata. Vorrei solo sapere se posso rivolgermi alla polizia senza rischiare. Sarebbe un grande favore».
    «Oh, tesoro, naturalmente! Non devi nemmeno chiederlo. Un po' di chiacchiere qui e là, e avrai le tue risposte. Mano sul cuore!»
    Maemi sorrise, di un sorriso che non aveva nulla di finto. «Sapevo di poter contare su di te» rispose. «E più persone sono disposte ad aiutarmi, prima uscirò da questa situazione».

    ❋❋❋


    Le voci al mercato non tardano a diffondersi, soprattutto quando a parlarne è la signora Echiko, nota pettegola del paese. Così, racconti su una misteriosa ragazza legata al Demone di Todoroki si sparsero rapidamente tra le bancarelle in una sola mattinata. Nel pomeriggio, si aggiunse la voce che anche il vecchio custode del cimitero aveva incontrato una figura sospetta la notte precedente, vicino alla tomba del demone. Nonostante il crescente mormorio, l'identità di chi potesse aver ingaggiato tale figura rimaneva avvolta nel mistero, alimentando la curiosità e il desiderio di gossip, che a loro volta favorivano la diffusione della storia.
    ChakraMentaleMalus/Bonus
    » 240;»Tranquilla;»Nessuno;
    Fisico» Ottimo
    Tripla Borsa
    Armi da LancioAccessori
    Kunai = 10Kunai = 10Fili Metallici = 30 mtFili Metallici = 30 mt
    Shuriken = 20Shuriken = 20Fili Metallici = 30 mtKit Grimaldelli
    Cartabomba = 5Cartabomba fasulla= 5Occhio CiberneticoPillole del Soldato = 3
    Palla Gelo = 5Fumogeni = 5Rotolo di TrasformazioneBinocolo
    Divisa alternativa
    Armi da LancioAccessori
    Senbon = 20Cartabomba = 5Torcia ElettricaRadiolina
    Foderi
    Fodero Minore
    Tanto
    Fodero
    Katana
    Rotoli
    Sigilli d'Evocazione
    DecimaShuriken Maggiore
    Frecce = 30//
    Rotolo Minore
    Shuriken Maggiore
    Doppia Tasca da Coscia
    Shuriken ad Astro = 20
    //
    Abbigliamento
    Coprifronte Kiri
    Parabraccia
    Note
    » Trenta metri di Filo Metallico sono legati ad uno Shuriken Maggiore;
    » Trenta metri di Filo Metallico sono legati a due Shuriken: quindici ciascuno;
    » Venti metri di Filo Metallico sono legati ad un Kunai;
    » Tre Cartebomba sono legate ad altrettanti Kunai;
    » Tre Cartebomba Fasulle sono legate ad altrettanti Kunai;
    » Tre Palle Gelo sono legate ad altrettanti Kunai;
     
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12 replies since 17/4/2023, 09:45   361 views
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