Missione Shori Jiyuu & Galatea Shishi

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    Missione Shori Jiyuu & Galatea Shishi
    Missione a Servizio di:Impero del Fuoco
    Livello:A
    Esecutori della Missione:Shori Jiyuu & Galatea Shishi
    Luogo d'Incontro:Boschi del Paese del Fuoco
    In questo momento Sunagakure è più vulnerabile che mai. Nonostante non sia ancora stata spezzata definitivamente ha perso un gran numero di Shinobi, il suo leader, e l'appoggio degli altri Paesi. Come sapete, inoltre, la breccia aperta presso le mura di Nord-Ovest richiedono ulteriori forze per la ricostruzione e la sorveglianza. Lo scopo della vostra missione è infiltrarvi nel Villaggio per peggiorare la situazione e preparare la totale disfatta della Sabbia. Dovrete seminare il caos, ma a piccole dosi. Distruggendo delle scorte, attaccando edifici pubblici, seminando il panico o fomentando il malcontento. Qualsiasi omicidio o azione di sabotaggio compiate all'interno del Villaggio riceverà una ricompensa al vostro ritorno.
    Inutile dirlo, non dovete assolutamente essere scoperti né lasciare testimoni.
    Qualsiasi cosa succeda, non fatevi catturare vive.

    Inizia Ely.
     
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    Narrato - Parlato - "Pensato" - Borei - Galatea Shishi - Altri


    Nell’aria c’era un insopportabile tanfo di polvere, sudore e sangue. Le faceva venire il voltastomaco, ma comunque mantenne un’espressione stoica mentre fissava la faccia del fratello. Non sarebbe rimasta in quella infermeria improvvisata ancora per molto: oltre ad essere d’intralcio al personale tutto indaffarato, aveva una missione da compiere. Ma prima aveva fatto un salto per vedere Kenta, il fratello miracolosamente sopravvissuto alla battaglia di Suna e che ora giaceva in una branda. Aveva un lungo taglio che partiva dalla parte destra della fronte, vicino all’attaccatura dei capelli, e scendeva fino al centro degli occhi; il lobo dell’orecchio sinistra mancava. E queste erano solo le ferite vistose del volto... sul corpo, Shori non aveva voluto sapere. Il kiriano si vergognava, ma lei non poteva essere più felice. Ora si sarebbero salutati, e ancora non sapeva quando si sarebbero rivisti.
    Lui ne era cosciente. Le lanciò prima un’occhiata di sottecchi. Ti sei già fatta curare? Per favore, dimmi di sì… non sopporterei l’idea che la mia sorellina, alla sua prima battaglia, sia rimasta quasi incolume mentre io rantolo qua come un vermiciattolo…
    Shori fece una risatina, poi cercò di assumer un tono di falso rimprovero. Sei cattivo a dire così. Dovresti essere felice che non mi sono fatta tanto male. Che razza di fratello ho! E sorrise. Comunque sì, mi hanno già curata, non preoccuparti. E comunque, dal mio punto di vista, se hai riportato tanti danni vuol dire che ti sei fatto valere. È una cosa encomiabile, fulmine.
    Kenta sbuffò, poi fissò lo sguardo a terra, dove vicino alla brande Shori aveva poggiato lo zaino da viaggio. Te ne vai?
    Sì. In missione.
    Ah, fece lui. Non mi sembri molto contenta.
    Shori si guardò attorno, mordendosi il labbro. Era a disagio. La missione che doveva compiere l’aveva addirittura schifata, ma non voleva che fosse evidente. Cercò di tenere un tono noncurante. È una missione… farò il mio dovere.
    Senza farti ammazzare, possibilmente.
    Non assicuro nulla, rise lei, per poi chinarsi e stampagli un bacio sulla guancia. Tu cerca di rimetterti in sesto: al cimitero di Kiri non c’è bisogno di una lapide in più.
    Si voltò: nel momento in cui Kenta non poteva più vederla, il sorriso scomparve dal volto giovanile della kiriana, così come ogni ostentata allegria. Andiamo, Borei, disse in sussurro, e il fantasma che non aveva mai lasciato al suo fianco la seguì. Entrambi uscirono dall’infermeria per dirigersi al luogo dell’incontro.



    Quando le alte sfere l’aveva convocata per spiegarle la missione, Shori era inorridita. Più andavano avanti col discorso, e meno riusciva a trattenere la sua espressione. Doveva infiltrarsi all’interno di Suna, incutere paura e disordine con attacchi terroristici ad un villaggio ormai in ginocchio, e soprattutto ad uno contro cui non aveva nulla. Contro cui Kiri non aveva nulla. Avevano già devastato Suna con una battaglia, ritirandosi e lasciandola piena di ferite. E ora erano tornati in territorio amico, solo per poter sferrare ulteriori colpi ai suniani, in un momento successivo. A Shori tutto quello dava la nausea. Quando aveva preso il coprifronte, si era immaginata di servire il proprio villaggio, di combattere per tenerlo al sicuro; non aveva mai pensato di dover combattere così subdolamente contro qualcuno di pacifico, e soprattutto per il volere egoistico di un altro Paese, o meglio, un Impero. Aveva pensato di ricoprire il ruolo di guerriera, non di terrorista. “Qualsiasi omicidio o azione di sabotaggio all'interno del Villaggio riceverà una ricompensa”, pensò, ricordandosi la missiva. Fece una smorfia disgustata: sembrava una cosa da veri barbari. O meglio, da deboli. Tuttavia, non aveva scelta: non poteva certo opporsi alle autorità, quella di Kiri e dell’Impero, né si sarebbe mai sognata di farlo. Ma c’era sempre quella sensazione di ingiustizia e fastidio che le pesava allo stomaco. Da quando era tornata dalla battaglia, aveva avuto pochissimo tempo per pensare a questioni etiche; prima di tutto, doveva sapere della sua famiglia, se erano tutti vivi e in buona salute. Poi si era occupata di sé stessa. I ninja medici avevano allestito un’infermeria improvvisata nell’accampamento poco fuori Konoha, e Shori ci aveva fatto una piccola visita qualche ora dopo l’arrivo. Le avevano curato frettolosamente la gamba e poi l’avevano lasciata andare, per tornare ad occuparsi di altri pazienti. Le altre ferite erano troppo lievi perché potessero destare il loro interesse, e a lei andava bene così. Già a distanza di qualche ora, lo zigomo si era sgonfiato lasciando solo una macchia verde-blu, mentre sul braccio era bastato pulirlo e fasciarlo, che il giorno dopo già s’era formata una crosta bella resistente. Per il resto, Shori si era considerata fortunata: era riuscita a lavarsi, a riposarsi e a trovare un paio di vestiti nuovi per rimpiazzare quelli laceri e sporchi della battaglia. Adesso indossava una maglia nera, con le maniche lunghe e parecchio ampie che sbucavano fuori dal gilet allacciato sopra. Sotto, s’era infilata un comunissimo paio di pantaloni lunghi fino al ginocchio, sul blu scurissimo, e ai piede i suoi soliti sandali. Al collo c’era l’immancabile sciarpa e il ciondolo gatto. Per quella missione avrebbe pure fatto a meno di portarsi il bastone, ma alla fine non si fidava a lasciare qualcosa là, in quell’accampamento, per cui si portò dietro tutto. I lunghi capelli erano stati acconciati in una treccia, e tenuti lontani dagli occhi.
    Fermò i passi: era arrivata. La foresta del paese del fuoco aveva i colori più vividi e splendenti che Shori avesse mai visto, con i raggi di sole che trapelavano dai rami degli alberi. Si guardò un attimo intorno, godendosi una vista che a Kiri era impossibile avere. “Galatea-senpai non è ancora arrivata…?”



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    Armi da LancioAccessori
    Kunai x10Occhio cibernetico
    Shuriken x20Olio Infiammabile x2
    Cartabomba x4Fili Metallici (10m)
    Cartabomba Fasulla x4Accendino
    Equipaggiamento
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    FasciaBastoneSchiena
    FoderoOmoikaruiFianco destro
    AbbigliamentoGuanti RinforzatiIndossati
    AbbigliamentoParastinchiIndossati
    Gilet di Kiri
    Armi da LancioAccessori
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    Note
    Tre kunai con attaccate cartabombe; altri tre kunai con attaccate cartabombe fasulle


    Edited by Ely_11 - 19/12/2014, 21:39
     
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    In un accampamento ai margini del deserto

    «Suna è caduta!»
    L'annuncio riecheggiò nell'accampamento, propagandosi di bocca in bocca, di tenda in tenda. Nel giro di due minuti, l'intero plotone era a conoscenza della buona notizia, della vittoria dell'esercito alleato. Due minuti che avevano spazzato via due giorni di snervante, immobile e noiosa attesa per uno dei numerosi reparti destinati al "supporto", come era stata spiegata loro la faccenda: erano stati piazzati in un raccolto accampamento in prossimità delle prime lande desertiche, con la scusa che, se la battaglia nella capitale del Paese del Vento si fosse prolungata, se si fossero presentati degli inconvenienti, se l'esercito imperiale fosse stato respinto e inseguito, loro, forze fresche e riposate, sarebbero dovuti intervenire per portare nuove forze e nuova linfa vitale alle schiere alleate. Finora non era accaduto nulla di simile, fino all'annuncio della vittoria dell'Impero su Sunagakure. Poc'altro giunse alle orecchie dei soldati: non sapevano cosa ne fosse del Villaggio assediato, se fosse stato conquistato o raso al suolo, né cosa ne fosse dell'esercito assediante, se stesse prendendo controllo di Suna o stesse ritornando alla base, ma tanto bastava a scatenare grida di gioia e sospiri di sollievo, inni di trionfo ed espressioni di rilassatezza.
    «E tu? Non sei contenta?» le chiese lo Special Jounin Veterano, uno dei due Ninja con cui condivideva la tenda, notando la sua espressione tutt'altro che solare.
    Non avevo né ho nulla di personale contro Suna. Non ho motivo di gioire della sua caduta rispose tetra Galatea, la cui preoccupazione s'era accresciuta al lento incedere delle ore passate in attesa di una qualsiasi notizia.
    «Però i nostri hanno vinto. Non è comunque una cosa positiva? Ci fa ben sperare» incalzò la kunoichi Special Jounin che completava il terzetto di commilitoni.
    Che i nostri abbiano vinto non mi dà alcuna rassicurazione sulle mie speranze. Finché non avremo altre comunicazioni ufficiali, una vittoria o una sconfitta vuol dire ben poco, non fa alcuna differenza per me ribatté Galatea, per tutta risposta. La caduta di Suna non mi garantisce che Kisuke sia sano e salvo e stia tornando indietro. Quello era quanto la kunoichi dai capelli argentei aveva da chiedere a quel conflitto: che il suo fidanzato ne uscisse vivo e possibilmente indenne. Quella era la notizia che attendeva trepidante da due giorni. Che poi Suna annientasse l'Impero o che l'Impero schiacciasse Suna, a lei non poteva importarne di meno, non erano questioni che la riguardavano, non erano questioni che la interessavano.
    «Be', almeno ci sono più possibilità. Se avessero perso miseramente...» Ma la Special Jounin non completò la frase, sovrastata dalla voce tonante del responsabile delle comunicazioni, nonché generale al comando del plotone.
    «Fatela finita, branco di scimmie, e preparatevi piuttosto. Stanno giungendo nuove comunicazioni che vi riguardano!»

    ...

    «Galatea Shishi» declamò la solita voce tonante, dopo ore e ore in cui uno shinobi dopo l'altro erano stati convocati. Molti avevano già abbandonato l'accampamento, altri si preparavano o attendevano qualche rinforzo o del materiale particolare, altri ancora, per quanto pochi, erano tornati ai loro posti, destinati ad un'ulteriore attesa. La battaglia di Sunagakure era giunta al termine, ma le forze imperiali parevano ancora in pieno fermento operativo, per consolidare, approfondire, ingrandire la propria vittoria, o per sistemare qualche falla che forse veniva orgogliosamente, e astutamente, mantenuta celata. Galatea uscì dalla tenda e si diresse verso il nucleo operativo del plotone, dal Jounin che ne teneva le redini e che da qualche tempo era stato addetto allo smistamento dei soldati ai vari compiti assegnati loro. Era un uomo alto e allampanato, stempiato, di Kirigakure. Le spiegò quale sorte era toccata a lei.
    «Si tratta di una missione delicata. Dovrai infiltrarti in quel che resta di Sunagakure e portare avanti quello che l'esercito ha iniziato: la disfatta totale del Villaggio. Con modalità differenti però.» Galatea ascoltò con attenzione quanto le veniva esposto, trattenendo dietro una maschera di profonda concentrazione e serietà una smorfia di totale disgusto. C'erano tante, troppe cose di quella missione che non le andavano a genio, che non le piacevano o che le facevano ribrezzo. Erano malcelate, tra le righe, un'infamia e una crudeltà in cui non riconosceva il Villaggio che aveva servito per due anni ormai. Era evidente, nel modo in cui si erano susseguiti gli eventi, che lei non riuscisse minimamente a capire secondo quale logica l'Impero si stesse muovendo, a meno che non fosse una logica del tutto sgangherata e sconclusionata. Odiava pensare che dietro tutto quanto quello in cui anche lei era stata coinvolta, ci fosse appunto soltanto l'Impero, e non Kirigakure. Faceva fatica ad accettare l'idea che lei, loro, tutti loro, fossero dalla parte del torto, del cattivo, del marcio. Non riusciva a vedere oltre quella sensazione. E tutto ciò le faceva ribrezzo, un profondo, inconsolabile ribrezzo. «Agirai insieme a Shori Jiyuu della Nebbia» concluse il Jounin.
    Perché proprio lei? chiese Galatea, che non aveva voglia di approfondire l'argomento missione.
    «Che c'è? Non ti piace forse?»
    Non ho nulla contro Shori Jiyuu. A questo punto mi chiedevo solo che senso avessero tutti i discorsi che mi sono stati fatti sull'essere una Special Jounin e sulla squadra specializzata protestò la kunoichi, che si era fatta un'idea un po' diversa del suo impiego in quella guerra e in tal senso si era preparata in tutti quei giorni. E invece eccola di nuovo lì, affiancata al primo Ninja che capita, tutte le belle prediche che le erano stato rivolte solo ciance buttate al vento.
    «Cosa vuoi che me ne freghi a me di quello che è stato detto a te da non ho capito chi? Questi sono gli ordini, io devo comunicarli, tu eseguirli. Hai domande sulla tua missione?» la rimproverò aspramente il generale.
    insistette imperterrita la Special Jounin. Chi è stato quel genio che ha deciso di affidare ad una ragazza quasi albina e con gli occhi così chiari il compito di infiltrarsi a Suna? Deve essere un mago del tatticismo, davvero. Galatea ghignò impertinente e notò che anche nello sguardo del Jounin passò fulmineo un lampo di consapevolezza, subito soffocato dalla sua impostazione autoritaria: per caratteristiche fisiche, Galatea Shishi non poteva certo dirsi una ragazza facilmente confondibile tra la gente nata e cresciuta nel deserto cocente, lo capiva lei come lo capiva il Jounin. Eppure proprio a quella ragazza diafana, nordica, era stato imposto di intrufolarsi nel paese delle sabbie roventi e del sole perenne. E poi si chiedeva perché provasse ribrezzo per quella missione: non vi trovava nulla di sensato, ovunque guardasse.
    «Non io, Shishi. Risparmiati queste domande per un altro momento e per qualcun altro. Pensa piuttosto a far lavorare il cervello e a come sfruttare a tuo vantaggio il tuo essere quasi albina» la bacchettò nuovamente il Jounin, suggerendole qualcosa che evidentemente gli frullava in testa ma che Galatea ancora non aveva colto del tutto.
    «Tieni!» Le mise tra le mani una mappa approssimativa della fascia più orientale del deserto del Paese del Vento, tra Suna e le terre neutre che agivano da cuscinetto con l'Impero del fuoco. Il Jounin posò indice e medio su due punti in cui l'arancio sbiadito del deserto era sostituito da delle chiazze verde-acqua. «Queste erano due oasi del Paese del Vento, tappe quasi obbligate per chiunque intendesse attraversare il deserto. Attorno vi si erano sviluppati dei piccoli abitati che sfruttavano le misere terre fertili garantite dalle pozze d'acqua. Ormai non esistono più: l'Impero le ha assaltate, rase al suolo e ne ha preso il controllo. Se doveste avere problemi nell'entrare di nascosto a Suna, potete fingervi delle profughe sopravvissute in qualche modo alla razzia, in cerca di un rifugio. Se riusciste a mescolarvi ad altre carovane di profughi sarebbe anche meglio, le oasi non sono le uniche ad aver fatto, o che faranno a breve, una brutta fine. Guarda qui più o meno qual è lo stile di vita e l'aspetto della gente che viveva lì.» Le mise sotto il naso una foto un po' sbiadita e stropicciata, che ritraeva uomini e donne in un qualsiasi momento di pacifica vita quotidiana. «Ti darei anche dei vestiti da usare, ma visto quel catafalco che ti porti dietro tanto vale fare affidamento direttamente sulla Henge no Jutsu. Stampati bene in mente quest'immagine e vedi di replicare al meglio quello che hai visto, o la tua missione andrà in fumo prima ancora di mettere piede a Suna. E non solo la missione. Una volta dentro, dovrete arrangiarvi da sole. Questo è quanto. Buona fortuna.» Senza darle modo di replicare, non che Galatea avesse nulla da aggiungere, il Jounin la congedò, lasciandole tra le mani una mappa e una foto. Tuttavia la richiamò dopo alcuni secondi.
    «Anzi, vieni qui, tieni.» Le mise in mano un sacchetto soffice e leggero. Sbirciando all'interno, Galatea intravide un mucchietto di tessuto biancastro. «Magari una volta entrata a Suna ti saranno più utili di una Henge.» Senza aggiungere altro, il Jounin richiamò Yura Ashina e Juubei Shichirouno, i due nomi successivi in attesa di conoscere la loro missione. Senza replicare nulla, Galatea si allontanò, immersa nel proprio nervosismo e nei propri dubbi. A conti fatti, non c'era nulla in quella missione che la convinceva, a partire dalle premesse fino ad arrivare alle tempistiche, né c'era nulla che poteva fare: era troppo tardi per tirarsi indietro, l'unica strada portava dritta davanti a sé, dritta verso l'inferno di Sunagakure. Che missione di merda...

    ...

    Nei boschi del Paese del Fuoco

    La mappa pareva indicare proprio quel luogo. Una linea tratteggiata rossa conduceva fino ad un pallino nel verde più occidentale del Paese del Fuoco, esattamente dove doveva trovarsi lei ora. Lo sguardo della kunoichi scorse verso sinistra, attraverso il deserto, fermandosi su Sunagakure. A metà strada c'erano due ics tracciate con lo stesso colore rosso dei trattini e del puntino. Erano in corrispondenza di due macchiette verdi circondate dall'ocra della sabbia, accompagnate rispettivamente dai nomi Shinkirou e Keishoku: lei due oasi devastate dall'Impero, indicatele dal Jounin che l'aveva incaricata con quella missione. Tornò a guardarsi intorno: Shori Jiyuu non c'era. Non che fosse impossibile che fosse nei paraggi e non si fossero ancora incontrate: il luogo prefissato per l'appuntamento era piuttosto vago, senza alcun punto di riferimento preciso. Attese fiduciosa, poi si mosse, spostandosi tra gli alberi secolari di quelle foreste incontaminate. Girò intorno alla zona indicata dal fatidico puntino rosso, finché non la intravide, avvolta in abiti scuri. Tutte le rogne devono capitare a me pensò, posando lo sguardo su Shori: non era la Chuunin in sé ad essere la rogna, ma qualcosa che la collegava a lei. Un sigillo, in particolare, che tempo addietro le aveva affisso. Un sigillo di silenzio. Aveva saputo dall'istante in cui le era stata comunicata la missione che avrebbe dovuto cancellare quel Chinmoku Shiru dalla lingua di Shori, o la loro missione in coppia avrebbe potuto risultarne fortemente compromessa. Una risoluzione, una concessione che non le garbava affatto. Cosa ti è andato bene in questi ultimi giorni sarebbe da chiedersi... A compito terminato, avrebbe provveduto a riportare le cose allo stato originario, che Shori fosse volente o nolente, si disse, mentre sollevava indici e medi davanti al petto. In quello stesso istante, il Sigillo di Silenzio che impediva a Shori Jiyuu di parlare in qualsivoglia maniera di Galatea Shishi sarebbe svanito dalla sua lingua. La Special Jounin si fece avanti, attirando con un cenno le attenzioni della Chuunin.

    Stato
    ChakraFisicoMentale
    150OttimaleNervosa
    Tripla Borsa
    Armi da LancioAccessori
    Kunai (3/3)Torcia luminosa
    Senbon (20/20)Radiolina
    Palla Gelo (5/5)Cimice (3/3)
    Cartabomba (5/5)Filo Metallico (10m)
    Shuriken (15/15)Specchio
    Cerbottana---
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    ------
    Equipaggiamento
    SlotOggettoDescrizione
    Rotolo MinoreBastone MonacoIn borsa
    RotoloKusarigamaZona lombare
    FoderoOmoikaruiFianco sx
    Tasca Suppl.Kunai di Kiri (1/1)Coscia destra
    FasciaVentaglioSchiena
    AbbigliamentoParabracciaIndossati
    AbbigliamentoParastinchiIndossati

    Gilet Kiri
    Armi da LancioAccessori
    Kunai (10/10)Olio Infiammabile (2/2)
    ---Accendino

    Note- Coprifronte legato al collo.
    - Due palle gelo legate ad altrettanti kunai.
    - Una cartabomba legata ad un kunai.
    - Cinque aghi intinti nel Veleno Debole disponibili.
     
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    E così dovete infiltrarvi a Suna… mormorò Borei, con le mani sui fianchi mentre si guardava in giro. Un gioco da ragazzi, insomma. E come pensate di fare?
    Shori scrollò le spalle, e la sua espressione si incupì subito. Suna… un villaggio in mezzo a una quasi totalità di sabbia, messo sul chi vive dopo una feroce invasione. Debole, certo, ma non innocuo. Riuscire ad entrare senza essere scoperti sembrava una sfida enorme. La ragazzina continuava a pensarci, ma non riusciva a pensare a nulla di buono.
    Borei doveva aver intuito tutto dal suo sguardo. Le fece un sorriso malizioso. Menomale che hai una compagna, allora… scommetto che alla fine farà lei tutto il lavoro sporco, commentò, ricevendo un’occhiataccia di fuoco. Shori incrociò le braccia, ora arrabbiata. Quello che pensava lei era esattamente il contrario: avrebbe preferito di gran lunga lavorare da sola. La missioni di coppia erano meno sbrigative e le creavano parecchi problemi nel comunicare coi fantasmi… cosa che pensava di sfruttare al massimo proprio in quella missione. "E poi, in una missione di sabotaggio come questa, meno ninja ci sono e meglio è".
    L’idea di lavorare con Galatea-senpai non l’aveva particolarmente colpita; c’erano molte altre cose in quella missione che la preoccupavano e la contrariavano. La ragazza era una kunoichi capace, più esperta e intelligente. Era fortunata: sapeva che era una brava. Tuttavia, come persona non credeva di averla inquadrata a dovere. Da quel poco che aveva visto, sembrava una ragazza fredda e pragmatica, eppure tenace. E prudente, molto prudente. Era stata lei stessa a imprimere il Sigillo che aveva impedito a Shori di parlare – tra le altre cose – anche di Galatea. Alla Chuunin questa cosa non era affatto piaciuta, e in parte l’aveva trovata immotivata: aveva visto solo alcune tecniche del suo repertorio, la conosceva appena e non sapeva alcun segreto che la riguardava. Sapeva che la prudenza non era mai troppa, ma dentro di sé Shori non riuscì a non prenderla come una cosa personale. Chiaramente non si fidava di lei.
    Eccola là, la avvisò Borei, facendo un cenno sul lato. Shori fece scattare la testa in quella direzione: una ragazza dai capelli argentei si stava avvicinando. Per un attimo la esaminò: non aveva bende, cerotti né ferite in via di guarigione. Sembrava completamente illesa. “Meglio”. Fece un sorriso cordiale. Buongiorno, Galatea-senpai, disse, con un lieve inchino. Vedo che state bene. Ottimo.
    Abbassò lo sguardo, per poi spostarlo verso un tratto della foresta, a est. Suna dista circa tre giorni di viaggio, ad affrettarsi. Ma non penso che ne sia bisogno: meglio fermarci a Tani, prima di entrare nel deserto. Tani era un importante villaggio dei Paesi Neutri, ed era esattamente a metà viaggio, distante pochi chilometri dal confine con il Paese del Vento e, di conseguenza, dal deserto. Era un ottimo punto per riprendere le forze prima di addentrarsi in territorio nemico, con un clima inadatto in cui non avrebbero potuto riposarsi.
    Fece cenno a Galatea, in modo che potessero iniziare ad andare: avrebbero potuto discutere mentre camminavano. E c’erano molte cose di cui parlare. È una strana missione, la nostra… molto diversa dal solito, iniziò Shori, trattenendo a malapena la disapprovazione che rasentava il disgusto. Non mi pare facile. Suna in questo momento è debole, certo, ma scommetto che sarà anche più prudente che mai. E con intorno il nulla… la vedo difficile trovare un modo di entrare da soli. Ma si può sempre pensare a qualcosa.
    Per un po’ fece silenzio. Tutto ciò che le stava intorno era completamente estraneo; non era abituata alle brillanti foreste del Paese del Fuoco, così piene di vita e di colori. Era così diverso da Kiri… tutta nebbiosa, eppure così familiare. “In una missione come questa i fantasmi saranno i nostri migliori alleati”, pensò la ragazzina. “La guerra ne ha lasciati tanti. Spero che qualcuno di Kiri o, alla peggio, dell’esercito non abbia lasciato il Villaggio. Potremmo chiedere loro di collaborare, e così potrei avere sotto monitoraggio tutta Suna… sarebbe sì un bel vantaggio”. Aggrottò le sopracciglia. “Il problema sarà Galatea-senpai… non deve scoprire nulla. E non scoprirà niente”. Si voltò verso di lei, con già qualche idea in testa. Voi che ne pensate, senpai?

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    AbbigliamentoGuanti RinforzatiIndossati
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    Bomba Carta x2Radiolina
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    Buongiorno, Galatea-senpai la salutò la Chuunin. Vedo che state bene. Ottimo.
    Difficile stare male dopo due giorni passati a non far nulla in una tenda... commentò mentalmente la Special Jounin. Quel riferimento e il livido che colorava di sangue pesto uno zigomo di Shori le fecero supporre che la sua compagna di missione non avesse goduto di una sorte simile. Supposizione che fu seguita da una serie di considerazioni delle più variegate: l'augurio che le condizioni fisiche della kunoichi fossero ottimali e i danni si limitassero al quel solo ematoma, l'augurio che non avesse tentennamenti o ripensamenti dovuti all'esperienza di guerra, la curiosità se fosse stata impiegata in prima linea al fronte o in qualche scorribanda di ripiego, i dubbi sull'impiego di Shori, prima mandava avanti, poi richiamata indietro e poi di nuovo gettata nella mischia di Sunagakure. Lo stratega che stava dietro le mosse dell'Impero e gestiva le pedine di Kiri doveva avere una mentalità quantomeno singolare, constatò per l'ennesima volta Galatea Shishi. Abbiamo un modo di vedere le cose incompatibile. Quei pensieri le tolsero il tempo di ricambiare il saluto e l'interesse per le condizioni fisiche, anche se la Special Jounin non se ne rammaricò più di tanto: formalità che non avevano molto valore. Shori Jiyuu, infatti, riprese la parola, spostando lo sguardo nella direzione opposta rispetto all'oggetto di cui stava parlando.
    Suna dista circa tre giorni di viaggio, ad affrettarsi. Ma non penso che ne sia bisogno: meglio fermarci a Tani, prima di entrare nel deserto.
    Dipende dall'ora in cui arriveremo a Tani prese infine la parola Galatea. Vorrei passare meno tempo possibile nel deserto e, se ci riesce, evitare di stare in viaggio a determinati orari. La distesa di sabbia rovente, per quanto la stagione fosse dalla loro parte in quel caso, non era un ambiente piacevole per nessuno. Per un nativo di Kirigakure e per Galatea Shishi in particolare non lo era a maggior ragione: nei suoi interessi era di attraversare la porzione di deserto che le separava da Sunagakure in meno giorni possibili, sfruttando l'ultimo avamposto delle terre neutre e le oasi a mezza via nel modo più adeguato. Non aveva intenzione di farsi trovare dispersa tra le dune e in cammino nelle ore più calde del giorno, né a notte inoltrata, quando le condizioni erano più ostili e impraticabili. In quei frangenti avrebbe preferito trovarsi in qualche rifugio abitabile e lasciare il viaggio alle prime ore del mattino o alle ultime del giorno, nella speranza che non intervenissero altri fenomeni naturali spiacevoli a condire la loro traversata. Se fossero arrivate a Tani ad un orario propizio ed adeguato e l'oasi più vicina fosse stata raggiungibile in un arco di tempo ragionevole, la Special Jounin non si sarebbe fermata a riposare. Prima arriviamo, prima iniziamo a lavorare, prima ci liberiamo della scocciatura. Inoltre, meno tempo ha Suna per riorganizzarsi, più sono le nostre possibilità di infiltrarci con successo e agire senza essere beccate. Se ci prendono siamo morte. O forse anche peggio. Probabilmente Shori non aveva pensato a quell'aspetto della faccenda, ma la tempistica della missione non invogliava certo a prendere in considerazione tutte le variabili temporali in gioco. Se non importava ai loro superiori, perché sarebbe dovuta venire in mente a loro?
    Avevano intanto iniziato a camminare, seguendo l'ideale percorso che avrebbe attraversato insieme a loro il disco solare: sorto oltre le foreste del Paese del Fuoco, per tramontare alla fine delle lande sabbiose del Paese del Vento. Galatea ascoltava senza replicare le parole di Shori e approfittò del suo successivo silenzio per accelerare l'andatura, trasformando la camminata in una più rapida avanzata a balzi, di ramo in ramo, tra gli alberi secolari di quelle foreste. Nulla che impedisse loro di discutere del loro imminente lavoro, tuttavia. Dal tono di voce, la Chuunin sembrava contrariata tanto quanto lo era lei. L'espressione del viso le confermò la prima impressione, quando si volse verso di lei.
    Voi che ne pensate, senpai?
    Galatea. Lascio il titolo di Senpai ad altri che ci tengono di più. E a Suna potrebbe essere un'abitudine problematica chiamarsi per titoli, meglio ricorrere ai nomi. O forse ai cognomi aggiunse subito dopo, pensando al nome insolito che si ritrovava. Per comunicare in una città brulicante di shinobi, a seconda del travestimento che avrebbero adottato, usare i loro nomi propri o titoli di vario genere poteva destare sospetti. Galatea era un nome forse unico a quel mondo ed era meglio entrare subito nell'ottica che, anche nella vastità di un villaggio come Sunagakure, avrebbe potuto raggiungere le inopportune orecchie di qualcuno di quei pochi shinobi del luogo che aveva incontrato nella sua vita. I rapporti cordiali in cui si erano lasciati non le garantivano un lasciapassare. Shishi, invece, o anche Jiyuu le pareva, erano cognomi apparentemente comuni, che non rivelavano una provenienza ben definita al pari di altri cognomi celebri né erano tanto rari o astrusi da poter insospettire qualche pedante Ninja della Sabbia.
    Cosa ne penso di cosa in particolare? Di Suna, della missione o di come entrare? Ho un'opinione più o meno vaga su tutto e positiva quasi su nulla. La missione non mi piace, ma, aldilà delle preferenze personali, ci sono molti elementi discutibili, dal carattere della richiesta alle modalità con cui ci è stata affidata. Ma lamentarsi non mi risparmierà l'onere. Lamentarsi o esprimere le proprie perplessità non l'aveva mai esentata dai propri doveri, né aveva fruttato qualche tangibile miglioramento. Non l'avrebbero fatto nemmeno quella volta, quando aveva solo le foglie invernali e un kunoichi di grado persino inferiore a lei cui rivolgerle. Si occupò quindi della prima questione su cui aveva informazioni e programmi certi.
    Entrare a Suna non sarà semplice e nessuna delle due passa inosservata conciate in questo modo, ma almeno per quello hanno pensato bene di fornirci qualche sostegno. Sfilò la sacca dalla spalla destra e la lanciò a Shori, assicurandosi che non venisse presa di sorpresa e la lasciasse cadere, quindi spiegò quanto era stato spiegato a lei da un superiore con un briciolo di senno in zucca. Non ci sono otoshidama di fine anno da distribuire ai bambini del Villaggio. Ci trovi dei vestiti, dal tintinnio che ho sentito ogni tanto forse dei coprifronte di Sunagakure, una mappa e una foto. Sulla mappa sono segnate due oasi, la foto ritrae le persone che le abitavano un tempo, i vestiti sono sullo stile di quello di quegli abitanti. Mi è stato detto che delle oasi è stata fatta razzia dall'Impero e questo basta. Se non troviamo alternative valide, possiamo farci passare per profughe sopravvissute all'assalto: come tempi, per due persone normali che devono camminare attraverso il deserto, dovremmo esserci. Come scusa anche non ci dovrebbero essere troppi problemi: nessuno sano di mente cercherebbe rifugio nei territori di chi lo ha attaccato né a Sud, dove sta sciamando attualmente parte dell'esercito. Per quanto sconfitta e ferita, Suna rimarrebbe comunque il punto di riferimento del Paese e quello più affidabile in cui cercare rifugio temporaneo. Mi è stato consigliato di mischiarsi ad altre carovane di profughi, se possibile: nel gruppo c'è meno probabilità di essere fermati, interrogati e ispezionati. Questo era quanto aveva discusso con il Jounin responsabile del suo plotone, ma lei, nel frattempo, non era riuscita a pensare ad alternativa migliore. Lei in persona aveva anche qualche Jutsu per passare inosservata oltre le mura di Suna, ma lo stesso non poteva ancora dire di Shori. Per infiltrarsi alla luce del sole era necessario un travestimento - anche un diversivo sarebbe stato troppo rischioso, oltre che al di fuori delle loro possibilità probabilmente - e la kunoichi non trovava nulla di più sicuro di quello che le era stato prefigurato. Farsi passare per shinobi di Suna era quasi folle, chi altri se non profughi in fuga avrebbe potuto avvicinarsi alla capitale assediata e affondata? Purtroppo l'equipaggiamento che ci portiamo dietro ci impedisce un semplice travestimento, dovremmo usare una Tecnica di Trasformazione. I vestiti potrebbero essere utili una volta penetrate nella città, però concluse il discorso, lasciando qualche secondo perché Shori riflettesse e dicesse la sua, senza bisogno che la interpellasse esplicitamente.
    Prima di parlare del resto, vorrei farmi un'idea delle condizioni in cui è Suna al momento. Tu eri lì? chiese, nella speranza che Shori, in caso avesse preso parte all'assedio, avesse avuto tempo e lucidità di osservare la situazione cui era stata ridotta Suna. Tuttavia pose la questione in modo quasi discreto: non voleva essere inopportuna e riportare alla memoria della Chuunin eventuali ricordi spiacevoli. Lei in fondo non era stata lì e non poteva sapere cosa si vivesse e provasse nel bel mezzo di una guerra. Comunque, ho annullato il sigillo, per ora, ma ho intenzione di applicarlo nuovamente al termine della missione aggiunse, senza lasciare molti dubbi sulle sue intenzioni e sulla sua disponibilità in merito. Non vorrei ricorrere alle maniere forti.

    Stato
    ChakraFisicoMentale
    150OttimaleNervosa
    Tripla Borsa
    Armi da LancioAccessori
    Kunai (3/3)Torcia luminosa
    Senbon (20/20)Radiolina
    Palla Gelo (5/5)Cimice (3/3)
    Cartabomba (5/5)Filo Metallico (10m)
    Shuriken (15/15)Specchio
    Cerbottana---
    ------
    ------
    Equipaggiamento
    SlotOggettoDescrizione
    Rotolo MinoreBastone MonacoIn borsa
    RotoloKusarigamaZona lombare
    FoderoOmoikaruiFianco sx
    Tasca Suppl.Kunai di Kiri (1/1)Coscia destra
    FasciaVentaglioSchiena
    AbbigliamentoParabracciaIndossati
    AbbigliamentoParastinchiIndossati

    Gilet Kiri
    Armi da LancioAccessori
    Kunai (10/10)Olio Infiammabile (2/2)
    ---Accendino

    Note- Coprifronte legato al collo.
    - Due palle gelo legate ad altrettanti kunai.
    - Una cartabomba legata ad un kunai.
    - Cinque aghi intinti nel Veleno Debole disponibili.
     
    .
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    Narrato - Parlato - "Pensato" - Borei - Galatea Shishi - Altri


    Il ritmo iniziò ad accelerare. Si passò dalla semplice camminata a una serie di balzi sopra i rami secchi e spogli. Galatea parlava e Shori rimase muta, intenta ad ascoltare il piano della compagna con attenzione analitica. La kunoichi dai capelli argento non si era presentata impreparata: aveva già un piano, che in quel momento stava esponendo.
    La ragazzina abbassò lo sguardo sulla sacca che prima Galatea le aveva lanciato. Dentro c’era un ammasso di capi posti uno sopra l’altro e, come le era stato detto, un tintinnio occasionale di due corpi duri che collimavano tra loro. Il piano della Shishi non era male: infiltrarsi all’interno del Villaggio fingendosi profughe, due ragazze sfuggite alle violente razzie di quei barbari di Konoha. Gli alleati di Kiri. In quell’attimo, mentre guardava quelle semplici vesti e i piedi toccavano il legno duro per balzare nuovamente, fu assalita da una furia puerile e travolgente di una bambina impotente.
    Alzò lo sguardo. Galate aveva appena finito di esporre l’utilità di quella sacca. Shori non disse nulla per un po’; il piano era sì buono… ma non abbastanza. Almeno non per come la Jinchuuriki aveva pensato. Era abbastanza sicura che, se fossero andati avanti con quel piano, sarebbero state scoperte, ma al momento non le venivano in mente alternative migliori. Odiava il pensiero di dover criticare le idee altrui senza proporre qualcos’altro, ma non poteva far finta di nulla. Sinceramente, penso che stiate sottovalutando le precauzioni di Suna, parlò, guardando davanti a sé. Non posso esserne sicura al cento per cento… ma immagino che all’ingresso facciano un taglietto a tutti quelli che entrano, per assicurarsi che non stiano usando la Henge. E poi, se poco dopo il nostro arrivo iniziassero dei “disordini pubblici”, saremmo subito sospettate e il nostro compito verrebbe enormemente ostacolato. L’ideale sarebbe entrare senza che ne se accorgano. “Sì... più facile dirlo che farlo”. Shori si morse le labbra. “Pensa, pensa, pensa…”
    Ma Galatea aveva altre domande da farle. Prima di parlare del resto, vorrei farmi un'idea delle condizioni in cui è Suna al momento. Tu eri lì?
    , confermò Shori. Tutti i pensieri riguardo la missione vennero polverizzati come uno specchio che si frantuma in una miriade di schegge. Serrò i denti, mentre le mani si strinsero a pugni. Ricordava bene com’era andata… ricordava, durante la battaglia, di come fosse spaventata, di come combattesse per non morire. Era davvero terrorizzata; ora non più. Tutto quello che provava ora era una rabbia viscerale mista ad orrore. Quella battaglia era stata la cosa più irragionevole a cui Shori avesse mai partecipato.
    Suna era ridotta parecchio male: i cancelli erano stati sfondati, il Kazegake era morto, tutti i ninja dell’Esercito erano dentro Suna e annientavano chiunque si opponesse. Alcuni dei nostri si davano al saccheggio, o altre scorribande. Non c’erano civili. Sono immensamente indeboliti. Loro lo sanno, e sanno anche che noi lo sappiamo. E per questo che credo facciano controllo per la Henge.
    Comunque, ho annullato il sigillo, per ora, ma ho intenzione di applicarlo nuovamente al termine della missione, concluse Galatea, precisando la seconda parte del discorso. Shori non batté ciglio; si limitò a fare un cenno per assicurarle che aveva capito. Non aveva intenzione di approfondire il discorso.
    Per un bel po’ rimase in silenzio, lasciando che i rumori degli alberi e del vento rimpiazzassero le parole. Ma nel frattempo, Shori rifletteva. In parte, sapeva già cosa avrebbe fatto: prima di tutto serviva un sopralluogo completo e dettagliato delle condizioni di Suna, un qualcosa di più concreto delle sue supposizioni. Appena fosse calata la notte e Galatea si fosse addormentata, avrebbe dato istruzioni a Borei affinché li precedesse e arrivasse a Suna prima di loro, in modo che quando si fossero riuniti lui avrebbe potuto informarle al momento. E per entrare… per entrare…
    E poi, come un lampo, ebbe un’idea. Un diversivo? Disse all’improvviso, per poi arrossire quando si accorse che aveva parlato ad alta voce. Non era sua intenzione: quel pensiero l’aveva colpita come un fulmine, un piano ancora allo stato grezzo in cui dietro non c’era alcuna strategia ben pensata. Solo qualcosa che le era saltato in mente al momento… qualcosa che non avrebbe voluto esporre, almeno non ancora. Fu sul punto di liquidare il tutto, lasciano cadere il discorso, ma a ormai sarebbe stato ridicolo farlo. Pensando velocemente, voltò la testa verso Galatea Shishi, nel tentativo di spiegarsi: Voglio dire… potremmo creare un diversivo… qualcosa che catturi l’attenzione delle guardie abbastanza a lungo da permetterci di intrufolarci dentro il Villaggio. Fece una pausa, cercando di pescare nella sua memoria un qualche tipo di esempio, ma non lo trovò, così decise di tacere. Gettò un’occhiata verso Galatea, cercando di capire dalla sua espressione cosa ne pensava. Non potrebbe essere un’alternativa?

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    125Ematoma molto lieve allo zigomoNormale
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    Kunai x10Occhio cibernetico
    Shuriken x20Olio Infiammabile x2
    Cartabomba x4Fili Metallici (10m)
    Cartabomba Fasulla x4Accendino
    Equipaggiamento
    SlotOggettoDescrizione
    FasciaBastoneSchiena
    FoderoOmoikaruiFianco destro
    AbbigliamentoGuanti RinforzatiIndossati
    AbbigliamentoParastinchiIndossati
    Gilet di Kiri
    Armi da LancioAccessori
    Bomba Carta x2Radiolina
    xxxxxxxxxxN/A

    Note
    Tre kunai con attaccate cartabombe; altri tre kunai con attaccate cartabombe fasulle
     
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    Parlato | Pensato
    Parlato Shori | «Parlato Altri»


    Io non sto sottovalutando proprio nulla rifletté contrariata la kunoichi, piuttosto sicura di aver fatto intendere a parole la propria posizione e la propria opinione sul piano d'infiltrazione a Sunagakure. Tenne fisso lo sguardo avanti a sé, per non rivolgere un'occhiataccia alla sua compagna di missione, ma sfogò parte del suo nervosismo scalciando con vigore i rami che usava come appoggio per la sua rapida avanzata. Lei, poi, lei che aveva come vizio quello di farsi fin troppe pippe mentali sulle missioni che le venivano assegnate e ragionava pensando sempre allo scenario peggiore o a quello più inverosimile, per le sue manie di sicurezza e cautela. Mi pare di aver detto chiaramente che è la nostra ultima spiaggia, anche se per ora è anche la nostra unica, visto che non ho alcuna idea alternativa valida in mente. Anzi, qualcuna ne avrei, ma non è fattibile con anche lei dietro. E mi pare anche di aver detto, esplicitamente o meno, che l'idea iniziale prevedeva un travestimento, non una trasformazione. L'idea della Henge no Jutsu è spuntata fuori solo perché una profuga con un bastone metallico che le esce dal colletto non sarebbe credibile. Ma questo non è certo colpa sua, ma di chi ha preso due kunoichi a cazzo e le ha spedite a Suna. Spero di non dover parlare con i sottotitoli per tutta la missione, però. Sentirsi rimarcare o rinfacciare l'ovvio come se lei stesse invece affermando l'assurdità più totale le aveva sempre dato enormemente fastidio, anche nelle situazioni più frivole e banali. In un momento in cui era già nervosa per conto proprio, le faceva quasi ribollire il sangue, come se Shori con le sue parole stesse alimentando la lava che le scorreva nelle vene. Si morse la lingua, trattenendo in gola una risposta che avrebbe altrimenti trasudato rabbia e disprezzo, un'esplosione che avrebbe suo malgrado travolto la Chuunin, e si limitò a scalciare i rami quasi volesse ferirli e spezzarli.
    Shori raccontò con brevi cenni la sua esperienza nella guerra di Suna, anche se non era esattamente quello che Galatea avrebbe voluto sentirsi dire: avrebbe piuttosto voluto sapere quali obiettivi l'Impero aveva colpito, quali edifici e punti sensibili aveva preso di mira, quali aveva efficacemente abbattuto e quali invece lasciato in piedi, erano quelle le informazioni che le servivano per iniziare a pianificare su cosa puntare una volta dentro il Villaggio, ma concluse che probabimente Shori, nella concitazione della guerra, non doveva aver avuto certo tempo per controllare questioni simili, né erano rientrate nei suoi interessi o nelle sue preoccupazioni. Poco male, in fondo: non ci guadagnava nulla, ma nemmeno ci perdeva qualcosa rispetto a quanto già conosceva. Dopo un cenno affermativo e un silenzio che Galatea accolse ben volentieri in merito al Chinmoku Shiru, la Chuunin se ne uscì di colpo con una propria idea in merito alla questione più spinosa che le due kunoichi dovevano risolvere: come sgattaiolare tra le mura di Sunagakure.
    Un diversivo? rifletté per qualche istante Galatea, pur avendo già la sua più che chiara idea in merito. Ci aveva riflettuto parecchio prima di incontrarsi con Shori, alla ricerca di un'alternativa più sicura ad un piano parecchio traballante, e aveva tratto le sue conclusioni. Sunagakure avrà perso una guerra e sarà molto indebolita, ma non credo siano tanto idioti. Tu ci sei appena stata, quindi conosci il posto molto meglio di me, io di Suna so solo quel poco che ho letto e visto in immagini. Erano su volumi non proprio recenti, ma non credo che il Villaggio sia stato rivoluzionato nel corso degli ultimi anni. Suna è all'interno di una conca circolare che si apre in un altopiano, un buco, raggiungibile solo da uno stretto passaggio che attraversa mura colossali. Ora, non ho ben capito dove sia questa fantomatica breccia: per quanto vanti di avercelo lungo, immagino l'Impero non abbia ancora il potere di aprire una breccia in un altopiano, quindi suppongo sia molto vicino a questo passaggio. Tu dici che a Suna sanno di essere indeboliti e che sanno che noi lo sappiamo. Sarà passata più di una settimana dalla guerra quando noi arriveremo lì, quindi se hanno un po' di sale di zucca si saranno riorganizzati e avranno pure già eletto un nuovo Kazekage. Personalmente non mi aspetto di trovare un Villaggio nel caos più totale: saranno in difficoltà, ma non delle marmotte sperdute che vanno nel panico al primo rumore di passi. Sapendo e presupponendo questo, non vedo proprio come possano lasciare incustoditi gli unici due punti d'ingresso al Villaggio a causa di un diversivo che possono mettere in atto una Special Jounin e una Chuunin. Aveva elencato le prime considerazioni con una freddezza nella voce crescente: non era tanto la contrarietà alla proposta della sua compagna - per giungere ad una decisione dovevano discutere e farlo attraverso anche idee fallimentari - ma la contrarietà all'intera gestione della missione a farla parlare quasi con rabbia. Certo, era anche vero che dopo la critica puntuale e ineccepibile all'unico piano che lei aveva esposto, si sarebbe aspettata una proposta alternativa più idonea. Spostò per un istante lo sguardo su Shori.
    Almeno, l'ultima volta che ti ho visto eri ancora Chuunin. Seppure fossero a corto di personale, avranno comunque quattro idioti qualsiasi cui mettere un binocolo tra le mani per tenere sempre sotto sorveglianza i dintorni. Le mura erano a gradoni proprio per le sentinelle e nella città avranno delle guardie istruite per scrutare i cieli. Rimane il problema che in qualche modo dovremo avvicinarci e farlo non viste è pressoché impossibile. Una volta che siamo all'esterno del Villaggio, poi, quale che sia la maniera in cui ci arriviamo, dovremo mettere in atto il nostro diversivo, sempre non viste. Sinceramente, Shori, non vedo nemmeno una possibilità di realizzare tutto ciò e poter anche sperare che l'intero reparto addetto alla sorveglianza si distragga a pensare al diversivo, lasciando incustodite le entrate. Inoltre, un incidente tanto sospetto e opportuno metterebbe in allarme l'intero Villaggio, soprattutto se seguito da disordini pubblici vari. Potremmo supporre che di notte ci siano meno sentinelle in giro e sia più facile avvicinarsi, ma per quanto ne sappiamo di notte potrebbero anche sigillare del tutto i punti d'accesso e impedire qualsiasi ingresso. Potrebbero erigere delle barriere percettive, potrebbero dislocare Ninja sensoriali lungo il perimetro, rendendo il nostro avvicinamento lampante come in pieno giorno. Per me, se vogliamo entrare, o lo facciamo alla luce del sole, sotto gli occhi di tutti, o lo facciamo del tutto in segreto, senza alcuna azione eclatante. Qualsiasi via di mezzo è da escludere. E anche all'interno del Villaggio, se non vuoi ostacoli al tuo compito, fai in modo che nessuno possa nemmeno sospettare della presenza di infiltrati nel Villaggio. Non farò attenzione a non farmi catturare, farò in modo che nessuno ipotizzi una mia presenza a Sunagakure, per quanto sia nelle mie possiblità. Qualsiasi "disordine pubblico" causeremo, vorrei fosse imputabile al popolo della stessa Suna o ad un puro capriccio del caso. Sospirò, una volta esaurite le proprie considerazioni; per quanto ci avesse pensato, avesse elaborato strategie, sotterfugi e dinamiche varie, era sempre giunta alla stessa conclusione: quel metodo era da escludere. Troppi rischi, troppe incognite: fare affidamento sull'errore del nemico era la via più rapida per incontrare la morte. Aveva preso fiato mentre parlava? Ora le sembrava di non aver mai respirato per tutto il suo discorso. Inspirò fino a gonfiare del tutto i polmoni ed espirò lentamente. Per quanto ne sappiamo, Suna potrebbe aver preso contromisure impensabili o non averne nemmeno una. Noi due possiamo solo scervellarci a cercare un piano che abbia meno rischi possibili, uno sicuro non credo esista. Sempre secondo quella che per me è una logica intuitiva. Ma qui abbiamo a che fare con un Villaggio immerso nel deserto che si fa arrivare l'esercito nemico sotto il culo senza sfruttare il vantaggio territoriale, di un esercito che sconfigge i difensori e penetra nel suddetto Villaggio solo per ritirarsi a battaglia ormai vinta e che, ad una settimana dalla battaglia, decide di far infiltrare due kunoichi prese a casaccio sempre nello stesso Villaggio in cui erano già entrate metà delle sue forze, per accelerare il compimento di un'opera che era praticamente già compiuta. Forse ragionare secondo logica potrebbe non essere la via giusta per affrontare questa missione. Scosse la testa, sconsolata e delusa. Mai le era capitato di pensare che il proprio Villaggio stesse agendo in modo sconsiderato e folle. Mai come quella volta.
    Scusa, ho parlato un po' a ruota libera, ma la questione mi dà sui nervi e non poco. Questo è quanto ho pensato in questi giorni, ma non so che tipo di diversivo hai in mente tu e in quale contesto. Magari è una combinazione cui non ho pensato e pure fattibile. La mia unica idea alternativa è non passare nemmeno nelle vicinanze della breccia e del corridoio d'ingresso a Suna, ma scendere nel Villaggio dalla parte dell'altopiano. Ma è un'idea nebulosa, poco concreta, anche perché non ho la più pallida idea del tipo di sorveglianza che adotta Sunagakure da quella parte.

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    Note- Coprifronte legato al collo.
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    - Una cartabomba legata ad un kunai.
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    Ecco, quello era il motivo per cui non amava le missioni di coppia, aveva pensato Shori nei minuti successivi. Galatea le era sembrava a dir poco scocciata per il suo intervento; forse perché a contraddirla era stata una kunoichi visibilmente più giovane, più inesperta, o forse perché, insieme alle critiche, non aveva dato un’alternativa sensata e convincente. Tuttavia, non condivise la sua irritazione: Shori la notò dalla faccia e dal tono della compagna.
    Fu il turno di Galatea per criticare la misera idea della Chuunin dai capelli corvini. Fece un discorso farcito di considerazioni notevoli e ben pensate circa lo stato della Sabbia, sulle possibili misure difensive che potevano aver adottato e le possibilità – basse – di completare la missione semmai avessero usato un diversivo.
    Shori comprese bene il discorso. Anche la mia era un’idea vaga. Anzi, l’avevo appena pensata quanto l’ho detta, e non ci avevo realmente ragionato su. Poi rimase zitta. Non disse più un’altra parola. Non aveva alcuna voglia di discutere, soprattutto con qualcuno che non accettava critiche. Sperò che Galatea non fosse una di quelle Sp. Jounin – sì, a quanto pare aveva avuto una promozione – che si credeva superiore solo per il rango, o che potesse reputarla una palla al piede solo perché era inferiore. “Pazienza, quello non è affare mio”, pensò la ragazzina. “Quello che è importa è la missione. E purtroppo temo che abbia ragione: non possiamo sapere che difese hanno messo su, potrebbe anche essere impossibile riuscire ad entrare di nascosto… Kami-sama maledica chi ci ha assegnato questa missione”. Il suo viso si deformò in espressione di rabbia. “L’intelligenza, proprio. Hanno deciso di mandare una Jinchuuriki nella tana del nemico, con alte probabilità di essere scoperti. Qui ci vuole un qualche premio di genialità, davvero…”
    Ma lamentarsi non l’avrebbe portata a nulla. Aveva deciso che finché non le fosse spuntata in mente una idea davvero applicabile, non avrebbe più toccato l’argomento con Galatea-senpai. Continuò a correre, i piedi che si muovevano meccanicamente tra gli alberi spogli, mentre la testa volava. Quel problema per entrare a Suna diventava ogni minuto più fastidioso e frustrante.
    Iniziò a far buio, e Shori aveva avuto ben poche idee. Aveva pensato a un modo per avvicinarsi a Suna senza essere visti, ma lì si era fermata. Le mura cingevano Suna a trecentosessanta gradi: il punto ideale per entrare sarebbe stato il cancello – che probabilmente avevano già iniziato a ricostruire – ma sarebbe stato sicuramente la parte più protetta. Certo, se però avevano sguinzagliato i ninja sensitivi, erano comunque fott… ehm, fregati. In ogni modo.
    Avevano superato il confine del Paese del Fuoco – anzi, dell’Impero del fuoco – ma mancava ancora un po’ prima di arrivare a Tani. Il cielo si era dipinto di arancio e rosa, per poi passare a un blu intenso e infine al nero. L’aria si era raffreddata rapidamente, e un leggero vento aveva iniziato a soffiare contro di loro, portando ulteriore gelo. E con quella oscurità, Shori trovò sempre più difficoltà nel saltare da albero ad albero senza cadere. Guardò giù, socchiudendo gli occhi nel tentativo di trovare Borei, che le aveva seguite correndo, sotto, ininterrottamente. Non riuscì a distinguervi la figura nell’oscurità – la semitrasparenza non aiutava certo il compito – e sperò che fosse passo a passo con loro, e non fosse rimasto indietro. Non era troppo preoccupata: Borei sapeva che strada stavano facendo, li avrebbe tranquillamente raggiunti. Rialzò la testa. Galatea! Chiamò la sua compagna, e una nuvoletta bianca lasciò la sua bocca, testimone del freddo esterno. Fa troppo buio per continuare a saltare sui rami. Si guardò intorno. Non dovremmo essere molto distanti da Tani. Allora continuiamo a piedi fino a là? chiese, ricordando che Galatea non era stata del tutto sicura di fare quella tappa, quando Shori gliene aveva parlato. La Chuunin, sinceramente, avrebbe preferito tanto fermarsi in città, ma lasciò l’ultima parola alla compagna.

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    125Ematoma molto lieve allo zigomoNormale
    Borsa
    Armi da LancioAccessori
    Kunai x10Occhio cibernetico
    Shuriken x20Olio Infiammabile x2
    Cartabomba x4Fili Metallici (10m)
    Cartabomba Fasulla x4Accendino
    Equipaggiamento
    SlotOggettoDescrizione
    FasciaBastoneSchiena
    FoderoOmoikaruiFianco destro
    AbbigliamentoGuanti RinforzatiIndossati
    AbbigliamentoParastinchiIndossati
    Gilet di Kiri
    Armi da LancioAccessori
    Bomba Carta x2Radiolina
    xxxxxxxxxxN/A

    Note
    Tre kunai con attaccate cartabombe; altri tre kunai con attaccate cartabombe fasulle
     
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    Silenzio. Non c'era nulla di meglio di quel silenzio in cui era precipitato il viaggio delle due kunoichi, alle orecchie di Galatea. Non ci fosse stato nemmeno il fruscio dei vestiti, il battito ritmico dei piedi sul legno, il respiro che si faceva via via più intenso dell'altra, forse quel caso sarebbe potuto persino essere migliore: totale solitudine. Chissà se la compagna stava pensando più o meno la stessa cosa, visto il silenzio prolungato che Galatea non aveva avuto interesse a rompere: lei aveva parlato fin troppo, l'altra non aveva dato alcun seguito alle proprie idee. Meglio star zitte che sparare cazzate. O meglio sparare cazzate e arrivare ad una decisione condivisa piuttosto che andare avanti allo sbaraglio. Chissà.
    Si erano lasciate alle spalle il confine dell'ex-Paese del Fuoco - Galatea cercava di abituarsi a pensarlo in quel modo, come ex-Paese del Fuoco: la denominazione di Impero le suonava del tutto inadatta a quello che Konoha voleva metter su, né le "gesta" compiute erano degne di quel titolo - e si era pure fatto buio. Il paesaggio non era cambiato di molto, nel Paese dei Fiumi: le foreste lasciavano più spazio a corsi d'acqua e ad altopiani rocciosi, ma il panorama era ben differente da quello desertico che avrebbero dovuto raggiungere. Il confine con il Paese del Vento - o ex-Paese del Vento, come magari avrebbe dovuto chiamarlo in un futuro prossimo se l'Impero si fosse comportato da impero - era ancora distante e non lo avrebbero raggiunto entro notte. Si sarebbero dovute fermare lì in quelle terre, come predetto da Shori nei primi istanti del loro incontro. La Special Jounin avrebbe preferito proseguire e non sprecare ulteriore tempo, ma di quel passo sarebbero arrivate ai margini delle terre sabbiose in pieno mattino, proprio quando inoltrarsi sarebbe stato folle, e avrebbero finito comunque per arrestare lì la loro avanzata. Non poteva farci nulla: tanto valeva riposare per bene la notte e affrontare l'ambiente ostile del deserto nelle condizioni migliori.
    Non mi fido molto di Tanigakure confessò la Special Jounin, quando la Chuunin reiterò la propria proposta. Se ne stava in piedi, su un ramo, dove si era fermata al richiamo della compagna di missione. Le era corso il pensiero a quella questione ogni volta che le riflessioni su come penetrare le difese di Sunagakure erano giunte ad un vicolo cieco. È un villaggio ninja e potrebbe non vedere di buon occhio le azioni dell-ex... dell'Impero si corresse subito. Quale paese stretto tra un invasore e un invaso vedrebbe di buon occhio le truppe dell'invasore. Se l'influenza di Konoha si fosse allargata ai territori del paese del Vento, quello dei Fiumi sarebbe stato quasi una vittima sacrificale scontata, stretto e circondato come si sarebbe ritrovato.
    Quindi non vedrebbe di buon occhio "noi" e potrebbe crearci problemi, anche se sarebbe un comportamento rischioso. Più che altro, potrebbe essere in contatto con Suna o con altri suoi alleati o addirittura esserci esponenti di Suna a Tani: potrebbero riferire della nostra presenza, tracciare la nostra avanzata e sventare la nostra missione. Già la ricerca di una via per infiltrarsi nel Villaggio della Sabbia era di per sé stressante, doversi preoccupare anche di tenere nascoste le loro identità e cambiare aspetto per un villaggio che da Suna distava due giorni di cammino e nel quale contavano di passare appena qualche ora notturna non rientrava particolarmente nelle intenzioni della kunoichi. Nel frattempo, saltò verso dei rami più bassi fino a raggiungere il suolo, dove Shori aveva dichiarato di preferire proseguire. Io preferisco spostarmi a Sud e fermarmi in qualche centro minore, anche se ci vorrà più tempo. Penso di riposarmi fino al primo pomeriggio, fare rifornimento e scorta di quello che mi serve e poi ripartire, per arrivare nel deserto quando il sole sarà quasi al tramonto. Nella sostanza non cambiava nulla, se non che avrebbero dovuto camminare ancora per qualche ora, tre o quattro, a seconda della distanza che le separava dal centro abitato minore più vicino. Tuttavia, non aveva usato il singolare per caso: quella era la sua idea, il suo programma, se Shori non l'avesse condiviso sarebbe stata libera di fermarsi per la notte dove più riteneva opportuno. Non aveva ricevuto ordini particolari in merito: "agirai insieme a" era tutto quanto le era stato riferito sulla propria compagna. Non le era stato affidato il comando della missione, né la guida della squadra. Avrebbero lavorato allo stesso scopo, ma non lo avrebbero dovuto fare per forza di cose insieme, se non fossero riuscite a trovare un punto d'accordo. Ascoltò quanto Shori aveva dire, quindi, a seconda della risposta, si sarebbe organizzata per riprendere il proprio viaggio, alla ricerca di un villaggio di poco conto, di un posto per la notte confortevole.

    Stato
    ChakraFisicoMentale
    150OttimaleNervosa
    Tripla Borsa
    Armi da LancioAccessori
    Kunai (3/3)Torcia luminosa
    Senbon (20/20)Radiolina
    Palla Gelo (5/5)Cimice (3/3)
    Cartabomba (5/5)Filo Metallico (10m)
    Shuriken (15/15)Specchio
    Cerbottana---
    ------
    ------
    Equipaggiamento
    SlotOggettoDescrizione
    Rotolo MinoreBastone MonacoIn borsa
    RotoloKusarigamaZona lombare
    FoderoOmoikaruiFianco sx
    Tasca Suppl.Kunai di Kiri (1/1)Coscia destra
    FasciaVentaglioSchiena
    AbbigliamentoParabracciaIndossati
    AbbigliamentoParastinchiIndossati

    Gilet Kiri
    Armi da LancioAccessori
    Kunai (10/10)Olio Infiammabile (2/2)
    ---Accendino

    Note- Coprifronte legato al collo.
    - Due palle gelo legate ad altrettanti kunai.
    - Una cartabomba legata ad un kunai.
    - Cinque aghi intinti nel Veleno Debole disponibili.
     
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    Adoyama era un piccolo villaggio poco più a nord del centro del Paese dei Fiumi, dove attualmente si trovavano Galatea e Shori. Non era nulla di speciale: il solito villaggetto anonimo e rustico che si poteva trovare un po' d'appertutto, pieno zeppo di gente che si guadagnava il cibo lavorando la terra, o fabbricando oggetti per il mercatino locale, o gestendo qualche modesto negozio. Gente dabbene, insomma. Solitamente non c’erano chissà quanti forestieri, dato che venivano tutti attratti dalla più grande e prosperosa Tanigakure, a qualche ora da quel villaggio. I ninja passavano di rado, molto di rado, sempre per lo stesso motivo. Pochi del villaggio si lamentavano, però: vivere all’ombra di Tanigakure aveva fatto loro comodo, almeno negli ultimi tempi. Adoyama si arricchiva in maniera proporzionale alla più grande città, e nei periodi di festività riusciva ad emanare una sfarzosa allegria, tanto da attirare qualche passante come una falena attratta dalla luce.
    Peccato che quello non era periodo di festa. Tutt’altro. Da quando la notizia della Battaglia di Suna era giunta anche alle loro orecchi, il clima si era tramutato in un nero pessimismo. Il mondo ninja si stava scuotendo di nuovo, e questo non era mai una buona cosa, specie per il loro Paese, che era l’unica strisciolina di terra a dividere il nuovo Impero dalla sua debole preda, Suna.
    Ciononostante, i cancelli di Adoyama, nulla in confronto a quelli ben più possenti di Tani, rimasero aperti. La vita, per loro, continuava, e col passare dei giorni il timore di qualche catastrofe incombente andò via via scemando.
    Fu proprio lì che Shori pensò di fermarsi. Dopo aver concordato con le parole di Galatea, aveva rimesso i piedi a terra e aveva camminato a Sud, per poi imbattersi dopo poche ore in quel villaggio illuminato, unica fonte di luce in un ambiente di freddo e tenebre. A prima vista, sembrava terribilmente piccolo: almeno un terzo di Kiri. E silenzioso, molto silenzioso.
    “Questo dovrebbe fare al caso nostro”, pensò Shori, stringendosi un po’ di più nel suo gilet. Aveva accettato abbastanza di buon grado la decisione di Galatea, sebbene all’inizio fosse stata presa dalla delusione di dover attendere ancora per poter avere un bel letto e magari anche un pasto caldo nello stomaco. Però la Sp. Jounin aveva ragione: passare da Tani sarebbe potuto risultare rischioso. La ragazzina dai capelli neri aveva pensato che loro due sarebbero riuscite senza problemi a non destare sospetti, ma era davvero poco saggio - per dire una parola carina – andare nella tana del lupo solo per risparmiare qualche ora di freddo.
    Ma più di tutti, non fu il ragionamento accorto ciò che interessò e allarmò di più Shori, nel discorso della sua compagna. Era tutto ciò che esprimeva nell’implicito, un significato che solo gli stupidi non potevano cogliere: Galatea non si assumeva l’intera responsabilità della missione. Sebbene superiore di grado, in quel preciso contesto le due compagne sarebbero state di uguale livello. Questa cosa la colpì molto: in un certo senso, le era sembrato naturale che il maggiore in grado avesse il comando, che prendesse le decisioni. E probabilmente il merito era tutto della sua ultima missione, in cui l’enigmatico Kisuke Momochi aveva stabilito per lei delle regole fondamentali, che avrebbe dovuto seguire senza discutere, e tra queste c’era la cieca obbedienza ai suoi ordini. Seguire quella linea di condotta le era sembrato subito giusto e naturale, ma ora, dopo aver ascoltato le parole della compaesana, capì che per Galatea non era così. Le stava dando una scelta: lei sarebbe andata a Sud, mentre Shori avrebbe potuto continuare dove voleva. “Certo, come no” aveva pensato, con un sopracciglia arcuato. “Dividersi mi sembra l’ultima cosa da fare”. Ma non disse tutto ciò. Si limitò a rispondere con un: Spero non vi dispiaccia se mi aggrego. Poi, sentendo come se dovesse aggiungere qualcosa, disse: Non mi pare sia il caso di dividerci. Meglio se rimaniamo insieme durante il viaggio.
    E così avevano fatto: si erano incamminate per i bui cammini del Paese dei Fiumi, finché, tre ore dopo, non si erano imbattuti in Adoyama. A Shori era sembrata troppo piccola – e nei villaggi troppo piccoli l’arrivo di forestieri non passava mai inosservato – ma dubitava che ci fossero ninja, e la stanchezza del viaggio si faceva sentire, per non parlare del freddo. Stranamente, sembrava che il suo zaino pesasse molto di più rispetto alla partenza. Quanto sarebbe distato il prossimo villaggio?
    Come se il cielo stesso stesse suggerendo loro di accamparsi a Adoyama, iniziò per giunta a piovere. Non erano grosse gocce, né cadevano con molta intensità, ma comunque abbastanza da infradicialre tutte e due, se non avessero trovato riparo nell’immediato. Fermiamoci là, fece Shori, sperando che la sua voce non sembrasse così lamentosa e implorante quanto la sentiva lei. Erano ancora distanti una decina di minuti, quando la ragazzina unì le mani a formare un semplice Sigillo. Henge!
    Henge No Jutsu; Tecnica della Trasformazione
    HengeNoJutsu-TecnicadellaTrasformazione_zps5e07cdd0
    Villaggio: Tutti
    Livello: E
    Tipo: Ninjutsu
    Grazie a questa tecnica il Ninja potrà assumere l'aspetto d'una qualsiasi persona o oggetto, ma il peso e le dimensioni reali dell'utilizzatore rimarranno invariate e non potrà trasformarsi in nulla di più piccolo d'un cucciolo di cane ne tantomeno nulla di più grande d'un orso.
    Siccome la tecnica non cambia anche il peso dell'utilizzatore, bisogna fare attenzione. Ad esempio sarà si possibile tramutarsi in uno Shuriken Gigante, ma di certo lanciarne più di uno nello stesso turno sarà impossibile per via dell'immenso sforzo richiesto per lanciare un soggetto che pesa dai 50 kg in su. Eventuali armi possedute dal soggetto saranno utilizzabili solo se non camuffate tramite questa tecnica. Questa è considerata la tecnica di livello E più difficile da apprendere, difatti solo un Genin molto abile sarà capace di replicare alla perfezione l'aspetto di qualcuno mentre inizialmente sarà possibile ad un occhio attento notare diverse imperfezioni.
    La tecnica si dissolve dopo aver subito un danno lieve.
    Consumo: 1 (A Turno)

    D’improvviso, la figura minuta e scura della kunoichi sarebbe scomparsa agli occhi del mondo, celata sotto i panni di una ragazza più matura e decisamente meno armata.
    Le “mura” – se così potevano essere chiamate – sembravano delle barricate di legno con un portone. Chiuso. Non c’era alcuna guardia all’esterno. Con una prima esitazione, provò a bussare forte.
    C’erano due guardie dietro il portone. Con voce raspante chiesero chi erano, che affari li portavano lì e dov’erano diretti. Shori si sentì lievemente irritata da tutta quella diffidenza – anche se comprensibile – ma il fastidio delle gocce negli occhi non favorivano la sua sensibile empatia. Comunque, non fu difficile venir fuori con qualche bugia di poco conto: erano diretti a Sud, verso Komen, dove c’erano alcuni loro parenti, e avevano bisogno di un posto dove passare a notte. Non si sentì poi in dovere di ulteriori spiegazioni.
    Una gattaiola, posizionata a parecchi centimetri sopra la testa di Shori, si aprì con un cigolio, e da lì spuntarono un paio di grandi occhi verdi. Poi, veloce come era stata aperta, la gattaiola si chiuse, e il portone si aprì. I due uomini si fecero da parte, lasciando passare mentre si prodigavano in scuse per la loro maleducazione. Si offrirono anche di indicare loro la locanda più vicina, qualcosa di modesto ma confortevole, e non particolarmente caro.
    Sinceramente, Shori si sarebbe anche fatta bastare il luogo più squallido che quel buco poteva offrire: l’importante era ripararsi dalla pioggia e posare tutto quel metallo che si portava appresso. Ringrazio le due guardie, e, seguendo le loro indicazioni, si diresse verso la locanda Fiume Lungo.
    Quella notte, la locandiera prenotò due camere singole, e avvertì che era rimasta ancora della zuppa calda, se ne volevano un po’. Ma a Shori era completamente passato l’appetito: chiese invece se avesse a disposizione degli abiti di ricambio da poterle dare – ovviamente non gratis. E così, senza tanti complimenti, Shori si congedò e salì le scale per entrare nella sua camera.
    Il suo piano ideale sarebbe stato questo: via la Henge, via gli abiti bagnati e tutte quelle pesanti armi, una bella doccia rilassante e poi a nanna. Ovviamente, non fu così. Aveva fatto appena in tempo a rilasciare la Henge, levarsi di dosso lo zaino, il bastone, la Omoikarui e la borsa portarmi che la porta venne attraversata da un essere trasparente e intangibile. Borei fece un sorriso smagliante, portandosi due dita giunte alla fronte, a mo’ di saluto. We, salve!
    Oh cavolo, fece Shori a bassavoce, coprendosi gli occhi con due dita. Mi stavo dimenticando di te…
    Questa non è una cosa carina da fare.
    Taci, su. Vieni qua, ho tutto un discorso da farti. E ho anche un bel compito per te.
    Borei fece come gli era stato detto, avvicinandosi e cascando giù per terra mentre sospirava: Immagino che questo compito non coinvolga donzellette mezze nude, vero? Ahimè…
    La ragazzina lo riportò all’ordine, e brevemente gli spiegò la situazione, ciò che aveva in mente di fare e ciò che lui avrebbe dovuto fare. A fine discorso, lo spettro si grattò il naso. Fammi capire… non avete ancora idea su come entrare a Suna?
    Shori annuì. Io avevo pensato a qualche sorta di diversivo, ma non so che genere di cose possa distrarre abbastanza le guardie da poter passare, senza tuttavia mettere in allarme il Villaggio. A me sembra una cosa impossibile, specie se hanno messo su qualche tipo di barriera percettiva. Però, oggettivamente, ci farebbe comodo sapere esattamente come è messa Suna prima di tentare qualsiasi cosa. E' per questo che ho bisogno di te, che raggiunga il Villaggio prima di noi e fare una ispezione il più dettagliata possibile. Se riesci, fatti aiutare da qualche ninja di Kiri o dell’Impero che sono caduti nella Battaglia. Scommetto che qualcuno è rimasto lì.
    Borei era pensieroso, e si grattava il naso con forza. Poi, tutto d’un tratto, disse: E perché non i cloni?
    Shori strabuzzò gli occhi. Eh?
    I cloni, ripeté lui come se stesse parlando con una ritardata. Il tuo diversivo, no? Ci fate un paio di cloni, li mettete in bella vista che si avvicinano alle mura, le guardie fanno tutto un “Oh, ehi, ci attaccano! Waah, buuh!” tutti si ammucchiano lì e voi passate sotto le sembianze di animali.
    Ma sei tutto scemo? Fece Shori, arrossandosi in viso. Cosa non capisci del “non mettere in allarme il Villaggio”? E poi sarebbe un diversivo troppo evidente! I cloni scompaiono quando vengono colpiti anche lievemente, genio. Le guardie di Suna capirebbero tutto in un secondo.
    Non c’è bisogno che i cloni ingaggino uno scontro. Fate sembrare come se foste di passaggio, o meglio ancora delle stupide bamboccione che si sono orientate male e sono finite un po’ troppo vicino a Suna… e fate ritirare i cloni non appena c’è un po’ di trambusto. Così le guardie sono state distratte, e per giunta soddisfatte per aver fatto scappare il nemico a gambe levate. E voi entrate abbastanza tranquillamente a Suna.
    Shori lo fissò. Il piano non era poi così insensato… considerando specialmente che era stato creato dalla mente di Borei. Quest’ultimo, in quel momento, sembrava gustarsi un momento di gloria. Be’… comunque rimane il fatto che Suna potrebbe allarmarsi dopo una cosa del genere, provò a bofonchiare la ragazzina, più per il desiderio di averla vinta che altro.
    Ma lo spettro si limitò a stringersi le spalle. Mia carissima micetta… anch’io vorrei tanto assaggiare quella squisita zuppa che tu hai rifiutato poco fa, ma non si può ottenere tutto dalla vita. E con quella frase – che sembrava proprio una frase ad effetto – Borei si alzò e sparì nella porta, proprio come era arrivato. Shori rimase immobile ancora per qualche minuto, seduta a pensare, poi si alzò, si spogliò, fece la sua sacrosanta doccia e, una volta asciutta per bene, si infilò nel futon e poco dopo sprofondò in un sonno agitato.

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    Cartabomba Fasulla x4Accendino
    Equipaggiamento
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    FasciaBastoneSchiena
    FoderoOmoikaruiFianco destro
    AbbigliamentoGuanti RinforzatiIndossati
    AbbigliamentoParastinchiIndossati
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    Bomba Carta x2Radiolina
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    Tre kunai con attaccate cartabombe; altri tre kunai con attaccate cartabombe fasulle
     
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    Portò la mano sotto il getto d'acqua. Il rubinetto era aperto quasi al massimo e il liquido fuoriusciva con forza, sollevando schizzi tutt'intorno la griglia di scolo. Era gelida, al punto che le dita persero di sensibilità. Poco sopra il rubinetto una targhetta riportava la scritta "Potabile", tuttavia si era sentita sicura solo dopo aver visto una madre di famiglia portare lì la figlia per bere. Riempì fino all'orlo una borraccia, poi una seconda e una terza. Le richiuse per bene. E adesso dal signor Igawa. Costui gestiva una rivenditoria "fornitissima", a detta di chi glielo aveva consigliato, e avrebbe trovato prodotti che nemmeno poteva aspettarsi. Era un locale piccolo, si erano premurati di sottolineare, ma organizzato con meticolosità, in modo da stiparci più di quanto chiunque sarebbe stato in grado. Galatea era in cerca di provviste e di provviste non proprio all'ordine del giorno, a causa del viaggio proibitivo che si apprestava a compiere, per cui aveva inserito quel signor Igawa nella lista degli appuntamenti. Il deserto era un ambiente ostile: offriva poco o nulla a chi vi si avventurasse e bisognava anche sapere cosa e come cercare. Lei però non era lì per una settimana di sopravvivenza estrema: doveva solo attraversare chilometri e chilometri di dune sabbiose, il più rapidamente possibile. Come doveva programmare la traversata? Tenendo conto di almeno due tappe, nelle rispettive oasi che le erano state indicate? O doveva prepararsi per una cavalcata diretta a Sunagakure? Non sapeva nemmeno se avrebbe trovato delle cavalcature, per facilitarsi il viaggio. Però non poteva caricarsi di provviste come una mula, né sognava di arrivare fino a Suna con una scorta di appena tre borracce d'acqua. Una tappa era d'obbligo, quadrupede o meno al servizio, sperando di trovare delle oasi ancora in condizioni vivibili. Cibi secchi erano l'ideale per la lunga conservazione, altri alimenti sarebbero deperiti rapidamente nel clima arido e cocente del deserto: carne essiccata o anche affumicata - anche se la sapidità era un bel rischio, per chi doveva centellinare le scorte d'acqua - formaggi stagionati, frutta secca o disidratata, gallette o crostini, questo avrebbe cercato Galatea. Trovò delle pizzette molto sottili, acqua e farina, una sorta di sfoglia di pane che avrebbe fatto al caso suo, in pacchi da quattro. Per reintegrare liquidi e zuccheri sarebbe stato magnifico portarsi con sé della frutta fresca, tuttavia peso e conservazione erano un problema: si limitò ad acquistare dei datteri, quelli non avrebbero dato problemi. Tutto era pensato per non dover ricorrere a falò o focherelli provvisori, con la prospettiva che la notte non sarebbe stata passata all'addiaccio. Certo che il signor Igawa era proprio fornitissimo: su uno scaffale c'erano anche delle fialette in vetro, a chiusura ermetica, di odori e coloranti alimentari per dolci. Ne prese quattro, le sarebbero servite anche quelle. C'erano delle garze sterili? Terzo negozio dopo l'angolo, le avrebbe trovate lì. A mezzogiorno era di ritorno alla locanda Fiume Lungo, seguita ed accolta da sguardi curiosi. Per una volta, non erano dovuti alla sua capigliatura così insolita, bensì all'enorme ventaglio che portava dietro la schiena e alla lunga veste bianca che le copriva il corpo: era il vestiario tipico delle popolazioni del deserto che le era stato consegnato prima della partenza. Era ampia - forse una taglia maggiore rispetto alla sua - e perfetta per celare rotolo e borsa e tutti quegli accessori che l'identificavano come kunoichi. Per il fodero dell'Omoikarui era dovuta ricorrere a qualche aggiustamento - l'aveva fissato ben saldo alle cinture che portava in vita in modo che scendesse verticalmente dal fianco, senza oscillare obliquo ad ogni passo: era un po' scomodo, ma almeno nessuno si sarebbe accorto della sua presenza. Del Ventaglio, invece, non s'era preoccupata.
    «Lo ha portato con sé?» l'accolse un'invasiva tenutaria dell'attività.
    Sì, sa... non che non mi fidi, ma preferisco averlo sempre con me. È un oggetto prezioso, è fatto tutto a mano.
    «Lo ha fatto davvero lei?»
    Le sembra così incredibile? sorrise di rimando Galatea.
    «E perché proprio questa forma?»
    Sa... in famiglia si dice sempre di questo antenato molto famoso per la sua abilità nel creare ventagli. È diventato un po' il simbolo di famiglia e ho pensato fosse un bel pensiero, dopo tanto tempo. Ho solo cercato di non esagerare con le decorazioni... e voltò gentilmente la schiena perché la donna potesse soddisfare la propria curiosità e dare il proprio - ovviamente positivo, per mera cordialità - parere. Quando il discorso cadde nel vuoto e parve naturale cambiare argomento, Galatea chiese: È tanto distante il confine con il Paese del Vento da qui?
    «Sei-sette ore di cammino. È preoccupata per quello che sta accadendo? Lo siamo un po' tutti, però Suna è lontana. È per questo che indossa quell'abito?»
    sorrise con finto imbarazzo la Special Jounin. Pensavo la vicinanza del deserto si facesse sentire di più...
    «Oh, no, il paesaggio cambia in fretta, nei nostri confini» la salutò la donna, attirata da un altro cliente, in mente probabilmente l'idea che quella giovane fosse un po' tocca. Meglio così, rifletteva Galatea, in particolare su quelle sei-sette ore di cammino. Partendo subito dopo pranzo sarebbe stato perfetto, riportando tutto ai tempi di un Ninja della Nebbia. Tornò in camera, si spogliò degli impicci e prese le quattro fiale di vetro: le vuotò, sciacquò con cura e asciugò. Con un kunai, quindi, incise la pelle dell'avambraccio sinistro: scelse un punto che non avrebbe sanguinato troppo a lungo e che non inficiasse sull'utilizzo dell'arto. Dalla pelle sgorgarono rivoli di liquido cremisi. Inclinò il braccio e, tenendo le fialette con la destra, le riempì ognuna di sangue fino a circa la metà. Ad opera completata infilò la ferita sotto l'acqua ghiacciata, fino ad esaurimento della fuoriuscita di sangue, ripulì e sistemò le fialette, dopo averle chiuse accuratamente, e si fece portare del disinfettante e del cicatrizzante: nel deserto, con il calore estremo e la sabbia infame, quella ferita poteva rivelarsi più pericolosa di quanto non fosse, per cui aveva intenzione di trattarla con le maniere forti. Applicò una fasciatura stretta e precisa con le garze. A posto così, si disse, infilando disinfettante e cicatrizzante nella borsa: erano quasi finiti, tanto, nessuno avrebbe pianto la loro sparizione. E dopo pranzo, così come aveva programmato, il villaggio di Adoyama era ormai solo un ricordo alle spalle della kunoichi: si era diretta a Sud, dove era logico puntasse per raggiungere quei presunti parenti, per una buona mezz'ora, tempo che le mura di Adoyama sparissero all'orizzonte e si fosse premurata di non avere occhi indiscreti che ancora ne seguivano la figura. Di nuovo sola nelle foreste del Paese dei Fiumi, poteva finalmente raggiungere il suo reale obiettivo, nonché prima reale angoscia di quella missione: la sconfinata landa desertica del Paese del Vento. Non prima di un'ultima operazione. Si fermò in riva di un fiumiciattolo ridente che le attraversava il cammino, sollevò la manica sinistra della veste e scoprì la ferita: le garze erano macchiate di qualche goccia di sangue e del rosso purpureo del cicatrizzante. Liberò la pelle dalla fasciatura e sciacquò la ferita nelle acque del torrente: pareva essere in buone condizioni, nessuna traccia di pus o infezione. Applicò nuovamente disinfettante e cicatrizzante, per accelerare l'opera di sutura del taglio, e fasciò con garze pulite. A medicazione terminata si portò ai piedi di un salice, si liberò di Omoikarui, Ventaglio, rotolo e coprifronte. Borse, gilet e tasca posso pure lasciarle concluse, dopo qualche attimo di riflessione. A quel punto incrociò le dita davanti al petto.
    Kage Bunshin no Jutsu - Tecnica dei Cloni d'Ombra
    KageBunshinnoJutsu-TecnicadeiClonidOmbra_zps3e5ab90d
    Villaggio: Tutti
    Livello: B
    Tipo: Ninjutsu
    Tale tecnica è più avanzata rispetto alla Bunshin no Jutsu, infatti consiste nella creazione di copie dotate di consistenza fisica e in grado di provocare danni reali. I cloni svaniscono in una piccola nube di fumo non appena vengono feriti, quando l'utilizzatore decide di annullarli oppure quando non ha più chakra. Il vero punto di forza però è che i cloni, non appena vengono annullati, trasferiscono tutte le conoscenze e le capacità acquisite al proprietario, che esse siano informazioni segrete o conoscenze riscontrate durante un allenamento. Questi cloni hanno la facoltà di utilizzare qualsiasi Abilità o Jutsu.
    - Il Chakra utilizzato dai cloni viene ovviamente scalato dall'originale e si dissolvono se subiscono una qualsiasi forma di ferita.
    Il clone gode in tutto e per tutto dello stesso equipaggiamento dell'originale, a partire dagli indumenti fino agli oggetti di natura metallica. Fanno eccezione Armi Leggendarie ed oggetti monouso come Carte-bomba e Kit di Pronto Soccorso.
    Consumo: 8 (A Clone)

    Apparve davanti a lei un clone, lunga veste desertica a coprirle il corpo, la divisa da missione, il gilet del Villaggio e le poche armi che la Special Jounin aveva ritenuto opportuno lasciargli in dotazione. In silenzio, consegnò al clone due delle fialette contenenti sangue, infilandole nello stretto taschino sul pettorale del gilet, dove non sarebbero state sballottolate, e si fece consegnare le quattro fialette che erano state duplicate alla creazione del Bunshin. A posto così.
    Tanto mettiamo a conto ai geni imperialisti mormorò, in segno di congedo. Il clone guadò il torrente e si allontanò nella foresta. Galatea, invece, si rivestì delle armi che a lei sarebbero servite - anche se la speranza era che rimanessero del tutto inutilizzate ancora per lungo tempo - e si mosse in direzione differente, verso destra rispetto alla direzione presa dalla copia. Iniziò a correre e poi a saltare di ramo in ramo verso Ovest, con la veste bianca che svolazzava disordinata intorno alle caviglie. Il confine era a sette ore di cammino, circa la metà per un Ninja in corsa, aveva calcolato Galatea. Il che significava arrivarvi intorno alle cinque del pomeriggio, quando ormai, in virtù della stagione, il sole era più vicino all'orizzonte che allo zenit; non sarebbe stato il massimo - l'ideale era muoversi all'alba, tra le dune - ma sicuramente più sopportabile. E ad un calcolo approssimativo dalla mappa, la prima oasi era altrettanto distante, una volta superato il confine: non ci sarebbero volute appena tre ore, in buona approssimazione, ma in quattro e mezza potevano farcela. E quindi la previsione era di essere in un centro, almeno un tempo, abitato entro le nove di sera o poco più tardi, dove affrontare le gelide notti desertiche in attesa dell'alba, per partire alla volta della seconda oasi. Se potessimo procurarci dei cammelli da carovana sarebbe tutto più semplice si augurò, senza però sapere dove poter realizzare il suo sogno. Meglio pensare a quelle prime tre ore di cammino, per il momento, al resto ci avrebbe pensato poi. Tre ore, tuttavia il paesaggio mutò drasticamente molto prima: dopo due ore di avanzata, era ormai giunta ai margini della foresta. Era sbucata su quello che aveva scoperto essere un altopiano, con panorama su una distesa rocciosa rossastra. In basso, si scorgeva l'ultimo vessillo di quella terra, il Paese dei Fiumi: un corso d'acqua che scorreva verdastro verso Nord. Era il preludio a quanto si poteva facilmente scorgere più in là, spostando lo sguardo verso l'orizzonte: sabbia bruciata, arida, una distesa sconfinata monocolore. Il deserto. Laggiù in fondo l'aria, a ridosso del suolo, pareva translucida e densa, quasi vibrante; ora pareva argentea, ora azzurrina, come fosse un'immensa distesa d'acqua arroventata dal sole. Miraggi. Un effetto ottico. Ti fa ben sperare e invece... Galatea estrasse dalla borsa a sacca un secondo indumento gentile concessione dei suoi superiori, che completava la divisa: una cappa da indossare sul capo, avvolgeva la testa e il collo e scendeva sulle spalle. Proteggeva la testa da insolazioni e colpi di calore e gli occhi dai raggi furenti del sole. Galatea la sistemò in modo da coprire interamente anche bocca e naso, in modo che solo gli occhi fossero visibili, ma rimanessero sempre all'ombra. Poteva sembrare soffocante, ma sarebbe stata la salvezza. E per una che aspira ad una maschera non può essere un problema. Era pronta, credeva di essere pronta al suo primo incontro ravvicinato con il deserto. Spostò lo sguardo sul territorio ai piedi dell'altopiano, da Nord a Sud. Niente che indicasse una presenza umana, una possibilità di acquistare, prendere in prestito o pure rubare, a buon bisogno, un cammello?

    Stato
    ChakraFisicoMentale
    150-8=142- Ferita da taglio lieve all'avambraccio sinistro, dolore nulloBuono
    Tripla Borsa
    Armi da LancioAccessori
    Kunai (3/3)Torcia luminosa
    Senbon (20/20)Radiolina
    Palla Gelo (5/5)Cimice (3/3)
    Cartabomba (5/5)Filo Metallico (10m)
    Shuriken (15/15)Specchio
    Cerbottana---
    ------
    ------
    Equipaggiamento
    SlotOggettoDescrizione
    Rotolo MinoreBastone MonacoIn borsa
    RotoloKusarigamaZona lombare
    FoderoOmoikaruiFianco sx
    Tasca Suppl.Kunai di Kiri (1/1)Coscia destra
    FasciaVentaglioSchiena
    AbbigliamentoParabracciaIndossati
    AbbigliamentoParastinchiIndossati

    Gilet Kiri
    Armi da LancioAccessori
    Kunai (10/10)Olio Infiammabile (2/2)
    ---Accendino

    Note- Coprifronte legato al collo.
    - Due palle gelo legate ad altrettanti kunai.
    - Una cartabomba legata ad un kunai.
    - Cinque aghi intinti nel Veleno Debole disponibili.
     
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    Basil riceve una missione di livello A, 500 e il seguente premio (controlla il testo perché l'abbiamo modificato rispetto alla precedente versione in Armeria):

    K16B0_zps2a7211f0
    Colore: Verde
    Dito: Mignolo sinistro
    Proprietà: Rigenera dopo un turno una singola ferita Media, fino a tre volte per ogni Duello o Missione, oppure dopo due turni una singola ferita Medio-grave, fino a due volte per ogni Duello o Missione.

    A livello di trama, la missione sarà come se completata nella maniera che preferisci. L'anello l'hai ottenuto durante questa missione nella maniera che preferisci, che può essere casuale oppure no. Per gli archivi, ricorda solo di menzionarlo durante la fase successiva dell'Evento. Nell'attesa che le altre missioni finiscano hai diritto a svolgere normali missioni, ambientate cronologicamente prima dell'inizio dell'Evento.
     
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