Casa Supaku Handoru

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  1. Supaku
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    Alzò lo sguardo. Era in ginocchio sul tetto del palazzo, il vento passò soffiando sabbia tra di loro. L'attesa era palpabile, ma nessuno dei due fece la prima mossa. I loro occhi si incontrarono ancora una volta e, in quel silenzio, cento parole che non furono dette, passarono nelle loro menti. Supaku si rialzò in piedi. Ogni respiro era una leggera sofferenza, ma il vuoto rendeva tutto più semplice, spingeva il dolore lontano, spingeva la rabbia in un angolo e ti permetteva di vedere tutto con più logica. Fu difficile trattenersi dall'istinto di attaccare selvaggiamente la kunoichi, però riuscì a mantenere il controllo.
    Si alzò in piedi, le mostrò che non aveva paura, che non avrebbe ceduto per così poco. Il kunai era ormai troppo lontano da lui, lo dimenticò almeno per il momento. Avrebbe combattuto solo con il suo vento, come aveva sempre fatto e, fino ad ora, se l'era sempre cavata. Si mise in posizione, il piede sinistro si portò avanti, mentre quello destro indietreggiava, il fianco ruotò leggermente mentre si metteva di lato rispetto al suo avversario, la mano sinistra alzata davanti al viso, il palmo rivolto verso l'esterno, la mano destra raccolta accanto al fianco, il palmo aperto, le dita chiuse, rivolto verso il nemico.
    Chiamò il vento, come aveva sempre fatto, come avrebbe sempre fatto, non erano necessari sigilli, il vento era una parte di lui, lo poteva sentire, lo poteva assaggiare, annusare, era là accanto a lui, sopra e sotto, era dappertutto, bastava essere capaci di raccoglierne abbastanza in un unico posto per sollevare il mondo. L'aria si raccolse nei suoi palmi, mentre nell'attimo di un secondo i suoi occhi si chiudevano, sprofondando nel buio del vuoto. La sua memoria visiva si attivò, rivide nella sua mente il terrazzo. Visualizzò la posizione della kunoichi, la sua, quella del kunai, quella della porta di servizio, i piccoli camini sulla sinistra, la casetta di legno di un gatto sul tetto accanto, era tutto là, bastava ricordarselo.
    Si mosse.
    Era più un fluire leggero, la spinta leggera del vento intorno a lui lo aiutava, proteggendolo e guidandolo. Fletté le gambe e spiccò un salto. In quel momento aprì gli occhi, mentre si alzava in aria, il bacino girava assecondando i suoi desideri, la prima sfera d'aria lasciò il sul palmo sinistro mirando verso la shinobi, il contraccolpo lo fece girare lievemente su se stesso, ma quando anche il palmo sinistro liberò la sua sfera, la sua posizione si raddrizzò. Atterrò e caricò. I suoi passi echeggiarono sulla pietra gialla dell'edificio, sollevando la sabbia che vi si depositava durante le tempeste di vento che in quella città erano così frequenti. La shinobi era riuscita ad evitare entrambi i proiettili ma quello lo lasciò completamente indifferente, nel vuoto non c'era tempo per il rimpianto o la delusione, c'era solo la prossima mossa. Mentre avanzava raccolse altro vento nei suoi palmi, pronto a colpire di nuovo.
    Lui adesso era veloce, molto veloce, il suo palmo destro si distese in avanti rilasciando un'altra sfera d'aria, la shinobi non riuscì ad evitarla completamene stavolta, una spinta sull'anca destra la sbilanciò il tempo per dare a Supaku un'apertura. La kunoichi provò a colpirlo di nuovo con il palmo della mano aperto, come aveva fatto prima. Sentì di nuovo il ricordo della sua mente dell'impatto precedente, le costole gli facevano ancora male, ma stavolta non si sarebbe fatto colpire, no, non di nuovo. Si lanciò in avanti con il corpo in quello che poteva sembrare un tuffo, il palmo della shinobi gli passò a pochi centimetri dalla nuca, sentì l'aria sollevarsi tra i suoi capelli mentre scivolava in avanti. Protese il palmo sinistro verso il fianco della donna accanto a lui e rilasciò la seconda sfera d'aria. L'impatto fu violento, sbalzando entrambi in due direzioni differenti di un paio di metri, anche se la shinobi andò più lontano. Supaku atterrò malamente, ma il vuoto resse e il dolore non riuscì a fermarlo. Tentò con una mezza capriola di rimettersi in piedi. Si voltò rapidamente, raccogliendo altro vento nel suo palmo, pronto a colpire di nuovo, pronto a sbalzare la shinobi fuori dal tetto. Alzò la mano destra pronto ad accumulare altro vento.
    Il freddo acciaio sulla sua pelle lo avvertì che un altro passo lo avrebbe portato alla morte.
    Rilascialo. gli ordinò la kunoichi. Obbedì, non c'era altro da fare, aveva giocato la sua carta migliore. Aveva perso, ma non si sentiva deluso o sconfitto. Il vuoto dentro di lui non glielo permetteva, ma non sentiva neanche la solita sensazione di conflittualità che lo accoglieva ogni volta che manteneva il vuoto in battaglia. Quella lotta continua tra i sentimenti che si risvegliavano nella battaglia e la ricerca della mancanza di emozioni, che lo sfiniva quasi sempre mentalmente. Era forse perché aveva evocato il vento? Si sentiva sereno ogni volta che lo faceva, come se nessuno potesse toccarlo, come se per un attimo ogni cosa in quel mondo malato e corrotto scomparisse. In quei momenti c'era una sola cosa che contava, il vento e nient'altro. Con il vento nelle sue mani e la calma del vuoto nel suo animo era pronto ad affrontare qualsiasi cosa.
    Il kunai si allontanò dal suo collo.
    Maledizione a te, ragazzo. Quell'ultimo colpo l'ho sentito. disse la kunoichi allontanandosi da lui e reggendosi il fianco dolorante, si andò a sedere su uno dei piccoli camini quadrati che spuntavano del tetto, erano pochi e la maggior parte di loro non veniva mai usata, però erano un ottimo posto per sedersi. Non per meditare nella posizione del loto però, lui ne aveva scoperto la scomodità dopo ore e ore passate a meditare, il pavimento liscio era due volte meglio. Supaku si girò verso di lei, le mani distese lungo i fianchi, in attesa.
    La shinobi lo guardò divertita.
    Va bene, devo ammettere che sei stato bravo. La tua dimestichezza con quella tecnica è impressionante, non per questo però puoi andare a giro sui tetti svegliando la gente che dorme senza un motivo.
    Supaku la guardò, il volto impassibile che non tradiva nessuna emozione.
    Non me ne può importare di meno di quelli che dormono. Io devo allenarmi, un giorno sarò un grande shinobi. Devo allenarmi per migliorare, e questo è l'unico modo che conosco.
    La kunoichi sorrise di nuovo.
    Inutile negare che siamo arrivati ad un impasse, non trovi? Tu devi continuare ad allentarti, mentre io voglio che tu smetta di correre sui tetti a svegliare la gente. Almeno sarei una cattiva shinobi se non te lo impedissi. Tu non puoi smettere perché l'unico modo per allenarti che conosci è questo.
    Supaku rimase in silenzio. Nessuno parlò per un paio di secondi. Il vento soffiò altra sabbia sul tetto, stavolta però questa scivolò fuori dal bordo, cadendo in strada.
    Hai famiglia?
    Supaku non rispose.
    Capisco. Beh, a quanto pare quello che ti serve è un sensei che ti tenga lontano dai tetti abitati e ti insegni nelle ore del giorno.
    Non avrebbe mai potuto trovare un sensei, molti volevano essere pagati e lui non aveva soldi.
    Non posso permettermelo. La shinobi rise di gusto, nonostante il suo sguardo duro, era molto attraente quando sorrideva, tutte le donne lo erano quando sorridevano. Supaku cominciava ad accorgersene solo ora ma non aveva tempo per farci eccessivo caso, aveva troppe cose a cui pensare.
    Chi ha detto che devi permettertelo? Ci sono ancora alcuni shinobi in questo mondo, che non desiderano essere pagati, anzi, alcuni considerano l'addestramento di un giovane apprendista già un onore di per sè, grazie alla fama che quest'ultimo lascerà nel mondo. Crescendo la fama di uno shinobi cresce anche la fama del suo maestro, perché è lui che gli ha insegnato tutto ciò che sa.
    La ninja sorrise.
    Cosa vorresti...
    Domani sera, quando il sole è appena tramontato, su questo stesso tetto. Comincerà il tuo addestramento, con me. Disse la kunoichi alzandosi e avviandosi verso la cornice del tetto. Si girò un attimo, come se si fosse appena ricordata una cosa.
    Ah, mi chiamo Reiko.
    Il mio nome è Supaku Handoru, è un piacere conoscerti Reiko.
    Sensei, per te è Reiko sensei, o solo sensei. disse la shinobi prendendolo in giro. Si voltò e scomparve così come era avvenuta.
    Supaku rimase per molti secondi a fissare il punto vuoto in cui, pochi attimi prima, stava la sua nuova sensei.


    Edited by Supaku - 18/4/2012, 13:13
     
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