Casa Supaku Handoru

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  1. Supaku
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    03. La Gioia dell'Attesa.



    Supaku arrivò sul tetto nel tardo pomeriggio. Una parte di lui ancora si rifiutava di credere di aver trovato una sensei mentre un'altra non voleva cadere in preda all'eccitazione o alle false speranze. Fu con questo conflitto che arrivò sul tetto e fu con questo conflitto che decise di allontanarsi su un tetto vicino. Non voleva dare l'impressione alla sensei che la stesse aspettando con ansia.
    Atterrò pochi isolati più in là e rimase seduto sul bordo del tetto, osservando il sole calare all'orizzonte, le gambe sospese nel vuoto della grande città che era Suna.
    Mentre aspettava nella sua mente si affollarono centinaia di presupposizioni. La ninja si chiamava Reiko, non gli aveva detto altro di lei, solo il suo nome. Analizzando con calma e distacco i ricordi della sera precedente riuscì a realizzare che Reiko non doveva avere più di ventidue anni. Era stata straordinariamente brava nel suo scontro, aveva utilizzato solo due tecniche ed era riuscita a tenergli testa senza neanche scomporsi eccessivamente. Il colpo di palmo che gli aveva assestato sul petto doveva essere obbligatoriamente stato rafforzato con il chakra, nessuna ragazza avrebbe potuto avere una tale forza. Ancora gli facevano male le costole se prendeva respiri molto profondi.
    Osservò i suoi piedi penzoloni. Finalmente avrò una sensei, qualcuno che potrà insegnarmi. sentì una punta di eccitazione dentro di sè ma tentò di sedarla immediatamente, da tempo aveva imparato a non illudersi troppo, anche le certezze della vita potevano sparire in pochi secondi in quel mondo.
    Non era ancora detto, molto probabilmente la shinobi voleva soltanto prenderlo in giro e quando si fosse presentato sul tetto di notte avrebbe aspettato invano per ore senza che nessuno apparisse. Una parte di lui era terrorizzato da questa prospettiva. Una parte di lui avrebbe voluto che girasse i tacchi e corresse subito in quel buco sottoterra che era il suo appartamento, senza uscire mai più, se una cosa del genere si fosse verificata.
    Aveva rilasciato il vuoto quella mattina, provando a godere delle sensazioni della giornata. Da troppo tempo ormai gli era capitato di essere immerso nel vuoto troppo a lungo, quella che stava diventando una tecnica di meditazione per la guerra si stava trasformando nel suo stato naturale. Fu proprio allora, al pensiero che la donna potesse tirargli un brutto scherzo come quello che scivolò istintivamente verso vuoto, ancora una volta.
    Si rifiutò di pensarci troppo, in questi casi il vuoto e la meditazione tornavano molto utili. Chiuse gli occhi e si rilassò, concentrandosi nel vuoto dentro di lui e annullando ogni cosa intorno a sè. La meditazione non è mai una cosa fine a se stessa, uno stato d'animo, è più un attimo in cui la mente è a la ricerca di qualcosa dentro l'animo, una investigazione nei meandri più oscuri dell'essere, una ricerca verso qualcosa di inafferrabile. Proprio in quella ricerca la mente raggiunge lo zen, la illuminazione. Lui non cercava l'illuminazione, lui cercava il vuoto dentro di sè, ma spesso era facile scivolare alla ricerca.
    Non sapeva mai cosa cercava dentro di sè con così tanto ardore. Quella meditazione era una tecnica che gli era stata insegnata tanto tempo fa, da dei monaci che vivevano sul confine tra il paese del Vento e quello della Terra. Loro lo avevano accolto quando si era presentato alle loro porte sfinito e moribondo, loro gli avevano insegnato l'arte della meditazione per calmare i suoi sentimenti e imparare a gestire gli incubi della sua guerra.
    Lui aveva fatto di quella meditazione il suo punto di forza, il suo scudo contro il mondo, adesso riusciva a cadere nel vuoto anche durante il combattimento, privandosi di ogni emozione, era però difficile mantenerlo a lungo, doveva fare molta più pratica.
    Era durante la sua meditazione che riusciva ad avere la sicurezza sufficiente per pensare alla sua famiglia, a quello che era successo a quello che ancora non capiva, al giorno in cui il suo villaggio era stato attaccato.
    Senza neanche volerlo i suoi pensieri si ritrovarono a vagare di nuovo nel passato, e la sua mente scivolò indietro a quel giorno di primavera in cui i ciliegi in fiore vennero macchiati di sangue. I ricordi affiorarono come un fiume in piena mentre le emozioni di quel giorno lo investivano senza che riuscisse a fermarle.
    Lui stava giocando nel giardino della tenuta di suoi padre quando accadde. Se lo ricordava ancora, aveva sette anni e stava giocando con il suo cane, Poci, nel giardino di casa.


    Edited by Supaku - 28/10/2012, 21:18
     
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