Casa Supaku Handoru

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  1. Supaku
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    04. Ricordi del Passato.



    Corri Poci, corri! Disse urlando al piccolo cucciolo dal manto grigio. Stavano correndo nel prato verde poco distante da casa, lui correva avanti, con un grosso sorriso stampato in faccia, il cane lo seguiva subito dietro con la lingua al vento, scodinzolante come un matto. Stava ridendo. Si fermò di scatto e raccolse un legnetto caduto da un albero lì vicino, si girò verso il cucciolo e lanciò il legnetto lontano.
    Poci, prendi! urlò felice mentre il cane si gettava all'inseguimento del pezzo di legno. Era una bella giornata, le poche nuvole nel cielo era limpide e bianche come il latte, non tirava molto vento e nell'aria si era sparso l'odore del polline che annuncia l'arrivo della primavera.
    La città dove abitavano era famosa per i propri ciliegi in fiore, alberi stupendi, che dispensavano centinaia di fiori rosa, mostrandosi in tutta la loro bellezza. Anche loro avevano un ciliegio in fiore nel loro giardino, era stupendo. Supaku non sapeva da quanto tempo esso appartenesse alla sua famiglia, generazioni molto probabilmente. Gli era stato proibito di avvicinarsi prima del compimento di sette anni affinché potesse comprenderne la bellezza e non provasse a fare cose che molto spesso i bambini compiono senza la vera consapevolezza, come arrampicarcisi sopra o colpirne i fiori con un bastone. Lui si sentiva offeso che potessero pensare a lui in quel modo, come il bambino combinaguai, però forse potevano avere ragione. Ora aveva sette anni e poteva ben comprendere la bellezza e sacralità dell'albero.
    Si fermò proprio davanti ad esso, Poci arrivò al suo fianco con il bastoncino tra i denti, tutto fiero e scodinzolante. Supaku lo accarezzò dolcemente lodandolo per aver ripreso il bastone e si sedette ai piedi dell'albero. Non erano molto grandi i ciliegi, le sue chiome non gli avrebbero fatto sufficiente ombra, ma questo non importava, era per il profumo dei fiori che gli piaceva stare seduto con la schiena appoggiata al tronco di quell'albero. A differenza degli alberi della città quello della sua famiglia era diverso, era più esile e delicato, e i suoi fiori tendevano più al bianco candido che al rosato. Sua madre amava scherzare con lui dicendo che l'albero era lo spirito custode di Supaku perché entrambi condividevano una chioma candida come la neve.
    Un fiore di ciliegio gli cadde sulla spalla, appoggiandosi sui suoi capelli ormai lunghi, era da tempo che voleva tagliarli, ma tutte le volte se lo dimenticava. Prese il fiore rigirandoselo tra le mani e annusandone l'aroma. Era delizioso. Osservò il cielo azzurro e le nuvole chiare che si muovevano pigramente nell'aria, sospinte solo da una brezza leggera. Si sentiva in pace, per un attimo pensò che quella era la vera felicità.
    Poi arrivò l'esplosione.
    Fu improvvisa e non annunciata, un frastuono incredibile che scosse la terra e fece cadere un paio di fiori al ciliegio. Alla prima ne seguì una seconda e il fumo cominciò a profilarsi all'orizzonte. Si alzò in piedi cercado di osservare la provenienza di quelle esplosioni.
    La loro tenuta era molto lontana dai cancelli della città, il fumo nero si levava proprio da lì. Fece un passo avanti verso le mura della sua tenuta, con l'intenzione di arrampicarvisi sopra per aver una visuale migliore.
    Supaku! urlò sua madre. Entra in casa, subito! l'ordine era perentorio e Supaku sentì nella voce di sua madre una vena di preoccupazione. Era una shinobi anche lei, una ninja, anche se era stata sospesa dal servizio perché da più di due mesi la grossa pancia la aveva costretta al riposo. Era incinta del quarto figlio. Il fatto che fosse preoccupata fece venire allo stomaco di Supaku un crampo di tensione.
    Corse in casa rapidamente. Sua madre chiuse la porta dietro di lui e Poci.
    Sai cosa fare. gli disse senza aggiungere altro. Supaku annuì e cominciò a salire le scale verso il secondo piano, Poci fece per seguirlo, ma sua madre lo afferrò per la collottola, impedendogli di salire le scale dietro di lui, il cucciolo abbaiò con disappunto. Da quando era scoppiata la guerra suo padre aveva insistito che la famiglia avesse un piano di emergenza in situazioni di attacco alla città, era stato considerato come una caso limite, la città era troppo lontana e militarmente non rappresentava una minaccia, però suo padre aveva insistito lo stesso, Uno shinobi deve essere sempre pronto a tutto, anche all'imprevedibile aveva detto. Così aveva costruito un vano segreto tra le intercapedini delle travi del soffitto tra il primo e il secondo piano. Era un piccolo nascondiglio adatto per un bambino, perché fino a quando non fosse nato il fratellino lui era l'unico bambino in casa. I suoi fratelli erano ormai chunin da tempo, ninja come i loro genitori, quindi non avevano bisogno di nascondersi, sapevano badare a sé stessi. Non erano in casa quando l'esplosione avvenne, c'erano solo lui e sua madre.
    Supaku entrò in camera sua, quella che condivideva con suo fratello maggiore, spostò il comodino di legno e sollevò l'asse che vi stava sotto, il buco era stretto, quando lo avevano costruito non avevano calcolato che potesse essere cresciuto così tanto, nonostante fosse sempre il più basso della famiglia. Vi entrò a forza e si sdraiò in quello spazio angusto, dopo aver richiuso l'asse dietro di sè. Poco dopo sentì uno strusciare di un mobile e capì che sua madre aveva rimesso a posto il comodino. Supaku non si preoccupò molto, a lui piaceva stare là dentro, lo faceva sentire al sicuro, la cosa bella di tutto ciò era che suo padre aveva posto dei piccoli buchi tra un asse e l'altro che gli permettevano di avere una grandi visuale del soggiorno, e sopra di essi aveva appoggiato una cart da parati abbastanza trasparente, anche se tutto ciò che vedeva sembrava immerso nel verde della carta.
    Supaku rimase lì dentro per un pò aspettando. Non era mai successo che qualcuno attaccasse il villaggio in questo modo. Le esplosioni andarono avanti per un bel pò di tempo, ma il fatto che non smisero preoccupava Suapku sempre di più. Sua madre si mise in soggiorno, in modo tale che lui potesse vederla, mentre tesseva. Nonostante l'apparente calma il figlio poteva vedere da come le tremavano le mani che anche lei era preoccupata.
    Dopo un periodo di tempo che parve un'eternità qualcuno bussò alla porta di casa loro. La sua attenzione si ridestò e il ragazzo sentì il cuore aumentare i battiti mentre sua madre si avvicinava alla porta e chiedeva chi fosse.
    Naora sono io, fammi entrare. fu la voce rassicurante di suo padre a parlare e questo tranquillizzò in parte il ragazzo.
    Sua madre tirò un sospiro si sollievo e aprì. Suo padre era in uno stato pessimo. Aveva la divisa strappata in più punti, del sangue gli macchiava il volto e i vestiti, colando da alcuni tagli, anche se Supaku sospettò che non fosse tutto suo. Il suo volto abbronzato, i suoi capelli neri e gli occhi castani, rassicurarono un pò il ragazzino mentre entrava di filato dentro casa. Dietro di lui c'erano sua sorella e suo fratello, anche loro non erano messi bene. Sua sorella, mora e con profondi occhi neri teneva un braccio di suo fratello intorno ad una spalla, Kazuki sembrava ferito gravemente ad una gamba e non riusciva a tenersi in piedi da solo.
    O mio dio! esclamò sua madre mentre accorreva a sorreggere il figlio ferito. Kazuki stai bene? presto entrate in casa. portò il figlio facendolo distendere su un divano del soggiorno mentre suo padre percorreva la casa di corsa, andando avanti e indietro, controllando finestre e porte. Sua sorella Myako rimase nel soggiorno, gli occhi che saettavano a destra e a sinistra.
    Quando suo padre tornò nel soggiorno sua madre parlò di nuovo.
    Gyukudo, che sta succedendo?
    Prima le cose importanti, lui è...
    al sicuro. concluse sua madre per lui. Gli occhi di suo padre saettarono verso il soffitto, per un attimo Supaku e lui si guardarono negli occhi, e il ragazzo sorrise a suo padre, dimentico che non poteva vederlo.
    Bene. disse suo padre.Gyuku il villaggio.. continuò sua madre.
    è perso. Ci hanno attaccato all'improvviso, hanno fatto esplodere la caserma uccidendo il grosso delle nostre truppe prima che potessimo reagire. Gran parte del villaggio sta già fuggendo, dobbiamo farlo anche noi, il prima possibile. Ma i suoi occhi tornarono di nuovo al soffitto Non voglio che esca fino a quando non avremo preparato ogni cosa e la strada sarà libera. Non è sicuro là fuori. disse.
    Quanti? chi? chiese sua madre.
    Cinque, cinque fottuti shinobi. Hanno fatto più danno della grandine e sbaragliato una formazione di cinquanta uomini come se fossero birilli. Devono essere shinobi dell'esercito invasore, disertori.
    Sua madre si mise le mani sul viso, la preoccupazione ora visibile. Cinque? Mukenin? O Mio dio. Che ne è degli altri, Rimiko? Surenai? Il volto di suo padre divenne duro come la pietra.
    Morti, tutti morti. Sua madre cominciò a piangere. Quella fu la prima volta che Supaku la vide piangere, e fu in quel momento che il ragazzo realizzò che le cose non sarebbero più state come prima.
    Dobbiamo muoverci, non c'è tempo da perdere, Myako tu... Non fece in tempo a finire la frase.
    La porta si infranse in una esplosione fragorosa. Del fumo si sparse per la casa, mentre la sua famiglia si metteva in posizione di combattimento, supaku vide suo fratello Kazuki ingoiare una pillola scura prima di alzarsi e afferrare un kunai da una borsa dietro la schiena. La sua famiglia di dispose spalla a spalla, pronta ad affrontare qualsiasi cosa fosse entrata da quella porta. Il fumo cominciò a posarsi rapidamente.
    Che bella casetta hai, Gyukudo, non ti dispiace vero se entro a fare una visita? quella voce, profonda e bassa, era una voce che Supaku non avrebbe mai dimenticato per il resto sua vita.



    Edited by Supaku - 6/4/2012, 19:10
     
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