Casa Supaku Handoru

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  1. Supaku
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    narrato, pensato, Supaku parlato,Reiko parlato


    05. Lezioni.



    Supaku aprì gli occhi di scatto. C'era voluta molta forza di volontà per non annegare nei ricordi. Si guardò intorno realizzando che il sole era calato da un pezzo. La sensei. pensò allarmato. Si alzò di scatto pronto a correre verso il palazzo dove la sensei gli aveva dato appuntamento, solo per sentire una voce dietro di sè.
    Allora sei vivo, temevo che fossi morto di sonno.
    Supaku riconobbe quella voce e qualcosa dentro di lui gli diceva che quello era il momento giusto per sorridere, ma il vuoto rendeva il suo viso liscio come quello di una statua. Ciò che aveva passato, il dolore che aveva provato era stato questo a far nascere il vuoto come stato d'animo, il nulla come scudo contro i ricordi e il dolore.
    Si voltò verso la sua sensei. La donna stava appoggiata alla porta che conduceva al piano inferiore, le braccia incrociate sotto i seni e il sorriso di sbieco come sempre.
    Dobbiamo mettere in chiaro delle cose, ragazzino. gli disse in modo duro. Se non ti avessi notato venendo qui, avresti fatto un ritardo di ben mezz'ora. Io non tollero i ritardi. Puoi fare quello che ti pare, dormire seduto e qualsiasi altra cosa ti passi per la testa, ma lo dvi fare quando non hai un appuntamento con me, capito?
    Sì, sensei. disse Supaku. Il suo volto sarà anche stato liscio ma quella strigliata l'aveva sentita.
    Bene. Adesso seguimi. disse Reiko e scomparve in una nuvola.
    Suaku rimase interdetto. Non aveva la più pallida idea di dove fosse andata la sua sensei. Guardò sui tetti della città, fino a quando non la vide comparire molti metri più in là, a circa dieci isolati di distanza. Reiko alzò la mano. allora? Che hai da pensare? Muoviti! la sentì urlare da lontano.
    Supaku non si fermò un attimo e cominciò a correre. Mentre saltava da un tetto all'altro per cercare di raggiungere la sensei, si chiese quale fosse il significato di una simile corsa, del resto non era molto differente da quello che faceva lui la sera.
    La sua sensei sembrò aver aumentato il ritmo e Supaku fu costretto ad accelerare. Si accorse dei triboli troppo tardi. Quando arrivò al decimo edificio, e i suoi occhi si abbassarono un attimo per scorgere il suolo su cui avrebbe messo i piedi, scoprì che il tetto era stato cosparso di triboli appuntiti. Per un attimo si lasciò scappare un gridolino quando il suo piede sinistro si infilzò su uno di quei chiodi appuntiti. Riuscì per miracolo a non cadere, cadere su quel letto di chiodi non avrebbe fatto per niente bene alla salute.
    Che fai ti fermi? Devi imparare a mettere i piedi nei punti giusti se vuoi raggiungermi! sentì la sua sensei urlare da due case di distanza.
    Supaku la guardò con stupore mentre realizzava quello che lei aveva appena fatto. Questa era forse la sua prima lezione? Notò che tutti i tetti degli edifici successivi erano anch'essi ricoperti di triboli, come avrebbe fatto a raggiungerla se non poteva atterrare sui tetti per darsi lo slancio tra un edificio e l'altro? Poi realizzò che non tutto il tetto era ricoperto di chiodi. Vi erano zone in cui poteva ancora appoggiare i piedi: i camini, le antenne, i cornicioni, i fili per stendere i panni. Doveva fare solo molta più attenzione a dove mettere i piedi d'ora in avanti. Balzò di scatto verso la sua sensei, lanciandosi verso un camino sul tetto successivo, da quello si dette lo slancio puntando una cornice che aveva perso da tempo l'intonaco e da quella a un lampione a metà tra i due edifici. Cominciò lentamente a riprendere il ritmo, mentre i suoi occhi si abituavano a cercare gli appigli giusti. La corsa si profilava interessante. Un accenno di un sorriso piegò il volto impassibile del ragazzo. Questa sensei cominciava a piacergli.


    Edited by Supaku - 6/4/2012, 19:11
     
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