Casa Supaku Handoru

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  1. Supaku
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    Supaku correva sui tetti di Suna, in cerca di una qualsiasi traccia della sua sensei. Aveva percorso ormai più di dieci isolati, fermandosi ogni volta che gli sembrava di aver scorto qualcosa sui tetti o sulla strada, ma ancora non aveva trovato nulla. Quando per la ennesima volta si fermò per osservare quella che gli era sembrata un'impronta solo per scoprire essere una depressione del terreno, Il genin cominciò a disperare di poter ritrovare Reiko. Sentì il proprio cuore sprofondargli nello stomaco a quel pensiero, non poteva aver abbandonato la sua sensei in un momento del genere, non poteva credere di essere caduto in una simile trappola. Si diede dello stupido per aver osato guardare al di là del camino i loro bersagli, era chiaro che era stato vittima di una potente illusione, che lo aveva messo fuori combattimento, per non sapeva quanto tempo, e aveva lasciato la sua sensei sola nel proseguire il suo inseguimento. Non dobbiamo farci scoprire. gli aveva detto, ma a quanto pare Supaku non era stato capace di fare nemmeno quello. Ora non riusciva a ritrovare le tracce della sua maestra. Era un fallimento, sotto ogni punto di vista. Era un completo fallimento.
    Si alzò dal punto in cui era inginocchiato, osservò meglio il vicolo in cui era sceso, non aveva nulla di speciale nè di diverso da tutti gli altri vicoli che aveva visitato n cerca di tracce, ai lati il sudicio veniva raccolto in bidoni o sacchetti di plastica nera, mentre il centro di essa era polveroso e schiarito dal passaggio delle persone. Con un gesto di rabbia calciò uno dei sacchetti neri dell'immondizia facendolo esplodere e riversando sulla strada cibo marcio e altra roba sudicia e sporca che emanava un odore poco rassicurante. Supaku saltò sulla parete dell'edificio lì accanto, non aveva la minima intenzione di rimanere là sotto un minuto di più, sopratutto con quell'odore. Risalì fino al tetto nel modo che gli aveva insegnato Reiko, quello più rapido. La distanza tra i due muri che delimitavano il vicolo era molto stretta, sufficientemente corta per permetter ad un ninja di saltare da una superficie all'altra con facilità. Con slancio saltò contro la parete opposta e da lì fece un altro salto verso l'alto, lanciandosi di nuovo contro la parete da cui era partito. Ogni salto lo portava sempre più in alto verso i tetti della città. Quando arrivò poté tirare finalmente un sospiro di sollievo.
    Tirava un vento leggero, era bello quando succedeva, Supaku si rilassava sempre quando c'era vento nell'aria. Era come se un vecchio amico lo confortasse, era come se sua madre e suo padre fossero ancora accanto a lui.
    Supaku ricacciò indietro i ricordi, non c'era tempo per loro. No, non era quello il momento nè il luogo, adesso doveva trovare Reiko, solo quello importava, non avrebbe potuto perdonarsi se le fosse successo qualcosa. Non che lui potesse aiutarla in qualche modo, era lei la sensei, però a lui piaceva pensare che avrebbe potuto fare la differenza.
    Fece per saltare sull'edificio di fronte quando qualcosa attirò la sua attenzione. Era un rumore, un rumore leggero e netto. Un rumore metallico. Il vento lo aveva portato alle sue orecchie. Il vento lo stava aiutando, come sempre.
    Supaku seguì la direzione del vento, andò vero l'origine del rumore. Giungeva da un vicolo a tre isolati di distanza alla sua destra. Saltò sul'edificio di fronte, atterrando su uno dei caminetti a punta, da lì si dette lo slancio e planò verso un'antenna lunga e flessuosa. Il peso del genin era troppo leggero per rompere il pezzo di ferro, e quello si fletté sotto di lui, aiutandolo nel suo prossimo salto dandogli lo slancio in avanti e permettendogli di spiccare un lungo balzo verso l'alto. Atterrò su uno degli edifici che davano sul vicolo con leggerezza e silenzio, sollevando sotto di sè soltanto una nuvola di sabbia. Adesso il rumore era più netto, era un rumore inconfondibile per le orecchie di qualsiasi ninja. Era il clangore di acciaio contro acciaio.
    Supaku guardò in basso solo per scorgere tre figure ammantate di nero che avevano circondato un'altra figura vestita di rosso e grigio.
    Reiko teneva sollevato un kunai davanti a sè, in posizione di guardia, la lama del pugnale era bagnata di sangue. Poco più indietro vi era una quarta figura riversa sul terreno polveroso del vicolo, una piccola pozza nera si era allargata sotto di lui.
    è qui! pensò Supaku esultante. Devo aiutarla. fu il secondo pensiero che attraversò la sua mente. Non sapeva nulla sui tre uomini vestiti di nero, solo che potevano essere temibili in corpo a corpo, anche se, da quella distanza, sembrava che Reiko non fosse ferita o in difficoltà.
    Proprio in quel momento uno degli uomini scattò in avanti, sollevando un pugno e cercando di colpire la sua sensei, quella però fu troppo agile per lui e riuscì a schivare il colpo e a mettere una gamba tra quelle dell'attaccante, e colpirlo con la mano libera in piena schiena, facendolo cadere lungo disteso per terra con un grugnito di dolore.
    La seconda figura si fece avanti meno di un secondo dopo, estraendo due kunai dall'ombra del mantello nero e portando due affondi simultanei verso il busto della kunoichi. Quella lo respinse con un calcio piazzato nel petto, che scaraventò l'uomo parecchi metri lontano da lei, atterrando sul terreno arido del vicolo con un tonfo sordo.
    Reiko si girò per fronteggiare la terza figura che durante tutto ciò non si era mossa di un millimetro. La kunoichi balzò in avanti menando un affondo con il kunai a destra e un colpo di palmo a sinistra, ma l'uomo vestito di nero schivò il primo e scansò il colpo di palmo intercettandolo con la propria. L'uomo rispose affondando un pungo nello stomaco di Reiko, un colpo che quella non riuscì a schivare e che la piegò in avanti togliendole il fiato.
    La figura non le dette il colpo di grazia, ma si limitò ad allontanarsi di un paio di passi dalla sensei, il lungo mantello nero che frusciava intorno alle sue gambe. Supaku vide l'uomo sollevare sopra una spalla lo stesso mantello, mostrando un kimono verde smeraldo con rifiniture e orletti dorati agli orli, sotto aveva un paio di brache larghe e vaporose, bianche come la luna, ai piedi un paio di tipici sandali giapponesi in legno, rialzati con due tacchi. La mano dell'uomo si posò su un'impugnatura intarsiata d'argento e fasciata di seta nera. L'impugnatura di una katana.
    Il suono del metallo che sfrega contro il fodero di legno sibilò nell'aria. Supaku sentì un lieve brivido percorrergli la schiena vedendo la lama affilata risplendere alla luce delle stelle.
    Ora facciamo sul serio, piccola gattina. disse una voce melliflua che fece rizzare i capelli sulla nuca del genin.


    Edited by Supaku - 18/5/2012, 00:14
     
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