Casa Shōri Jiyuu

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    Immersa nella nebbia, in una vegetazione di muschi e licheni, si erge Kirigakure no Sato. Nel suo centro esatto è stata costruita l'imponente Palazzo del Mizukage, dalla quale si diramano un agglomerato di alte case rotonde, simili a lunghi barattoli da cibo. Le abitazioni, solitamente sviluppate su più piani, hanno quasi tutte la stessa forma e colore, differenti solo nell'altezza e larghezza.
    Casa Jiyuu è posizionata in un punto molto utile per una famiglia di ninja: a quindici minuti dal Palazzo del Mizukage e solo sette dall'Arena. Il suo aspetto esteriore è conforme allo stile di Kiri: circolare, mediamente larga e a tre piani.
    L'abitazione degli Jiyuu non è nulla di straordinario, cosa rilevabile sia dall'esterno che dall'interno. Il primo piano è dedicato alla parte "casalinga", regno indiscusso della madre di Shori, Chiyoko Jiyuu: un ampia sala con annessa la sala da pranzo, la cucina e una stanzetta per il bucato. Al piano superiore si trovano tutte e quattro le camere da letto. Ogni membro della famiglia ne ha una propria, affidata interamente al proprietario. La camera di Shori è sempre, scrupolosamente ordinata: i tanti libri, tenuti con estrema cura, vengono ordinati sugli scaffali della libreria per ordine alfabetico del titolo, la scrivania piena di blocchi d'appunti e diari giornalieri ordinatamente accatastati, un enorme cassonetto a lato del letto contente tutto il suo equipaggiamento ninja.
    Se il primo piano è il regno di Chiyoko, il terzo lo è di Haru, il capo famiglia. All'interno vi sono solamente due stanze, che in effetti simboleggiano i due attributi essenziali per un ninja: la mente e il corpo. La prima stanza non è altro che un'imponente libreria, con un'enorme cartina del mondo attaccata alla parete e una scrivania; la seconda, più grande, è stata la sala d'addestramento dei tre fratelli, Haruka, Kenta e Shori. Vi sono un discreto numero di armi a disposizione, dei manichini e altri strumenti utili per l'allenamento del corpo. L'unico elemento decorativo è un enorme arazzo sulla parete, che mostra un albero genealogico ancora agli albori. Grosse lettere in cima recitavano: Clan Jiyuu. C'erano ancora pochissimi nomi: Haru Jiyuu, collegato da una doppia linea nero alla moglie Chiyoko, mentre una singola linea verticale portava dai loro nomi a Haruka Jiyuu, Kenta Jiyuu e Shori Jiyuu. Quell'arazzo simboleggiava chiaramente il forte desiderio di Haru di diventare il capostipite di un rispettato e potente clan.

    Edited by Ely_11 - 6/4/2014, 13:53
     
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    Nella torre centrale di Kirigakure no Sato, la Mizukage sedeva inquieta sulla soffice poltrona del suo ufficio. Lo sguardo era dritto e fisso sulla scrivania, ordinatamente sistemata, senza in realtà vederla. La sua mente era affollata da uno stormo di pensieri che non le davano pace. Anzi, più che uno stormo, era un intero albero di pensieri: mille rami che si sviluppavano in altre mille piccole proppaggini, ed ogni singolo stecco legnoso era un problema che avrebbe dovuto risolvere. Tamburellò con le dita sul legno, appena di fianco a un rapporto che avrebbe dovuto ispezionare. Ma proprio non ci riusciva: le era appena giunta notizia del ritorno in patria del team Haru. La squadra era in ritardo di parecchi giorni, e la donna aveva iniziato a temere che non sarebbero mai più tornati. Questo era stato uno delle principali preoccupazioni che le avevano impedito di rilassarsi e dormire come si deve, perché non si trattava di una normale missione.
    E ora, la Mizukage attendeva il loro arrivo col fiato sospeso. Il tempo sembrò rallentare, allungando l'attesa in maniera quasi insopportabile, mentre la trepidazione cresceva. Il bisogno di sapere era travolgente, almeno quanto il timore di una disfatta. Quello era un incarico che doveva essere portato a termine, senza se e senza ma. Lei stessa sarebbe stata disposta a sacrificare un buon numero di uomini, pur di ottenere il successo. Anche se li avrebbe avuti nella coscienza, era pronta a sopportarlo; dopotutto, se lei, la Mizukage, non era disposta a farlo, allora chi lo era?
    Le porte dell'ufficio si spalancarono. Lo sguardo della donna si alzò istantaneamente, le dita cessarono il loro tamburellare. Sull'uscio, alto e fiero, si ergeva un uomo che la capovillaggio riconobbe immediatamente: era Haru Jiyuu, Jounin della Nebbia e caposquadra della missione. La donna non lo conosceva ancora bene, ma aveva visto abbastanza per poterlo inquadrare complessivamente: intelligente, ambizioso, un po' impulsivo ma immensamente leale. Lei apprezzava molto quelle doti e riconosceva il ninja come un utile subordinato. Era sempre riuscito a portare a termine con diligenza le proprie missioni senza mai farsi scrupoli o avanzare proposte azzardate. Questo era anche il motivo principale per cui aveva dato a lui le redini del gruppo.
    Il suddetto ninja portava sul corpo i segni di un violento scontro. La testa era cinta da una frettolosa bendatura, che copriva anche l'occhio sinistro, mentre il resto del volto era sporco di nera fuliggine. Sul braccio destro, a cui mancava la manica, c'era una brutta ustione non ancora trattata. Gli abiti del Jounin erano tutti bruciacchiati e una grossa parte del gilet mancava.
    La capovillaggio strinse le labbra nel vederlo in quelle condizioni. Poi annuì nella sua direzione e invitò lo shinobi ad entrare. Questi lo fece, il passo non era curvato da alcun segno di dolore che gli infliggevano le ferite. Anche il suo sguardo era forte e duro.
    Dentro di sé, la donna era in uno stato di fermento agitato. Non attendeva altro che il suo rapporto, che iniziasse a parlare... ma non poteva mostrarsi stressata difronte ai suoi subordinati. Un Kage non poteva permetterselo. Si limitò a fissare il Jounin con una forzata espressione atona, mentre le sue mani si contrassero in uno scatto involontario.
    «Lady Mizukage», annunciò il ninja con voce tonante, inchinandosi difronte alla capovillaggio, « io e il mio team siamo appena tornati dalla missione. Sono felice di informarla che siamo riusciti a localizzare e catturare il Nibi no Nekomata, signora».
    La donna ebbe il fervente l'impulso di accasciarsi sulla sedia ed esalare un profondo sospiro. Finalmente aveva una risposta a molti di quei pensieri che le occupavano la mente. Non lo fece, però: si limitò a rilassare i muscoli tesi e a sorridere brevemente. D'improvviso, si sentiva stranamente stanca e percepì con sorpresa un principio di malditesta. Poi, tutto d'un tratto, ebbe una gran voglio di ridere, ma riuscì a trattenersi. Fissò intensamente il volto del suo Jounin. «Molto bene, Haru Jiyuu» disse la Mizukage della Nebbia. «Sono davvero compiaciuta dei servizi tuoi e della tua squadra. Immagino sia stata una missione particolarmente dura... E' strano vederti in questo stato».
    «In effetti ha ragione, mia signora» rispose il ninja Haru. «Devo però dirmi fortunato, al contrario della maggior parte dei miei compagni. Siamo tornati solo in quattro... io, Eichi Yuki, Amane Okada e Jin Saito».
    «Capisco...» sospirò la donna dopo un attimo di silenzio, mentre le sue spalle si piegarono sotto il peso della notizia. Sapeva benissimo che ci sarebbero state delle perdite, eppure non era mai bello udirle. La Mizukage sapeva che mandare a morire delle persone era parte delle sue responsabilità, degli oneri che aveva accettato di assumersi insieme alla carica. «Allora onoriamoli nel modo più adatto: terminiamo l'operazione, così che non siano morti invano».
    Haru Jiyuu annuì sommessamente, ma non rispose.
    «Allora» iniziò la Mizukage, sistemandosi sulla sedia. Ora utilizzava un tono più imperioso e adatto al suo ruolo. «Ti sei dimostrato molto abile, persino per un Jounin. Complimenti. Ho fatto la scelta giusta nel nominarti caposquadra. Ora però vai a curarti, non vorrei che mi svenissi qui davanti agli occhi».
    Il ninja si inchinò, ma ancora non si mosse. «Lady Mizukage... posso permettermi una domanda, prima di andare?» chiese invece, mantenendo lo stesso tono inespressivo che aveva usato per l'intera conversazione.
    La capovillaggio lo fissò intensamente, curiosa e interdetta. Lo conosceva ancora poco, ma quella era la prima volta in assoluto che prendeva l'iniziativa. Che cosa lo aveva spinto ad osare? «Procedi pure» disse, vinta dalla curiosità.
    Il Jounin esitò un attimo, come se ci stesse ripensando. «Lei... ha già un'idea su chi potrebbe essere il prossimo Jinchuuriki del Demone?»
    La donna si irrigidì un poco sulla sedia, presa in contropiede dalla domanda. Il ninja sapeva benissimo che quell'argomento non gli competeva, che non avrebbe dovuto immischiarcisi. Poteva anche essere un grande Shinobi, ma su certe questioni la Mizukage si fidava solamente di se stessa. E la creazione di un Jinchuuriki era una di quelle questioni. E poi, perché Jiyuu ne era interessato? La Mizukage lo squadrò con sospetto. «Potrei avere un'idea» rispose in tono molto blando. «Ma la cosa curiosa è... il perché tu voglia saperlo. Queste non sono questioni che ti competono, lo sai bene».
    L'uomo sprofondò in un inchino ridicolamente profondo. «Perdonate la mia sfrontatezza, signora. E' solo che potrei avere un candidato da consigliarle».
    «Ossia...?»
    «Mia figlia minore, Lady Mizukage. Shori Jiyuu».
    Le sopracciglia della donna si alzarono considerevolmente. Rimase a fissare il ninja di fronte a lei per lungo tempo, lo sguardo indecifrabile. «E dimmi... su quali basi proporresti la tua stessa figlia come ospite del Nekomata?»
    «E' una ragazza forte e una buona Shinobi. Io stesso ho iniziato ad addestrarla ancora prima che entrasse in accademia. E poi, su una cosa sono assolutamente certo: Shori non tradirà mai il villaggio, né tanto meno lei, Lady Mizukage. Fin da quando era piccolissima, l'ho crescita affinché la sua lealtà non venisse mai meno. Dopo quello che è successo alla nostra Jinchuuriki del Rokubi, credo che questo sia un elemento fondamentale. E inoltre, attualmente ha quattordici anni e tra un mese parteciperà all'esame genin. Così potremmo sfruttare fin da subito il potere del demone, invece che impiantarlo in un ospite troppo piccolo, in cui dovremmo aspettare che cresca e...»
    «Però, così facendo il Jinchuuriki avrebbe più dimestichezza con il Bijuu» obbiettò la capovillaggio. In effetti, la sua prima idea era di trovare un neonato orfano, così da crescerlo in modo che diventasse un degno Jinchuuriki e lei stessa si sarebbe assicurata che la sua educazione fosse seguita con scrupolo e severità. Non avrebbe più permesso che fosse della gente comune a crescere una futura Forza Portante, non dopo il tradimento del Rokubi. «E poi, la ragazza è piuttosto grande. C'è il rischio che non sopravviva».
    Haru Jiyuu non mostrò alcuna particolare reazione alla possibile morte della figlia. Si limitò a fissare la Mizukage con occhi scuri e determinati. «Ne sono consapevole» mormorò.
    «Sei disposto a cedermi la vita di tua figlia con tanta leggerezza?»
    «Ho altri due figli che, nel caso, trasmetteranno la mia eredità».
    La Mizukage aggrottò le sopracciglia, scrutando ogni centimetro del volto impassibile e spietato dell'uomo. Dentro il suo stomaco, qualcosa si agitò. «Dimmi la verità» gli ordinò bruscamente. «Vuoi solo ottenere il potere del Nekomata, non è vero? Altrimenti perché rischieresti la vita di tua figlia?»
    Gli occhi del Jounin si dilatarono appena, mostrando per la prima volta un vero segno di emozione: sorpresa. «Lei mi fraintende! Il motivo per cui desidero che sia la mia famiglia a possedere il Jinchuuriki non è disonorevole. In realtà...» si fermò un attimo, con la voce che gli moriva in gola. Sembrò quasi a corto di parole, il che, per lui, era assai strano. «Lei deve sapere... deve sapere che il mio più grande desiderio è il riconoscimento del Clan Jiyuu come uno dei pilastri fondamentali del Villaggio della Nebbia. Voglio che, in un futuro, chiunque senta quel nome lo riconosca, che i nostri compaesani fremino di rispetto e i nostri nemici tremino di paura. Voglio che la mia famiglia, i miei discendenti, servano il paese come ninja d'elité, in cui la fedeltà e il sacrificio siano il baluardo del loro codice d'onore. E soprattutto, desidero che quando qualcuno pensi al Clan Jiyuu, ricordi il mio nome... Ricordi chi ha dato inizio a tutto». Haru si esibì in un altro, profondo inchino. «E so che ci vorrà molto tempo. Intere generazioni, probabilmente. Ma se voglio avere una possibilità, devo rendere i miei figli forti, temuti... e sono disposto a tutto pur di riuscirci. Anche rischiare la loro vita».
    La Mizukage era rimasta immobile, la bocca leggermente schiusa, a fissare lo Shinobi con occhi quasi ipnotizzati. Aveva pronunciato quel discorso in modo così appassionato, così sincero che l'aveva quasi commossa. Si poteva vedere, attraverso la sua espressione atona, attraverso il lungo tunnel nero dei suoi occhi, il desiderio. L'ambizione. La determinazione. La donna sbatté più volte le palpebre, ritrovandosi quasi scossa. «Non... non sono sicura di crederti. Non sono sicura che sia una mossa saggia».
    «Ovviamente non discuterò le sue decisioni. Non mi permetterei mai» disse Haru, mentre quella luce appassionata svaniva piano piano dai sui occhi. «Quale che sia la sua decisione finale, l'accetterò con gioia». Il ninja di inchinò di nuovo. Dopodiché, chiese il permesso di ritirarsi ed uscì dall'ufficio della Mizukage.
    Quest'ultima, però, non avrebbe lasciato il proprio ufficio per molte altre ore. Aveva chiesto alle sue guardie di non far entrare nessuno, a meno che non si trattasse di una questione urgente: doveva pensare, riflettere. Sprofondando sempre di più nella sua poltrona, continuava a riascoltare nella mente il discorso patriottico di Haru Jiyuu. Poi pernsava alla sua proposta.
    L'idea di affidare il Nekomata a una kunoichi già grande non l'allettava molto, soprattutto per il fatto che non la conosceva per niente. Certo, suo padre si era dimostrato un ninja affidabile e leale in missione, ma nessuno era la copia sputata dei genitori. Lui le aveva assicurato che la figlia era forte e leale, ma aveva bisogno ben più delle sue parole. D'improvviso, come una scintilla, si ricordò del rapporto che aveva sul tavolo, proprio in quel momento. Brandendo il foglio con forza, lesse l'inizio per assicurarsi di ricordarsi bene. E in effetti, ci aveva visto giusto. Le primissime parole recitavano: Rapporto dell'Esame per il rango Sp. Jounin Esperto, sostenuto dalla Sp.Jounin Haruka Jiyuu...
    Lo lesse attentamente, tutto quanto. Poi, finito quello, mandò un ninja di guardia a prendere tutti i rapporti stilati da Haruka e Kenta Jiyuu. Lo Shinobi ci mise una mezz'ora buona prima di presentarsi con un bel malloppo di fogli. Principalmente, erano di Haruka, la più grande, ma la Mizukage lesse fino all'ultimo rapporto di entrambi i fratelli. Se quello che Haru aveva detto era vero, allora anche gli altri suoi due figli era come Shori. Era ormai notte tarda, molto tarda, quando finalmente terminò l'ultimo documento. La Mizukage era stanchissima, riusciava a malapena a tenere gli occhi aperti. Alzandosi dalla sedia, con il sedere che le doleva orribilmente, decise che si sarebbe fatta un rigoroso sonno, prima di ritoccare l'argomento "Jinchuuriki". «Dovrò parlarne pure col Daimyo, maledizione!» mormorò la capovillaggio, iniziando a imprecare tra sé e sé.
    Uscì piuttosto bruscamente dal proprio ufficio, sbattendo la porta. Appena prima di andarsene, si girò ad affrontare il ninja di guardia che le aveva portato i rapporti. «Ho bisogno che tu mi faccia un favore».
    «Mia signora?» si offrì lui, mettendosi sull'attenti.
    «Raccogli più informazioni possibili su una studentessa dell'Accademia. Il suo nome è Shori Jiyuu».
    «Ricevuto, Lady Mizukage!»


    Edited by Ely_11 - 20/12/2013, 23:11
     
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    1. Punto di partenza




    «Hai svolto bene la tua prima missione, Shori Jiyuu. Certo, quelle morti potevano essere risparmiate, ma non mi hai delusa... per ora» disse la Mizukage, guardandola con occhi stanchi. Erano le dieci e mezza di sera, e Shori era appena tornata dalla sua primissima missione per fare rapporto al capovillaggio. A quanto pare, quest'ultima aveva avuto una giornata pesante ed era disposta a riservarle solo una manciata di parole, ma a Shori non dispiaceva affatto. Voleva tornare a casa e dormire, riposarsi dalle fatiche e dall'emozioni del giorno. La kiriana si inchinò e, congedandosi, uscì dall'ufficio della Mizukage.
    Fuori era buio pesto, e faceva molto freddo. Shori si coprì metà viso con la sciarpa, in modo da scaldarsi un po' mentre si incamminava verso casa. Lasciò che le gambe la conducessero in autonomia, mentre la sua mente volava, ripensando a tutti gli avvenimenti che aveva vissuto quel giorno. A inizio pomeriggio aveva incontrato Akira Hyuuga, il suo compagno di missione, e insieme si erano diretti al porto per raggiungere New Port. All'inizio Akira le era sembrato un tipetto tranquillo, solare... niente di straordinario o fuori dall'ordine. Anzi, le aveva persino proposto la sua amicizia, alla quale Shori non aveva dato una risposta. Stava andando tutto bene: erano riusciti ad arrivare a New Port, avevano scoperto la posizione della casa del loro cliente, e là vi avevano trovato i banditi. Da lì, la situazione era degenerata: Akira aveva totalmente perso il controllo, seminando morte e uccidendo tutti i briganti sotto mano. Shori non era riuscito a fermarlo... dopotutto, anche lei era sotto attacco. Alla fine, sette banditi erano caduti per mano del ninja di Konoha. Shori ne era rimasta allarmata e disgustata. Nella sua natura, uccidere in quel modo, senza apparente motivo, era un atto barbarico che non si addiceva ai ninja. Certo, sapeva che gli Shinobi dovevano essere disposti agli atti più crudeli, più immorali e più vandalici, ma solo ed esclusivamente per il bene della missione. Non per piacere, lei soprattutto disdegnava quell'idea; Akira aveva invece incarnato tutto ciò che lei disapprovava. Quello aveva decretato la rottura della diade, e Shori se n'era andata senza neanche salutarlo.
    Il ritorno era stato stressante, ma ora avrebbe riposato, pensò, ormai in prossimità della sua casa. Faceva troppo buio per vederla, ma ormai Shori aveva percorso così tante volte quella strada da non aver bisogno della vista. Immaginò che la sua famiglia fosse già a dormire (tranne, forse, Haruka), e che i "festeggiamenti" per il completamento della sua prima missione si celebrassero dopo il ritorno di Haru, suo padre. Nella sua stanchezza, però, non aveva notato una tenue luce fuoriuscire dalla finestra a lato.
    Aperta la porta, vide con sorpresa che il soggiorno era ben popolato. Sul tavolo da pranzo, al centro della stanza, c'era una lampada che emanava una luce fioca e morente, sufficiente appena per illuminare i dintorni. La prima persona che Shori vide fu la sorella, Haruka, appoggiata con la schiena al muro frontale. Nonostante si trovassero faccia a faccia, la Special Jounin Esperta non la guardava, né diede cenni di riconoscere la sua presenza. Un debole movimento catturò l'attenzione di Shori, che vide, seduto sul lungo divano adiacente al muro, suo fratello Kenta. Il diciassettenne era pallidissimo, con profonde occhiaie e segni di stanchezza; continuava ad accarezzarsi il braccio fasciato, come per dare sollievo al dolore. Shori era più che sorpresa: quando era partita, neanche dodici ore prima, il fratello era a letto, mal ridotto. Perché diavolo era in piedi?! «Kenta, che...?» ma non riuscì a terminare la frase. Davanti a lei le si parò sua madre, Chiyoko, con un sorriso luminoso. «Shori, tesoro!» esclamò, prendendo le mani della figlia e facendola entrare. Poi chiuse la porta. «Ti stavamo aspettando».
    «Non c'era bisogno di farlo subito» obbiettò Shori con gentilezza, lanciando uno sguardo al fratello. «Kenta...»
    «Io sto bene» disse il ragazzo, con un po' di colore che andava a inondare le guance ceree, «smettila di preoccuparti per me, sorellina».
    La suddetta sorellina si morse l'interno delle labbra, ma non disse niente. Le mani di Chiyoko le raggiunsero il viso, carezzando dolcemente il livido bluastro sul suo zigomo. Aveva gli occhi lucidi. «Sei ferita? Vuoi che vada a prendere qualcosa per curarti?».
    «E' solo un livido, madre. La mia prima ferita di battaglia». Il modo in cui lo disse - con una punta d'orgoglio - scatenò l'ilarità di Haruka, che tossicchiò una risata in cui lasciava trasparire tutta il suo scherno. Shori sapeva che la sorella aveva una battuta pungente sulla lingua, ma si stava trattenendo. Decise di ignorarla «Ho completato la mia missione con successo» aggiunse, stringendo una mano di sua madre, mentre la sua bocca si schiudeva in un lieve sorriso.
    «Non mi aspettavo altro. Ora sei una Kunoichi di Kirigakue» disse una voce nuova, provenire da un punto sopraelevato rispetto a loro. Shori fece scattare la testa in alto, verso le scale che portavano ai piani superiori. In cima c'era un uomo, alto e muscoloso, con una benda che gli copriva l'occhio sinistro, che era andato perso durante lo scontro contro il Nekomata. Non aveva gli abiti ninja, ma indossava il suo kimono da casa, con la tasca destra appesantita dal kunai che non abbandonava mai. Shori lo riconobbe all'istante, e ne rimase immensamente sorpresa. «Padre» mormorò, abbassando il capo in segno di riconoscimento, mentre Haru scendeva le scale. Non si era aspettata di vederlo; quando era partita per New Port, suo padre non era ancora tornato dalla sua missione. Gli altri familiari si mossero a fare il saluto che abitualmente veniva dedicato al capo famiglia: Haruka si staccò prontamente dal muro, e rivolse al padre un inchino esageratamente profondo; Chiyoko abbassò la testa, ma la rialzò immediatamente, lanciando al marito un sorriso tenero; Kenta, invece, cercò di alzarsi per imitare tutti gli altri, trovandosi barcollante e instabile sui piedi. Shori si morse le labbra. Non le piaceva affatto vedere suo fratello in quelle condizioni.
    Haru, ormai raggiunto il pianterreno, raggiunse Kenta, gli poggiò una mano sulla spalla e lo costrinse a tornare seduto. I suoi occhi, però, non si erano mai staccati dal viso di Shori. Nessuno fiatò, nessuno si mosse. Era il capo famiglia ad avere la parola. «Parlami della tua missione».
    Shori rialzò lo sguardo e obbedì,, iniziando il suo racconto. Sapeva bene che cosa stesse succedendo; dopotutto, era stata la stessa cosa per Haruka e Kenta. Ogni volta che un membro della famiglia diventava Genin, c'era una specie di cerimonia, a Casa Jiyuu: il neo ninja raccontava l'esperienza della sua prima missione e il responso del Mizukage. Se quest'ultimo era positivo, allora Haru gli dava in dono un pendente, una sorta di "coprifronte" personale. Era un'occasione di gioia, e tutta la famiglia era obbligata ad esserci. Shori vi aveva partecipato la prima volta quando aveva sei anni, in onore di Haruka. Non ricordava bene l'avvenimento, ma aveva una chiara immagine della collana che Haru le aveva regalato.
    Una volta finito il racconto, il capo famiglia annuì. «Qual è stato il giudizio della Mizukage a riguardo?»
    Shori alzò bene la testa, gonfiando il petto per l'orgoglio. «Ha detto che ho svolto bene il mio compito e che non l'ho delusa» "... almeno non ancora", pensò Shori, ma si guardò bene dal dirlo. Ancora non sapeva cosa significasse.
    Haru si avvicinò a lei, in volto uno sguardo solenne. Shori abbassò il capo, pensando che ora suo padre le avrebbe messo al collo il suo ciondolo, e fu presa in contropiede quando sentì le dita forti del ninja afferrarle il mento e alzarglielo. Tra i due c'era una divario d'altezza che sfiorava i trenta centimetri, e la Jinchuuriki si trovò quasi sopraffatta. Incontrò l'unico occhio visibile di suo padre, grigio scuro, così intenso che sembrava trafiggerla. Poi, inaspettatamente, l'uomo sorrise. «Sei stata brava» commentò, per poi mollarle il mento e accarezzargli i capelli corvini, sulla sommità della testa. Shori, spiazzata da quel raro segno di affetto, si sentì arrossire. In contrasto con il calore alle gote, percepì una sferzata gelida provenire dal punto in cui c'era Haruka, immobile come una statua. Probabilmente Haru non aveva fatto lo stesso, quando era toccato a lei ricevere il suo pendente. Shori non poté far a meno di sorridere, mentre il cuore sembrava raddoppiarsi in dimensioni. Avrebbe voluto cristallizzare quel momento per sempre, in modo da sentirsi sempre così soddisfatta, felice, al sicuro...
    Haru ritirò la mano dalla testa della figlia, e se la mise nella tasca sinistra. Shori cercò di tornare alla realtà e scrollarsi di dosso quella sensazione trasognante. Ecco, ora arrivava la parte del dono. La kunoichi aveva una chiara idea di cosa aspettarsi: su ogni medaglione c'era inciso qualcosa che ricordasse il proprio elemento Chakra. A Haruka era stato regalato una goccia di vetro, con dentro dell'acqua scintillante, simbolo del Suiton, mentre a Kente era toccato una saetta di metallo, liscia e sottile, per il suo elemento Raiton. Per cui, a rigor di logica, Shori si aspettava un qualcosa che avesse a che fare con l'acqua, dato che anche lei possedeva il Suiton. "In realtà ho pure il Katon", pensò d'improvviso, "anche se non è il mio elemento naturale, ma un dono del Nekomata. Chissà..."
    Ma Haru riuscì a stupirla per la terza volta in una sola sera. La collana che tirò fuori dalla tasca non era neanche lontanamente ciò che Shori si aspettava. Non c'era alcun simbolo elementare: era una specie di rombo metallico malformato, modellato in modo che il metallo formasse solo i contorni di una certa figura. Questa aveva, all'estremità laterale sinistra, ciò che sembrava una lunga coda, mentre a destra c'era il rudimento di un muso, con una sporgenza appuntita alla sommità, a raffigurare le orecchie di... «Un gatto» mormorò Shori, a occhi spalancati. Era una cosa piuttosto divertente, pensò, mentre inclinava la testa lasciando che suo padre le infilasse la collana. Haru non volveva far risaltare il suo Chakra, l'arma dei ninja, ma piuttosto il suo stato di Jinchuuriki. Un gatto.
    «Vi... vi ringrazio, padre» balbettò, portandosi una mano al petto, laddove c'era ora il micio di metallo. Il pendente era freddo e leggero, piacevole contro la pelle calda di Shori.
    Haru annuì. Il suo sorriso era sparito, rimpiazzato da quell'espressione solenne che aveva sempre. «Spero che questo ti ricordi le tue responsabilità e il tuo dovere. Prometti che rispetterai tutti i miei insegnamenti?»
    Shori si rizzò sul posto, a testa alta. «Sacrificio, lealtà e rispetto. Prometto sulla mia vita».
    Era finito. Haru si fece da parte, risalendo le scale per andare a riposarsi. Ora era la volta dei suoi familiari: per prima, sua madre le si avvicinò e la cinse in un abbraccio, sussurrandole un emozionato «Congratulazioni». Poi si fece da parte con una mano a coprirsi la bocca. Kenta fece di nuovo per alzarsi, ma Shori gli si avvicinò prima che potesse farlo. «No, Kenta... stai giù, per favore» mormorò, abbassandosi per abbracciare il fratello. «Sei uno sciocco. Perché non sei rimasto a riposare? Sei tornato solo questa mattina, e il tuo braccio...»
    «Sorellina» la chiamò Kenta con fare piuttosto seccato, «ci pensa già nostra madre a rimproverami. Mi sono alzato perché ci tenevo tanto a vedere il tuo ritorno... e a vedere che tipo di dono nostro padre ti avrebbe dato». Le sfiorò delicatamente il pendente a gatto, con un sorriso tirato. «Ora sei anche tu una Shinobi. Sei pronta?»
    Shori scrollò le spalle. «Sinceramente, non sento nessuna differenza. Alla fine si tratta solo di qualche compito minore, nulla di pericoloso».
    «Per ora».
    «Già... per ora».
    Ci fu qualche secondo di silenzio, in cui i due fratelli si limitarono a guardarsi. Shori avrebbe voluto rimanere così ancora per un po', evitando di sorbirsi i falsi complimenti (o minacce) di Haruka, ma alla fine Kenta ruppe il silenzio: «Non è che... mi aiuteresti ad alzarmi, sorellina?»
    «Ci penso io!» esclamò subito Chiyoko, accorrendo in soccorso del figlio e mettendogli un braccio sopra la spalla. «Shori, Haruka... comportatevi bene, ok?» aggiunse poi, lanciando un lungo guardo d'avvertimento alla figlia maggiore. Questa però fece finta di non sentirla: era tornata con le spalle al muro, il volto così teso da sembrare scolpito nella pietra. Quando lei e Shori rimasero sole, Haruka puntò il suo sguardo verso la sorella, trafiggendola con i suoi occhi grigi, affilati quanto due senbon. «I miei complimenti,
    micetta» sibilò piano, staccando dal muro e avvicinandosi piano, come un cobra pronto a scattare contro la preda. Shori dovette trattenersi dal non indietreggiare. Arrivata a distanza di tocco, Haruka le afferrò di scatto una spalla e si sporse verso di lei. La Jinchuuriki sussultò. «Ma sai, queste sono tutto stronzate» mormorò sua sorella, accostando la bocca al suo orecchio, «in realtà, uno Shinobi diventa tale dopo che la sua arma ha saggiato per la prima volta il sapore del sangue».

    Edited by Ely_11 - 17/1/2014, 00:05
     
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    Nebbia. Kirigakure no Sato. Umidità. Supaku rabbrividì stringendosi la casacca del deserto più vicina al collo mentre l'umidità gli penetrava nelle ossa. Mi ero dimenticato di quanto fosse... l'albino non riusciva a trovare le parole per esprimere la sensazione che provava il quel momento. Nebbia, umidità, freddo, sensazione del bagnato addosso sulla pelle che ti faceva sentire come se ti fosse appena piovuto addosso. Era venuto poche volte fino al villaggio della nebbia, l'ultima volta che ci era stato era stato in uno dei suoi primi mesi da Chuunin, era andato in missione insieme a Takumi Ehime, inutile dire che era tornato a Suna bagnato e infreddolito proprio come stava succedendo in quel momento. Non mi abituerò mai a questo ambiente, sebbene il Suiton sia un elemento davvero caratteristico, il Paese che lo rappresenta è troppo....umido pensò il ragazzo sorridendo leggermente a bocca chiusa. Bene, facciamo quello per cui siamo qui e torniamocene da dove siamo venuti...il prima possibile....Ora rimane solo un problema tecnico... pensò il ragazzo infilando la mano dentro alla divisa afferrando il kunai di kiri che tempo addietro gli era stato dato da un ninja della nebbia. Supaku aveva riflettuto a lungo sul gesto del ninja di nome Kisuke, non aveva mai capito come mai lui gli avesse dato quell'arma, forse un segno di riconoscimento, forse un semplice marchio, oppure semplicemente un "vieni a riportarmelo quando sarai più forte" Beh, adesso lo sono. pensò Supaku rafforzando la stretta sull'arma. E adesso vengo a riportartelo...che tu lo voglia o meno... pensò il ragazzo mentre con passo sicuro entrava nel villaggio della nebbia. Il ragazzo aveva appena consegnato la sua lettera alle guardie delle mura, che lo identificava come un messaggero per conto del Kazekage con una raccomandata urgente al Mizukage. Ovviamente non avesse idea di cosa si trattasse, poteva essere semplicemente una lettera vuota e lui uno dei tanti shinobi mandati come messaggeri ufficiali mentre il vero messaggero, magari un ANBU, era già arrivato con il vero messaggio. Il ragazzo dai capelli bianchi si passò una mano tra la chioma convinto ormai che, una volta ritratta, l'avrebbe trovata bagnata. Il ragazzo si incamminò avanti a sè, cercando di capire dove avrebbe potuto trovare indicazioni affidabili riguardo lo shinobi che stava cercando. Prima le cose importanti. pensò dirigendosi verso il palazzo della Mizukage.

    Poco dopo aver consegnato la lettera ad uno degli shinobi fuori dalla porta del Capovillaggio si diresse verso l'uscita. Una volta arrivato alla porta chiese indicazioni ad un ninja di passaggio lì vicino. Il ragazzo era tropo giovane per essere poco più di un Chuunin ma Supaku confidava che questo sapesse più o meno dove stesse un compaesano. Momochi dici? Mai sentito mi dispiace. disse il kiriano prima di dileguarsi nella nebbia mattutina che invadeva leggermente le strade. Supaku strinse leggermente le labbra in segno di disapprovazione mentre si girava e rientrava negli uffici per chiedere informazioni a ninja dall'aspetto più esperto e adulto che magari avrebbero saputo dirgli qualcosa di più sul Momochi. Dopo varie ed infruttuose ricerche riguardo la locazione di questo ninja poco sociale a detta di alcuni, uno sp.jounin riuscì a dargli una informazione piuttosto vaga sul quartiere nel quale si dicesse abitasse il ninja e Supaku si mise in moto.
    Dopo aver girovagato per circa un'ora in mezzo alla nebbia e a case che a lui, sinceramente, sembravano tutte più o meno uguali, il ragazzo ne scorse una che sembrava spiccare leggermente dalle altre per via di una piccola recinzione che avrebbe dovuto proteggere un piccolo giardino intorno ad essa. Sembra una bella casa...non si distingue troppo dalle altre...edificio circolare, più o meno come molti altri, alta tre piani...quasi svetta sopra altri edifici ai lati...potrebbe essere la casa di un ninja di alto grado...oppure semplicemente di una famiglia benestante...dannazione...beh mi sa che mi sono ufficialmente perso. il ragazzo si girò intorno nella nebbia della strada. La mano ebbe l'impulso di afferrare il kunai di kiri all'interno della propria divisa e gettarlo al suolo e levarsi da quella città umida e fredda.
    Prese un profondo respiro. Con calma...chiederemo indicazioni... disse avvicinandosi alla casa descritta in precedenza e suonando il campanello. Speriamo che almeno, se non ci abita lui, ci abitino degli shinobi che sappiano dirmi qualcosa.


     
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    Caro diario, questa giornata è… noiosa, scribacchiò Shori Jiyuu su un piccolo quadernetto, grande quanto il palmo della sua mano. Era seduta sul tavolo della sala, quello grande, con in mano penna e taccuino, in un maldestro tentativo di rimediarsi da fare. Sono rimasta a casa, da sola. Mia madre è andata a far visita a Momoto Yuki, mio padre è ancora in missine, Haruka è andata a trovare il suo fantomatico informatore a Suna, mentre mio fratello è partito di nuovo per una B. Mi ha parlato un po’ di quello che deve fare, e l’ho trovata una cosa molto rischiosa. Come al solito, lui ha detto che non devo preoccuparmi e che ha un compagno affidabile; peccato che l’ultima volta è tornato mezzo morto, ma quando gliel’ho ricordato si è arrabbiato. Certe volte non riesco proprio a capirlo…
    Si fermò un attimo, sospirando. D’improvviso, tutta la voglia di scrivere era svanita, spazzata via da quel brutto ricordo. Poggiò i polpastrelli del pollice e medio sulle tempie, frustrata. Forse è meglio che esca… che mi rinfreschi un attimo i pensieri… potrei passare all’arena per vedere se c’è qualche sfidante valido. Oppure potrei andare a fare compere, in armeria o in un normale negozio di abiti… Shori, ancora indecisa e annoiata, portò le ginocchia al petto e se le strinse con le braccia, lasciando scivolare lo sguardo alla finestra, appannata dalla nebbia e dal freddo. D’improvviso, anche la sua voglia di uscire scomparve.
    Meglio che mi faccia un tè, a questo punto… pensò bene Shori, alzandosi una volta per tutti e uscendo dalla sala per passare dal corridoio d’ingresso fino a raggiungere la modesta cucina. Anche lì vi era un tavolo, ma era molto più piccolo di quello in sala – e anche più usato.
    Tutto era in rigoroso ordine, sotto la dittatoriale vigilanza della madre, che si impegnava con perseveranza a far risplendere la casa in ogni suo angolo. Dopotutto, non lavorando doveva trovare qualcosa con cui tenersi impegnata, e a quanto pare trovava immensamente divertente accatastare le pattine dalla più grande alla più piccola, separare le stoviglie quotidiane da quelle festive e, ultimo ma non meno importante, dividere i ripiani del frigo in base alla verdura, carne e formaggi. Sì, insomma, sapeva divertirsi con poco.
    Shori raggiunse lo scaffale in alto sul muro destro, ma ci arrivò solo alzandosi con le punte dei piedi. Riuscì a recuperare, piuttosto goffamente, la teiera, la riempì d’acqua e la mise sul fornello. Una volta acceso, Shori si ritrovò al punto di partenza. Iniziò a mordicchiarsi le unghie, pensando. Il prossimo Esame di selezione dei Chuunin si sta avvicinando… sospirò. Non credo che la Mizukage mi conceda di parteciparvi. Dopotutto, sono solo due mesi che ho ottenuto il coprifronte, e sinceramente non mi sento pronta. Se venissi bocciata… il suo treno di pensieri si interruppe di nuovo. Sapeva bene cosa sarebbe successo se non avrebbe passato l’esame: era proprio per quello che aveva tanto timore.
    Il suono tintinnante del campanello la riscosse, portandola brutalmente alla realtà. Si sporse con la testa oltre la porta, dove si poteva vedere chiaramente l’ingresso. Strano… mamma non può essere già tornata, chi sarà? Con calma, abbandonò il tè sul fornello e si diresse alla porta di casa. Non aprì subito, preferendo controllare chi fosse il nuovo arrivato, se era uno sconosciuto o meno. Si alzò di nuovo in punta di piedi (davvero, la sua statura poteva rivelarsi una vera seccatura) e diede un’occhiata allo spioncino. Vedeva il bianco dei capelli e una faccia scura, assolutamente estranea. Chi mai può essere? Mormorò la kiriana, faceno un passo indietro. A meno di un metro dall’entrata c’era un piccolo scaffale, con su una foto della famiglia e un kunai – l’obbiettivo di Shori. Lo prese senza tanti complimenti e lo infilò in tasca. Sempre, in ogni circostanza, le era stato insegnato di portarsi un’arma quando uno sconosciuto suonava al campanello.
    Piano, con prudenza, senza mollare la presa sul kunai che aveva in tasca, aprì la porta quel tanto che bastava per far sbucare fuori la testa corvina. Il tipo sulla soglia era di certo un ninja: il coprifronte e il gilet ne erano la prova indiscussa. Lo guardò in faccia, con sguardo di educata curiosità. La colpirono subito i due tatuaggi agli occhi grigi, poi la sua folta chioma albina. E voi chi siete? Chiese diretta la Jinchuuriki, aprendo un po’ di più la porta. Sembra… un pulcino bagnato, non poté far a meno di pensare Shori, osservando ancora lo shinobi, tutto umidiccio e infreddolito. Se davvero viene da quelll'arido e cocente deserto di Suna, come dice il coprifronte, non oso immaginare quanto sia sensibile al gelo… poverino, pensò, riportando alla memoria la sua unica esperienza a Suna e al tormento che aveva dovuto subite. Ma non gli offrì di ripararsi in casa sua… non ancora. Prima aveva bisogno di risposte e di sapere che, se lo avesse lasciato entrare, non se ne sarebbe poi pentita.

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    Edited by Ely_11 - 10/2/2014, 22:45
     
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    La porta si aprì leggermente. Supaku attese, sentendo un brivido corrergli lungo la schiena, davvero stava cominciando ad odiare quella maledetta umidità. Aveva voglia di sporgersi in avanti per vedere chi mai poteva essere stato ad aprirgli, i suoi occhi erano alzati alla sua altezza cercando di carpire anche un'ombra delle sembianze della persona che gli avrebbe aperto. Quando la porta si fermò Supaku rimase leggermente spiazzato di non trovare nessuno lì davanti, solo quando sentì un E voi chi siete? provenire dal basso il ragazzo abbassò repentinamente lo sguardo trovando parecchi centimetri più sotto rispetto all'altezza della sua testa, un visetto femminile incorniciato da lunghi capelli corvini sciolti sulla testa e una piccola frangetta che copriva leggermente l'occhio sinistro. E tu chi sei? pensò Supaku incuriosito da quei grandi occhioni violetti. Il ragazzo della Sabbia osservò il visetto della ragazza davanti a lui che lo squadrava con tutt'altro che atteggiamento amichevole, ma questo l'albino lo scorse solo dopo un paio di secondi che era rimasto letteralmente paralizzato e fissare i grandi occhi violacei della ragazza. Io...io...cioè beh...io.... cominciò con una partenza decisamente sbagliata. Il ragazzo si impose di chiudere la bocca cercando di ritrovare la calma. Forse era l'umidità, forse era il freddo ma di certo c'era qualcosa che non andava nella sua solita calma abituale. Tornò a fissare negli occhi la ragazza che faceva capolino dall'altra parte della porta. Momochi Kisuke...sto cercando...Momochi Kisuke... disse di nuovo il ragazzo Riprenditi! pensò il ragazzo combattuto dall'impulso di tirarsi un pugno sul viso. Davvero non sapeva cosa gli stesse facendo tutta quella umidità. Riparto da capo...sono Supaku Handoru, Shinobi del Villaggio della Sabbia e sto cercando un certo Kisuke Momochi, ninja della nebbia...lo conosci per caso? chiese il ragazzo avendo finalmente riacquistato il controllo della propria bocca ma a quanto pare la nebbia continuava a giocargli brutti scherzi perché non appena ebbe finito di parlare un brivido di freddo lo scosse da capo a piedi facendogli battere leggermente i denti. Che posto maledetto che è questo....molto meglio il caldo sole della mia terra. pensò Supaku mentre si passava le mani sulle braccia, sfregandole e cercando di far tornare un pò di calore nel suo corpo. Credo di essermi perso...sto vagando in questa nebbia al freddo da ormai un'ora e non ho trovato nessuno che mi desse delle vere indicazioni...inoltre fa un freddo cane...non mi sono vestito bene per il clima....come fate voi Kiriani? disse cercando di buttarla sullo scherzo mentre i suoi denti battevano di nuovo leggermente.




     
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    Il ninja di Suna sembrava a dir poco spaesato: balbettava, tremava, formava frasi scoordinate e senza senso. Shori si corrucciò lievemente, pensando che lo shinobi potesse non star bene, che potesse aver preso un malore a causa del freddo. Stava appunto per chiedergli se fosse tutto a posto, quando un nome già sentito balzò fuori dalle labbra dello straniero: Momochi Kisuke...sto cercando...Momochi Kisuke...
    Le parole si bloccarono un attimo prima di essere pronunciate, lasciando la kunoichi a bocca aperta, presa in contropiede. Quel nome non le era nuovo, a dire la verità… anzi, aveva persino incontrato il ninja che lo portava, lo Sp. Jounin Kisuke Momochi. Quella volta, lui era in veste da esaminatore e lei da esaminanda, nell’unico esame che avesse affrontato in vita sua: l’esame genin. Che cosa vuole questo ninja di Suna da Momochi-senpai? Pensò subito, richiudendo la bocca e riprendendosi da quell’attimo di sorpresa. Chi diavolo è?
    Il ninja in questione sembrava aver ripreso un po’ di contengo, abbastanza da fare una presentazione degna di questo nome: Riparto da capo...sono Supaku Handoru, Shinobi del Villaggio della Sabbia e sto cercando un certo Kisuke Momochi, ninja della nebbia...lo conosci per caso?
    Shori si morse il labbro, squadrando il suo interlocutore con sospetto. Chissà, disse infine, rimanendo sul vago. Fece poi discorrere il suo sguardo lungo tutta la figura del ragazzo. In ogni caso, non credo siate nelle condizioni di gironzolare per Kiri. Non con un tempo del genere, almeno.
    Credo di essermi perso...sto vagando in questa nebbia al freddo da ormai un'ora e non ho trovato nessuno che mi desse delle vere indicazioni...inoltre fa un freddo cane...non mi sono vestito bene per il clima....come fate voi Kiriani?
    Shori trattenne un sorriso alla domanda leggera del suniano. Pensate un po'… disse, rispondendo con lo stesso tono, noi diciamo la stessa cosa di voi Suniani. Direi che è una questione di abitudine. E comunque, sarebbe davvero deplorevole da parte mia lasciare un compagno ninja al suo freddo e nebbioso destino. Se volete, potete entrare a riscaldarvi un po’ prima di riprendere la vostra ricerca. Stavo giusto facendo un tè... se vi interessa, potreste farmi compagnia, propose la ragazza, questa volta spalancando la porta e lasciando intravedere tutta la sua figura. Chissà cosa penserà a vedermi così scoperta, in confronto a lui, pensò ancora, cercando di trattenere un sorriso. Vi chiedo solo una cosa: lasciate il vostro equipaggiamento qui dentro… e indicò con la mano un piccolo armadietto a due ante, che stava appena a lato della porta. Tanto non ve ne fareste nulla delle armi, o sbaglio? Chiese Shori, in una domanda liberamente provocatoria, mentre la mano sinistra era ancora nascosta nella tasca, stringendo il kunai.


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    La ragazza dagli occhi violetti rimase sul vaga quando nominò Kisuke Momochi. Non ha dettò né no né sì...interessante. pensò l'albino mentre spostava il peso da un piede all'altro cercando di non rimane del tutto fermo per via del lieve senso di brivido che aveva in corpo. Subito dopo aver lasciato sul vago la conoscenza tra lei e Kisuke la ragazza continuò a parlare, proponendogli di entrare in casa per un tè. Non poteva lasciare un compagno shinobi fuori dalla porta. Uh ho avuto la fortuna di imbattermi nella casa di una Kunoichi...questo è un altro fattore interessante...è una vita che non incontro una kunoichi...potrebbe essere interessante... pensò il ragazzo mentre, colpevolmente, dava un rapido sguardo al fisico della giovane prima di rendersi conto che era fin troppo giovane, più giovane di quanto il suo viso lasciasse intendere. Fa niente... pensò il ragazzo mentre la ragazza si pronunciava in un
    Stavo facendo un té....se vi interessa, potreste farmi compagnia.
    Rispondeva frettolosamente Sì, ne approfitterei volentieri, grazie tante... ed entrava nell'ingresso della casa della ragazza e realizzava che la sua ospite era vestita con un kimono leggero che le lasciava scoperte entrambe le braccia e gran parte delle gambe. Penso tu abbia proprio ragione quando dici che è questione di abitudine...voi Kiriani dovete di certo avere una pelle da foca per stare con questo tempo a braccia e gambe scoperte... disse il ragazzo rabbrividendo leggermente e scuotendosi i capelli umidi dalla testa.
    Vi chiedo solo una cosa: lasciate il vostro equipaggiamento qui dentro... aggiunse un attimo dopo la kunoichi indicando un armadietto che stava a lato della porta, subito appena entrati sulla sinistra. Supaku squadrò l'armadio, realizzando che forse era fatto apposta per appoggiare equipaggiamento sporco durante le missioni o simili, anche se poteva solo supporlo. Tanto non ve ne farete nulla delle armi, o sbaglio? a quelle parole che celavano una lieve insinuazione Supaku non poté fare a meno di notare che una mano della ragazza era ancora fermamente in tasca, forse a nascondere qualcosa, magari un'arma che poteva fungerle da difesa, chi poteva dirlo. Come se fossero le armi a rendermi pericoloso... pensò con una lieve ironia il ragazzo ma fu abbastanza accorto da non dare voce a quel pensiero. Già era stato un grande sforzo per quella sconosciuta riuscire ad accoglierlo in casa, non immaginava come le cose sarebbero andate rapidamente a rotoli se si fosse messo anche a fare lo spiritoso. Certamente non c'è problema....lascerò le armi, il gilet me lo voglio tenere addosso...sai come è...preferisco tenermi la maggior parte dei vestiti che ho... disse il ragazzo esibendo un sorriso a labbra strette mentre si sganciava le due borse dalla schiena, la tasca da coscia e katana e wakizashi dalla schiena. In cima a tutto quel modesto mucchietto estrasse anche il kunai di kiri che aveva ricevuto in dono da Kisuke stesso durante il loro combattimento amichevole e lo appoggiò quasi con riverenza, prima di chiudere lo sportellino dell'armadietto. Un attimo dopo il ragazzo si girava verso la kunoichi dagli occhi viola sorridendo di nuovo. Reiko dice sempre che ho un brutto sorriso...no, diceva sempre...spero che questo non la spaventi più di tanto... pensò il ragazzo mentre si apprestava a parlare.
    In ogni caso non ci siamo presentati a dovere e ci tengo a ringraziarti per l'ospitalità...quindi che ne dici di ricominciare da capo? disse tenendole la mano con fare amichevole. Supaku Handoru, Special Jounin di Sunagakure no Sato... disse aspettandosi che anche la sua ospite si presentasse e così da poter rompere un poco il ghiaccio. Non aveva trovato Kisuke, ma tanto valeva che conoscesse un pò meglio questa misteriosa Kunoichi dagli occhi intriganti. Il destino mi ha fatto incontrare te, invece che quel ninja della nebbia dai modi bruschi e poco chiari...certamente non potrai essere peggio di lui. pensò il ragazzo mentre guardava negli occhi la kunoichi.


     
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    Shori osservò compiaciuta mentre il ninja di Suna posava le armi nell’armadio, ubbidendo alla sua richiesta. Lo interpretò come un gesto di buona fede, e solo allora mollò la presa dal coltello che portava in tasca.
    Che strano… un kunai di Kiri, pensò poi, sorpresa di vedere l’albino estrarre e deporre con particolare attenzione l’arma del Villaggio della Nebbia. Sembra avere un particolare valore, se lo tratta così bene… che sia collegato a Momochi-senpai?
    Il suniano si voltò verso di lei, in volto un sorriso amichevole. In ogni caso non ci siamo presentati a dovere e ci tengo a ringraziarti per l'ospitalità...quindi che ne dici di ricominciare da capo? Le chiese, porgendole una mano. Supaku Handoru, Special Jounin di Sunagakure no Sato…
    Special Jounin… che onore, pensò la ragazza con una nota di divertimento. Non le capitava tutti i giorni di vedersi arrivare sull’uscio un ninja di tale grado. Supaku Handoru… ripeté Shori, sentendo il nome uscirle dalle labbra con fluidità. Si sforzò di sorridere, poi allungò la sua mano candida per stringere quella di lui. Piacere di conoscervi. Io sono Shori Jiyuu, Genin di Kirigakure. Benvenuto nella casa della mia famiglia.
    Sciolse poi la presa, voltandosi per fare strada all’ospite. L’ingresso altro non era che un lungo corridoio, le cui estremità terminavano con due porte: una era l’entrata e l’altra era l’ingresso della cucina. A metà tra l’una e l’altra, sul lato destro del muro (l’unico dritto, dato che il lato sinistro seguiva la forma rotonda della casa), sbucava un’altra porta scorrevole, che dava accesso alla sala. Shori percorse tutto il corridoio finché non la raggiunse e la aprì. Prego, entrate pure.
    La sala non era nulla di speciale: al centro c’era il tavolo grande, a quattro posti, su cui v’era seduta Shori fino a pochi minuti prima; al di là di quello si riusciva a intravedere un divanetto piccolo ma confortevole, attaccato al muro (anche quello circolare), e sopra c’era la finestra appannata e senza tende. Sul lato destro, invece, c’era ben poco: una libreria di modeste dimensioni (una miseria in confronto a quella del terzo piano), piena dei libri di Chiyoko… ma la vera bellezza erano gli oggetti appesi al muro: una sfilza di katane, tutte infoderate magnificamente, era in mostra attaccate alla parete dal relativo supporto. Da che si ricordava Shori, c’erano sempre state, fin da quando era piccolissima, e nessuno aveva mai osato toglierle da là.
    Sul lato sinistro, invece, c’era un enorme tappeto marrone, con su una piccola stufetta spenta. C’erano poi vari mobiletti pieni delle cianfrusaglie di Chiyoko, mentre adiacente al muro dritto sbucava una scala lunga e stretta, che portava direttamente al secondo piano.
    Anche Shori entrò e si diresse subito ad accendere la stufetta, così da riscaldare ancora di più l’ambiente, poi rivolse la propria attenzione al tavolo, dove aveva abbandonato il diario-taccuino ancora aperto. Senza dire una parola, lo chiuse e se lo mise nella tasca libera. Torno, subito, vado a prendere il tè… ora dovrebbe essere pronto, mormorò pensierosa, riuscendo fuori dalla stanza e dirigendosi alla cucina.
    Ci aveva visto giusto: il tè bolliva abbondantemente. Si affrettò a levare la teiera dal fuoco, a recuperare un paio di tazze e a versarci il liquido fumante. Tornò poi dal suo ospite.
    Ecco qua, disse, poggiando le due tazze sul tavolo e prendendo posto. Allora, Supaku Handoru… iniziò, per poi fare un sorso. Mi stavo giusto chiedendo perché tanto interesse per Momochi-senpai. Per caso ha qualcosa a che fare con quel kunai di Kiri?



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    Piacere di conoscervi. Io sono Shori Jiyuu, Genin di Kirigakure. Benvenuto nella casa della mia famiglia. disse la ragazza allungando la mano e serrandola nella sua. Era una mano piccola, delicata quasi, sebbene Supaku poté sentire al tatto già i primi calli di una vita da shinobi in divenire. Sciolsero la presa in pochi secondi. Shori lo condusse dentro casa e Supaku si gustò l'ambiente davvero grande ed elegante mentre camminava avanti a sé. Di solito non si fermava ad ammirare le case altrui, ma era passato davvero tanto tempo che non era stato a casa di qualcun altro e si sentiva quasi incuriosito da quella novità. La ragazza lo portò in un salotto e Supaku le fece cennò con una mano che si sarebbe andato a sedere sul divano.
    La ragazza si assentò quasi subito per andare a fare del té mentre Supaku si metteva comodo e appoggiava le mani sulle ginocchia prima che la sua ospite tornasse. Una volta tornata Shori si avvicinò sedendosi davanti a lui e iniziando a parlare.
    Mi stavo giusto chiedendo perché tanto interesse per Momochi-senpai. Per caso ha qualcosa a che fare con quel kunai di Kiri?
    Supaku prese un profondo respiro. Da dove iniziare a parlare del ninja della nebbia ammantato dal mistero. Supaku lo aveva incontrato in un'arena a Kirigakure no sato insieme ad una ragazza dai capelli bianchi, sempre di Kiri, una certa Galatea Shishi. Il ragazzo non sapeva da dove quei due erano spuntati, sinceramente non sapeva neanche se tra loro c'era qualcosa o se si conoscessero, ma a quanto sembrava lui era rimasto invischiato in qualcosa di più grande di lui. Un combattimento due contro uno dove Kisuke era rimasto solo contro di loro. La lotta era stata straordinariamente...pari. In ogni caso a Supaku non era sfuggito come Shori avesse notato subito il kunai del suo villaggio tra i suoi oggetti. Sveglia la ragazza. pensò l'albino mentre si prendeva qualche secondo prima di parlare. Iniziato a parlare, il ragazzo non si fece sfuggire di osservare con attenzione la sua ospite mentre quella parlava. Solo adesso vedeva come era giovane rispetto a lui Shori, il ragazzo era stato attratto dal suo viso maturo e dagli occhi violetti, che erano di un colore così affascinante ma aveva trascurato di osservare il resto del corpo della ragazza che tradiva la sua estrema giovinezza.
    Francamente potrei dirti poco... disse il ragazzo mentre si passava una mano nei capelli Il Momochi, l'ho incontrato tempo fa durante uno scontro amichevole proprio in questa città. Insieme ad un'altra ragazza dai capelli bianco argento come i miei, una certa Galatea Shishi...mi pare si conoscessero già i due....in ogni caso siamo finiti io e Galatea contro Kisuke e lo scontro era stranamente alla pari tra noi due...eppure io e Galatea abbiamo entrambi vinto l'esame chuunin, quindi non eravamo ninja di poco conto....però Kisuke...era qualcosa di decisamente particolare...alla fine dello scontro mi ha lasciato quel Kunai... disse il ragazzo indicando il kunai posato sopra il resto del suo equipaggiamento. Ora che sono diventato Sp.Jounin sono tornato qui per restituirlo.... disse il ragazzo chiudendo i pugni delle mani intorno alle loro bende. E forse prendermi la mia rivincita...non ho mai capito il vero significato di quel Kunai...forse Kisuke voleva che glielo riportassi quando sarei stato più pronto o più capace...chi può dirlo...
    detto questo il ragazzo sollevò il viso sorridendo leggermente a Shori. In effetti sono discorsi senza molto senso, non è vero? Potrebbe avermelo dato solo perché voleva liberarsi un posto nella tasca del gilet. disse il ragazzo. In ogni caso penso che non lo scoprirò mai...visto che mi sono perso in questo maledetto posto umido e nebbioso.


     
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    Shori ascoltò con attenzione e interesse la storia dell’Handoru, di come aveva incontrato e combattuto Kisuke Momochi insieme ad un’altra kunoichi di Kiri. Rimase piacevolmente sorpresa dallo scoprire che il ninja difronte a lei era stato un vincitore del Torneo Chuunin, chissà quanto tempo addietro. Ma non fu l’unica cosa che la colpì in tutto il discorso del suniano: sapere che Momochi-senpai era stato in grado di tener testa a ben due vincitori dell’esame la riempiva di un orgoglio patriottico non indifferente. Quando era stato il suo turno di affrontarlo per rubargli i campanelli, sapeva che con lei si stava trattenendo, che non faceva neanche lontanamente sul serio… ma non aveva capito fino a dove arrivassero le capacità del suo esaminatore. Questi sono i ninja di Kiri, pensò Shori esibendo un sorriso orgoglioso. Annuì in direzione dell’Handoru, mentre questi esponeva la sua teoria sul perché il Momochi gli avesse lasciato in custodia il Kunai di Kiri.
    In effetti sono discorsi senza molto senso, non è vero? Potrebbe avermelo dato solo perché voleva liberarsi un posto nella tasca del gilet. In ogni caso penso che non lo scoprirò mai...visto che mi sono perso in questo maledetto posto umido e nebbioso.
    Shori trattenne una risatina e bevve un altro sorso di tè. Quell’ospite si stava rivelando interessante, oltre che una buona compagnia per ammazzare il tempo. Vorrei potervi aiutare, ma non ho proprio idea di dove possa vivere. Forse… mormorò, riflettendo. Sua sorella Haruka era una shinobi di alto rango, magari lei sapeva dov’era la sua casa. Però… Shori scosse la testa. No, niente da fare. Stavo pensando che forse c’è una persona in grado di aiutarvi, ma non lo farebbe comunque, ne sono sicura. Non è una tipa molto… amichevole, per così dire, spiegò la ragazza con un tono insofferente. Come accortasi in ritardo di quello che aveva detto, prese a guardarsi intorno, quasi allarmata, scrutando la porta, le finestre, la scala, assicurandosi che nessuno l’avesse sentita. Sapeva però che controllare era inutile: da tempo Shori aveva ipotizzato che Haruka possedesse un’incredibile e misteriosa capacità, capacità che le permetteva di ascoltare tutto ciò che veniva detto di lei, anche se si trovava a miglia e miglia di distanza. Se viene a sapere che ho detto questo di lei, mi ammazza, confidò al ninja in un sussurro. E, non come, viene sempre a sapere tutto. Ora è a Suna, ma sono sicura che lo sa già… e non chiedetemi come faccia, è un mistero. Shori si schiarì la voce, cercando di chiudere la piccola parentesi che si era venuta a creare. Di certo parlare di sua sorella non era la prima opzione che aveva in mente.
    Comunque sia, non credo che ve l’abbia dato così, senza un motivo. Magari era solo un modo per riconoscere la vostra bravura, oppure è come avete detto voi e vuole che glielo restituiate… ma penso anche che se voleva che lo trovaste, allora avrebbe fatto in modo che voi sapeste dove incontrarlo. Insomma, non mi pare che un ninja tanto abile da tener testa a due vincitori possa lasciar tutto al caso, no?


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    Edited by Ely_11 - 21/2/2014, 17:47
     
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    Vorrei potervi aiutare, ma non ho proprio idea di dove possa vivere. Forse… Supaku si tese leggermente, forse aveva trovato qualche informazione sulla casa del Momochi? Forse quella giornata di sfortuna si poteva tramutare in un vero colpo di fortuna e avrebbe trovato finalmente la dimora del Kiriano? No, niente da fare. Stavo pensando che forse c’è una persona in grado di aiutarvi, ma non lo farebbe comunque, ne sono sicura. Non è una tipa molto… amichevole, per così dire, disse la ragazza poco prima di cominciare a guardarsi furtivamente intorno, come se avesse paura che qualcuno la stesse spiando. Supaku fece altrettanto incuriosito e più che altro perplesso sulle azioni della ragazza. Un attimo dopo la kunoichi gli si rivolgeva con un sussurro.
    Se viene a sapere che ho detto questo di lei, mi ammazza.... E, non come, viene sempre a sapere tutto. Ora è a Suna, ma sono sicura che lo sa già…e non chiedetemi come faccia, è un mistero. disse la ragazzina.
    Supaku sorrise anche se solo ora si rendeva conto che Shori si stava rivolgendo a lui, dandogli del lei, una onorificenza che neanche il suo allievo più importante, Sora Darima, gli aveva mai riservato. Ma Sora ha sempre peccato di rispetto nei confronti del suo sensei....ha sempre avuto quell'atteggiamento da piccolo saccente, come a volermi dimostrare che, nonostante gli abbia insegnato praticamente tutto io, lui sia migliore di me....bah, dovrebbe imparare di sicuro un paio di cose da questa ragazza...
    Ah capisco...mi dispiace...in ogni caso puoi darmi tranquillamente del tu, non sono ancora così anziano o saggio da dove ricevere simili onorificenze.
    Comunque sia, non credo che ve l’abbia dato così, senza un motivo. Magari era solo un modo per riconoscere la vostra bravura, oppure è come avete detto voi e vuole che glielo restituiate… ma penso anche che se voleva che lo trovaste, allora avrebbe fatto in modo che voi sapeste dove incontrarlo. Insomma, non mi pare che un ninja tanto abile da tener testa a due vincitori possa lasciar tutto al caso, no?
    In effetti anche il punto di vista della Kiriana non era da scartare, se Kisuke avrebbe voluto farsi trovare si sarebbe fatto vivo lui. IN quel momento Supaku quasi se lo vedeva, appostato sui tetti di Kiri, intento a far scendere la nebbia sul villaggio stesso, pur di depistarlo, forse un segnale che non era ancora abbastanza forte per lui? Penso che la mia ricerca finisce qui...ma posso sempre fare la conoscenza di questa nuova ragazza che ho incontrato per caso...sembra intelligente è una kunoichi e di sicuro potrei ricavarne qualcosa...anche se è una Genin, non si finisce mai di imparare..
    In effetti non ci avevo pensato Shori, molto probabilmente quando Kisuke riterrà opportuno verrà a trovarmi, non penso ci sia bisogno di affrettare i tempi, anche se ero convinto che la mia recente promozione fosse stato un segnale chiaro ed inequivocabile del cabiamento, ma forse per Kisuke non sarà abbastanza...potrebbe essere il caso stesso ad avermi fatto perdere, forse ci sono cose più importanti di Kisuke, forse avevo bisogno di incontrare te oggi, chi può dirlo. il ragazzo allargò le mani aperte in un gesto di resa e leggermente esasperato si lasciò andare appoggiando al schiena contro il divano. In ogni caso ti ho detto molto su di me...parlami di te ora, so che sei una genin, hai passato di recente l'esame? Oppure sei ormai una veterana che non vede l'ora di iscriversi al prossimo esame chuunin?

     
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    In ogni caso ti ho detto molto su di me...parlami di te ora, so che sei una genin, hai passato di recente l'esame? Oppure sei ormai una veterana che non vede l'ora di iscriversi al prossimo esame chuunin?
    Il sorriso di Shori, così soddisfatto che lo Sp. Jounin avesse riconosciuto la validità delle sue teorie, si smorzò appena alla domanda inattesa dell’Handoru. Parlare di sé non era mai facile… non con i segreti che si portava appresso. No, sono stata promossa da soli due mesi e sto iniziando ad abituarmi solo ora ai ritmi della vita militare, disse la ragazza, riferendosi alle missioni e incarichi che la costringevano ad allontanarsi da casa anche per più giorni. Non manca poi molto al prossimo Esame Chuunin, ma non credo che vi parteciperò. Dipende tutto dalla Mizukage-sama, ovviamente, ma dal canto mio preferirei aspettare. Meglio attendere ed essere sicuri di poter passare, che fare inutili figuracce. Fece un altro sorso, pensierosa, mentre gli orribili ricordi dell’esame di Kenta tornavano a tormentarla. Non sopporterei l’idea di venire bocciata… le conseguenze sarebbero terribili, confidò in un soffio la kiriana e nella voce si riusciva a percepire una velata angoscia, riverbero dei suoi pensieri. La mia è una famiglia di ninja, anzi, ottimi ninja, ognuno a modo loro. Fece una pausa, pensando soprattutto al fratello. E se non passo l’esame… se non mi rivelo all’altezza… ho un’idea piuttosto chiara di quello che succederà.
    La shinobi si rabbuiò all’istante e rabbrividì, nonostante la stufetta ancora accese tenesse a bada il freddo; ricordava bene, fin troppo, il periodo successivo alla bocciatura di Kenta: nessuno era riuscito a guardarlo in faccia per giorni, chiusi in un gelido e accusatorio silenzio, mentre il giovine doveva sopportare il peso della vergogna e dell’ostilità della sua stessa casa. La cosa peggiore, però, non erano stati gli sguardi disgustati – be’, più disgustati del solito – di Haruka, o l’assenza di riconoscimento del padre Haru, o ancora le lacrime dispiaciute della madre… no, la cosa peggiore era che anche Shori, nell’attimo in cui Kenta era stato dichiarato bocciato, aveva provato vergogna per il fratello e desiderato di potersi sotterrare per l’imbarazzo.
    Il ricordo la faceva ancora sentire in colpa. Scosse la testa, cercando di pensare ad altro. Be’, di certo è strano parlarne con uno che l’esame l’ha vinto! Disse, sforzandosi di sorridere ancora. Di sicuro avete molta esperienza, e non solo in fatto di esami, ho ragione? Per ora ho fatto solo semplici missioni di livello D, nulla di che, ma di sicuro voi avrete un curriculum molto interessante. La ragazza di Kiri si sporse di più verso il Suniano, gli occhi violetti ora accesi di interesse. Chissà se ha partecipato pure a qualche guerra, pensò poi, portando le mani al ciondolo a forma di gatto che aveva sul collo. Perdonate se vi sembro invadente, ma… ehm… mi chiedevo se per caso aveste partecipato anche a qualche conflitto su larga scala. Tipo quell’accidente con i Dieci Giustizieri di Iwa, per intenderci.
    Quella era l’unica vicenda che Shori conosceva bene e nel dettaglio; era stata la Mizukage stessa ad esporle tutti i fatti con brutale chiarezza, per spiegarle la cattura del Bijuu che ora risiedeva in lei, il Nibi no Nekomada.



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    A quanto pare le intuizioni di Supaku erano sbagliate. Shori non era una veterana, era ancora una novellina a quanto sembrava. Non aveva visto molto della vita di uno shinobi, sebbene le sue mani parlassero di intensi allenamenti. Solo poche missioni D all'attivo, eppure Supaku già sentiva, avvertiva qualcosa in quella ragazzina dagli occhi viola. Non sapeva di preciso cosa fosse, ma l'aveva già sentita altre volte. L'aveva sentita in Rayle Kaguya, in Sora Darima, in Arima Togetsu...era, determinazione forse? un segno del destino che gli diceva che presto o tardi Shori avrebbe incrociato di nuovo il suo cammino? Una premonizione di grandezza nascosta dietro quel corpicino apparentemente esile e dolce? Supaku non lo sapeva. Poteva anche aver preso una grande cantonata, poteva ovviamente, visto che la sua sensazione di Rayle si era rivelata fallace in quanto il Kaguya durante una missione era stato mutilato e così la sua stessa carriera da ninja si era spenta rapidamente.
    Be’, di certo è strano parlarne con uno che l’esame l’ha vinto! Di sicuro avete molta esperienza, e non solo in fatto di esami, ho ragione? Per ora ho fatto solo semplici missioni di livello D, nulla di che, ma di sicuro voi avrete un curriculum molto interessante. Sfortunatamente per Shori, SUpaku aveva visto fin troppi sorrisi forzati nella sua vita. Lui stesso un tempo era stato un maestro in merito e non gli era sfuggita la forzatezza del sorriso della ragazza dagli occhi viola. La fatica forse di mostrarsi più aperta di quanto non fosse? Era probabile. Ogni ninja tiene dentro di sé segreti...ogni ninja ha un passato travagliato...è le cicatrici che esso lascia spesso non sono piacevoli, ti segnano per sempre.... pensò il ragazzo un attimo dopo di aver realizzato le domande che la kunoichi gli aveva fatto.
    Molta esperienza eh? Pensò al suo corpo, segnato da molte e innumerevoli cicatrici, non solo quelle più visibili come quella sul petto e quella sul viso, ma le altre più piccole, innumerevoli su braccia, gambe e schiena. C'erano tagli, ustioni, lacerazioni, perforazioni. Aveva spinto il suo corpo verso ogni battaglia e ognuna di esse gli aveva lasciato un segno indelebile, ma più esperienza di quanta ne avessero molti altri, quello era vero.
    Eh si...ho avuto il mio bel da fare. Sopratutto considerando che Supaku non era un ninja "speciale" come molti o quasi tutti quelli che aveva incontrato nella sua vita, aveva dovuto quindi compensare quella mancanza con l'esperienza, molta esperienza nel campo di tutte le abilità straordinarie che aveva incontrato nella sua vita. Si era impegnato, ma sapeva che ancora non era abbastanza, c'era molto altro là fuori da sapere e da scoprire.
    Poi Shori gli chiese dei conflitti su larga scala. In particolare della guerra dei Dieci. Supaku aveva sentito qualcosa, racconti da altri shinobi, forse Kaori gli aveva accennato qualcosa. Stai parlando di un conflitto a cui io non ho partecipato purtroppo...ho sentito molto a riguardo, ma non abbastanza, tu sai qualcosa in merito? Io ho partecipato alla guerra dei Paesi Minori, quella tra Taki, Kusa ed Ame. Ho anche visto il dittatore di Taki, Elle, prima che Hayato Kusanagi lo facesse esplodere. disse Supaku prendendo un sorso di té.
    Se non sbaglio i dieci erano antichi shinobi rievocati tramite una tecnica proibita...il loro obbiettivo era catturare qualcosa...qualcosa che non tutti sanno esistere... disse Supaku incerto se rivelare o meno dell'esistenza dei Bjuu a qualcuno così giovane ed inesperto, oltretutto non del suo villaggio. Alla fine non ho mai capito bene e le mie informazioni erano di seconda mano, ma erano molto forti e per poco non avrebbero potuto farcela davvero a prendere quello che volevano...Mi pare che tutto è iniziato con il loro rapimento di una Kiriana durante l'esame chuunin....forse tu sai il nome? chiese il ragazzo mentre cercava di capire se avrebbe dovuto spiegare lui a Shori ogni cosa oppure se lei sapesse qualcosa a sua volta.


     
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