La Terra dei Demoni

V-VI°-VII° Evento del GDR di TAM

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    木ノ葉隠れの里 - Konohagakure No Sato

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    Il ritorno di Mouryou



    «Qualcosa la preoccupa? Deiki-Sama?» Domandò Seiko, la neo eletta ad essere la futura portatrice di un peso che il suo paese doveva da eoni sopportare. L'uomo si voltò di scatto verso di lei, i lunghi baffi bianchi e le folte sopracciglia che si aggrottavano. «Non dovrei essere l'unico a preoccuparmi qui.. ragazzina.» Il tono severo del vecchio non lasciava scampo ad alcuna risposta da parte della giovane. «Se qualcosa interferisce con la morte di Chiyo e la tua nuova elezione a protettrice del Santuario non viene ultimata in tempo Mouryou potrebbe tornare su questa terra.» La ragazza dai folti capelli mori sorrise, incredula. La sua mano che si portava in direzione della caraffa di tè per riempire il bicchiere al vecchio monaco a capo del tempio. «Sono secoli che nessuno riesce più ad interferire col rituale di successione della vergine. Non credete di essere un po' paranoico vecchio Deiki?» L'uomo sussultò sul posto in cui era seduto. L'infuso all'interno del suo bicchiere che in gran parte si rovesciava sul tavolo. «Non osare parlarmi con quel tono! Ricorda il tuo posto ragazzina!» Seiko sorrise ancora, divertita. La mano davanti alla bocca per cercare di nascondere la sua espressione al vecchio. In fin dei conti quello scorbutico di un monaco era una brava persona e lei lo sapeva. Stuzzicarlo una volta ogni tanto non avrebbe fatto altro che distogliere la sua attenzione da tutti i pensieri che era solito avere. «So che da tempo ormai non abbiamo più avuto tentativi di sorta ma..» A spezzare la sua frase intervenne, nella terrazza in cui si trovavano, una sferzata di vento prepotente. «Nell'aria di stanotte c'è qualcosa che proprio non mi convince. Tieni gli occhi aperti e non scherzare con ciò a cui dedichiamo la nostra intera vita.» Seiko non aggiunse altro. L'espressione più convinta di prima mentre finiva la sua tazza di tè caldo. «Ora va a riposare. Ti aggiorneremo nel caso in cui ci siano variazioni sulle condizioni di salute di Chiyo.» Il monaco sorseggiò un altro po di infuso. Le spalle rivolte alla sua sottoposta mentre i suoi occhi indugiavano nel giardino di fronte a lui. Erano nel piano più alto del Tempio Shahei, il più grande vicino alla capitale: Oni. Il cortile anteriore si apriva sotto di lui per più di cento metri, giardini curati con la massima precisione, le pattuglie di guardia che facevano la ronda. Un tempo quel luogo era affollato di gente, persone andavano e venivano, mercanti aprivano le loro baracche in quel lungo rettangolo che portava all'entrata del tempio e soldati in armature laccate vigilavano in ogni angolo. Oggi dovevano affidarsi ad una compagnia di mercenari, il cortile era vuoto e di rado qualche monaco lo attraversava per andare da una parte all'altra. Come erano cambiate le cose in soltanto cinquanta anni, sospirò. Non si voltò per guardare di nuovo la ragazza, la nuova erede a un carico che ancora ben non comprendeva e che avrebbe cancellato per sempre dal suo volto tutta quella giovialità. Si sentiva in colpa per lei ma era la tradizione che lo imponeva, una vita per cento o forse mille, cosa poteva mai significare un piccolo sacrificio per un bene più grande?

    Seiko aveva gli occhi sulla Luna, candida come la sua giovane pelle. Questa sembrava, in modo quasi surreale, più grande e vicina del normale. Bella e ipnotizzante illuminava le vaste pianure che potevano essere viste dalla loro posizione e, in lontananza, le luci rosse della città di Oni.
    «Sta sicuramente facendo venire le paranoie anche a me.» Bisbigliò qualche secondo dopo. Una linguaccia alle spalle del vecchio mentre che questo gli domandava se avesse pronunciato qualcosa. «No Deiki-Sama! Deve essere stato il vento! Vado a dormire!» Con un ultimo sorriso a trentadue denti la ragazza uscì dalla stanza attraverso la porta scorrevole. Questa che veniva richiusa alle sue spalle per poi, una volta appoggiatasi, sbuffare con aria stanca. «Maledetto vecchio! Gli voglio bene ma sarà la mia fine!»

    Il vento. Deiki non aveva mai visto così tanto vento in vita sua da quando si trovava al tempio. Un rumoroso e fastidioso movimento d'aria che dall'avvento di quella notte proprio non voleva calmarsi. «Meglio andare a controllare Chiyo di persona.» Si era detto sistemandosi la veste una volta in piedi. In fin dei conti la sua vecchia amica era prossima alla morte e che uomo sarebbe stato se non le avesse concesso anche solo un ultimo, piccolo saluto? La questione, nel suo caso e in quello di Chyio, si era portata ben oltre quella del semplice rapporto tra vergine del Santuario e sacerdote del tempio. Lui, nonostante il ruolo che da anni era finito col ricoprire, le aveva sempre voluto bene e non aveva mai dimenticato come lo aveva raccolto dalla strada quando ancora si trovava nel grembo della gioventù.
    Aveva quindi afferrato il suo bastone per dirigersi verso le stanze dell'amica. Il silenzio che accompagnava i corridoi dell'isolata parte del tempio in cui essa si trovava. I suoi ordini infatti erano stati chiari: nessuno, al di fuori di lui, del medico e delle guardie scelte, doveva avvicinarsi alla vergine mentre si preparava al freddo abbraccio della morte. Questa, suo malgrado, se ne sarebbe andata da sola. Accompagnata nel suo viaggio da un pezzo dell'anima di Mouryou che certamente l'avrebbe tormentata. «Un destino orribile.» Aveva commentato il monaco nella sua solitudine. Un passo dietro l'altro mentre giungeva di fronte ai primi soldati posti davanti alla porta del salone. Questi si inchinarono brevemente per poi, quasi all'unisono, aprire il grosso portone in Oro che sostava dietro di loro. Gli occhi di Deiki si posarono subito su Chiyo, sempre sdraiata sul suo letto posto a qualche metro dall'altare di Mouryou. Questa era rossa in viso, secca e ansimante. Le vene ben pronunciate su tutto il corpo mentre entrambi i bulbi oculari si erano completamente anneriti. «Non ho mai visto niente di simile.» Era stata l'unica diagnosi del medico, spaventato e ben distante dal letto della donna. «Certo che no.» Aveva risposto in breve Deiki mentre si avvicinava alla sua amica. La mano di questa che veniva afferrata assieme al Juzu, il rosario Buddista, per iniziare una preghiera.

    Il vento. Il forte vento sembrava risuonare persino all'interno delle mura del tempio quella notte. Correva tra gli alberi riversandosi poi furioso contro i grossi battenti nell'ingresso che dava sul cortile anteriore. I due soldati preposti all'entrata si tenevano stretti nei loro mantelli, le lance infilate negli incavi del gomito, mentre le lanterne sopra di loro ondeggiavano sotto la furia delle intemperie facendo dardeggiare la luce ad intervalli irregolari. La luce gialla si muoveva tra i tronchi degli alberi spogli della foresta davanti a loro ma le guardie poco facevano caso al paesaggio spettrale, chi sarebbe mai stato così folle da avventurarsi fuori con un tempo del genere?
    Delle ombre apparvero tra i tronchi degli alberi, così dal nulla, laddove prima non c'era stato nessuno. Adesso molteplici figure incappucciate erano apparse alla luce gialla delle torce e avanzavano verso di loro.
    «Chi siete?! Identificatevi!» Gridò una delle guardie strizzando gli occhi per vedere meglio. Delle figure si profilarono fuori dall'ombra, tutte incappucciate e avvolte in mantelli neri agitati e gonfiati dalla bufera.
    Una si fece avanti, il cappuccio che venne strappato dal viso rivelando lunghi capelli neri come la notte che si agitavano scomposti sopra degli occhi color cremisi. Le guardie sussultarono alla vista dell'uomo, le lance sollevate in posizione di difesa mentre ripetevano di identificarsi. L'uomo aprì la bocca ma venne interrotto.
    «Non perdiamo tempo Gosuke.» Una voce flebile e leggiadra, proveniente da un volto coperto. Soltanto una mano delicata compariva fuori dal mantello a tenerlo stretto. L'uomo serrò le labbra e si fece avanti mentre il bagliore dell'acciaio usciva fuori dai lembi del mantello. Le guardie cominciarono ad indietreggiare realizzando cosa stava per succedere ed aprirono la bocca per dare l'allarme. La prima non fece in tempo a tirare un respiro che una lama balenò all'ombra della luna e la sua testa seguì l'arco luminoso cadendo per terra. La seconda guardò inorridita il compagno falcidiato e gettò la lancia a terra dandosi alla fuga, non fece due passi che un altra lama tranciò di netto anche il suo corpo.
    «Si, cazzo! Finalmente!» Ad essersi mosso non era stato Gosuke ma una figura al suo fianco: capelli bianchi, sguardo folle mentre le labbra si piegavano in un sinistro sorriso. Una grassa risata accompagnò il suo atto di sangue. Si era mosso in un lampo. Il mantello nero che portava legato si agitava ancora sulla sua schiena, il cappuccio strappato dalla velocità della corsa rivelava i capelli legati in una lunga coda. Gli occhi grigi come l'acciaio puro.
    Il ragazzo non si curò degli schizzi di sangue che avevano macchiato volto e kimono. «Smettila, Yasai!» Lo riprese immediato Gosuke. «Ciò che desideri tu non è altro che polvere di fronte al nostro vero scopo.» Il ragazzo non rispose, limitandosi a sollevare la grossa Okatana spezzata per appoggiarla sulle spalle. Il sorriso ancora sulle labbra, gli occhi che non lasciavano il corpo delle guardie uccise. Stava contemplando la sua opera.
    Un gesto di Gosuke e le altre figure scattarono in avanti, silenziose come ombre aprirono gli enormi battenti del tempio riversandosi nel cortile come ratti nella stiva di una nave.
    «Diamoci da fare, mancano solo poche ore.»

    «Dormi adesso Chiyo. Riposa in eterno con la consapevolezza che hai portato perfettamente a termine il tuo compito.» Il monaco carezzava la testa della sua amica, dolcemente. I suoi occhi che venivano chiusi una volta per tutte mentre che questa aveva esalato da qualche istante l'ultimo respiro. Toccò i suoi morbidi capelli color neve ancora una volta. Le labbra luminose e il viso che sembrava aver trovato finalmente la pace. «Spero proprio tu sia riuscita a sconfiggerlo.» Un ultimo bacio sulla fronte prima che il vero motivo di tutta quella storia tornasse alla mente del monaco. Una lacrima che scendeva sul suo viso mentre si rendeva conto che il tempo a disposizione per comprendere il dolore di quella perdita era ben poco. «Dottore il suo lavoro è finito. Vada a chiamare gli altri monaci e gli dica di portare immediatamente Seiko qui. Dobbiamo cominciare il rituale al più presto.»

    Un ringraziamento a Supaku per l'aiuto nella stesura del post :D
     
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    Akuma no Yūwaku



    «Sbrigatevi, cercate in giro e non fatevi sfuggire nulla. Dobbiamo trovare la stanza del rituale quanto più in fretta possibile.» A parlare fu Gosuke a cui era stato affidato il comando delle forze in quella missione di incursione, il quale veniva superato da diverse figure incappucciate che si disperdevano tra le varie stanze che davano sul cortile principale. "La luna è perfetta, proprio come avevamo previsto." Si ritrovava a pensare calmo e concentrato l'uomo mentre grida e lo stridio delle lame che cozzavano tra loro riempivano l'aria.
    «Lasciami andare, riuscirò a trovare tutte le informazioni che vuoi.» A parlare ora fu Yasai che si stava ancora ripulendo dal sangue che aveva versato pochi attimi prima, passando velocemente la mano per raccoglierlo ed assaporarlo lentamente, per poi sputarlo rapidamente. «Che sapore orribile. Mi chiedo se mai avremo qualcosa di decente su cui affondare i denti.»
    «Cerca di controllarti e spera di non doverne avere la possibilità ancora per un po'.» Mentre rispondeva Gosuke vagava con lo sguardo tra le differenti porte ormai aperte da cui sperava sarebbero riemersi alcuni dei figuri che aveva inviato poco prima. «Comunque concordo sull'accelerare le ricerche. Min, Atsumi e Kamatari, aiutate gli altri.» Ordinò l'uomo dai capelli corvini mentre tre delle cinque figure incappucciate che stavano alle loro spalle sparivano nell'ombra. «Noi dovremo essere pronti ad accoglierlo e scortarlo non appena arriverà, ricordatelo.» Concluse poi come nuovo ammonimento nei confronti dell'irrequieto compagno che per contro si limitò a bofonchiare qualcosa tra sé e sé.
    Un'esplosione poi proveniente dall'ala nord-est attirò l'attenzione delle tre figure che occupavano il centro del giardino, le quali si voltarono in quella direzione notando la presenza di due corpi esanimi semi-carbonizzati ma i cui profili si potevano ancora riconoscere in quelli di Atsumi e Kamatari. Poco più in là Min guadagnava terreno rispetto a due figure piuttosto possenti, sicuramente più di lui. «Non credere che ve la lasceremo passare liscia razza di mostri, non dopo che ci avete fatto incazzare in questo modo.» Fu il mercenario armato di un'ascia bipenne a parlare, mentre l'altro sembrava in procinto di comporre qualche sigillo con le mani che, invece, aveva completamente libere. Tuttavia ben presto quelle mani non solo sarebbero state inutilizzate, ma pure totalmente separate dal corpo. Il filo intrigante ed affilato al tempo stesso della katana di Elsa avevano provveduto a neutralizzare quella minaccia, raggiunta in pochi attimi dopo aver effettuato uno scatto di una velocità sovrumana. L'altro mercenario, uno dei migliori ingaggiati dal tempio per quella notte, tentò di calare un colpo in risposta a quell'assalto, ma un'altra persona aveva raggiunto quel trio giusto pochi attimi dopo Elsa, fermando la lama della pesante arma con quello della propria. Tuttavia rispetto al mercenario, Yasai, l'ultimo arrivato, aveva un'abilità di spada di un altro livello e pochi scambi di colpi dopo la testa dell'avversario rotolava nell'aria. Gosuke odiava ammetterlo ma apprezzava sempre vedere quello svitato in azione.
    «Oh sì, questo sapore è decisamente migliore! Finalmente qualcosa di decente!» Parlottava Yasai mentre rinfoderava la lama una volta ripulita, lanciando uno sguardo raccapricciante anche all'altro uomo che stava disteso a terra a contorcersi dal dolore. «Che c'è? Te ne ho lasciato uno vivo questa volta.» Rispose poi all'occhiata torva di Gosuke che li aveva raggiunti e aveva ben inteso cosa significasse quello sguardo.
    «Sì, e poco mancava che facessi fuori anche l'altro. E poi ti chiedevi perché non ti volessi lasciar andare.» Disse, dopo aver oltrepassato in modo totalmente indifferente i corpi di quelli che dovevano essere suoi compagni, senza nemmeno degnarli di uno sguardo. «Venendo a noi due invece, se mi dici dove si trova la stanza del rituale fermerò l'emorragia e ti lascerò andare senza infliggerti alcun altro dolore. Tranquillo, il mio compagno non ti taglierà la testa.» Propose il capo del gruppetto al mercenario che già aveva scoccato un'occhiata preoccupata a Yasai. «Nel giardino della fontana, nell'ala est del tempio c'è un piccolo portone che sembra abbandonato. Non so se è lì che si trova il posto ma ho visto diversi monaci dirigersi là e anche Norinaga con alcuni di noi.» Disse balbettando, cambiando continuamente il soggetto su cui posava lo sguardo, notando come tutti e tre possedessero strane protuberanze sulla fronte che ricordavano delle corna, anzi lo erano. Fu quella l'ultima immagine registrata dal suo cervello, questo prima che rapidamente un pugnale si conficcasse sullo sterno, trapassando il cuore da parte a parte e con il flusso del sangue che si arrestava.
    «Io sarò pure uno svitato ma tu sai essere proprio subdolo Gosuke.» Quest'ultimo, di tutta risposta al commento del compagno, sembrò rimanere perplesso da tale informazione. Dal suo punto di vista era quello l'accordo sin dal principio, una dipartita rapida ed indolore senza troppi spargimenti di sangue.
    «Non perdiamo tempo, andiamo. A quanto pare il nostro ospite speciale ci ha raggiunti.»
     
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    Parole di Sangue



    Il clangore delle armi in lontananza aumentava di intensità e oramai rimbombava anche nella sala del rituale. Ciononostante quasi tutti i presenti continuavano a non darci peso, per quanto li preoccupava interrompere la cerimonia o sbagliarne un singolo passaggio poteva significare molto peggio. Nove monaci totalmente distaccati dalla realtà che li circondava erano disposti in formazione attorno ai due altari, uno in cui c'era la salma oramai esanime di Chiyo e nell'altro in cui vi era sdraiata Seiko, immobile nel suo lungo abito da cerimonia. Il viso disteso e solare che fino a qualche ora prima caratterizzava la giovane ormai era sparito, prendendo sempre maggiore coscienza di ciò che il futuro avrebbe riservato per lei da quel giorno in poi. Ma la sua determinazione non crollava, nemmeno in quel momento avrebbe fatto alcun passo indietro sulla sua decisione. In mezzo tra le due vi era una figura a lei familiare, quella del monaco Deiki che recitava qualche breve formula tra un gesto e l'altro. Quello specifico momento era cruciale per il rituale, collegando i due corpi con tre strisce di lino ricoperte di particolari kanji che erano legate attorno ai polsi e al busto, recitando i mantra che ormai si tramandavano da generazioni i monaci di quel tempio. L'inchiostro danzava al ritmo di quella cantilena, si contorceva e cambiava continuamente forma, mutando allo stesso tempo pure di colore. «Maschera di sangue e carne, tutto il creato, il battito d’ali, incoronato sotto il nome di Uomo. Ingannatore ingannato, con la luce dividilo in sei. Mano rispettosa, incapace di toccare l'oscurità. Mano che spara incapace di riflettere il cielo blu. Cuore puro, pronto ad accogliere l'Empio.» Ripetevano in quel frangente del rituale all'unisono i nove monaci accompagnando le operazioni di Deiki che ogni tanto mormorava a sua volta qualche strofa a lui affidata, osservando soddisfatto l'avanzare del rituale, con il clangore che continuava ad aumentare sempre più. Fu in quel momento che l'ampia camera del rituale fu invasa dai detriti derivati dallo sfondamento della porta e di parte della parete.
    «D-d-demoni!» Balbettò uno dei monaci non impegnati direttamente nel rituale. «Impeditegli in qualunque modo di avvicinarsi agli altari!» Continuò poi riferendosi alle guardie mentre Seiko voltava lievemente la testa, riuscendo a cogliere quella macabra tragedia che si era svolta a pochi metri da lei. Quasi tutti i mercenari erano a terra. I più fortunati erano morti, gli altri erano a terra mutilati, contorcendosi dal forte dolore che provavano e che probabilmente li avrebbe portati ad una lenta e travagliata morte. Lo stesso Norinaga, il più abile tra i guerrieri su cui potevano fare affidamento era a terra con entrambe le mani tranciate di netto e con un lungo taglio lungo l'addome da cui stava perdendo una quantità considerevole di sangue. «Mostro di merda, pensi che senza mani mi arre..» Ma le parole dell'uomo furono smorzate immediatamente, con la testa che rotolava a terra in una pozza di sangue. Di fronte ad esso vi era un uomo dai lunghi capelli corvini che maneggiava una falce con grande destrezza. L'urlo della ragazza non si poteva che definire la logica conseguenza a quella successione di immagini.
    «Portatelo qui, abbiamo da fare e non possiamo aspettare troppo.» Ad impartire gli ordini fu nuovamente Gosuke che, dopo essersi occupato dell'avversario più problematico, fu raggiunto da una dozzina di sottoposti, tra cui si potevano chiaramente distinguere Elsa e Yasai. Scortato da questi un ragazzo dal volto vuoto, chiaramente scavato da un dolore indescrivibile e privo di ogni voglia di vivere, ricoperto tra le altre cose di differenti tatuaggi che sembravano continuare sotto i vestiti. Un'ipotesi che fu confermata pochi attimi dopo, con il giovane che si spogliò della veste che indossava, continuando a camminare al fianco di Gosuke in direzione degli altari nel mentre tre dei membri dell'Akuma no Yūwaku si occupavano di tenere a bada le rimanenti forze militari a disposizione del tempio. I nove esponenti della setta restanti invece si diressero verso i differenti monaci impegnati con i loro mantra, con gli occhi totalmente bianchi ed ignari di ciò che stava accadendo attorno a loro considerato l'elevato grado di concentrazione che il rituale richiedeva. L'unico dei coinvolti nella cerimonia consapevole di quanto stava accadendo era Deiki che comunque continuava a svolgere quanto necessario seppur fissando con occhi sbarrati le due figure che ormai li avevano quasi raggiunti.
    «Ma quella è..» La ragazza ora riusciva a vedere bene i tatuaggi di quello che doveva essere un suo coetaneo, ne riusciva a leggere una storia in tante piccole immagini l'una legata all'altra: quella di Mouryou. L'uomo che aveva fatto irruzione nella stanza armato di quella cupa mezzaluna ora le si parava di fronte, reggendo in mano una pergamena gigante che gli era stato consegnato un attimo prima di entrare all'interno della formazione ennagonale. Srotolata a terra, nessuno dei kanji apposti su di essa parevano riconoscibili, probabilmente proveniente da qualche dialetto arcaico. L'unica parte che era "comprensibile" era il vuoto al centro delle scritte, che doveva essere il punto in cui la formula doveva essere influenzata da un elemento esterno, che ben presto si sarebbe rivelato essere il sangue, una marea di sangue. Davanti agli occhi spalancati di Seiko il macabro teatrino continuava a mietere le sue vittime, ghermendo questa volta la vita proprio del ragazzo tatuato che si portò un coltello alla gola e si praticò un taglio netto. Una scena rivoltante che portò Seiko a gridare nuovamente mentre il corpo senza vita ricadeva a terra e il sangue che ne fuoriusciva veniva attirato all'interno del cerchio della pergamena, assieme all'inchiostro dei tatuaggi che si staccava dalla pelle del cadavere per mescolarsi al liquido cremisi.
    «Siete dei folli? Avete la minima idea di cosa significherà tutto questo? A cosa andrete incontro?» Chiese il monaco che comprendeva meglio di tutti gli altri presenti cosa stava accadendo. «Praticare quel sigillo vi permetterà anche di accedere ad un potere sconsiderato, ma la domanda è: sarete voi a controllare lui o il contrario?!»
    «Ormai è troppo tardi per le preoccupazioni vecchio, è già cominciato.» Disse, indicando la pergamena ai suoi piedi, da cui il sangue che stava accumulando cominciò a fuoriuscire ordinatamente andando a formare nove linee di kanji, suddividendo l'ennagono in nove settori. «Uccideteli.» Ordinò poi Gosuke ai sottoposti che conficcarono contemporaneamente dei lunghi coltelli dalla forma particolare nella schiena dei monaci, all'altezza del cuore, trapassando da parte a parte il loro torace, facendoli ricadere esamini ognuno in un settore differente. «E ora, con un pugnale Kishin imbevuto del sangue di un sommo sacerdote...» Cominciò a dire pugnalando all'addome l'uomo, bagnando la lama con il suo sangue, per poi girarsi verso i fasci che legavano le due donne, tranciandoli di netto. «..si recidono i vincoli del Mouryou.»
    Un ruggito minaccioso si levò nell'aria e il sangue che formava i kanji sparsi sul terreno si fermò, cominciando poi a ritirarsi verso il centro della figura geometrica che aveva formato, raggiungendo gli altari. Qui le scritte di sangue si legarono a quelle pendenti dei lacci, continuando a mantenerle collegate tra loro ma dando molto più l'impressione che le prime stessero tirando a sé le seconde. Ed effettivamente era così, e non solo quelli nella stoffa, pure i kanji che ormai erano passati alla vergine o quelli ancora presenti su colei che l'aveva preceduta stavano venendo strappati via a forza, assieme ai lembi di pelle e a pezzi di carne stessa, dilaniando entrambi i corpi. Quando poi anche l'ultima scritta fu assorbita all'interno di una pozza nera che si era formata ai piedi di Gosuke e di Deiki, la stanza fu inghiottita in un'oscurità assoluta per circa cinque, lunghi ed interminabili secondi.
    «Ce l'abbiamo fatta?» Elsa non poteva nascondere la sua curiosità circa l'esito di quella fondamentale missione, rivolgendosi all'uomo che più apprezzava che si stava allontanando dagli altari per dirigersi verso l'uscita.
    «Non ve la riuscirete a cavare così, lo capirete quando verrà il momento. Quel sigillo non è completo.» Li ammonì Deiki mentre bloccava la ferita con la mano destra.
    «Non è completo?» Si chiese Gosuke, una mano alzata a fermare il suo sottoposto prima che colpisse il monaco. «Hai sentito bene. Il tuo padrone non tornerà mai ai suoi antichi poteri.» L'uomo tossì sangue. «Dovevamo aspettarcelo.» Ammise Gosuke, un ghigno di rabbia verso il monaco che in punto di morte aveva avuto il coraggio di schernire la loro missione. Il silenzio e l'oscurità che continuavano ad abbracciarli mentre un enorme colonna di chakra viola si ergeva dall'altare della sala. «Il nostro dovere qui l'abbiamo comunque fatto.» Il moro armato di falce sorrise ancora, sicuro di sé, con la mano pronta a dare l'ordine a uno dei suoi uomini di finire Deiki. Tuttavia un nuovo clangore sempre più forte da lontano lo fece girare, portandolo poi a guardarsi attorno constatando le consistenti perdite subite nel corso dell'incursione visto il numero dei presenti in quella sala. Aggiungendo poi a ciò il sicuro imminente arrivo di nuove forze, portò Gosuke a riflettere sul da farsi, considerando anche di quanta forza quel rituale aveva privato sia lui che gli altri due maggiori esponenti del gruppo. "Non possiamo permetterci altre perdite, soprattutto se consideriamo quanto abbiamo ancora da fare." Giunto a tale conclusione il moro ritirò la mano, preparandosi per l'imminente ritirata. «Andiamocene.» Ordinò a Elsa, Yasai e agli altri. I piedi che indietreggiavano tra un colpo di spada e l'altro. La stanza attorno a loro invece era tornata alla normalità e il vento scatenatosi in precedenza si era calmato sino a svanire. «Forza! Facciamo a pezzi qualche altro monaco! Perché scappiamo!?» Yasai roteò la sua grossa Okatana. Un salto verso il muro per schivare assieme agli altri un pezzo di palazzo crollato. «Taci! Idiota! E vedi di non morire mentre rientriamo! Abbiamo subito troppe perdite oggi!» Gosuke lo ammonì di nuovo, furioso. Il passo sempre più svelto in direzione di un varco formatosi in una delle mura del tempio.

    Si ringraziano Tobi e Supaku per la partecipazione alla stesura del post.
     
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    Richiesta di aiuto



    «Sembra che questa volta riusciremo a riunirci nuovamente tutti e cinque. Spero solo che i nostri sforzi siano riusciti a costruire un'atmosfera meno tesa.» Satoshi Inuzuka camminava fianco a fianco al nuovo Mizukage, cercando di sciogliere un po' di tensione che aveva accumulato durante il viaggio per la Repubblica dei Samurai e nel corso del suo soggiorno in quel piccolo forte destinato ad ospitare un summit periodico dei Kage. Entrambi i massimi esponenti dei due villaggi avevano assunto tale carica a seguito di un colpo di stato dopo uno scenario politico tutt'altro che pacifico, dettato anche dalle mire di quello che una volta era l'Impero del Fuoco, ampiamente sostenuto dal Villaggio della Nebbia.
    «Sinceramente anche la volta scorsa non mi sembrava essere andato così male. Tuttavia non possiamo pretendere di riuscire a risanare in qualche mese un disastro della portata di quello che ci hanno lasciato in eredità i nostri predecessori.» Watanabe conosceva bene il pericolo che si nascondeva dietro il susseguirsi degli avvicendamenti geopolitici e militari che avevano preceduto quel nuovo periodo di pace. «Per quanto possiamo riuscire a convincere i personaggi di quella stanza, il vero problema sta sotto di loro. Dobbiamo continuare a manifestare le nostre migliori intenzioni mirando anche al popolo. Dubito che sopratutto la Sabbia sia in grado al momento di perdonarci completamente, ma avremo ancora tempo per espiare i peccati dei nostri predecessori. La pazienza è la virtù dei forti.» Per quanto fosse particolarmente abile nell'arte della politica, anche il Mizukage riservava per sé parecchi timori circa l'evoluzione dell'ambiente diplomatico tra le grandi nazioni. Tali preoccupazioni condivise contribuirono a generare quel silenzio che accompagnò i due per gli ultimi metri che li separavano dall'ingresso della sala in cui si sarebbe svolto il summit.
    «Ecco i nostri ultimi ospiti. Benvenuti Hokage-dono e Mizukage-dono, mancavate solo voi.» Disse uno degli esponenti di spicco della Repubblica dei Samurai, nonché incaricato di fare da mediatore tra le parti e dirigere l'assemblea. «Direi che il summit può cominciare.»
    ....
    «Direi che anche questo punto è risolto. Ora veniamo all'ultimo punto del giorno. Fate pure entrare l'ospite.» Ordinò Akihito, facendo cenno a delle guardie in fondo alla stanza che si dileguarono nel corridoio buio che avevano alle spalle per riapparire pochi attimi dopo con una terza figura. Un uomo di mezza età, molto probabilmente un monaco visti i vestiti che portava, oltre che essere sicuramente straniero e poco a suo agio in quell'ambiente, squadrando con attenzione tutti i presenti con un certo fare diffidente. Tuttavia se dovevano affrontare quella minaccia, sicuramente non avrebbero potuto farcela da soli.
    «Buonasera a tutti. Mi presento, il mio nome è Hokusai, monaco di un antico ordine del Paese dei Demoni che veglia su uno di essi, sigillato secoli fa dai nostri antenati. Il nostro lavoro è stato talmente ben svolto e tenuto segreto che dubito ne abbiate sentito parlare prima di oggi, all'interno del nostro stesso Paese ormai la storia di Mouryou è considerata come una storia raccontata ai bambini solo per spaventarli.» Esordiva l'uomo, introducendo di conseguenza ciò di cui avrebbe parlato di lì a pochi minuti. «Purtroppo però non è così e non possiamo permetterci al momento di continuare a mantenere un alone di mistero sulla faccenda se serve a tenere le persone vigili e attende. Seppur poco, questo le terrà un po' più al sicuro.»
    «Cos'è accaduto esattamente da portarvi a considerare la necessità di svelare questi segreti e rivolgervi a chiedere il nostro aiuto, perché credo sia per questo che vi state rivolgendo a noi, o sbaglio?» Diretto e pragmatico come si era sempre mostrato in tutte le occasioni in cui l'avevano conosciuto, i Kage osservavano Satetsu che sicuramente stava facendo muovere gli ingranaggi della sua mente per trovare il modo migliore e più profittevole per affrontare la situazione. Nonostante la sua giovane età e la minore esperienza vantata sicuramente rispetto al Kokage, per esempio, spesso e volentieri tali doti si erano dimostrate utili in alcuni negoziati con altri Paesi minori e quella circostanza sembrava essere solo un'altra occasione per ottenere dei vantaggi a lungo termine.
    «Effettivamente qualcosa è accaduto.» Cominciò Hokusai, preoccupato di quale piega avrebbe potuto prendere la discussione, per quanto fosse già preparato a quelle che aveva formulato essere le peggiori ipotesi. «In realtà a parlarvi qui in situazioni di emergenza simile dovrebbe esserci il sommo sacerdote ma, purtroppo, a seguito di un assalto al tempio da un gruppo di criminali che si fa chiamare "Akuma no Yūwaku" è rimasto gravemente ferito. Durante questo attacco è stato interrotto il sacro rituale che viene effettuato alla morte del recipiente del Mouryou, in cui quest'ultimo viene trasferito nel corpo di una nuova vergine. Un rito di passaggio simile a quello che si presenta con le forze portanti, ma le condizioni di vita dell'ospitante sono totalmente differenti. Per chi ha rinchiuso dentro di sé il Mouryou l'aspettativa di vita si riduce drasticamente e se nei primi anni si riesce a muoversi in qualche modo, più passa il tempo più si riducono le attività che possono essere effettuate. L'energie confluiscono nel sigillo e vengono prosciugate da esso fino a quando risulta impossibile averne anche solo per respirare.» Quanto prospettava il monaco sembrava una vera e propria barbarie nei confronti di tante giovani innocenti, un metodo di confinamento che sicuramente non piaceva a molti dei presenti che, tuttavia, non avevano alcun diritto di esprimere giudizi al riguardo. Anche nel loro passato c'erano macchie simili che non volevano essere ricordate.
    «Ne deduco di conseguenza che il rituale è fallito e il demone sia stato liberato. In tal caso credo notizie di massacri ad opera di un demone ci sarebbero sicuramente giunti all'orecchio, anche se in una nazione più remota come può essere la vostra.» Questa volta fu Ryuu ad esprimere quelli che erano i dubbi dei presenti, sempre più interessati alla situazione.
    «Sì e no. Il demone non è più sotto la nostra sorveglianza, ma il sigillo è comunque forte e in esso risiede una sorta di chiave di sicurezza. E' preferibile non ricorrervi, ma talvolta può succedere che la vergine non è ancora pronta per il rituale e i demone viene comunque tenuto in una fase di stasi in quanto parte del suo potere è stato frammentato in alcuni amuleti, appositamente nascosti e seppelliti dai nostri antenati. In questo modo il Mouryou non ha sufficiente energia per spezzare un sigillo di alto livello e comunque non potrebbe mantenere forma solida per più di cinque minuti prima di venir rinchiuso nuovamente, risucchiato all'interno dello spiraglio creato nella "porta".» Illustrò la situazione il monaco mentre le possibili richieste prendevano forma nelle menti dei massimi esponenti dei Grandi Villaggi Ninja. «Tuttavia se il corpo principale dovesse far sentire la propria presenza troppe volte le rimanenti parti potrebbero tentare a loro volta la fuga dal proprio sigillo ed è per questo che si tratta solo di una fase transitoria solitamente. Non dovrebbe durare più di un paio di mesi per essere sicuri.»
    «Ora la domanda è come dovremo intervenire al riguardo? Dovremmo catturare questo gruppo in due mesi e recuperare il demone da loro per poterlo sigillare nuovamente? Se dovessero essere furbi e abili probabilmente potrebbe volerci più di questo tempo che ci staresti concedendo per stanarli.» Watanabe aveva semplicemente esposto i dubbi e le preoccupazioni che avevano tutti, ma sperava che l'ospite non fosse giunto a mani vuote.
    «Sicuramente la cattura del gruppo sarebbe la soluzione auspicata, ma probabilmente il tempo non sarebbe sufficiente, come avete giustamente sottolineato Mizukage-dono. Ciò che principalmente vi viene però richiesto è il recupero degli amuleti, accontentandoci per il momento di mantenere forte il sigillo apposto su ciascuno di essi. Inoltre senza di essi il demone non potrà essere liberato completamente come vi ho detto e questo spingerà anche il gruppo avversario a cercarli, probabilmente. A nostro vantaggio però abbiamo gli antichi manoscritti della nostra biblioteca che ci aiuteranno nel compito. Dobbiamo recuperarli prima di loro.»
    «E quanti sarebbero questi amuleti?»
    «A quanto ci risulta dovrebbero essere cinque, però il numero potrebbe essere corretto con la consultazione dei tomi che è già in corso d'opera da parte dei nostri monaci.» Rispose infine Hokusai mentre i Kage poi calavano nel silenzio per decidere il da farsi, parlottando poi tra sé lasciando il primo sulle spine.
    «Manderemo qualcuno tra i nostri migliori special jounin a verificare la situazione e ad aiutarvi nelle operazioni di recupero.» Avevano poi decretato, inviando un livello di aiuto che ritenevano più che adeguato rispetto alla richiesta ricevuta.
    "Sicuramente questa potrebbe essere un'ottima situazione in cui creare una forte cooperazione tra tutte le nazioni e mostrare il cambiamento che effettivamente abbiamo sperimentato tra le nostre fila. Sicuramente mettere un Uchiha in campo sarebbe utile, non tutti sono come Hayter, o almeno l'ultima versione di sé che ha mostrato. Ce n'è uno che ultimamente si sta dando da fare che mi piacerebbe mettere alla prova in una missione simile. Poi ci sarebbero anche gli altri due. Sia lo Hyuuga che l'eremita hanno dimostrato il loro valore in diverse occasioni, qualche sicurezza in campo non farà sicuramente male." Pensava l'Inuzuka, annunciando poi a voce alta i propri candidati, seguito a ruota dagli altri Kage.
    «Ah, un'ultima cosa monaco. Sia chiaro, una mobilitazione di questo livello non è cosa da poco per noi, sono preziose risorse investite in un'unica missione. Spero lei capisca che tutto ciò ha un prezzo.» A prendere la parola nel momento in cui il negoziato sembrava essere finito fu il Kazekage che sembrava essere pronto a fare le sue mosse.
    «Ovviamente ne siamo consapevoli e sarete lautamente ricompensati. Nonostante il minor prestigio rivestito negli ultimi anni, il nostro ordine ha ricevuto diverse donazioni nel corso dei primi anni dell'istituzione. Posso garantirvi con certezza una ricompensa più che adeguata.» Disse con fermezza Hokusai che sembrava essersi preparato a quell'evenienza, pronto ad elencare i diversi averi che avevano a disposizione. Tuttavia l'uomo fu fermato da un gesto della mano dello shinobi della Sabbia.
    «Sia chiaro, una ricompensa in denaro è comunque richiesta e dovrà essere adeguata. Tuttavia in questa sede mi interessa avere la sua parole che rappresentanti del vostro Paese vengano al prossimo summit dei Daimyō dei nostri. Sono sicuro che sarà di interesse di entrambe le parti un miglioramento dei rapporti che stiamo sperimentando al momento.» Concluse sorridendo, mentre metteva in moto un chiaro meccanismo che avrebbe garantito risvolti economici e diplomatici favorevoli alle Grandi Nazioni.
    «Proverò a parlare con qualche esponente del nostro governo, potrei provare ad ottenere..» Ma lo sguardo immediatamente mutato di Satetsu fece capire quanto scarso fosse il margine di manovra. «Credo di poter garantire anche questo comunque.»
    «Ottimo, visto che siamo d'accordo direi di non attendere oltre.» Con uno schiocco di dita, una delle guardie del corpo che lo avevano accompagnato apparve affianco a lui, un'operazione imitata da altri accompagnatori che si affiancarono ai rispettivi Kage, ricevendo le missive da inviare. «Per oggi possiamo chiuderla qui, immagino ci richiamerà lei domani per affrontare gli altri punti del summit, giusto Akihito-dono?»
    «Precisamente, la riunione è aggiornata a domani, probabilmente nel primo pomeriggio. Fino ad allora vi pregherei di non allontanarvi eccessivamente dalla sede del summit.» Concluse il mediatore, alzandosi per dirigersi verso le proprie stanze, seguito a ruota da tutti gli altri presenti nella stanza.
     
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    Complicazioni



    «Non ci avevi parlato di alcun amuleto!» Il moro a capo dell'Akuma no Yūwaku inveì contro l'immagine proiettata del suo maestro. «Calmati Gosuke.» Lo ammonì Elsa poggiando la sua delicata mano sulla sua spalla, un gesto che era solita fare. «Avevi detto che Mouryou non ti aveva parlato di altro! Che ci avrebbe aiutato a portare a termine la sua nuova ascesa verso il mondo!» Entrambi osservavano l'ologramma che raffigurava un uomo di una certa età, ingobbito e con il volto coperto da un grosso cappuccio. «E di fatto non ti ho mentito, Gosuke.» La voce distorta del vecchio trasudava saggezza, calma. «Il nostro compito non è finito. Lo stesso Mouryou mi ha riferito come proseguire.» Alle sue parole seguì un forte tonfo che echeggiò nella stanza semibuia e silenziosa. «Non prendermi in giro..» La mano di Gosuke era appoggiata a un muro, sanguinante. Elsa, l'unica persona realmente presente assieme a lui nella stanza lo osservava impietrita, di ghiaccio. Non lo aveva mai visto rispondere così al loro maestro. «Ora ti ha riferito tutto? Vuoi davvero farmi incazzare? Ma lo sai quanti soldati fedeli alla causa abbiamo perso la scorsa notte?! Ne hai una vaga idea!?!?» La voce dell'uomo, ferma e possente, si fece spazio fra i presenti in cerca di una risposta. «Siamo in guerra. E' in guerra ci sono sacrifici per tutti. La differenza sta fra chi raggiunge per primo la vittoria.» Come un indiscutibile sentenza il monito del maestro era giunto nell'animo del suo allievo, la testa bassa e gli occhi sgranati. «Ti ho messo a capo di questo gruppo per via della tua fermezza e disciplina. Non ti facevo così infantile, Gosuke.» Elsa puntava il suo amato, preoccupata. Avrebbe voluto parlare, dire la sua e magari riuscire a calmare quella difficile e tesa situazione ma sapeva bene che non poteva. Quei due ormai, nella vita e nella morte, erano divenuti padroni della sua esistenza e di fronte a loro aveva giurato fedeltà e rispetto. Avrebbe onorato quei principi e il suo grado sino in fondo, restando in silenzio nell'attesa di una soluzione.
    «Le chiedo scusa..» La voce di Gosuke si fece strada nella stanza, improvvisa e tremante. «Ho lasciato che i sentimenti traviassero la mia ragione, Sensei. Le prometto che non capiterà mai più.» Lentamente questa assunse di nuovo il suo solito tono deciso, forte. Lo sguardo del ragazzo ormai divenuto freddo e inquietante. «Mi fa piacere notare che sei sempre pronto ad assumerti la responsabilità dei tuoi errori.» Elsa non aveva distolto un attimo lo sguardo da Gosuke. Non gli piaceva affatto l'espressione che aveva assunto. Come non gli piaceva, alla fine dei conti, l'intero contesto in cui per amore si era andata a cacciare. Odiava quella vita, disprezzava quel vecchio e detestava più di ogni altra cosa il mostro che era diventata. Ringraziava gli Dei ogni giorno per non essere costretta, grazie all'indole del demone risieduto nella sua Katana, a commettere terribili sacrifici per conto degli spiriti nel tentativo di non cedere al totale controllo di questi. «Che ne dite ora di calmarci e proseguire con il nostro piano? Vi spiegherò la posizione degli amuleti che mi è stata data da Mouryou. Non dovrete andare troppo lontano. Si trovano tutti qui nel paese dei Demoni.» La voce dell'occulta figura non aveva vacillato per un attimo. Era rimasta calda e paziente, raggiungendo quasi un tono di dolcezza nonostante la naturale storpiatura che la tecnica utilizzata era solita manifestare. «Quanti sono questi amuleti?» Aveva chiesto Gosuke, pensieroso. «Cinque. In totale sono cinque. Si trovano suddivisi singolarmente nei vari templi abbandonati dai monaci del culto che ha impedito al nostro signore di tornare su questa terra sino ad ora. Dovreste trovarli facilmente vista la loro somiglianza con l'ultimo monastero che avete attaccato.» I due membri dell'Akuma no Yūwaku restarono in silenzio ad ascoltare la spiegazione del loro maestro. Individuando, sulla mappa posta sul tavolo al centro della stanza, i cinque templi che avrebbero dovuto visitare per recuperare, prima dei monaci o di qualsivoglia altro nemico, gli amuleti con all'interno parte dell'essenza di Mouryou.
    «Se il nostro signore ha bisogno di quest'ultimo atto di fedeltà.. Avrà ciò che desidera.» Gosuke concluse la discussione inginocchiandosi, assieme ad Elsa che con la coda dell'occhio lo osservava, di fronte all'ologramma del suo maestro. «Il nostro signore apprezza come sempre tutto l'aiuto che gli avete dedicato e, come segno di riconoscenza, ha deciso di donarvi supporto col poco potere che al momento è in grado di utilizzare.» Entrambi rimasero in silenzio, perplessi. «Sappiate infatti che in questo momento si sta svolgendo un Summit con i Kage dei cinque grandi villaggi e che un monaco del tempio Shahei ha intenzione di chiedere aiuto a quest'ultimi nella lotta contro la nostra causa.» Gosuke spalancò gli occhi di nuovo, preoccupato e eccitato allo stesso tempo. «Significa che potremmo offrire a Mouryou dei veri guerrieri come sacrificio. Mi sembra splendido.» Aveva detto poi alzandosi lentamente assieme alla sua sottoposta. «Ecco perché ti ho scelto, Gosuke.»
     
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    Mercenari



    La grande sala scavata nella roccia rimbombò del suono dell'acciaio contro la pietra, un urlo seguì quell'eco sinistro mentre una voce cercava di sovrastare ogni cosa.
    «Calmati...»
    «Calmati??? Vaffanculo Gosuke, vafff-fffan-culo!» Urlò Yasai mentre estraeva con violenza la lama della sua katana dalla roccia, non gli importava se aveva sbagliato a scomporre la parola né Elsa si premunì di avvertirlo dell'errore, era troppo infuriato. Lo stalattite si crepò in molteplici punti prima di crollare al suolo in un rumore di roccia sgretolata. «Eravamo più di venti tra i nostri e quell'attacco doveva essere il nostro gran finale e invece?? Invece siamo dovuti fuggire come fottuti conigli con la coda tra le gambe e le orecchi basse sperando che non ci inseguissero nella foresta!!» Urlò di nuovo, la katana che ondeggiava fuoriosa da un lato all'altro del suo fianco, sembrava indeciso se menare un altro colpo o appoggiarsela sulla spalla come era solito fare. In un grido di rabbia decise di menare un altro fendente e l'ennesimo stalattite venne polverizzato.
    Elsa stava appoggiata silente spalle ad una parete di roccia, Gosuke era seduto a gambe incrociate, calmo, freddo. Yasai continuava a muoversi avanti e indietro, la katana ora appoggiata sulla spalla. Avevano lasciato Geruda e Min fuori di guardia mentre l'ombra di Yondo vicino alla porta e il rumore dei suoi sbadigli erano l'unica cosa che potevano avvertire di quel fannullone. Quello e il rumore del suo pugnale che raschiava la pietra, quando era annoiato finiva sempre per incidere la prima superficie che trovava.
    Gosuke prese un altro respiro. «È stato un imprevisto ma i più forti di noi sono rimasti vivi, questo è l'importante...»
    Yasai si girò di nuovo, gli occhi rossi spalancati la bocca aperta in un ringhio mentre i suoi capelli bianchi gli scivolavano sulla fronte. «Tutto questo non sarebbe successo se ci avesse detto come stavano le cose fin dal principio!»
    «Non lo sapeva.»
    Yasai tirò su sonoramente con il naso. «Figurati, quel figlio di puttana si tiene sempre qualcosa per sé, sono sicuro che ci ha presi per il culo fin'ora.»
    La katana si sollevò di nuovo dalla sua spalla. «Ah quando gli metterò le mani addosso...Mouryou o non Mouryou quel figlio di troia me la pagherà!»
    «Siamo tutti dalla stessa parte, ora calmati, è andata male, pazienza.» Elsa aveva parlato, la voce fiebile ma ferma. «Francamente sapevamo che dovevano arrivare degli imprevisti, meglio questo che altri...»
    «Già...almeno non abbiamo perso nessuno Spirito...»
    «Oh sì! Guardiamo il bicchiere mezzo pieno! Grazie misericordiosi che non ci avete fatto morire tutti per mano di qualche misera guardia armata di lancia che puzzava di merda! Per fortuna ci hai scampato da questa misera fine!! Solo pochi di noi hanno subito la sorte di giacere in una pozza di sangue con la vergogna negli occhi di essere uccisi da un ragazzetto che non sa da che parte si impugna una lancia!!»
    Yasai lasciò cadere la Katana di punta, il filo spezzato che si conficcava in profondità nella roccia, nonstante le proteste di Kiba la lasciò lì mentre si lasciava cadere a sua volta al suo fianco, sedere a terra sulla roccia umida. Il silenzio passò tra di loro per qualche minuto, Gosuke poteva vedere che si stava calmando.
    «Quale è la soluzione?» chiese alla fine.
    Gosuke non disse nulla, limitandosi ad alzare una mano in cui era presente un rotolo. «Mercenari» fu la laconica risposta.
    Yasai scoppiò a ridere. «Mercenari? Davvero? Stiamo scher..»
    «Non mercenari comuni...Abbiamo saputo che i Monaci hanno chiesto l'aiuto delle Grandi Nazioni, per fortuna i Kage non hanno interesse alle dispute di una nazione dimenticata dagli dei al di là del mare ma stanno comunque mandando qualche Shinobi per sicurezza...Ninja di medio livello, ninja capaci ma non così potenti da esser un vero problema, non possiamo però ignorare questa cosa.»
    Elsa aveva interrotto l'albino facendosi avanti, staccandosi dalla parete e inginocchiandosi vicino ai tre.
    «Così noi faremo altrettanto, abbiamo mandato un messaggio nelle Terre di Nessuno, alcuni hanno risposto...»
    «Non combatteranno per nulla, vorranno qualcosa in cambio...»
    «E noi glielo daremo...»
    Yasai la guardò interrogativamente poi seguì lo sguardo della ragazza verso il grosso sacco nero che riposava a pochi metri da loro. «Stai scherzando vero? Non sono addestrati a possedere uno Spirito, sarebbe eresia»
    «Non saranno capaci di risvegliarlo ma gli oggetti continueranno a fare abbastanza, ormai ai nostri compagni non servono più e se vogliamo aiuto dovremmo sacrificare qualcosa.»
    Yasai borbottò qualcosa ma i due non ci fecero caso, a volte capitava che discutessero tra di loro, tutti i portatori degli Spiriti lo facevano occasionalmente.
    «A loro non piacerà...» riprese l'Albino.
    «Siamo in guerra, abbiamo sacrificato i nostri, anche loro dovranno sacrificare qualcosa...» Gosuke non aveva parlato fino a quel momento, prese un profondo respiro.
    «Chi hai trovato, Elsa?»
    «Pochi ma buoni...forse...Il Mercato ci ha confermato che almeno cinque mukenin saranno dalla nostra, potrebbero essere già in partenza per venire qua...Tra quattro giorni li dobbiamo raccogliere in un Villaggio a Nord di Oni.» La ragazza estrasse dalla borsa a terra vicino una serie di fascicoli, li lanciò all'albino perché potesse vederli.
    «Così pochi? Spero valgano la pena o avremmo dato letteralmente perle ai porci...Cioè questo sembra normale, ma quest'altro?? Questo sembra un dannato pesce! E questo...che diamine gli è successo alla faccia? Con sti segni sulle guance...bah! Sti gattari non li capirò mai...Ah! e questo è per giunta orbo! Perfetto! Se si presenta con il cane da compagnia lo rispedisco sulla barca subito! L'ultimo poi, sembra uscito da un incubo...Chissà se da piccolo la madre lo ha tirato di sotto da una rupe...Siete sicuri che non ci stanno mandando degli scarti?»
    Elsa non rispose, si limitò a guardare la sua Katana dal fodero rosso, quella scelta sarebbe gravata su ognuno di loro molto di più di quanto non fosse sembrato.
    «Vogliono una prova del valore di questi...Mercenari...» riprese Yasai.
    «Cosa?»
    «Dicono che non avranno gli oggetti se prima non proveranno il loro valore e la devozione alla causa.»
    «Si può fare, li manderemo a recuperare gli Amuleti...»
    «Potrebbe andare...»
    Gosuke si alzò in un movimento flessuoso. «Bene, almeno questo è stato deciso...Ora non ci resta che aspettare e prepararci per la prossima mossa...Yondo! Chiama gli altri, è tempo di parlare tutti insieme..»
    Un belare scocciato rispose nell'ombra e a quel suono i tre shinobi sollevarono gli occhi al cielo come ogni volta.

    Edited by Supaku - 2/12/2017, 16:01
     
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    Prepararsi al Peggio



    «Ahia...Ahia!....HO DETTO AHIA!!!» Kougami era steso sul lettino dell'infermeria e si stava lamentando senza sosta, lui e il ninja medico che lo stava curando erano impegnati in una lotta di sguardi truci e di bisticciamenti mentre il ninja di Oto cercava di togliere le mani del ninja dal suo fianco dove l'altro stava effettuando una operazione di sutura alla buona dopo un primo trattamento con le arti mediche.
    Poco lontano da lui, su un altro lettino, Haruakira Uchiha era steso, gli occhi chiusi il braccio appoggiato su di essi, pallido dopo il trattamento delle ferite, svenuto o sfinito che era non sembrava esserci differenza, se il petto non si fosse abbassato ed alzato ogni tanto sarebbe potuto sembrare anche morto. Il ninja del Clan Uchiha era stato portato in spalla dal suo compagno che, non più presente nella stanza, si era allontanato fuori per fare rapporto.
    Nella stessa stanza rimaneva solo un altro regolare tornato vittorioso come l'Uchiha. Il ninja di Kumo dai capelli rossi era seduto sul suo lettino, fasciato alla buona per le ferite riportate, ogni tanto sghignazzava vedendo come il Kyoya si agitava. «Certo, bella fregatura essere trapassato da parte a parte eh?» Infieriva il ninja con il solito sorriso sul viso. «Non sai quanto...»
    La conversazione venne però interrotta da una figura incappucciata. I due ninja si zittirono mentre l'Uchiha, avvertita la presenza, mosse lievemente il braccio per scrutare con un occhio solo il nuovo arrivato. Il monaco li scrutò con attenzione, in una mano teneva gli amuleti recuperati, pochi, troppo pochi ma sufficienti per fermare il piano dell'Akuma.
    «Potete muovervi?» I tre ninja annuirono. «Abbiamo richiesto rinforzi ad Oni ma ci hanno mandato soltanto una manciata di mercenari...L'Akuma attaccherà lo sappiamo già, ora che sanno dove sono i pochi amuleti rimasti verranno a prenderli....Dobbiamo trasferirci su un avamposto più facile da difendere...» Il monaco fece cenno ai tre di seguirlo mentre usciva dalla stanza. Yogan balzò giù dal lettino incamminandosi subito, Kougami spintonò via il ninja medico di dosso afferrando qualche benda e sistemandosi alla buona mentre l'Uchiha lentamente si tirò su. Uscirono uno dopo l'altro fuori dalla stanza in fila indiana dietro al monaco incappucciato.
    Era quasi sera, ma nel monastero fervevano i preparativi per il viaggio, i monaci avevano caricato ben tre carretti trainati da muli e i mercenari si stavano affaccendando intorno ad essi, facendosi spiegare la strada da un monaco, aiutando a caricare i carretti.
    Yogan mise piede fuori dal porticato, convinto che si sarebbero dovuti avviare anche loro ma la mano di Kougami lo afferrò per la spalla. «Di là» Gli disse indicando il monaco che aveva preso un'altra strada, completamente diversa, verso il tempio principale. «Ah» disse il Kumoniano sorpreso. Salirono i gradini uno dopo l'altro, il silenzio tra di loro interrotto soltanto dai mugugni di dolore di Haruakira. «Credi che ci voglia far pregare? Non sono un tipo eccessivamente religioso, sai?»
    «Neanche io» L'Uchiha si limitò a respirare affannosamente un gradino alla volta.
    Entrarono nel tempio completamente buio, illuminato solo da poche candele. Si mossero tra le ombre seguendo le vesti bianche del monaco che li portò dietro l'enorme statua del Buddha posta in fondo alla sala. I tre rimasero in silenzio quando, con loro sopresa, una delle natiche del Buddha si aprì ad una lieve pressione delle mani del monaco, rivelando una piccola scala di pietra ripida. «di qua» disse il monaco.
    Kougami e Yogan si guardarono confusi, il secondo fece spallucce e si avviò per primo, il primo afferrò l'Uchiha per una spalla pronto a dargli una mano a scendere i gradini.
    Scesero per qualche minuto, guidati soltanto dalla candela che il monaco teneva sollevata sopra la testa. La scala scendeva in una spirale profonda per arrivare alla fine in una piccola stanza ovale. Al centro c'era una vasca in cui risiedeva un'acqua azzurra brillante. Il monaco stava lì accanto. I tre si fermarono sull'uscio indecisi. L'anziano afferrò una ciotola e la immerse nel liquido per poi porgerla ai ninja. «Bevete, vi aiuterà a guarire» Yogan afferrò la ciotola con la mano libera e trangugiò un sorso passandolo agli altri. Tutti bevvero.
    «Non succede nulla» constatò il Kyoya con disappunto mentre si tastava la ferita sul fianco. «Dategli tempo...» Il monaco ripose la ciotola e si girò verso quell che era una porta di pietra. Spinse anch'essa mentre cominciava a parlare.
    «Dovete sapere che i ninja che hanno attaccato il tempio giorni fa...Sono in possesso di oggetti, potenti oggetti magici...» L'uomo abbassò la testa, sembrava contrito, colpevole forse. «Il sommo sacerdote mi aveva proibito di portarvi qui...ma se vogliamo avere una chance di sopravvivere, io dico combattiamo il fuoco con il fuoco...non trovate?» La porta si aprì su una stanza di poco più grande. Un lungo tavolo di pietra giaceva al centro su cui erano riposti alcuni oggetti, pochi oggetti. La stanza era stata una vecchia armeria ma ora soltanto cinque pezzi erano rimasti sul tavolo, il resto era avvolto da polvere e ragnatele. Due degli oggetti sul tavolo brillavano di una luce quasi accecante, rivaleggiando con la luminosità della torcia.
    «Quanto cazzo è bianco quel coso» disse il ninja di Oto schermadosi gli occhi con una mano.
    «L'arte che loro hanno usato per creare quegli oggetti...un tempo era nostra...Loro hanno scelto di trasformarli, corromperli con l'animo di spiriti malvagi per rendere gli oggetti più forti...noi abbiamo scelto l'altra strada. Usare gli spiriti di antichi monaci ascesi per trarre dalle loro vite il potere per creare qualcosa di diverso...Prendeteli, vi serviranno per il momento che verrà.»
    Yogan afferrò un oggetto con aria incuriosita. Lo tirò fuori saggiandone il bilanciamento, approvava.
    «E...gli altri?» Chiese riferendosi agli altri shinobi compagni di viaggio che, erano misteriosamente scomparsi. «L'Asuka e lo Huuyga già, prendeteli anche per loro...» disse il monaco facendo cenno ai ninja di muoversi le mani rugose che li spingeva a sbrigarsi. «Presto dovremo salire alla cittadella, se ci attaccheranno usatene il potere, perché loro non esiteranno ad usare il loro...Muoviamoci»
    A quelle parole i tre ninja si mossero, raccogliendo quanto potevano e avviandosi dietro di lui. Presto sarebbe venuto il momento di usare ciò che a loro era stato donato per proteggere quella regione, come ogni buon ninja sarebbero dovuti essere pronti a tutto.
     
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    Premi e Punizioni



    «A che diamine è servito ingaggiare voi deficenti se poi non svolgete neanche il vostro lavoro??? EHHH???» Yasai era furioso. Si trovavano tutti nella grotta principale del loro covo e il ninja dai capelli bianchi camminava avanti ed indietro sul posto, le dita che tamburellavano sul manico della spada al fianco.
    I mukenin erano in fila lungo la parete, alcuni in ombra, altri sotto la luce delle torce. Chi teneva lo sguardo diritto, fiero e senza vergogna per aver portato a compimento il proprio incarico, chi invece fissava le punte dei propri sandali con lieve imbarazzo. Il gigante con sei braccia incappucciato aveva appena lanciato il suo amuleto nella pila al centro del tavolo e si era ritirato con aria soddisfatta nell'angolo. Un solo sguardo di disprezzo per coloro che non ce l'avevano fatta mentre tornava al suo posto. Li riteneva incapaci ma non voleva darlo troppo a vedere e non ci stava riuscendo egregiamente, un sorriso sardonico increspava le sue labbra, quasi fosse divertito dalla situazione. Poco vicino, il ninja dai capelli castani era appoggiato alla parete, le mani nelle tasche mentre guardava le stalattiti sul soffitto con finta aria interessata, si vedeva che avrebbe voluto essere dovunque tranne che lì, sbadigliò forse per mascherare la tensione, forse perché era davvero annoiato. I mukenin che avevano fallito erano in fondo alla fila, con la faccia contrita. Non si erano però potuti difendere che un altro ninja aveva avuto il coraggio di farsi avanti e parlare, era un tipo strano ma, diamine, Yasai non poteva affatto ritenere nessuno lì normale.
    «Mi prendo la responsabilità per il mio uomo...il Covo ha messo me a capo della spedizione, se c'è da punire qualcuno punite me» Un lieve rumore echeggiò nella grotta, il ninja dai capelli castani aveva portato sonoramente la mano sul viso. «Sei un idiota, Arima» aveva bisbigliato impercettibilmente. Una grassa risata provenne dal gigante con braccia in sovrannumero, tutte incrociate sul petto, sì se la stava proprio godendo.
    «Credi che abbia bisogno della tua pietà?» Era stato il mukenin con un solo occhio a parlare. Era furente, si poteva veder benissimo. Al suo fianco l'altro mukenin dalla pelle blu teneva i pugni stretti e i denti affilati quasi digrignati, non sembrava molto contento della situazione. Nessuno dei due era contento, nessuno dei due però sembrava intenzionato a darsi per sconfitto. Arima si girò a fronteggiarlo con calma «In quanto capo del gruppo mandato...io sono resp»
    Yasai non ci vide più. Urlò con rabbia mente schiantò la spada sulla roccia, conficcandola con un rumore sonoro per qualche centimetro nella pietra come se fosse stata burro. «SILENZIO!!!» Nella sala echeggiò un fragore tale che assordò le orecchie e fece tremare qualche stalattite.
    «Mi avete rotto il cazzo, tutti quanti!!» L'albino afferrò di nuovo il manico della spada, ora avrebbe fatto cadere qualche testa, oh si! I cinque mukenin avvertirono però il pericolo, gli occhi iniettati di sangue del bianco la furia schiumante dai denti digrignati e tutti si misero in allerta. Tutti tranne il gigante che continuava a sorridere. La tensione si alzò nell'aria ma un colpo di tosse interruppe quello che sarebbe potuto essere un massacro da cui forse un paio soltanto sarebbero usciti vivi.
    Un'ombra apparve tra i pilastri. Yondo era apparso e gli aveva fatto un cenno con la mano, segno che erano pronti. Teneva da una parte un sacco e lo lanciò a Yasai. Quello non lo afferrò neanche lasciandoselo passare a fianco per atterrare sul tavolo con un fracasso di metallo che sbatacchiava. Yasai prese un profondo respiro, si girò di nuovo per parlare con i mukenin, forse ora il pericolo era passato. Li squadrò per bene uno dopo l'altro, poi aprì bocca.
    «Si attacca tra due ore, preparatevi, non voglio testimoni, non voglio civili vivi....Non voglio nessuno che possa respirare in quel dannato tempio, attacchiamo da più lati, uccidiamo, radiamo al suolo quel fottuto posto e ci prendiamo gli ultimi amuleti rimasti! Sono stato chiaro???» Non aspettò che i mukenin davanti a lui dissero neanche una parola, era troppo fuorioso. Estrasse la spada dalla roccia come se fosse stato un fuscello, afferrò gli amuleti e se ne uscì furente dalla stanza. «Pensaci tu a questi coglioni...non dare nulla a quei due...» disse indicando Arima e il ninja con un occhio solo. «Bisogna dare un esempio da qualche parte...anzi mandali in prima fila nell'assalto»
    Yondo sollevò gli occhi al cielo, era già stanco prima ancora che le cose iniziassero, figurarsi dover dire a due traditori di quel calibro che non avrebbero ricevuto il loro compenso, sarebbe stato divertentissimo!
    Prese un profondo respiro e fece cenno ai ninja di avvicinarsi al tavolo. «Avete sentito, no? Si che avete sentito, quindi non mi ripeto, anche perché non è colpa mia no?...Qui ci sono ciò che vi abbiamo promesso...almeno ad alcuni di voi...»
    Il ninja incappucciato si fece avanti, come a voler dire qualcosa ma Arima gli mise una mano sulla spalla, come a calmarlo. L'altro non sembrò prenderla bene perché si divincolò subito e lo squadrò con rabbia ma non disse nulla. I due si fissarono per qualche secondo intensamente, poi tornarono con l'attenzione su Yondo.
    «Bene...voi altri, fatevi avanti, abbiamo promesso di darvi una mano per aiutarci ad attaccare il luogo...se sopravviverete all'assalto potete tenerveli...» Era sempre un problema maneggiare "quelli", li tenevano in un sacco perché Echo e gli altri odiavano quando li toccavano. Erano "morti" per loro, gusci vuoti privi dell'essenza che un tempo li rendeva come il pugnale al suo fianco, ma ancora contenevano parte del potere che li aveva resi grandi una volta. Non più maestosi e vitali come prima, ma sufficienti per svolger il loro lavoro, non che i mukenin dovessero sapere nulla di tutto ciò. «Questi oggetti hanno tutti un sigillo su di essi...se proverete a scappare con loro senza partecipare all'assalto...si distruggeranno, quindi vi conviene lavorare con noi per quest'ultimo piano se volete vedere il sigillo rimosso» Nessuno di loro fiatò mentre l'uomo apriva il sacco e ne svuotava il contenuto sul tavolo. I tre ninja non esclusi si fecero avanti incuriositi. L'omone con sei braccia ovviamente era arrivato prima, i suoi arti che avevano afferrato ciascuno un oggetto, tastandoli, portandoseli davanti per poi scartarli alla fine. «Non posso usarlo...questo neanche...che cosa ci dovrei fare con questo?» disse mettendoselo tra i denti e saggiandone la resistenza. «È troppo piccolo per combatterci»
    Yondo sospirò mentre gli altri due si scambiavano a vicenda gli oggetti. «Indossalo e vedrai.» L'uomo lo guardò con sospetto ma non disse nulla. Il castano invece sembrava entusiasta del suo oggetto. «Finalmente qualcosa che un vero uomo come me può apprezzare!!» Esclamò mentre si metteva in pose atletiche flettendo i muscoli, i pugni chiusi che menavano ganci nell'aria gioiosi. Il ninja dalle pelle blu invece non disse nulla, lentamente aveva preso il proprio oggetto e un sorriso si era increspato sulle labbra mentre passava le dita sui simboli runici. «Annegavano eh? Mi piace» disse inquietantemente.
    Yondo batté le mani, come a voler richiamare l'attenzione di bambini distratti.
    «Preparatevi...tra poche ore si va in scena»

    Edited by Supaku - 17/2/2018, 21:19
     
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    Il Rombo del Tuono



    Il silenzio sulle montagne era interrotto soltando dal frusciare delle foglie mosse dal vento. Sulla cima della montagna le mura scurite dal tempo e dall'edera del monastero si eregevano solide sopra il mare verde delle chiome degli alberi. Ogni cosa era immobile e la luna piena illuminava quasi a giorno quella notte fredda e sarebbe stata anche una bella notte se non fosse stato per la tensione presente nell'aria. Quell'imminente sensazione di sangue che stava per essere versato, strisciava dovunque. Strisciava sulle schiene delle guardie appostate sulle mura, strisciava intorno alle figure accucciate nell'oscurità tra gli alberi, strisciava sugli animali della foresta che la avvertivano così tanto da essersi zittiti.
    Era innaturale. La foresta silenziosa come la morte, dove soltanto il frusciare del vento emetteva un qualsiasi suono.
    Gosuke respirava piano, adattando il suo fiato al frusciare del vento ritmicamente, come se potesse in qualche modo nascondere la sua presenza alle orecchie della guardia circa venti metri davanti a lui in linea d'aria. Non sapevano quando avrebbero attaccato, ma avevano avuto il sentore che sarebbero venuto. Erano stati più furbi della prima volta. Questo non faceva altro che complicare le cose, Yasai al suo fianco era immobile, la frenesia che di solito lo animava era scomparsa, sostituita da una fredda compostezza. Sapeva anche lui che stavolta non sarebbe stata la stessa cosa, sapeva che in quel momento si sarebbero dovuti ritrovare a che fare con gli Shinobi delle cinque grandi nazioni, con monaci più determinati che mai a vendere cara la loro pelle piuttosto che lasciare gli amuleti. Si erano rifugiati su quella specie di roccaforte-monastero e avevano, molto probabilmente, speso ogni centesimo rimasto per ingaggiare quelle guardie. Avrebbero potuto attendere, così gli aveva suggerito Elsa, avrebbero potuto semplicemente aspettare, lasciar passare i giorni così che la paga delle guardie fosse finita e facilitarsi il lavoro.
    Non potevano però. Ogni giorno che passava e ogni giorno la loro minaccia, un tempo solo paventata come uno l'uomo nero che stava sotto al letto, diventava più reale. Quei ninja là fuori avevano visto un'ombra di quello che sarebbe potuto arrivare ma lo avevano avvertito, non sarebbe costato nulla mandare un piccione viaggiatore a Konoha o a Kumo per avvertire i Kage che la minaccia era reale e che c'era davvero bisogno di più forze in soccorso. Allora neanche l'assenza delle guardie sarebbe servita a qualcosa. No, dovevano attaccare ora. Ora che gli shinobi erano pochi e che i monaci stessi non erano riusciti a convincere il governo di Oni della minaccia. Ora che la ferita era ancora fresca.
    Mosse lo sguardo sui pochi mukenin che erano riusciti ad assoldare. Oltre ai cinque iniziali ne avevano reclutati un altro paio, non molti ma sufficienti per fare il loro lavoro. Non erano però capaci come i primi cinque, quello sarebbe potuto essere un grosso problema. Avevano provveduto a donare loro qualcosa, a tutti quanti tranne due, Yasai era stato categorico su quello. Quei due andavano puniti. Non aveva tempo di stare dietro ai farneticamenti di quel mezzo pazzo e l'unica cosa che aveva potuto fare era promettere ai due ninja dall'occhio viola, il primo assalto e la prima razzia. Del resto non sarebbe stato saggio negargli anche quello.
    Ora infatti erano là, più avanti di tutti gli altri, sarebbero stati la loro avanguardia. Nonostante il compito gli fosse stato affibbiato inconsciamente, erano comunque pronti a fare il loro lavoro, questo doveva riconoscerglielo.
    Gli altri erano stati dispersi nella foresta, ai punti cardinali intorno alla fortezza, avrebbero attaccato da più lati, in quel modo sarebbe stato più difficile per i monaci reagire e questo avrebbe permesso a loro di infiltrarsi all'interno del monastero per rubare gli amuleti. Il compito dei traditori era infatti ingaggiare i regolari e metterli fuori combattimento, questo avrebbe reso la loro infiltrazione molto più semplice. Non una cosa facile. In silenzio mosse lievemente una mano indicando a Yasai che era il momento di colpire.
    Quando volete voi, shinobi...

    Yogan stava muovendo la katana nell'aria in movimenti di scherma precisi. Il suo corpo era cosparso di piccole goccioline di sudore mentre la lama della spada fendeva l'aria con precisione.
    «Uno shinobi con una spada....Tzé, cosa sei un samurai od un ninja?» Lo scherniva l'Uchiha seduto sui gradini del portico, una mano appoggiata ad un grosso rotolo. «Noi shinobi di Kumo ci teniamo alla scherma...siamo quasi più fanatici di quelli di Kiri» Rispose sorridendo il Kumoniano mentre continuava i suoi affondi nell'aria. Un colpo dopo l'altro, i piedi che frusciavano nel terreno polveroso della notte. Goh aveva detto di stare in allerta ma lui si era annoiato dopo qualche ora di guardia e fortunatamente gli avevano dato il cambio o si sarebbe addormentato sulle mura dalla noia. Così aveva trotterellato fino alla piccola piazza al centro del monastero arroccato ed estratto la katana per fare qualche colpo di allenamento. Nessun monaco si era offerto di combattere con lui, un vero peccato, si sarebbe divertito a colpirne qualcuno sulle natiche flaccide.
    «Ma poi cosa ne sai tu, ninja della foglia di come si impugna una katana...»
    «Attento a come parli, abbiamo fatto la storia noi!»
    «Facile parlare quando siete in sovrannumero, dovunque mi giro: ninja della foglia! ninja della foglia!» diceva mentre abbassava la sua spada con irritazione. «Ah, quanto darei per veder la faccia di un mio compaesano» disse quasi sognante mentre scrutava la luna che si alzava nel cielo. Era una notte chiara, non una nuvola si levava sopra di loro e il disco bianco era pieno illuminando ogni cosa. In effetti quasi gli mancavano le cime innevate di Kumo e l'aria fresca e pungente del suo Paese, in quel posto l'aria era stantia e calda, a volte persino afosa e solo foreste ovunque, dannate foreste.
    Si era così irritato che conficcò la katana nella terra della piazza mentre si allontanava per andare ad abbeversarsi al pozzo al centro. Haruakira non sembrò dire nulla, forse si era sentito in colpa, forse si era semplicemente distratto a pensare ai fatti suoi, a volte quel ninja era imperscrutabile.
    Non aveva fatto in tempo a sorseggiare l'acqua del pozzo rinvangando con la memoria al passato della sua terra ed alle montagne tra le nuvole che un forte rombo di tuono echeggiò alle sue spalle.
    Dalla sorpresa gli cadde il secchio dalle mani nel pozzo, si girò di scatto ma non tanto per vedere cosa stesse succedendo ma per esclamare un preoccupatissimo «La mia katana!!» mentre si affrettava verso il punto in cui aveva lasciato la sua Arma. Fortuna volle che questa fosse rimasta incolume, ma solo ora mentre se la cullava tra le braccia poté vedere meglio cosa era...apparso? sì, apparso, a pochi metri da lì. Un enorme sarcofago di metallo scuro si era conficcato al suolo ed era caduto con un rombo di tuono e un gran fracasso sul terreno. Tanto da far suonare l'allarme e vedere guardie e monaci affacciarsi spaventati dagli angoli delle strade ed accorrere verso la piazza.
    Il Raimu si avvicinò al sarcofago prima di sollevare la braccia con aria sicura di sé. «Non è niente gente!! Non è niente! Va tutto bene, tu! Riponi quella balesta, non vorrai mica cavarmi un occhio spero?» Parlava mentre appoggiava con fare sicuro la mano sul sarcofago, il petto gonfio di soddisfazione. Sul contenitore era stato scolpito ben chiaro un enorme simbolo di Kumo.
    «A quanto pare Kumo mi vuole bene e mi ha mandato uno scrigno pieno di mille meraviglie, solo per me! AH-AH!» disse il ninja additando con disprezzo l'Uchiha. Il ninja sorrideva soddisfatto, lo sguardo folle e forse un rivoletto di bava all'idea che Kumo gli avesse mandato davvero uno scrigno pieno di armi magiche solo per lui, si solo per lui! «Ora il problema è un altro...come lo apro??» parlò tra sé mentre muoveva le mani sui bordi con aria indagatrice.
    Con un botto sonoro, il coperchio dello scrigno si aprì, volando nell'aria e il Raimu si rannicchiò con un urlo di terrore a terra, le mani sollevate sopra la testa mentre la lamina di acciaio ruotava nell'aria pericolosamente ed andava a sfondare la finestra di una stanza lì al primo piano.
    Da essa giunse il lamento di un ninja fin troppo noto al gruppo. «E che cazzo! Mi ero appena appisolato!!» Urlò Kougami mentre si affacciava dalla finestra sfondata gli occhi socchiusi per il sonno che aveva cercato di cogliere dopo il turno di guardia.
    Il Raimu si sollevò dalla posizione rannichiata mentre una mano afferrò il bordo del contenitore d'acciaio e una figura si sollevava.
    «Sono atterrato su qualcuno?» disse una voce mentre Yogan si alzava in piedi e il suo volto si allargava in un grande sorriso e apriva le braccia ai lati. «Compagno!!» Urlò mentre si avvicinava alla figura confusa di Okami che, ora in piedi, si passava una mano sui capelli e si guardava intorno stranito. «Benvenuto tra noi!! Non è che per caso, lì tra i tuoi piedi, c'è forse...diciamo....qualche regalino da parte del Raikage per me, vero? No? Sicuro, sicuro, sicuro?» Diceva mentre aiutava il ninja del Clan Yotsuki a scendere dal sarcofago e intanto occhieggiava speranzoso l'interno in cerca di qualche fenomenale regalo o arma, si sarebbe accontentato anche di un rotolo di banconote a quel punto.
    Il ninja dai capelli neri scosse la testa cercando di rimettere a fuoco la situazione, cavolo se quel viaggio era stato strano e...confuso. Già non ci aveva creduto quando il Raikage gli aveva detto che lo avrebbero "sparato", aveva pensato fosse una metafora, e invece non lo era stato affatto. Lanciò un ultimo sguardo terrorizzato a quella specie di bara d'acciaio in cui era stato chiuso quasi a forza, un brivido gli corse lungo la schiena. Mai più! Pensò mentre si guardava intorno, salutava gli altri shinobi e si rivolgeva all'ancora speranzoso Yogan che si era infilato all'interno del sarcofago per cercare meglio al suo interno. «Non eri scomodo qua dentro?»
    «Non puoi immaginarti quanto, dove sono gli altri? Devo parlare con l'Asuka e lo Hyuuga.»
    Yogan sollevò la testa fuori dal bordo d'acciaio, guardandolo deluso. «Neanche un abbraccio per un compaesano sperduto, eh? Sono al cancello Sud...ti accompagno» disse balzando fuori e incamminandosi verso le mura.
     
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    Nell'aria echeggiavano ancora le grida dei pochi uomini sopravvissuti. Non erano grida di rabbia, o di cariche fuoriose contro i nemici, erano grida di dolore. Mugugni, urla sofferenti, lamenti. La battaglia era stata un massacro, su entrambi i fronti. Le varie porte delle mura della piccola roccaforte erano creapte e distrutte in molteplici punti. Una era persino collassata sotto un'enorme coperchio di metallo e roccia che ora giaceva in molteplici pezzi alti più di due metri sopra case e alberi abbattuti.
    Nuvole nere oscuravano il cielo sopra di loro e pochi raggi del sole passavano da esse, illuminando un campo di battaglia ricoperto di cadaveri e uomini ancora in vita riversi sui loro compagni.
    Un tappeto di frecce ricopriva un'intera strada, ricoprendo cadaveri e corpi come uccelli dal bizzarro piumaggio. Acqua era ancora presente in molteplici pozze, non perché avesse piovuto, ma perché alcuni Shinobi ne avevano usufruito durante la feroce battaglia. In una zona persino flutti neri come la pece avevano allagato grandi porzioni di case e mura. Fiamme si levavano da numerosi tetti e cadaveri carbonizzati.
    Arima si aggirava confuso tra i vicoli, o quello che ne rimaneva, della città in rovina. Aveva perso il contatto con i propri "compagni" e ora stava vagando tra macerie e cadaveri in cerca di ciò che rimaneva di loro. Ogni tanto la sua mano scendeva per impartire il colpo di grazia sugli uomini ancora vivi ma che, poteva leggerglielo negli occhi ormai velati dalla follia del dolore, non ce l'avrebbero fatta.
    Svoltò in un vicolo per ritrovarsi improvvisamente in uno spazio aperto. Davanti a lui si profilava un enorme cratere bianco.
    "Questa....è neve?? Che diamine è successo qui?" Pensò mentre camminava su quel terreno candido facendo scrocchiare la superficie ghiacciata sotto i suoi piedi.
    Qualcosa di morbido e freddo lo colpì ad una guancia. «Ma che cazzz..» Mormorò mentre si voltava di scatto, là dove era partito il proiettile. La mano già sull'impugnatura del ventaglio, l'occhio viola spalancato dall'ira. Era stato riempito di ferite dal ninja della nuvola ma era ancora pronto a combattere.
    Una figura era seduta con aria giocosa sopra le macerie di una casa. Nella mano destra faceva rimbalzare quella che altro non poteva essere che una palla di neve.
    «Sei un idiota» Esordì il moro squadrando la faccia sorridente di Ishui che, sebbene malmesso, sembrava più che capace di stare in piedi e avere la forza di prendersi gioco di lui come al solito. Alle spalle del bruno troneggiava un enorme golem di roccia macchiato di fumo e con qualche freccia conficcata sulla schiena.
    «Volevo vedere la tua faccia...È stato uno spettacolo impagabile!» Sghignazzò il bruno mentre lanciava la seconda palla contro il compagno che prontamente schivava il proiettile spostandosi di poco a destra. Arima notò come il lancio fosse stato debole, nonostante la voglia di scherzare la pelle del compagno era bianca come quella di un cadavere. Sebbene avesse meno ferite di lui, la sua forza doveva essere agli sgoccioli. "Non ha le mie stesse riserve di Chakra? No, deve averlo gestito male come al solito" Aveva notato che altri coperchi di roccia verde erano piovuti dal cielo durante lo scontro, l'Ishui non doveva essersi affatto risparmiato.
    «Ma guardati! Non dovevamo fare a chi rimaneva in piedi per ultimo? Sembra che tu abbia bisogno dell'assistenza della badante per camminare!» Lo schernì il bicrono mentre additava il golem di roccia che con fare protettivo era al fianco del ninja della Terra.
    «Sarò anche sfinito, ma ho sempre forza per prenderti per il culo!» Sghignazzò Ishui lasciandosi passare addosso l'insulto con velata indifferenza. «E poi non ho bisogno di sporcarmi le mani con il tuo sangue, io! La mia balia può farlo benissimo per me...»
    «Non mentirmi, lo vedo dalla tua faccia che hai finito il Chaka, ci attaccassero adesso cadresti come una pera matura a terra e pregheresti di essere risparmiato! Io invece, io posso andare avanti ancora per ore!!» Ghignò l'eremita ma il suo ghigno venne improvvisamente cancellato dall'ennesima palla di neve che lo centrò in pieno viso.
    «Bastardo!»
    «Pezzente!»
    «Ammetti la sconfitta, su! Ho vinto io questo round!»
    «Mai!! Ho meno ferite di te!»
    «Ora ti riempio di neve! Poi vedremo se ti reggerai ancora in piedi!»
    «Non sapevo che tra i traditori ci fossero ragazzine giocose.» Esordì una figura che atterrò poco lontano da loro, sassi e roccia si sollevarono al suo impatto con il terreno.
    Il gigante con sei braccia aveva numerose ferite e sembrava reggersi a malapena in piedi, nonostante il sorriso di scherno sul volto. Ishui tornò improvvisamente serio mentre lasciava cadere la palla di neve a terra e non degnava di considerazione il nuovo venuto, era chiaramente offeso.
    Arima sollevò gli occhi al cielo, augurandosi di non aver perso ancora una volta il controllo della situazione si girò verso il gigante per dire due parole «Hai visto qualcun altro dei nostri?»
    «L'altro membro del vostro gruppo era riverso su delle rocce, non sembrava molto in forma...L'ultimo chi era? Ah, già, quello con i bracciali...Il kiriano...No, non l'ho visto...»
    L'eremita annuì e fece cenno ai due di incamminarsi verso il tempio. «Sembra che siamo arrivati alla resa dei conti...» Pensò mentre il trio imboccava la strada principale che arrivava dritta al Tempio centrale da cui sembravano provenire dei rumori di lotta. «Chissà se arriveremo in tempo per il gran finale» disse il gigante con un sorriso storto sul volto.
     
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    In piedi, ancora una volta



    Dov'era? Dov'era?? La mano si agitò nella terra, cercava, lei era l'unica cosa che sembrava volersi muovere del suo corpo. Si mosse tra i cadaveri che lo avevano sotterrato, incurante del sangue e delle interiora che la ricoprivano. Lui cercava solo lei, solo lei!
    Eccola! Sentì le dita serrarsi intorno al manico di legno laccato, la strinse con fermezza. Amica mia, pensò mentre sorrideva, il volto ustionato macchiato di sangue, non ti lascerò più! I suoi capelli rossi erano appiccicati alla sua fronte, forse sangue, forse sudore, non sapeva cosa potesse essere che li rendeva così fastidiosamente scomodi e...pizzicavano. Non aveva le forze per sollevare una mano a grattarsi il naso però. Quello scontro, quello scontro gli aveva insegnato qualcosa. Forse. Sì, dai qualcosa poteva averla imparata. Aveva imparato che i soldati erano più stupidi di quanto non pensasse. Sghignazzò ma la risata si fermò ad una mezza tosse, continuò a gracidare per qualche secondo poi la sua gola si calmò e potè riprendere fiato. Non poteva neanche ridersela, mannaggia! I cadaveri dei suoi uomini, antepostisi sopra il suo corpo contro quella fiammata azzurra, erano ridotti peggio di lui. Alcuni erano proprio neri e puzzavano di pancetta affumicata. Lui non era messo molto meglio. Sentiva dolore ovunque ma non gli importava. Finché poteva guardare la nuvole sopra la sua testa e tenere la sua spada tra le dita, era un uomo felice. Chissà se è questa la felicità, pensò mentre contemplava le nuvola sopra di lui, non un male al mondo, non una responsabilità. Qualcuno si mosse. Si stava avvicinando. Poteva sentirne i passi pesanti. Di colpo un pensiero attraversò la mente del giovane ninja. Potrei fingermi morto. Sì, non era una brutta idea. Chi glielo faceva fare di rimettersi al lavoro? Nessuno dannazione!
    Una figura troneggiò sopra di lui, oscurandogli la vista del bel cielo sopra di lui. Chiuse l'occhio in fretta e furia e assunse la posa più morta che gli riuscisse in quel momento. Non c'era molto lontano alla fine. Un cadavere venne sollevato da sopra di lui. Un altro ancora. Sono morto, sono morto....sono moooorto!! Pensava il ninja convinto che, più il pensiero si facesse strada nella sua testa più il suo corpo ne avrebbe seguito le direttive. Una faccia abbastanza malmessa si avvicinò alla sua, cercando di sentirne il respiro.
    Yogan tossì sangue.
    «Ahhh! Che schifo!» Urlò Goh tirandosi su di scatto e indietreggiando mentre agitava le mani per pulirsi il viso dal bolo di sangue sul volto.
    «Questo è quello che ci si merita a disturbare i morti!» Lo redarguì il rosso mentre lo guardava con aria offesa senza muovere un muscolo dalla sua posizione distesa.
    «Dannazione Yogan!! Ah, ah! Che schifezza!»
    «Dovevi lasciarmi qui...a morire!»
    «Smettila di lamentarti ed alzati! Sembri Kougami. Gli dei solo sanno quanto si sia lamentato in questi giorni di aver passato tutto il viaggio in nave "chiuso in una botte della taglia di un nano sovrappeso". Ci manca solo che anche tu cominci a fare il piagnucolone» Borbottò il Jinchuuriki del Kyuiubi mentre continuava ad asciugarsi con la manica dal sangue del compagno. «Abbiamo ancora un lavoro da finire...Non è tempo di starsene distesi!» Disse porgendo il braccio al ninja della nuvola che, prima lo guardò con sospetto, poi sospirò e lo afferrò, tirandosi su.
    La spada uscì dai corpi dietro di lui, Gohlo osservò dall'alto in basso cercando di capire se potesse reggersi in piedi da solo. Yogan strappò la sua mano da quella del compagno. «Ce la faccio benissimo» disse con aria scontrosa.
    Il compagno annuì per un attimo perplesso, poi si girò. «Hai visto qualcuno degli altri?» Chiese, il ninja con la sciarpa rossa scosse la testa.
    «Bene, allora non ci resta che andare al tempio...»
    Yogan sospirò. «Non ci resta che andare al tempio.»

    "Ecco, io lo sapevo che sarebbe finita così, me lo sentivo nelle ossa del culo, dannazione!" Calciò con rabbia uno scudo spezzato mandandolo a rotolare giù dai gradini di pietra bianca e macchiata di sangue. Kougami era arrivato al tempio, per la precisione era a metà dei gradini. Cadaveri erano sparsi ovunque su di essi, molti erano le guardie del tempio stesse, riverse in posizioni concorte e consumati dai Jutsu più strani che non voleva neanche immaginarsi. Il problema non era che fosse sopravvissuto a quel dannato ninja barra squalo, barra tartaruga, barra non si sapeva cos'altro inventarsi di questi giorni nelle terre di nessuno e allora creiamo mostri dimenticandoci che le chimere sono un contratto inimitabile. No, il problema non era quello.
    Il problema era che era arrivato al tempio da solo.
    Nessun altro dei suoi compagni regolari sembrava essere sopravvissuto e questo lo preoccupava non poco. Lanciò un'occhiata nervosa verso le porte divelte a circa cinquanta gradini sopra la sua testa. Urla femminili provenivano da esse, ad un certo punto una esplosione squassò l'edificio e lui per poco non scivolò giù dalle scale.
    «Fanculo! Ve lo potete scordare che io vada da solo là dentro!» Non era ancora del tutto impazzito. Una vocina dentro di lui gli diceva che era la cosa giusta da fare, non sapeva distinguere in quel momento se si trattasse dello spirito dentro Shiro o del Gobi o della sua coscienza, cosa alquanto strana visto che spesso quest'ultima era più confusa di lui sul da farsi. "Dovresti andare, dovresti andare e fermarli, il mondo dipende da te, Kougami"
    «Fottetevi» Disse a mezza voce, le mani che si infilavano nelle tasche e lui che girava le spalle al tempio, pronto per darsi ad una più che dignitosa fuga. Avrebbe preso qualche cadavere, se lo sarebbe strusciato sul viso, poi si sarebbe sdraiato a terra, avrebbe fatto un bel pisolino, e aspettato l'arrivo dei rinforzi. Sì, quello era un ottimo piano.
    Una figura apparve tra i tetti.
    «Oh, merda!» Scappò al ninja del Suono mentre, con leggiadria fuori dal comune, un ninja con il gilet di Konoha atterrava pochi gradini sotto di lui. Gli occhi con la sclera del sole incontrarono quelli scocciati del Jinchuuriki, delle bende candide e segnate da kanji neri ciondolavano dai suoi polsi.
    "Ed ecco che se ne vanno via i miei piani di una giornata a poltrire, fanculo."
    «Kyoya, sono Yukimura, come è la situazione qui?»
    Kougami fece schioccare la lingua sul palato stizzito. «Di merda, te lo dico come io come è...Sono arrivato qualche minuto fa e ho sentito rumori poco piacevoli provenire da lassù» disse indicando con il pollice la porta sfondata alle proprie spalle.
    «Stavi scendendo per fare una ricognizione del perimetro?»
    «Ehmmm, sì una cosa del genere»
    «Non penso che abbiamo tempo per questo, penso sia il momento di entrare e fermarli.» Disse deciso lo Hyuuga. C'era una determinazione nei suoi occhi, nel suo portamento. Kougami si chiese fino a che punto Yukimura fosse stato a stretto contatto con l'altro ninja di Konoha, l'Asuka, quello che non perdeva mai l'occasione per fare il buon samaritano. "Fare i salvatori del mondo è contagioso...brutta malattia".
    «Io veramente...»
    «Andiamo.»
    «Ah, dannazione, del resto tutti dobbiamo morire prima o poi...» borbottò rassegnato il ninja del suono.
     
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    «Muoviti Yogan, sei più lento di un Manipolatore della Sabbia sotto la pioggia!» Urlò Goh mentre spronava il compagno a muoversi. Il rosso della nuvola arrancava, le numerose ferite che gli coprivano il corpo, la spada che gli sbatacchiava sulla coscia destra. Ah dannazone, non era fatto per queste cose lui. Dove era il meritato riposo del guerriero? Aveva già dato tutto eppure ancora lo sfruttavano. «Andiamo, andiamo, andiamo!» Urlò di nuovo il membro dell'antico Clan mentre lo afferrava per un braccio spingendolo a muoversi.
    Avevano appena imboccato la strada principale, una lunga e larga via, ormai quasi indistinguibile nelle macerie della cittadella semi distrutta, che si dipanava in mezzo a casette e attraverso una piccola piazza con tanto di fontana rappresentante una trota danzante sui flutti prima di arrivare dritti sparati ai piedi del tempio principale.
    I due videro finalmente i gradini, su cui erano sparsi numerosi corpi e frammenti di armi. Colate di sangue scorrevano lungo di essi, macchiando di rosso quel bianco immacolato e quasi sacro. Goh poté scorgere da lontano delle impronte di sandali ninja sul sangue versato. Qualcuno era passato di là, forse uno dei loro o, peggio, uno dei traditori? Il sangue gli ribolliva nelle vene all'idea di quegli infami che dissacravano il tempio con atti impuri, uccidendo e massacrando innocenti sacerdoti. Loro non erano guerrieri, loro dovevano essere lasciati stare. Invece molti dei cadaveri in cima alla scalinata erano vestiti con abiti cerimoniali e rattrappiti in posizione fetale, morti uccisi da semplici colpi di spada, indifesi sotto la furia di mercenari e uomini più forti di loro.
    Ancora una volta, spinse un piede davanti all'altro mentre sentiva la rabbia ribollire dentro di lui. Yogan più esitante lo seguì ma entrambi si scontrarono contro qualcosa di solido eppure metaforicamente intangibile allo stesso tempo.
    Una forza misteriosa gli sbalzò lontano, entrambi, mandandoli a volare per aria e finire lunghi distesi nella piccola piazza centrale.
    Yogan rotolò sulle piestrelle, atterrando dritto in mezzo ad i resti di un carretto ormai distrutto e incenerito da una salva di frecce incendiarie. Goh fu meno fortunato e portò via con la propria schiena la trota di pietra frantumandola in mille pezzi a rotolando dentro l'ovale della fontana per poi sbattere con violenza contro il bordo di essa.
    *Oooffff* Fu il respiro di sofferenza che gli uscì dalle labbra. Appena i due poterono rialzarsi però, riuscirono a scorgere una figura incappucciata stagliarsi davanti ai gradini di pietra immacolata.
    L'uomo abbassò la mano destra protesa in avanti per farsi scivolare sulle spalle il cappuccio con lento e calcolato fare teatrale. Nonostante il viso rivelasse una stanchezza e uno sfinimento fuori dal comune, Kaede sorrise con il suo unico occhio aperto, ammiccando ai due regolari. «Di qui non si passa.»
    «Oh, falla finita!» Urlò Yogan mentre si sollevava dalle assi di legno infrante agitandosi stizzito. Le ferite gli dolevano in ogni singolo punto del corpo ma questo non gli impedì di lanciare via ogni cosa e infuriarsi come una biscia. «Ne ho abbastanza di essere scaraventato a giro come una bambola di pezza! Goh, vai avanti tu e menalo.» disse indicando al compagno della Foglia cosa dovesse fare mentre estraeva con fare teatrale la katana dal fodero. L'Asuka sollevò un sopracciglio confuso mentre guardava il ninja della nuvola incedere determinato contro il suo avversario. I capelli rossi gli cadevano sulla fronte scomposti, mescolati a schegge di legno, negli occhi aveva una furia che neanche il Jinchuriki del Kyuubi avrebbe potuto emulare se avesse lasciato il demone libero di prendere il suo corpo.
    «E' tempo di insegnare a questo traditore un po' di rispetto.»
    Kaede indietreggiò di un passo, il peso malfermo, era visibilmente stanco del precedente scontro, questo non fece altro che rinforzare la rabbia del Raimu. Goh non si perse in chiacchiere muovendo rapidamente le mani in dei sigilli e soffiando contro l'avversario una palla di fuoco. Kaede si mosse di lato, le fiamme ad un pelo dal suo mantello nero. Non fece in tempo a vedere la sfera infuocata scivolargli a fianco che Yogan era già su di lui, la lama nera che rifulgeva alla luce della luna mentre calava sopra la sua testa.
    Un getto di flutti neri si sollevò da una pozza ai piedi del Namayaka. Una parete di solida acqua pressurizzata fermò la lama nera e rossa mentre il ninja della nuvola sbuffava stizzito indietreggiando di un paio di passi. "Ci mancava un muro d'acqua....ma è nero?" Mosse la testa a destra e sinistra, cercando di individuarne l'esecutore. Kaede stesso sembrava sorpreso dall'intervento e non aveva mosso le mani in nessun sigillo, quindi non poteva essere stato lui.
    L'Asuka però fissava un punto preciso, un edificio diroccato da cui un enorme getto d'acqua fuoriuscì allagando la piazza centrale. Una figura si sollevò poi dalle rovine. Lui non l'aveva notata ma il ninja della Foglia si. «Ti sei rivelato, ormai era inutile giocare a nascondino...» disse l'eremita con aria grave mentre l'uomo dall'aria anonima e dagli avambracci di metallo scuro ricoperti di rune affiancava il possessore del Rin'negan.
    Non una parola passò tra i quattro, non un'indecisione nello sguardo del nuovo arrivato tradì il fatto che aveva riconosciuto i regolari davanti a lui. Un soldato doveva rimanere impassibile fino alla fine, il compito portato a termine.
    «Non passerete.» Fu la lapidaria conclusione del ninja di Kiri.
    «Oh sì che passeremo!» Rimbeccò Yogan scuotendo la spada dall'acqua nera con un gesto preciso e mirato. Schizzi d'acqua colpirono la parete di un edificio semisommerso.
    Il ninja diella nebbia rimase fermo, sembrava in controllo della situazione, calmo. «Guardatevi intorno...Siete nel mio territorio...»
    Goh volse lo sguardo, era vero, il Kiriano aveva riempito d'acqua tutta la piazza e loro si ritrovavano improvvisamente in un incredibile svantaggio. Giocavano fuori casa, aveva già sperimentato più volte i problemi di affrontare sull'acqua un esperto dell'elemento, non era stata un'esperienza piacevole.
    Yogan rise.
    «Attento a quello che dici, Kiriano, non presumere che il Suiton sia solo tuo...»
    «Hai visto la mia Acqua Nera, sei pronto a rischiare contro un esperto nell'arte, tu che sei soltanto un dilettante?» Sferzò di nuovo il ninja rivelando un sorriso dai denti affilati.
    «Toglietevi di mezzo o non si concluderà bene per voi.» Incalzò il possessore del Rin'negan che ora aveva preso coraggio.
    L'Asuka incrociò le braccia al petto. «Vero, siamo svantaggiati...vorrà dire che dovremo pareggiare le cose...»
    Un ronzare nell'aria, il rumore secco di un calabrone che colpiva il suo obiettivo. Il ninja della nuvola sollevò subito l'avambraccio metallico davanti al viso mentre una freccia si schiantava contro di esso, rimbalzava nell'aria e affondava nei flutti sotto di loro.
    «Con il vantaggio numerico.» Concluse una voce provenire da uno degli edifici più alti rimasti fuori da quei flutti. Haurakira si sollevò sul tetto, arco e freccia incoccati, un sorriso sul volto stanco e sfinito. Non avrebbe preso parte alla battaglia, era troppo indebolito, ma era ben felice di prestare supporto ai compagni con qualche freccia.
    Il kiriano sospirò. «Vi abbiamo avvertiti» disse mentre Kaede al suo fianco riafferrava i lembi del cappuccio per calarselo sul viso.
    I volti dei cinque ninja divennero improvvisamente determinati. Sguardi furono lanciati l'uno all'altro poi, come se fosse stato lanciato un segnale invisibile, tutti si mossero.
    Urla di rabbia si levarono dalla piazza allagata mentre i ninja si lanciavano uno contro l'altro, pronti per l'ultimo scontro finale.

    Edited by Supaku - 27/3/2018, 14:07
     
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    Impasse



    Il tempio era avvolto da un fumo sottile. Le pareti di marmo della stanza centrale erano macchiate da schizzi di sangue dei numerosi uomini riversi contro di esse e sul pavimento.
    Guardie e mercenari, non faceva differenza, tutti erano uguali nell'abbraccio della morte. Gli occhi sbarrati, la bocca aperta a prendere l'ultimo dolce respiro prima che tutti i muscoli si irrigidissero congelando per sempre la persona in un'ultima posa spesso terrorizzata ma quasi artistica.
    Yasai abbassò la spada con un gesto rapido e deciso, schizzi di sangue macchiarono il pavimento immacolato mentre l'ultima guardia cadeva con un tonfo alle sue spalle. «E anche questa è fatta...troppo facile»
    Gosuke lo affiancò la falce riposta sulla schiena, non era mai uscita dalla fascia, non ne aveva avuto bisogno. Yasai ancora non aveva capito come facesse ad uccidere così velocemente, una punta di invidia lo attraversava sempre quando ci pensava.
    Il capo dell'organizzazione mosse i piedi uno davanti all'altro entrando nella sala centrale, seguito dai suoi compagni.
    La stanza era enorme ai lati numerose colonne bianche formavano due file da dieci e nella cui parte finale siedeva un enorme statua dorata di buddah nella posa contemplativa. Un vecchio rattrappito avvolto in grandi e voluminose vesti bianche si parò davanti al gruppo. Dieci sacerdoti e sacerdotesse di più umile rango stavano dietro di lui, tutti vestiti di bianco, sembravano un gregge di pecore candide. I sei demoni abbassarono lo sguardo su di loro, facendo rabbrividire i monaci in quelle candide vesti, mentre le corna brillavano alla luce dei braceri accesi.
    Una giovane donna si fece avanti, la nuova sacerdotessa che mai aveva avuto il piacere di avere il Maryou dentro il proprio corpo. Era determinata, lo sguardo fermo, i capelli mori e lunghi che scivolavano sulle spalle si mise davanti al vecchio, braccia aperte sui fianchi, gambe divaricate, nel suo sguardo solo decisione. Era pronta ad abbracciare la morte.
    Gosuke sorrise mentre Yasai, Yondo e le due ragazze si muovevano ai lati formando una mezzaluna intorno al gruppo dei sacerdoti. Gosuke guardò con calma i sacerdoti davanti a lui. Al solito, non estrasse la falce dalla schiena.
    «Uccideteli» disse lapidario.
    «Fermi!» Urlò la sacerdotessa aprendo le vesti sul petto e rivelando un enorme Kanji nero sopra le bende che le fasciavano il seno. Improvvisamente le lame dei cinque si fermarono nell'aria.
    «Che cosa significa?» Chiese Yasai confuso. Gosuke si passò una mano sul mento, riflettava sul da farsi. Yondo gli si affiancò. «Sembra un Sigillo di alto livello...Penso che se lo rilasciasse, moriremmo tutti molto probabilmente...Una mossa da kamizake...ineressante...»
    «Non è il momento di fermarsi a contemplare la bellezza della strategia suicida della sacerdotessa, Yondo.» lo redarguì Guren mentre faceva schioccare la sua frusta rossa sul pavimento in un gesto d'irritazione. Alcuni sacerdoti sobbalzarono allo schiocco sonoro.
    «Cosa hai intenzione di fare?»
    «Puoi disinnescarlo?» chiese Gosuke piano a Yondo. Il ninja con il corno solo annuì.
    «Devo poterla toccare però. Non sarà facile»
    «Ehmmm...disturbiamo?» una voce si levò alle loro spalle. I ninja dell'Akuma si girarono presi alla sprovvista.
    I tre mukenin erano fermi nell'ingresso del salone, Arima al centro che muoveva il peso da un piede all'altro indeciso.
    «Sono sopravvissuti? Ah! Questo è bella!» Sghignazzò Yasai. Non era secondo i piani ma era uguale lo stesso, poteva sempre farli fuori lì sul posto.
    «Ottimo lavoro ninja, potete starvene nell'ingresso a fare la guardia!» Disse Gosuke, fermando Yasai dal far sentire a quei tre l'acciaio della propria spada.
    Il gigante strinse le labbra in una linea di disappunto mentre tutte le braccia si incrociavano sul suo petto. Non era contento di essere trattato in quel modo.
    «Mi scusi! Signore!!» Urlò Ishui disturbando di nuovo il confabulare sommesso tra i ninja dell'Akuma.
    «Che c'è???» Esplose stizzito Yasai.
    «Non si dimentica forse qualcosa? No, giusto perché mi scoccerebbe separarmene ora che ho trovato le mie anime gemelle!» Disse il ninja della terra mentre sollevava davanti al viso con aria sognante i suoi due guanti chiodati.
    «Ah giusto, Yondo pensaci tu...»
    «Ehmmm, va bene...Bidibi bodibi, bù! fatto sono liberi ora!» disse Yondo gitando le mani in aria con fare teatrale.
    Yasai rimase esterrefatto, immobile alla vista di quei gesti inconsulti. «E quello cos'era???»
    «Ehmm, la formula magica per liberare le armi dal Sigillo!» disse sorridendo imbarazzato Yondo.
    «Ci prendi in giro??»
    «Senti, non avevo nessuna voglia di sprecare chakra per sigillare tre oggetti per tutto questo tempo, hai idea di quanto mi sarebbe costato?? Non sarei stato in grado di camminare per avere quella "sicurezza". E sapevo che quello che ci aspettava sarebbe stato uno sforzo enorme in termini di risorse non volevo essere inutile...avete bisogno di me!»
    «Fatemi capire bene, ci avete mentito??? Questo mi ferisce nel profondo!!» disse Ishui con aria contrita, tirando su sonoramente con il naso si pulì con il dorso dell'indice una lacrima immaginaria. «E io che credevo di potermi fidare di sei ninja cornuti! La mia recensione farà colare la vostra reputazione a picco!» Arima sospirò a fondo, indice e medio appoggiati sulla fronte. Come doveva fare con quel ninja? Ormai si stava progressivamente rassegnando a lasciarlo fare, era troppo difficile tenerlo in riga ogni volta.
    «Zitto tu, non è affare che ti riguarda! Sei impazzito Yondo? Cosa sarebbe successo se se ne fossero accorti???»
    «Macché, e poi sembravano persone affidabili.»
    «Quello ti sembra una persona affidabile????» Urlò Yasai additando Takezo. «Quale parte di lui ti rassicura scusami?? Il fatto che abbia sei braccia, il tanfo di morte che gli aleggia intorno oppure quel ghigno malvagio che si tiene sempre stampato in faccia??»
    «Almeno non ho le corna.» Concluse il gigante con un sorriso, additando le protuberanze osse dei suoi datori di lavoro.
    «Zitti ho detto! Io...»
    Gosuke gli appoggiò una mano sulla spalla. Yasai si acquietò subito, si ricompose rapidamente. «Abbiamo del lavoro da fare qui...concentriamoci.» disse il capo con aria seria. Yasai annuì prima che un forte botto provenisse dall'ingresso alle spalle dei tre mukenin. Le urla dei mercenari lasciati a guardia del portone echeggiarono fino a loro.
    «Ah, non avete finito il vostro lavoro mukenin.» disse con un sorriso malvagio.
    «Andate ad uccidere chiunque provi a disturbarci, muovetevi!»


    «E anche questa è fatta.» Disse Kougami lanciando il corpo svenuto di un mercenario giù per le scale. L'uomo non emise neanche un verso mentre rimbalzava sui gradini per poi atterrare su una pila di altri compagni svenuti. Il ninja di Oto fece schioccare le vertebre del collo con aria annoiata. Chissà perché aveva avuto paura di un branco di guardie armate di lance, anche se indebolito era più che capace di gestirle. Si girò per osservare il suo compagno, in piedi che con aria quasi spettrale era passato tra i cinque mercenari per lasciarli cadere a terra uno dopo l'altro con semplici colpi di palmo. "Tzé, non si combatte così...Vuoi mettere la soddisfazione di tirare un bel gancio destro sul viso e sentire la mandibola dislocarsi? Ah, i veri piaceri della vita tu non sai neanche cosa siano!" Pensò lo Shinobi.
    «Da questa parte.» disse Yukimura strappandolo ai propri sogni ad occhi aperti. Kougami annuì avvicinandosi verso la grande entrata i cui portoni erano stati divelti da un'esplosione. Scavalcarono assi di legno ancora fumanti. Certo cosa avevano pensato quei mercenari a lanciargli contro un barile esplosivo? Dovevano essere proprio scemi, a lui era bastato afferrarlo con presa salda per lanciarglielo indietro e vederli saltare in aria come birilli. Scosse la testa, a volte la gente proprio non capiva che lui non poteva essere certo preso per il naso con attacchi così banali.
    Yukimura camminava avanti a lui, un passo dopo l'altro saltava i tizzoni ancora fiammeggianti per portarsi all'interno del grande ingresso principale. Si trovavano in una stanza rettangolare su cui, sia a destra che sinistra, proseguivano numerose colonne di pietra bianca. Loro erano sul lato corto e potevano vedere, a dieci colonne di distanza, l'ingresso per la sala della preghiera dall'altra parte.
    Là dovevano andare, lo Hyuuga poteva percepirlo. Si mosse rapido un passo dopo l'altro senza neanche guardare se il suo compagno lo stesse seguendo, gli bastava sentire i borbottii che ogni tanto Kougami si lasciava scappare mentre calciava via un pezzo di legno od un cadavere per sapere che era lì.
    Lui era concentrato. I suoi occhi dalla sclera del sole saettavano in cerca di qualsiasi cosa, il Chakra avvampava blu sotto di essi e senza il minimo sforzo colse subito la presenza del Golem di pietra, quasi perfettamente mimetizzato tra le rocce. Non fece in tempo ad aprire bocca però che questo era scattato fuori dalle macerie correndo dritto come un fuso contro l'ignaro Kougami.
    «Porco cazzo!» Urlò il ninja di Oto mentre scansava un diretto della grossa manona che passò dritto sopra la sua testa, polverizzando parte della colonna alle sue spalle in una nuvola di calcinacci bianchi.
    Kougami scattò di lato, arrivò sotto il busto del golem e menò contro di esso un diretto deciso sul petto.
    «Addio bello!»
    La roccia di cui era composto tremò leggermente, alcune fratture si sparsero sul petto, poi nulla più. Il golem abbassò la testa sul ragazzo.
    «Scherzavo!» Urlò subito il Kyoya scattando via dalla manona che si abbatté dove si trovava poco prima, in uno schianto fragoroso. «Dai, non era per fare sul serio...Dai...Da-dai!» Il golem che lo incalzava, riusciva a scansare abbastanza bene i suoi affondi ma questi ad ogni impatto sembravano far tremare la terra. «Ma perché la prendi così sul personale!!» Urlava il ninja di Oto mentre perdeva terreno tra un pugno e l'altro.
    Da qualche parte, tra le rocce, una voce gioviale incitava il Golem.
    «Vai così! Ancora! Destro, sinistro! Ancora!» Ridacchiava Ishui.
    Lo Hyuuga era indeciso, mosse un passo in avanti verso il compagno per aiutarlo ma qualcos'altro attirò i suoi occhi. Nella visione periferica, l'avvampare di Chakra azzuro che usciva dalla porta. Era nei guai.
    Qualcosa gli arrivò subito ad un metro da lui, era veloce. Non fece in tempo a realizzare cosa esattamente fosse che sei braccia si allargarono davanti a lui, le mani aperte, pronte a ghermirlo, il sorriso bianco dei denti l'unica cosa che riuscì a vedere. Si dette una spinta, la benda della mano destra che era già partita, arrotolandosi alla colonna alle sue spalle, si tirò all'indietro sentendo le mani possenti sfiorargli i calzoni. Atterrò pochi metri indietro, le ginocchia flesse la mano abbassata al suolo per frenare la scivolata. Un'ombra si profilò tra i suoi piedi, si ingrandiva rapidamente.
    Scartò di lato mentre un grosso ventaglio di legno ed acciaio si schiantava al suolo frantumando il pavimento di pietra.
    «Ah, per un pelo!!» Urlò Arima, il sorriso sul volto che non presagiva nulla di buono. Dannazione perché tutti i traditori avevano questa mania di sorridere? Quando mai le Terre di Nessuno erano un posto allegro?
    Il ninja dai capelli corvini lo incalzò, un colpo di ventaglio ed un altro ancora. Yukimura indietreggiò un passo dopo l'altro, il ventaglio che fischiava nell'aria. «Tu sei mio...Konohaniano!» Sibilò il ninja con il ventaglio mentre lanciava un affondo diretto sul viso. Yukimura flesse la schiena, il corpo allenato si inarcò, il ventaglio che scivolava sopra il suo petto e passava a pochi centimetri dal suo naso. «Non credo proprio.» Rispose in un soffio. Le bende del braccio sinistro si avvolsero intorno alla gamba dell'eremita in un guizzo bianco. Arima abbassò lo sguardo, poi lo rialzò per fissarlo in quelli luminosi del suo avversario.
    Yukimura calciò con il piede destro il polso dell'eremita, mandandogli il ventaglio a volare nell'aria mentre tornava eretto. Il braccio avvolto dalle bende tirò con violenza mentre la gamba dell'eremita si alzava e quello si lasciava scappare un urlo di disappunto, finendo lungo disteso sul pavimento, facendosi sfuggire un *offf* sonoro.
    Lo Hyuuga sollevò il palmo, pronto a colpire, lo abbassò.
    Un avambraccio si protese tra la mano dello Hyuuga e il petto di Arima. Lo schianto impattò duro sulla pelle, la distrazione dello scontro aveva fatto dimenticare al ninja della Foglia che si trovava in inferiorità numerica. Qualcosa lo afferrò in più punti, una mano sulla spalla, l'altra sul braccio libero, la terza sul collo.
    La faccia sorridente di Takezo fece capolino nel campo visivo del ninja della foglia. Il sorriso storto, feroce, come quello di un gatto che aveva appena preso un topo per la coda. Yukimura improvvisamente sentì la testa girargli.
    «Fine dei giochi.» Il sorriso sul volto del Kaguya si allargò ancora di più mentre sollevava una delle braccia libere rimastegli in un pugno e menava un diretto verso il viso del ninja.
    Un lampo rosso.
    Confuso, sbattè gli occhi dorati ma era ciò che vedeva.
    Fulmini rossi. Davanti al suo naso. Il dorso di una mano avvolta da fulmini rossi per essere precisi.
    «Sei in ritardo....di nuovo!!» Urlò Kougami dall'altra parte della stanza tra uno schianto e l'altro.
    Okami sospirò la mano protesa, avvolta da catene color della ruggine che tremava leggermente. Il suo palmo stretto intorno al pugno del Kaguya. Takezo sollevò lo sguardo, incrociandolo con quello del Ninja della nuvola.
    I due si fissarono per un paio di secondi, poi Okami si mosse. In un guizzo rosso menò un calcio diretto al petto del traditore, mandandolo a schiantarsi contro la colonna alle sue spalle. L'altra mano che afferrava il compagno regolare per la vita e lo strappava alla presa del traditore.
    «Yotsuki...ti sono debitore.»
    «Aspetta a ringraziare.» disse Okami passandosi una mano tra i capelli corvini. Sembrava affranto, forse stanco per la battaglia? Delle bende bianche fasciavano il suo petto, erano macchiate di sangue.
    Yukimura abbassò lo sguardo là dove aveva lasciato il ninja con il ventaglio ma, ovviamente, non c'era più nessuno ora.
    Un rumore di roccia che veniva lanciata lontano, il tremore della terra ed il Golem che si schiantava contro tre colonne, polverizzandole una dopo l'altra mentre proseguiva la sua corsa finendo per schiantarsi contro la parete.
    «Oh! E che diamine!» Urlò Kougami. Solo ora il ninja della foglia poteva notare che un'aura bianca avvampava intorno al corpo avvolto in un'armatura laccata di rosso.
    I tre regolari scattarono uno al fianco dell'altro fronteggiando i loro avversari che riprendevano anch'essi le righe.
    I sei si squadrarono l'un l'altro per qualche secondo, nell'aria si poteva udire solo lo scoppiettare del legno.
    Il ninja con sei braccia si scrollò di dosso le macerie ridacchiando, il suo corpo completamente illeso, la roccia scivolò sul fisico muscoloso quasi come se fosse stata acciaio. A circa cinque metri da lui il secondo, quello con un occhio viola protese una mano nell'aria e il ventaglio volò verso di lui per arrivare dritto nella sua mano. Il ninja li squadrò con aria seria, sollevò l'arma appoggiandosela su una spalla. Il terzo atterrò poco lontano. Si sollevò con un gesto lento ed elegante, il ciuffo ribelle di capelli castani che veniva sistemato con cura da una delle mani avvolta da guanti d'acciaio che brillavano di simboli runici. Sembrava il più rilassato dei tre e quello con meno intenzioni omicide negli occhi.
    «Di qui non si passa.» disse il ninja con sei braccia.
    «Toglietevi di mezzo, traditori, qui c'è molto più in gioco che una manciata di monete. Qui c'è in gioco il destino di queste terre!» Urlò lo Hyuuga.
    «Ma è serio?» Chiese Ishui grattandosi con aria dubbiosa un lato della testa.
    «Cedete il passo, mukenin! O troverete la vostra tomba in questo tempio!» Incalzò il ninja dagli occhi azzurri.
    Takezo rise fragorosamente. «Credo proprio di sì»
    Kougami sospirò «Davvero?» Si lasciò sfuggire in un bisbiglio ad Okami.
    Lo Yotsuki lo guardò, fece spallucce e sorrise. «Fulmini rossi? Da quando?» Chiese l'Otiano.
    «È una lunga storia»
    «Mi sono stancato.» Proclamò Arima, di colpo il silenzio tornò nella stanza.
    Il ventaglio cadde a terra in un tonfo, conficcandosi tra due rocce di punta, unì le mani in un unico sigillo ed inspirò a pieni polmoni.
    I tre regolari si tesero, piegando leggermente le ginocchia.
    Nel secondo che seguì ognuno si era mosso in una direzione diversa, erano pronti a dare battaglia.
    Okami venne avvolto da fasci di fulmini rossi per poi scattare di lato sollevando intorno a sé scariche elettriche cerulee e polverizzando le pietre sotto i suoi piedi ad ogni passo.
    Kougami emanò una scia di vapore dalla schiena e corse nella direzione opposta, l'armatura laccata avvolta da riccioli di Chakra bianco che rifletteva la luce delle fiamme. Yukimura fissò dritto il ninja con il Rin'negan e sollevò entrambe le mani a sé, le bende che si agitavano intorno ai suoi polsi mentre Chakra azzurro pervadeva i suoi arti.
    Fiamme uscirono violente dalle labbra dell'eremita, rischiarando di rosso le ombre sulle colonne. Una risata selvaggia echeggiò dalla bocca di Takezo mentre si scagliava in avanti, tutti gli arti allargati, i palmi protesi con spuntoni di ossa bianche che uscivano da essi.
    In un rumore d'acciaio contro pietra, Ishui sbatteva con forza un pugno al solo, polverizzando la roccia e scatenando un'enorme onda sismica davanti a lui mentre lastre di pietra bianca si sollevavano una dopo l'altra, squassando il terreno.
    Scoppiò il caos.
     
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    L'inizio della fine



    Era davvero quello il momento finale? I nostri eroi, erano davvero giunti a tale epico scontro che le sorti del Paese dei Demoni era così posate sulle loro spalle? Si erano divisi.
    Sei erano nel tempio, i vincitori dei loro scontri; i restanti cinque erano rimasti a contendersi l'ascesa verso le scale dell'edificio. Un caos di Jutsu, sangue e kunai era esploso in entrambi i luoghi eppure il tempo correva contro i regolari, e sembrava favorire i traditori.
    Il tempo era un bastardo infame. Era l'amico che ti tendeva la mano per rialzarti da terra ubriaco mentre con l'altra ti immortalava in un video da cui non ti saresti più potuto liberare per il resto dei tuoi giorni.
    Il tempo era fatto così. Haurakira Uchiha ben lo sapeva, mentre osservava lo scontro dall'alto della sua postazione, la freccia incoccata nell'arco, il corpo debole e tremante. Sapeva che il tempo era contro di loro.
    Lo sapeva anche Kaede ma in quel momento esso correva a suo favore, per così dire. Non sapevano infatti i traditori in cosa si erano cacciati, non lo sapeva nessuno. Le promesse di ricchezza e potere erano una bella bistecca posta su una tagliola, e loro non si erano ancora accorti che, più mangiavano quel bel pezzo di carne, più la trappola gemeva e si preparava a scattare.

    La sacerdotessa aveva cercato di prendere un po' di quel tempo maledetto ma forse era troppo tardi.
    Il suo petto nudo, coperto solo da tre misere bende bianche che mostravano kanji neri come la pece percorerre le sue spalle fragili e la pancia piatta, scendendo fin sotto la linea dell'inguine. La donna tremava.
    «Non un passo!» Gridò. «Non un passo o mi faccio saltare in aria!» . E forse sarebbe stato meglio così. Perché una lama d'acciaio purissimo, brillante come la prima luce dell'alba, che stava affiorando dalle cime delle colline lì fuori, trapassò il petto della giovane.
    Il vecchio sacerdote ridacchiò, una risata stridula e secca. Estrasse il pugnale del petto della donna, lasciandola cadere al suolo in una pozza di sangue. Gosuke sospirò poi mosse una mano e Yondo si attivò iniziando a tracciare segni per terra con un gessetto. Il rituale stava venendo approntato.
    Yasai rise mentre si avvicinava al corpo della sacerdotessa che spirava sul marmo gelido. «Peccato non sia rimasta viva, mi sarei divertito con lei...ahah»
    Gosuke non disse una parola, si mise al centro, estrasse la falce e tracciò un cerchio perfetto intorno alla figura del vecchio sacerdote. «E' sicuro di questo...maestro?»
    «Risparmiami la trafila, Gosuke, sai benissimo che questo è il mio destino...Sono troppo vecchio per vedere l'alba della prossima primavera...me ne andrò sapendo che, ciò che rimane della mia vita, è stato un sacrificio necessario per la venuta di qualcosa di...Oh, non abbiamo tempo per questo! Muovetevi!»
    Le sacerdotesse intorno a loro urlarono, lame e pugnali si alzarono. Tutto finì in pochi secondi. I corpi riversi, sangue ovunque che colava nei solchi tracciati da Yondo, erano solo gesso ma sembravano sufficienti a raccogliere ogni singola goccia di sangue nei loro intricati tracciati. Al centro stava il vecchio sarcerdote, in un cerchio iscritto in una stella a sei punte iscritta in un esagono circondato da simboli runici. Ad ogni vertice della stella stava un membro dell'Akuma.
    «Dei e spiri, demoni ed angeli....E' il momento...che la vita di ogni essere vivente qui...diventi il nutrimento del nostro Signore!» Urlò Yondo conficcando il suo pugnale nel vertice della stella. Gosuke fece lo stesso con la falce, Yasai con la sua spada, ciascuno usando la propria arma posseduta da uno dei demoni minori.
    Un attimo dopo un profondo tremore scosse la terra, tutta la piccola cittadina del tempio vibrò ed ognuno dei sei cominciò ad urlare. Non erano urla di gioia, bensì di dolore.
    Erano sempre stati potenti, sufficientemente potenti per gestire l'assalto ed i seguenti ninja regolari a fermarli senza problemi. Ma non avrebbero potuto sopravvivere agli scontri senza uscirne fuori indeboliti e non avrebbero potuto iniziare il rituale se non al pieno della loro forza. Avevano bisogno di ogni singola oncia di Chakra nel loro corpo per attivare il rituale, per questo i traditori erano stati fondamentali.
    Oltretutto quei ninja sarebbero stati utili anche per altro.
    Ognuno di loro era infatti una ulteriore riserva di Chakra, ben preziosa per ciò che sarebbe venuto a venire.
    La terra tremò, poi un'ondata di Chakra violaceo invase ogni cosa. Una cupola perfetta avvolse il campo di battaglia, il tempio, la cittadella, i prati intorno alle mura. Ogni singolo cadavere venne dissolto in piccole particelle azzurre e violacee. Maryou, il Demone del massacro e della morte si cibava degli spiriti, trasformandoli in energia a lui preziosa. Quel massacro perfettamente orchestrato dai ninja dell'Akuma e dal gran sacerdote aveva permesso a loro di imbastire un combattimento in un'area ristretta, con migliaia di uomini e donne morti per la loro causa, la causa del demone. Ora, ognuno di loro che era morto pensando di fermare od iniziare qualcosa di più grande, avrebbe partecipato lo stesso alla nascita del loro Signore, con il loro spirito.
    Il Chakra pervase l'aria, uscendo dai corpi morti di ogni singolo cadavere, sollevandosi dalle pozze di sangue, dai corpi ustionati, dalle membra mozzate. I Sei sorrisero mentre sentivano il loro Chakra venire prosciugato dal quel rituale e altro, quello presente nell'aria ed intrappolato nella cupola da loro creata, venire assorbito.

    «Che cazzo sta succedendo???» Urlò Kougami mentre vedeva l'aria riempirsi di quella nebbiolina violacea e prontamente si premeva una mano davanti al viso pensando subito al peggio.
    «Chi ne ha mollata una??? Parlate traditori del cazzo! Sapevo che voi ninja non vi lavavate nelle Terre di Nessuno, ma anche sganciare queste bombe!! Siete proprio disgustosi!»
    «Senti chi parla! Qui quello che puzzava come un cadavere fin'ora eri soltanto tu!» Urlò di rimando Ishui agitando una mano nell'aria come a sacciare via un forte odore. «Magari era il sei braccia, non so se ci sei stato vicino ma puzza di morto!» Disse con la mano vicino alla bocca, come a confidare un segreto anche se ad un tono di voce fin troppo alto per non essere udito dagli altri.
    «Il mio corpo....sta guarendo!» Disse Okami mentre sollevava le braccia vedendo come quella nebbiolina brilluccicosa si posasse su di lui rimarginando le ferite del suo precedente scontro. «Il mio CHAKRA....è tornato!!!» Urlò mentre stringeva i pugni in un grido di rabbia e gioia e fasci di folgori rosse avvolgevano il suo corpo. Una risata malvagia proruppe dalla bocca del ninja della nuvola ed un sorriso ancora più perfido segnò le sue labbra.
    «Ora siete fottuti mukenin!»
    Un boato scosse il palazzo. Il ninja delle nuvola non era più lì. Scintille rosse erano rimaste ancora nell'aria al suo posto.
    Takezo scartò di lato mentre un lampo vermiglio gli passò sul fianco, la colonna di marmo bianco alle sue spalle esplose in una nuvola di schegge. Il terreno tremò ancora una volta. La colonna scivolò sulla base, la punta si staccò di netto dal soffitto e cominciò la sua caduta verso il ninja con sei braccia. Accompagnata da un grido selvaggio, la colonna si sollevò dalla polvere mentre le sei braccia di Takezo si flettevano, tenendo in un equilibrio barcollante l'enorme pezzo di marmo sopra la testa. L'uomo rise, poi fletté il corpo. I muscoli delle sei braccia, delle spalle e della schiena si gonficarono per lo sforzo. L'enorme pilastro di roccia bianca schizzò nell'aria diretto verso di due ninja regolari.
    «Fanculo!!» Urlò Kougami mentre anche lui sentiva nuovo Chakra scorrergli dentro e nuvole di vapore e Chakra bianco lo avvolgevano di nuovo. Saltò in avanti, il pugno caricato, sferrò il diretto spezzando in due il pilastro e scendendo in picchiata verso il traditore di Oto.
    «Ti devo dare il resto, stronzo!» Urlava mentre volava nell'aria.
    Un lampo rosso balzò sui due pilastri di roccia ancora per aria. Okami corse sul primo, balzò sul secondo e fletté le ginocchia. Altri fulmini avvolsero il suo corpo, stavolta neri e mescolati ai rossi. Saltò in avanti, un proiettile che atterrò vicino ad Ishui in una esplosione che scosse il terreno. Okami aveva il pugno sollevato, scariche elettriche pervadevano il suo corpo. «Pres...»
    La parola gli morì in gola non appena vide un'enorme manona di roccia frapposta tra lui e il bruno che, tra pollice ed indice del golem, sorrideva. L'enorme gigante si erse nell'aria, il suo corpo si fletté come un titano mentre le spalle sfondavano il tetto della sala. Altri golem di taglia minore, emersero dalla roccia intorno a lui. «Andate, figli miei!!!» Urlava Ishui che, trionfante, si ergeva a braccia conserte sopra la fronte del golem.
    Quattro golem di roccia corsero in avanti. Okami scattò tra di loro come una scheggia, facendoli esplodere uno dopo l'altro ma così come lui, anche il suo avversario sembrava a disposizione di enormi riserve di Chakra e per ogni golem che esplodeva, altri cinque uscivano dal terreno.
    Uno dei pezzi della colonna impattò il terreno travolgendone quattro, e rimbalzò giù per le scale. L'altro si fermò a mezz'aria. Yukimura, leggermente sollevato da terra, teneva le braccia alzate, ruotò il pilastro nell'aria e poi, con un leggero movimento delle mani, lo scagliò in avanti dritto verso la testa del golem. Il pilastro però non raggiunse il bersaglio ma piuttosto frenò all'improvviso la sua corsa, tornando improvvisamente indietro.
    Il ninja della foglia strabuzzò gli occhi. Sollevò di nuovo le mani frenandolo e spinse. Quello oppose resistenza, lì, tremando leggermente in avanti ed indietro.
    «Pensavi di esser il solo a poter fare il giochino??? AH-AH!» Urlava Arima, la mano destra alzata, lo sguardo rilassato come se quello fosse un gioco da ragazzi. Yukimura aggrottò le sopracciglia, sollevò entrambe le mani e spinse con rabbia. Il pilastro ebbe uno scossone, l'eremita venne sbalzato indietro di un paio di metri, i piedi che scivolavano sul pavimento lucido.
    «Ah!» Urlò Arima, indietreggiando di un passo. Con rabbia rinfoderò l'arma sulla sua schiena, poi sollevò prima il braccio destro, quello libero tirando su la manica del sinistro, poi cambiò mano con cui teneva fermo il pilastro, facendo lo stesso con l'altra mano. Ogni movimento era quello secco e deciso di un padre che ha trovato il figlio a rubare i biscotti e si apprestava a sculacciare la prole.
    «Vuoi fare a chi ce l'ha più lungo!?!? Bene! Ti accontento subito!! Non mi sottovalutare ninja della foglia!!!» Urlò mentre, stavolta con entrambe le mani sollevate, spingeva con tutte le sue forze. Il pilastro slittò su sé stesso, tremò leggermente, poi dopo un attimo di esitazione, schizzò dritto contro il viso del ninja dagli occhi cerulei.
    Kougami impattò di schiena contro la colonna mandandola in frantumi e salvando inconsapevolmente il compagno.
    Si rigirò in volo e atterrò sul pavimento, la pietra si crepò sotto il peso dell'impatto, frantumandosi verso il basso di qualche centimetro. Il ninja del Suono aveva uno sguardo feroce in volto mentre, mani a terra, cercava di arrestare la forza della spinta.
    «Non ho ancora finito!!!» Urlò.
    La spalla e parte del viso erano stati scoperti dall'armatura rossa, strappata via da quello che altri non poteva essere stato che un potente colpo fisico ma il Chakra nell'aria forniva fin troppe risorse e l'armautra si ricompose nell'arco di un paio di secondi sigillando di nuovo il corpo dello shinobi. La stufa sulla schiena fischiò aria come una teiera, rabbiosa. Kougami si sollevò in piedi facendo scrocchiare la spalla sinistra mentre con la destra, allargata sul fianco aveva evocato nella mano un enorme shuriken azzuro. Un'ombra si profiò sotto i suoi piedi. Kougami si lanciò di fianco mentre il piede di Ishui atterrava di tacco squassando il suolo in un colpo potente.
    Segni neri segnavano la sua pelle.
    «Tu...Traditore!» Urlò Kougami con gli occhi colmi di rabbia alla vista del Segno Maledetto.
    Ishui sorrise «Preferisco il termine "Migratore", sai, come gli uccelli intelligenti che si spostano quando la terra non è più adatta a loro...»
    Il pugno fischiò nell'aria ma entrambi gli avambracci vennero sollevati davanti al viso, parando l'impatto. Ishui non si era mosso di un centimetro eppure alle sue spalle l'onda d'urto del colpo aveva spazzato il terreno e fatto schizzare via rocce come se fossero stati fogli di carta. Il bruno sollevò lentamente la testa «Mio cugino di dieci anni fa più male» disse lentamente, schernendo l'avversario.
    «Ma vai a cag..»
    Kougami non finì neanche la frase che già aveva mosso la mano armata dallo Shuriken gigante, un affondo, un colpo di taglio, un altro fendente. Improvvisamente il bruno, dapprima lento, aveva acquisito una velocità impressionante, scansando ogni colpo, solo la punta dell'arma aveva lasciato qualche lieve ferita da taglio sulle sue braccia ma queste si erano subito curate rapidamente. Ishui roteò all'indietro in una capriola mentre lo Shuriken veniva finalmente lanciato in avanti, fischiando nell'aria e passando ad un centimetro dal ciuffo castano del traditore.
    L'arma schizzò in avanti, trapassando senza interrompere la sua corsa, un paio di colonne. Improvvisamnete venne afferrata da delle bende candide che deviarono la sua traiettoria con uno strattone potente.
    Yukimura, sollevato in aria di qualche metro, grugnì dallo sforzo mentre con entrambe le braccia direzionava l'arma spedendola verso il ninja con sei braccia che lo stava visibilmente caricando a testa bassa.
    Sei ossa uscirono da entrambi gli avambracci superiori di Takezo. Le braccia disposte a croce sopra la sua testa si sciolsero in un colpo che portò entrambi gli arti ad aprirsi sui lati e lo Shuriken venne sbalzato in aria, riafferrato con una delle braccia e lanciato di nuovo in avanti.
    Lo Hyuuga sollevò entrambe le mani in avanti, Chakra azzurro avvampò su di esse e poi affondò entrambe le braccia in due diretti che franturarono l'arma in una nuvola di vapore. I due ninja si lanciarono uno contro l'altro, chakra azzurro che colpiva osse bianche in un vortice di colpi che rendeva quasi difficile riuscire a scorgerne i movimenti.
    Un colpo dopo l'altro però le danze del Kaguya si rivelarono fin troppo imprevedibili e potenti per l'avversario dagli occhi del sole. Dalla sua aveva però quello strano Chakra nell'aria, che guariva e conferiva riserve illimitate.
    Osò.
    Le ossa trovarono un varco e lo Hyuuga le fece passare, due punte bianche affondarono nella spalla e nel fianco dello Hyuuga. «Sei morto!» Gignò Takezo. «Davvero?» Rispose l'altro sollevando la mano libera.
    Una sfera di Chakra compatto e roteante schi schiantò sugli addominali scolpiti del traditore che si lasciò sfuggire un «Uff» prima di venire sbalzato come un proiettile via dal Konohaniano e finire sparato dritto contro una parete.
    L'impatto fece tremare la parete, roccia e polvere si sollevarono nell'aria. Yukimura sorrise, asante, mentre i buchi nel suo corpo si rimarginavano lentamente.
    «Quello doveva farmi male??» Proruppe una voce dalla parete forata. «Fanculo» si lasciò sfuggire lo Hyuuga.
    Takezo uscì sorridente dalla parete, l'addome arrossato ed ustionato dal colpo ancora visibilmente ferito ma il mukenin sembrava non sentire un graffio. Si spazzolò via della polvere dalla spalla con un gesto lento e deliberato. «Bel colpo, ragazzino, ma io posso continuare in eterno...cosa farai tu, quando questo Chakra se ne sarà andato?» disse mentre faceva scrocchiare il collo con aria volutamente affranta, come se lo preoccupasse davvero della sorte del suo avversario.
    «Vorrà dire che ti ucciderò prim..»
    Qualcosa rimbalzò tra di loro. Non fu tanto un rimbalzo ma un vero e proprio corpo che veniva schiantato al suolo, provocando un cratere nella roccia bianca come il latte e sollevando lastroni di pietra in una rosa.
    «Ahhhh...questa mi sa che l'ho sentita...» disse il moro aiutandosi con il ventaglio a rimettersi in piedi.
    Okami atterro in un fascio di folgori rosse e nere. La faccia tersa di sudore e gli occhi spiritati. «Ma vuoi morire???» Si lasciò sfuggire in un lamento di rabbia e frustrazione.
    «Temo che quella opzione non sia possibile, sai?» gli rispose Arima mentre numerose ferite e fratture sul suo corpo si rimarginavano ad una velocità ben superiore di quella concessa dal Chakra nell'aria.
    «Devo tagliarti la testa??»
    «Potresti, ma penso che in queste condizioni finiresti per provocare la nascita spontanea di ben due me...ed Ishui è già abbastanza irritato della presenza di uno solo, figuriamoci con d...»
    Qualcosa scosse il terreno, interrompendo la allegra conversazione. I sei si fermarono improvvisamente, tutte le teste si girarono verso l'enorme arco che dava nella sala dell'altare.
    «Ci siamo...» disse Takezo con aria lievemente preoccupata.

    Edited by Supaku - 18/5/2018, 18:13
     
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    La Rinascita di Mouryou



    Gosuke annuì con serietà. Nell'aria lo spirito dei morti aveva preso forma, era diventato tangibile. Era Chakra puro.
    Inspirò a pieni polmoni mentre questo affluiva dentro di loro, dalle narici, dalla pelle, da ogni poro del loro corpo. Erano pronti. Pronti a richiamarlo.
    Osservò con serietà i suoi compagni, tutti loro erano consapevoli di ciò che sarebbe venuto a breve.
    Ognuno di loro era felice, gioioso di ciò che stava per succedere, nessuno avrebbe esitato, nessuno si sarebbe fermato.
    Mouryou doveva vivere.
    Il corpo di suo "padre", Onamujin, era immobile. Le gambe piegate nella posizione del loto, il torso nudo a rivelare un fisico vecchio e raggrinzito, segnato dal tempo. L'uomo aprì la bocca ed iniziò il canto. Era come un rombo leggero, il rumore di sassi che sbattevano dentro un sacco di cuoio. Il suono salì di tono e Gosuke cominciò ad avvertirlo. Quel sentimento, quella sensazione di disagio che si propagava dal basso ventre, come se qualcuno gli avesse conficcato un amo dentro l'ombelico e improvvisamente avesse cominciato a tirare. Era il richiamo del demone che era dentro di lui. Lottava, di divincolava, voleva uscire per celebrare anche lui l'arrivo del suo padrone.
    Con un gesto rapido ma deciso, i ninja dell'Akuma tirarono fuori ognuno un kunai e si pugnalarono al petto. Esattamente all'altezza della bocca dello stomaco, lì poco sotto lo sterno.
    Un singulto collettivo li colse.
    Il sangue cominciò a zampillare dai loro petti. Tutti e sei caddero all'unisono sulle ginocchia, le mani che ancora stringevano i kunai. Un rivolo rosso correrse da ciascuno verso le linee tracciate di fresco, impregnando il circolo e scivolando silenziosamente verso il corpo del vecchio.
    Onamujin, con gli occhi chiusi, aggrottò le sopracciglia cespugliose. Sollevò la testa, il naso nell'aria, inspirando a fondo come a voler odorare qualcosa di specifico. Sulla sua fronte brillarono due escrescenze di luce. Due corna. Erano sempre state lì, ma nessuno le aveva potute vedere per via di un antico incantesimo. Adesso erano rivelate a tutti, perché non c'era più bisogno di trattenere risorse quando il suo Dio sarebbe sceso in terra. Unì le mani in un singolo sigillo. Un ninja normale non lo avrebbe potuto riconoscere, era un sigillo dimenticato da tempo, tramandato da secoli tra i "Discepoli" di Mouryou, il Sigillo del Demone. Un intreccio dita così complicato che non avrebbe aiutato mai nessuno in un combattimento. Un intreccio che ricordava la punta di una lancia. Un simbolo che parlava di sacrificio.
    Il sangue era addensato adesso, poteva avvertiro intorno ai suoi piedi nudi. Se avesse averto gli occhi lo avrebbe visto, lì intorno a lui, in una pozza perfetta, circolare.
    «Una vita per una vita...Che il mio spirito sia la scintilla che inizierà il fuoco....della distruzione!!» Urlò il vecchio sollevando le mani davanti al viso, il capo chino. Con un gesto deciso conficcò la punta delle sue dita intrecciate nel suo petto. Un colpo solo, portato con la forza dei suoi muscoli, seppur all'apparenza deboli, fortificati dalla magia dei demoni.
    Le dita di indice e medio affondarono nello sterno, ruppero la cassa toracica e si conficcarono al centro del cuore con un rumore sordo.
    In quel momento il Chakra nell'aria si immobilizzò e un tremore cominciò a scuotere la terra. Il sangue si sollevò dalla pozza, strisciando intorno al suo corpo in spire sottili e rosse, sgusciando nella ferita aperta, come le zampe di un ragno. Il vecchio spalancò gli occhi rossi come rubini, gemette, urlò. Il suo corpo ebbe degli spasmi, nell'aria si udiva soltanto il rumore di strappi e schiocchi, pelle e ossa che si spezzavano, ricostruivano. I sigilli, legati intorno al corpo del vecchio brillarono di una luce intensa, bruciarono come tizzoni ardenti, lasciando spire di fumo dal corpo incartapecorito del vecchio. Si fusero rapidamente nella carne che si agitava come una tovaglia sotto la furia del vento. Un attimo dopo ogni ciondolo era parte del suo corpo, nove cerchi perfetti che contornavano il petto e la schiena dell'uomo. La pelle era diventata violacea, quasi biancastra. Il corpo un tempo vecchio e grinzoso, si erse giovane ma debole. La pelle tirata intorno alle ossa in rilievo, numerose escrescenze ossee che spuntavano qua e là, un palco di corna svettava sulla fronte. L'uomo ormai non più Onamujin si alzò. Il tremore cessò.
    I ninja dell'Akuma sollevarono la testa, ancora il sangue scorreva da loro, scivolava sulle pietra dai loro corpi e come tanti cordoni ombelicali si congiungeva al corpo del nuovo venuto.
    «Figli miei...» Esordì il demone allargando le braccia, un sorriso segnava il suo volto, che sembrava un teschio. Dalla labbra nere vennero rivelati denti affilati come spilli, disposti su due file.
    Gli occhi verdi a fessura guizzarono nell'aria prendendo consapevolezza di ciò che lo circondava dopo molto tempo. «Mi avete richiamato! Finalmente!! Ahhnnn, quanto è bello respirare di nuovo! E questo cos'è? Uh, mi avete preparato un banchetto da gustare, eh?! Saggi siete stati.» Rise, una risata secca, debole e malvagia.
    Fletté i muscoli esili sul corpo, le braccia allargate, i palmi aperti, sollevò entrambe le mani verso il viso, avvicinando a sé volute di aria mista a quel Chakra polverizzato. Sorrise, inspirando leggermente. Il suo corpo vibrò leggermente, la pelle divenne più lucida, gli occhi brillarono un poco, segni neri cominciavano ad apparire sulla pelle, glifi antichi che raccontavano storie di orrore e sofferenza.
    «Benissimo...è tempo di cenare» disse con un sorriso.
    Il suo corpo mutò, una linea nera si allungò dal collo all'inguine per poi, con uno schiocco sonoro, aprirsi in un ovale sul busto. La fenditura presentava numerose file di denti ed una gola profonda.
    «E' tempo di mangiare» Le file di denti cominciarono a ruotare.

    Ogni cosa sembrò fermarsi. I sei shinobi nell'ingresso principale lo percepirono. Era come quell'attimo prima di una esplosione, potevi percepire che qualcosa di terribile stava per accadere prima ancora che si manifestasse, per via di quel silenzio, di quell'attimo in cui tutto sembrava immobile, fin troppo immobile ed innaturale.
    Poi arrivò. Uno strattone, poteva essere definito così all'inizio. Un potente strattone che spinse facendoli muovere di un passo all'indietro e poi...quella sensazione viscelare dietro la nuca. Quel presentimento di avere un kunai ad un centimetro dal proprio collo, pronto a colpire che ti faceva rizzare tutti i peli sul corpo e irrigidire i muscoli.
    La sensazione della morte incombente.
    La forza immensa cominciò a strattonarli verso una direzione ben stabilita. Una inversione della gravità che iniziò prima piano, e poi acquistò sempre più forza, man mano che i secondi passavano.
    Iniziò così, con una lieve spinta, mentre il Chakra nell'aria si mosse come spinto da una forza superiore, covogliandosi tutto verso l'entrata della stanza dell'altare. Un arco buio, nero, da cui neanche uno spiraglio di luce passava, come le profondità dell'abisso.
    Lo strattone fu prima leggero, sufficiente a far spostare i sei di un passo verso l'arco, ma molto più grave fu ciò che successe al Chakra.
    Bastò quella spintina a strappargli di dosso quasi tutte le loro riserve, come se fossero state avidamente bevute da un assetato nel deserto.
    Il primo a cadere fu Okami, il giovane sentì il Chakra che gli veniva risucchiato via, crollò su un ginocchio con il respiro affannoso, mentre gocce di sudore cadevano una dopo l'altra sul pavimento crepato. Un secondo dopo era steso a terra, semisvenuto.
    Yukimura lo seguì un attimo dopo crollando su un fianco e cercando di rimanere sollevato su un gomito. Arima e Takezo invece, rimasero in piedi qualche secondo di più, le loro riserve di Chakra erano superiori a quelle dei regolari ma fecero appena in tempo a scambarsi uno sguardo dubbioso l'uno con l'altro.
    «Cosa abbiamo fatto...» sfuggì dalle labbra di Arima prima di sentire la forza venirgli meno e le proprie ginocchia cedergli.
    Takezo, di spalle all'arco che sembrava voler divorare il loro Chakra, non rispose.
    Il suo unico occhio era fisso su una scena che sembrava averlo distratto dalla terribile situazione ma turbarlo in egual misura.
    «Ahia!....Lasciami!...Ah, infame!» Grugniva Kougami mentre la mano di Ishui gli premeva con il palmo sul naso, spingendogli la testa all'indietro.
    «Stai...ferm...Come osi!!...» Urlava Ishui di rimando mentre il piede del ninja del suono gli premeva sulla faccia.
    I due ninja, che erano rimasti una ventina di metri più indietro rispetto ai primi quattro, avevano perso quasi tutto il loro Chakra ma non la voglia di combattere ed erano finiti per rotolarsi a terra. In un groviglio di mosse disperate ognuno stava ancora cercando di sopraffare l'altro.
    «Ahia!...Hai le unghie lunghe da barbone!...Cosa sei un gatto ninja?? Ahia!!»
    «Almeno io non puzzo come un barbone! Quando ero ad Oto mi ricordo che si utilizzava il sapone, tu non sei stato aggiornato? Mollami!»
    «Arrenditi!»
    «Cedi!!»
    «Mai!»
    «Muori!»
    «Appena mi tornano le forze ti infilo la mia katana su per il culo!»
    «Sarà una gioia in confronto al mio golem che ti userà come bambola gonfiabile!»
    Takezo fece appena in tempo a crollare disteso, la mente che si domandava se mai sarebbe riuscito a liberare la sua memoria da quella orrida scena.
    Un attimo dopo la forza abbandonò anche i due shinobi rimasi lasciandoli esamini a terra. Entrambi senza forze ma la battaglia tra di loro sembrava continuare con sguardi ed occhiatacce, Kougami provò pure ad accumulare della saliva per sputare addosso ad un Ishui sconvolto da un simile gesto.
    Un attimo dopo lo strattone si trasformò in un tifone. Il vento si alzò e cominciò a tirare sempre più forte verso l'arco.
    Rapidamente il tifone divenne una bufera violentissima, e sassi e rocce cominciarono a venire risucchiati.
    I ciottoli vennero sollevati con violenza in aria, lanciati verso l'entrata buia che tutto sembrava risucchiare. Poi massi più grossi.. Poi i corpi.
    Quando il primo corpo raggiunse il baratro buio dietro l'arco, un lacerante rumore di lame, ossa frantumate e un sonoro risucchio echeggiarono nell'aria. I ninja ebbero un brivido lungo la schiena.
    I sei cominciarono a realizzare che le cose non stavano andando tanto bene quando il corpo di Okami, seppur debole, perse la presa sul terreno e venne sollevato per aria, iniziando una corsa in orizzontale verso l'entrata buia.
    Bende bianche lo avvolsero subito alla vita mentre altre si legarono intorno ad una delle poche colonne rimaste in piedi, anche se solo per metà. I golem di roccia, comandati da Ishui, provarono una corsa disperata verso il loro padrone ma uno dopo l'altro vennero sollevati da terra e risucchiati nel baratro oscuro.
    Takezo estrasse due kunai, conficcandoli con violenza nel terreno mentre il suo corpo cominciava a sollevarsi da terra.
    Arima, l'unico rimasto in ginocchio, cercò di opporre resistenza, i muscoli tesi mentre si lanciava verso la stessa colonna a cui lo Hyuuga si era ancorato con le bende.
    Ishui e Kougami volarono in aria accanto a lui. L'eremita fece appena in tempo a sollevare il ventaglio e permettere al bruno di aggrapparvisi, mentre Kougami repentinamente si aggrappava con entrambe le mani alla caviglia del bruno.
    «Lasciami!» Ebbe la forza di dire il traditore. «Non ci penso neanche!» rispose il ninja del Suono con aria terrorizzata.
    Uno sguardo alla sue spalle, in quel'ombra nera che si profilava dietro l'arco, dove rocce e cadaveri schizzavano uno dietro l'altro come briciole lanciate oltre il bordo di un tavolo. Kougami distolse subito lo sguardo con un bridivo.
    Dove andavano a finire? Non aveva nessuna voglia di soddisfare quella curiosità.
    L'impeto e la forza crescevano ogni secondo, ed Arima sapeva che non poteva tenere il peso di ben due persone contro quella bufera.
    Il ventaglio già cominciava a scivolargli dalle dita.
    Il corpo di Takezo era sollevato da terra, le sei braccia tutte attaccate al suolo, ciascuna con un kunai diverso, le gambe che sventolavano dietro di lui come bandiere agitate dal vento. Lo stesso Yukimura gemeva dallo sforzo, le braccia divaricate su due fronti, le bende che diventavano sempre più sottili.
    «Fate qualcosa per la miseria!» Urlò Kougami con quanto fiato aveva in gola.
    «Nessuno di noi ha Chakra e ha il tempo di sollevare le mani...Uomo con sei braccia!...Puoi fare un qualcosa che possa impedirci di venire risucchiati?» disse lo Yukimura con aria affannata.
    «Io...di solito...ammazzo»
    «Cazzo, sei utilissimo!»
    «Non sei simpatico, Ishui!» Grugnì Arima, i muscoli tesi mentre cercava di non perdere la presa dal pilastro di roccia.
    «Hai ragione, mi correggo! Sei sempre più utile di questo peso morto che mi sta aggrappato alla gamba come una piattola!»
    «Ehi! Ringrazia che non ho le unghie lunghe come le tue o a quest'ora...Ahiai! Smettila di agitarti! Non ti mollo!»
    «Ishui!!!»
    «Che c'è!?»
    «Usa il Doton, proca troia!»
    «Duh! Non ho Chakra!! Sennò a quest'ora avrei costruito un castello di roccia, tonto di un rospo!»
    «Io ho Chakra...» disse Arima, si guardò intorno con aria disperata. Un braccio saldamente attaccato, l'altro che reggeva ben due persone. Impossibile per lui muoversi di neanche un centrimetro.
    «Ma non vedo modo per passartelo...»
    «Se questa specie di aspiratore per gli acari non fosse così forte, mi arrampicherei lassù per succhiartelo tutto, caro.» Disse il bruno facendo un occhiolino. La cosa sarebbe stata anche simpatica se il resto del viso non fosse stato pallido, teso e cosparso di goccioline di sudore.
    Improvvisamente Ishui sentì qualcosa toccarlo, abbassò lo sguardo per vedere una delle sei braccia di Takezo che lo aveva afferrato sul fianco, un'altra era saldamente avvolta intorno all caviglia dell'eremita.
    Il bruno subito sentì qualcosa scorrergli in corpo, era fresco, come una bevuta gassata in una giornata afosa d'estate. Era Chakra.
    «Non è molto ma basterà» grugnì il bruno staccando un braccio dal ventaglio, con estrema fatica, per schiantarlo a terra.
    Tre larghe pareti di roccia si sollevarono dal pavimento. Una di queste apparse poco sotto i piedi del bruno e investì in pieno Kougami.
    «Brutto stro....» Si lasciò sfuggire il Jinchuriki interrotto a metà dal colpo e preso da violenti attacchi di tosse. Nonostante tutto il Kyoya non perse la presa e si arrampicò sulla parete per poi sedersi sulla parete di roccia, spalle al pavimento con aria affannata.
    I Sei crollarono uno dopo l'altro sulla piccola piazzola di pietra, affanati, stanchi e sfiniti. L'inferno infuriava intorno a loro, altri cadaveri volavano, come missili terra aria, diretti verso la stanza dell'altare.
    Mukenin e regolari, uno accanto all'altro, cercavano di rimanere seduti in silenzio, terrorizzati da quello che sarebbe potuto accadere.
    «Lo so che, internamente, mi state idolatrando, per questo epico salvataggio!! Lo so! Lasciatemi però togliervi ogni dubbio...non sarete mai degni di me!!! Mai!...» Ebbe la forza di dire Ishui mentre con aria sfinita e soddisfatta si lasciava cadere a terra.

    Edited by Supaku - 21/5/2018, 22:43
     
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