«Non credo sia possibile...» La risposta del ninja medico colpì Maemi con la forza di un macigno, un impatto tale che si sentì quasi paralizzata sul posto. Ma certo, era dolorosamente evidente che ciò che aveva chiesto era irrealizzabile. Le sue parole sfidavano ogni principio di logica, etica professionale e buonsenso. Sentendo il peso di quella realizzazione, Maemi abbassò lo sguardo, fissando i piedi del dottore, mentre le parole dell’Ameki, pronunciate con estrema cortesia, le sfioravano appena l'udito, quasi fossero lontane e sfocate. «O forse ha ragione lui e sono io che sto dando di matto». Le parole le uscirono di getto dalla bocca, così amare che da poterne sentire il sapore. Serrò la mascella come se volesse trattenere qualcosa che rischiava di strabordare. «Lui fa dei controlli periodici, per tenere sotto controllo il cuore. Sa che non ci può fare nulla e continuerà a peggiorare. Deve solo conviverci. Lui tutte queste cose le sa, ma io…» La voce le venne meno. Si morse un labbro: e adesso, che diavolo le prendeva? Perché le sembrava di essere tornata piccina, davanti ad un estraneo a cui aveva appena fatto una proposta a dir poco imbarazzante? Tutto quello che riusciva a pensare era suo padre, la sua figura grassoccia ma adorabile, il modo in cui si ripuliva sempre gli occhiali con la maglietta, come andava in giro con quel suo passo un po' a papera... Voleva che rimanesse in salute. Voleva che rimanesse con lei ancora per molto tempo. Cercò di mandare giù il groppone che si era formato in gola. «Mi scusi» si affrettò a dire, notando di aver lasciato passare qualche secondo di silenzio in più del dovuto. Spostò il peso da una gamba all’altra, con una mano a poggiarsi sul lettino e l’altra che si avvicinava alla fronte, spostando nervosamente una ciocca di capelli rossi. Le scappò una sorta di sorriso di disagio. «Non sono… qui per fare una scenata. Non è… mia abitudine». Serrò le labbra in una linea sottile, decidendosi finalmente ad alzare lo sguardo verso il medico. «È che non mi è chiara la realtà dei fatti» si confidò, cercando di ricomporsi. «Ci sono i momenti in cui lo guardo, e lui sembra... sembra così normale. Ride, scherza. E poi all’improvviso non è più così. Non capisco, non ha senso. Non…» “Non lo accetto” si ritrovò a pensare, ma le parole le si fermarono in gola. Chiuse la bocca, stringendo maggiormente la presa sul lettino immacolato. Si sentì ridicola, come se avesse regredito all'infanzia, sopraffatta da un accesso di isteria, mentre stava per diventare una Sp.Jounin. Era un pensiero imbarazzante.