Sindacato di Azai

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    «Hai trovato questo luogo solo perché hai ricevuto un invito. Prega di esserne all'altezza.»

    Sindacato di Azai
    ________________________________________________________

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    Il Sindacato di Azai è un'Organizzazione Mukenin che si occupa di segreti, manipolazioni e accordi illeciti di vario tipo. È solita operare dietro le quinte per piegare e modellare le Terre di Nessuno secondo i propri piani, sconosciuti ai più. Tra i suoi servigi rientrano spionaggio, contro-spionaggio, contrabbando, furto e assassinio, anche se spesso nemmeno chi si rivolge loro è a conoscenza di star trattando con il Sindacato, credendo invece di avere a che fare con singoli Mukenin o esponenti di altre Organizzazioni. Il Sindacato mantiene un livello di segretezza tale che, spesso, neanche i suoi stessi agenti sono a conoscenza di chi sia davvero il proprio datore di lavoro.

    L'Organizzazione opera per compartimenti stagni su più livelli di segretezza, di cui quelli più profondi sono nascosti persino agli stessi membri. In cima alla scala gerarchica si trova la Voce di Azai, l'unico ad essere a conoscenza della totalità delle azioni del gruppo. Il Sindacato manipola il flusso di informazioni a scapito delle altre entità che popolano il Mercato Nero, spesso cercando di metterle le une contro le altre, o a favorire quella i cui interessi siano momentaneamente allineati ai propri. A pochi individui è concesso interagire direttamente con i Sussurri, i membri della cerchia più ristretta dell'Organizzazione, i quali si servono di una fitta rete di sottoposti ed intermediari per comunicare con le cellule di agenti sul campo. Chi si trova sul gradino più basso della scala gerarchica può rimanere del tutto ignaro di lavorare per il Sindacato stesso.


    zL2CL8T



    Dati di Gioco:
    ________________________________________________________

    AzeP0WM


    Le seguenti informazioni sono parziali, e rappresentano solo ciò di cui è a conoscenza o viene testimoniato direttamente da Satoru Shirogane, il punto di vista principale per quanto riguarda gli avvenimenti che coinvolgono il Sindacato di Azai. Non sono quindi espressione comprensiva dell'estensione dell'Organizzazione e dei membri che ne fanno parte.


    Membri Noti:
    ________________________________________________________

    YJfbk13


    La Voce di Azai
    AaXDBkq
    Identità: sconosciuta.
    Rango Mukenin: sconosciuto.
    Il misterioso leader del Sindacato, che opera nell'ombra servendosi dei Cinque Sussurri per gestire gran parte delle operazioni dell'Organizzazione. È l'unico ad essere a conoscenza della totalità delle azioni del gruppo e dei suoi scopi ultimi.


    Cerchia Interna:

    I Cinque Sussurri
    DhhOJGX
    Identità: sconosciuta.
    Rango Mukenin: sconosciuto.
    I membri di più alto grado dell'Organizzazione, gli unici a diretto contatto con la Voce di Azai. Ciascuno di loro controlla una fitta rete di sottoposti ed intermediari per comunicare con le cellule di agenti sul campo, e controlla una differente fetta di territorio o area di interesse del Sindacato.

    Momoka, il Quarto Sussurro
    goi9BkC
    Età: sconosciuta.
    Abilità: E52QgWg
    Tipi di Chakra: D1TcFGj + ?
    Rango Mukenin: sconosciuto.
    La glaciale Kunoichi che ha eliminato Satoru Shirogane, decapitandolo, per impedire che venisse catturato dalla Radice del Villaggio della Foglia. Dimostra una quarantina d'anni, ma dal suo modo di parlare non risulta chiaro quale che sia la sua età effettiva. Il suo Sharingan Ipnotico le permette di rendersi incorporea e teletrasportarsi ovunque desideri.


    Cerchia Esterna:

    Konomi Sakai
    84MCjqT
    Età: 30~
    Abilità: sconosciuta.
    Tipi di Chakra: sconosciuti.
    Rango Mukenin: sconosciuto.
    L'agente che procura gli incarichi alla cellula di Satoru e Sumire. Gestisce la Luna Velata, un locale d'intrattenimento ad Haitsuchi che funge da facciata per la gestione delle operazioni che riguardano il Sindacato. Non nasconde l'ambizione di diventare, in un futuro non troppo lontano, un nuovo Sussurro. Questa sua ambizione è causa di un rapporto conflittuale con Momoka, il Quarto Sussurro, di cui è sottoposta.


    Agenti:

    Satoru Shirogane [Deceduto]
    u73oS9a
    Età: 17
    Abilità: WldGtCS rZcWva7
    Tipi di Chakra: XuROoXF D85WqVy
    Rango Mukenin: Livello B.
    Ninja specializzato in Tecniche di supporto a scapito di quelle offensive. Operava in una piccola cellula che risponde agli ordini di Konomi Sakai, composta da sé stesso e dalla sorella adottiva Sumire, di cui risulta spesso la mente strategica. Dopo essersi infiltrato al Torneo delle Cinque Grandi Nazioni per recuperare un documento classificato, viene scoperto dalla Radice del Villaggio della Foglia e catturato. Prima di poter essere interrogato a fondo, viene ucciso da Momoka, il Quarto Sussurro, per prevenire una fuga di informazioni.

    Sumire Shirogane
    k9o0g9c
    Età: 18
    Abilità: Hachimon.
    Tipi di Chakra: D1TcFGj
    Rango Mukenin: Livello B.
    Kunoichi che preferisce prendere a pugni cose e persone prima di fare domande. Operava in una piccola cellula che risponde agli ordini di Konomi Sakai, composta da sé stessa e dal fratello adottivo Satoru, di cui risultava spesso il braccio armato. Durante l'infiltrazione di Satoru al Torneo delle Cinque Grandi Nazioni, viene catturata dalla Radice del Villaggio della Foglia. Invece di essere imprigionata, viene controllata mentalmente da un Jutsu di uno di loro, Tora, e lasciata libera perché possa fungere da spia all'interno dell'Organizzazione.


    Basi Operative:
    ________________________________________________________

    Vi2WPOm


    La Luna Velata
    M8QpRG0
    Status: Attiva
    Luogo: Haitsuchi, Terre di Nessuno.
    La Luna Velata è un locale d'intrattenimento situato nel quartiere più antico di Haitsuchi. È di proprietà di Konomi Sakai, che lo utilizza come attività di facciata per gestire i traffici legati al Sindacato di Azai. Vi lavorano saltuariamente anche Satoru e Sumire Shirogane, rispettivamente come barista e buttafuori.




    Edited by Glustrod - 18/1/2024, 18:58
     
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    I di V



    xnbroxX
    L’Uchiha deglutì con fatica il grumo di saliva che gli si era formato in bocca. La gola gli si era fatta riarsa in pochi secondi, come in risposta allo scenario apocalittico che gli si parava davanti. Da un lato la prospettiva di venire catturato e giustiziato negli oscuri recessi del Villaggio della Foglia, dopo essere stato torturato da Tora finché non gli avesse estratto fino all’ultimo brandello di informazione che possedeva; Maemi avrebbe fatto presto la stessa fine, così da recidere l’ultimo, sottile filo di lana che collegava la Radice alla sanguinosa operazione nella foresta di Teichi. Dall’altro la possibilità di salvarsi la pelle, al costo di uccidere Goro e darsi alla macchia, sempre contando che fosse riuscito a seminare il resto dei suoi compagni. Sarebbe dovuto correre nel Paese dell’Acqua per avvisare Maemi, perché Tora avrebbe capito in fretta il legame tra la sua sparizione ed il rotolo su cui Tetsuo Nara aveva cercato di mettere le mani. E a quel punto avrebbe cercato in tutti i modi di entrare in possesso di un’altra copia di quel rapporto, che riposava in un qualche scaffale degli archivi della Nebbia, forse all’interno dello stesso Palazzo del Mizukage. Se ci fosse riuscito, lei sarebbe stata di nuovo in pericolo e tutto quello che aveva fatto fino a quel punto si sarebbe rivelato inutile. Tutte le morti, le vite spezzate, i giuramenti infranti, niente avrebbe più avuto alcun significato.
    I fischi contrariati del pubblico lo riportarono al presente. Lanciò un’occhiata al profilo di Goro, il quale pareva scolpito nel marmo: si ostinava a tenere lo sguardo lontano da lui, fisso su un punto indefinito al centro dell’arena. Era davvero disposto ad ammazzarlo, pur di tirarsi fuori da quel guaio? Il loro rapporto aveva sempre proceduto tra alti e bassi, ma se per proteggere una singola vita ne spegneva un’altra, dove si nascondeva il confine tra giusto e sbagliato? Dove si formava quella linea che non doveva essere mai superata, neanche da un assassino come lui…?
    «Io non… non vi ho venduto a nessuno», disse, dopo un momento di esitazione. «Sto solo cercando di proteggere qualcuno da un destino ingiusto».
    Goro tacque per un istante, circondato dagli schiamazzi del pubblico pagante. «Che cos’hai detto?»
    Tra gli astanti si sparsero esclamazioni spaventate, che per un momento sovrastarono la voce roca dell’uomo. Yusuke notò alcuni degli spettatori intorno a loro distogliere persino lo sguardo dall’arena, come se là sotto fosse appena accaduto qualcosa di molto brutto. Lui si costrinse a non guardare, e tenne gli occhi puntati sul suo compagno. Tetsuo Nara era passato in secondo piano nel momento stesso in cui Goro aveva scoperto le sue macchinazioni.
    «Dimmi se ho capito bene», sibilò l’altro, faticando visibilmente a tenere basso il tono di voce. Poteva vedere con facilità una grossa vena pulsargli sulla tempia, dal tanto che era percorso dall’ira. «Mi stai dicendo che stai rischiando la tua stessa vita, hai tradito la fiducia di tutti noi e messo a repentaglio la stabilità non solo del nostro gruppo, e di tutte le nostre operazioni, ma dell’intero Villaggio che hai giurato di proteggere… e tutto questo perché vuoi parare il culo a qualcuno…? E ti aspetti pure che io ci creda, Kagachi!?»
    Con quell’ultima esclamazione, con la quale esplose in un ruggito incontrollato, Goro ruppe la posa forzatamente composta e si volse verso di lui, ciocche di capelli biondicci e stopposi che gli ricadevano in fronte, appiccicandosi alla fronte lucida per il sudore. I loro sguardi si incrociarono. Yusuke sgranò gli occhi, stupito tanto quanto il gigante, nelle cui pupille scorse un lampo di realizzazione quando ormai era troppo tardi. Poteva essere la sua unica occasione per fare qualcosa. Per provare a cercare un’altra via.
    "Tsukuyomi!"
    In un battito di ciglia, lo trasportò in un mondo illusorio che modellò sulla base della stessa arena in cui si trovavano: ne ricreò la struttura schiacciata e rigonfia per contenere i multipli anelli di gradinate le tribune, collocando Goro e sé stesso nel medesimo punto del teatro in cui si trovavano nel mondo reale. Le uniche differenze palpabili rispetto alla realtà erano il cielo, di un oppressivo rosso fiammante, e la completa assenza di altre persone all’interno dello stadio. Si ritrovarono calati in un silenzio sepolcrale, rotto soltanto dal respiro affannoso di Goro, la cui frequenza aumentava ad ogni secondo a mano a mano che realizzava di trovarsi all’interno della sua illusione. Gli lanciò un’occhiata colma di sdegno, gonfiando il petto e rendendo la sua figura ancora più imponente di quanto già non fosse.
    «Avrei dovuto immaginarlo che era tutta una messa in scena!»
    Il pugno sinistro gli si ricoprì di uno strato di roccia grezza, che andava a mimare la conformazione di un’enorme mano, composta da pietre assemblate tra loro da una forza invisibile. Gli sferrò un pugno rabbioso, scaricandogli addosso un gancio diretto al mento. Quando la mano rocciosa lo colpì, il corpo di Yusuke si dissolse in una fiammata abbagliante e mandò l’attacco a vuoto. Goro si coprì il volto e si lasciò andare ad un lamento rabbioso, dopo essere stato accecato dal lampo di luce improvviso. Yusuke si ricompose qualche metro più indietro, a mezz’aria, rigenerandosi da una fiamma sgorgata dal nulla.
    «Non voglio combattere con te, Goro».
    Il colosso strabuzzò gli occhi un paio di volte e balzò in piedi, un secondo strato di roccia che si formava intorno alla mano libera.
    «Taci, traditore».
    La Luna di Sangue contrasse la mandibola, sbuffando. "Dannato zuccone".
    «Come vuoi. Facciamo a modo tuo, allora».




    Edited by Glustrod - 16/2/2023, 13:01
     
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    II di V



    xnbroxX
    Con uno strappo doloroso, alcuni seggiolini di plastica vennero sradicati dalla gradinata da una forza invisibile e schizzarono contro Goro, che li respinse prendendoli a pugni con mani rocciose. Yusuke si accigliò e, guidandone la traiettoria con secchi movimenti delle braccia, ne divelse altri che scagliò contro il gigante, in un assalto continuo di proiettili improvvisati. Ad ogni ondata che respingeva, con sempre maggiore difficoltà, Goro accompagnava ciascun colpo a ruggiti furiosi, che echeggiavano nel silenzio di quel mondo immaginario e deserto. Quando infine il colosso venne sopraffatto dalla mera quantità di oggetti e detriti che si trovava ad affrontare, e che lo avevano seppellito sotto una coltre di plastica e cemento, l’Uchiha si permise di tirare un breve sospiro di sollievo. Qualche secondo dopo, il tumulo di seggiolini e frammenti di gradini esplose dall’interno, e ne emerse un Goro furente, le cui mani di roccia si sfaldavano ai suoi piedi in cumuli di sabbia scura, mescolandosi al resto delle macerie che lo circondavano. Sbuffando come un toro, l’uomo compose un singolo Sigillo e schiaffò una mano al suolo. La tribuna fu attraversata da un’ondata di energia, simile ad una leggera onda d’urto che lo superò come un improvviso soffio di vento caldo; dal cemento stesso della gradinata si formò un gigantesco aculeo appuntito, che si estese verso Yusuke per trafiggerlo. La Luna di Sangue sollevò una mano e la lancia di pietra si infranse contro un’invisibile barriera circolare che lo circondava, sfaldandosi in minuscoli frammenti di cemento che rimasero sospesi in aria, al pari di Yusuke, come se intorno a lui la gravità semplicemente cessasse di esistere, tale era il suo dominio sul reame illusorio di Tsukuyomi.
    Yusuke avrebbe voluto appellarsi al suo buonsenso, ma sapeva che finché non si fosse calmato Goro non avrebbe ascoltato neanche una parola di quello che aveva da dire. L’unica speranza che aveva per farlo ragionare era obbligarlo a dargli retta, in un modo o nell’altro, anche a costo di causargli qualche cicatrice illusoria; l’alternativa sarebbe stata molto meno piacevole per entrambi.
    Puntò una mano verso il compagno ed i frammenti sospesi per aria si tramutarono in acuminati spilli di pietra. Un attimo prima che questi schizzassero contro di lui, vide un lampo di paura passare attraverso gli occhi di Goro; bastò di nuovo un solo Sigillo magico perché un’enorme mano di pietra emergesse dalla gradinata ormai distrutta e lo avvolgesse in una stretta protettrice, nascondendolo alla vista. I proiettili di Yusuke si conficcarono sul dorso della mano di cemento, crivellandola di colpi superficiali che fallirono nel trafiggerla del tutto. Quando le dita si riaprirono, mostrando il palmo ancora intatto, ne emerse un Goro schiumante di rabbia. Era coperto di lividi e mostrava un lungo taglio sulla guancia sinistra, forse causato dall’impatto con uno dei seggiolini dello stadio. Il sangue che ne colava gli attraversava la barbetta ispida e appena accennata, fermandosi in corrispondenza delle vene rigonfie sul collo taurino.
    «Ora ne ho davvero abbastanza di questi tuoi trucchetti da quattro soldi!», ruggì, congiungendo le mani nel Sigillo della Tigre. «Kai!»
    "Non sa che non è possibile uscire da qui tramite un semplice Rilascio".
    In effetti, come poteva? Non aveva mai sentito di altri Uchiha in grado di padroneggiare l’Illusione Suprema, dunque quella poteva essere benissimo la prima volta che Goro si trovava all’interno di Tsukuyomi. Ora che ci pensava, si chiedeva quanti altri membri del suo Clan avessero risvegliato lo Sharingan Ipnotico al pari di quanto era accaduto a lui. Da quando se n’era andato di casa, rompendo ogni rapporto con sua madre, ed era finito nell’orbita della Radice, anche i suoi contatti con il resto del Clan si erano fatti quantomeno sporadici, ad essere generosi.
    Allontanando quei pensieri fuori luogo, Yusuke inclinò la testa di lato.
    «Quale Kai?»
    Goro abbassò lo sguardo sulle sue mani, dove puntava lo Sharingan di Yusuke, solo per scoprire che esse erano svanite per lasciar posto a due moncherini all’altezza dei polsi. L’uomo gridò, ma la voce gli morì in gola, perché al posto delle labbra il suo viso ora mostrava una semplice distesa di pelle, rosea e liscia. Yusuke si teletrasportò di fronte all’uomo e dissolse la creazione dell’intero stadio, tramutando l’intero scenario in un’infinita distesa d’acqua che rifletteva il colore scarlatto del cielo. Entrambi si trovavano sul pelo dell’acqua, i cui punti di contatto con le piante dei loro piedi generavano un flusso continuo di leggere onde concentriche, che si estendevano senza fine sull’orlo dell’oceano silenzioso. Dalle profondità acquatiche emerse una miriade di catene dai pesanti anelli di ferro, che avvolse la figura di Goro lasciandolo in grado di muovere soltanto il collo e la testa. Ad ogni tentativo di liberarsi del Ninja, le catene illusorie lo stringevano più forte, mozzandogli il fiato con strette improvvise.
    «…Ora vuoi starmi a sentire, Goro?»





    Edited by Glustrod - 16/2/2023, 13:01
     
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    III di V



    xnbroxX
    L’omone gridava e si dimenava come un dannato, anche se era inutile. Yusuke schioccò le dita, ripristinandogli la bocca e la capacità di parlare.
    «…nnati Uchiha, tu e tutto il tuo Clan! Aspetta solo che ti metta le mani addosso, piccolo—»
    Schioccò di nuovo le dita, incupendosi. Fece un passo verso il compagno, snudando i canini in un ringhio minaccioso.
    «Forse non ti è chiara la situazione in cui ti trovi. Sarai anche abituato a mancarmi di rispetto nel mondo reale, ma qui dentro posso controllare il tempo e lo spazio come mi pare e piace! Posso far durare interi giorni quello che là fuori passa in un secondo e, credimi, non ti piacerà quello che ti farò se mi costringi a considerarti un nemico».
    Goro lo fulminò con lo sguardo. Mugugnò qualcosa di incomprensibile, indicando con gli occhi un punto verso il basso. Yusuke accennò un gesto con le dita e la bocca ricomparve sul viso dell’uomo.
    «E va bene, va bene!», ansimò, schiumando di rabbia dalla bocca. «Ti starò a sentire. Ora forza: sputa tutte le tue bugie, serpe!»
    Yusuke sospirò a fondo. Goro non era un uomo facile da convincere, quando si convinceva di qualcosa che era l’esatto contrario di quello che stavi cercando di dire.
    «Non ho venduto la Radice a nessuno. Quel giorno, a Teichi, avrei dovuto uccidere una persona per eliminare ogni testimone che ci collegasse all’operazione, ma non ho potuto. Qualcuno a cui tengo si è trovato al posto sbagliato, al momento sbagliato, ma non meritava di morire… Così non l’ho fatto. L’ho lasciato andare».
    Deglutì. Aveva appena ammesso ad alta voce di aver compromesso l’integrità di una missione per motivi puramente personali. Goro non avrebbe mai accettato una spiegazione del genere; non quando l’intera sicurezza del loro apparato di spionaggio poteva essere messa a repentaglio. Non quando c’era in gioco la sua stessa integrità di Ninja, ora che era stato messo a parte del segreto.
    Goro lo guardò da sotto le sopracciglia aggrottate. «Quindi, nel rapporto…»
    «C’era scritto il nome di quella persona, sì. Una persona che morirà ingiustamente, se Tora dovesse scoprire il suo coinvolgimento».
    Lo sgomento nella voce dell’altro si fece palpabile. «Un momento: non dirmi che Itaru… l’hai ucciso tu, per coprire i tuoi crimini!? Perché sapeva che cosa avevi fatto in quella foresta…?»
    «Che cosa!? No!»
    «Oh, quindi vorresti dire che la sua morte al monte Hotaka è stata una semplice coincidenza? Una che ti ha liberato dell’unico testimone diretto del tuo tradimento…?» Goro sputò un grumo di saliva ai piedi di Yusuke. «Risparmiatelo».
    «Itaru non ha mai saputo che abbiamo lasciato in vita un testimone. L’ho ingannato con un’illusione, perché non sospettasse niente».
    Goro si contorse nella morsa delle catene con uno scatto rabbioso. «Un po’ comoda come soluzione, non credi? Sarai anche un esperto delle Arti Illusorie, ma Itaru non era un idiota. È impossibile che tu gliel’abbia fatta sotto al naso: deve essersi accorto che qualcosa non andava. Forse era diventato sospettoso. Magari aveva cominciato a fare domande. E per questo l’hai ucciso, prima che potesse spifferare tutto a Saburo».
    Yusuke lasciò cadere l’accusa nel vuoto, lanciando all’altro un’occhiata di sbieco. Non aveva senso rispondere a quelli che erano puri attacchi personali, non quando la sua unica speranza era insistere sui fatti, e non sull’impressione che questi davano ad un occhio diffidente.
    «…Itaru è stato ucciso da un compagno di Kaori Mitarashi, che ho la attaccato alle spalle. Uno che ho provveduto ad eliminare io stesso».
    «Mi chiedo cos’avrebbe da dire Chidori, a riguardo. O hai lanciato un Genjutsu anche su di lei?»
    «Lei non…», Yusuke esitò, distogliendo lo sguardo dal colosso per un istante. «Non era cosciente, in quel momento. Aveva appena subìto una brutta ferita».
    Goro scoppiò in una fragorosa risata, una che non conteneva un briciolo di felicità. Era un suono molto amaro, che risuonava cupo in quel mondo vuoto e desolato.
    «Chissà perché, ma non sono stupito. Sei solo chiacchiere, ragazzino. Come ti aspetti che possa crederti, se tutto quello che fai è mentire, e mentire, a tutti quelli che ti circondano…? Ti chiederei di farti leggere la mente da Mana, ma sappiamo entrambi che, in questo modo, non faresti altro che rivelare quel nome che cerchi così disperatamente di tenere nascosto».
    Su questo, aveva ragione. L’impossibilità di produrre prove concrete riduceva il tutto ad un semplice racconto, uno al quale non era poi così facile credere. Trasse un lungo respiro. Più quella conversazione andava avanti e più la sua posizione si faceva traballante, e meno convincente. Non biasimava Goro per la sua diffidenza; sembrava tutto fatto apposta, orchestrato ad arte per giustificare un crimine dopo l’altro, che si accavallavano su una torre tanto più fragile quanto più diventavano affannosi i suoi tentativi di coprirne le tracce.
    "Hai già perso tempo a sufficienza con questo gorilla", sibilò una voce nella sua mente. "Fallo fuori e leviamo le tende da questo postaccio."
    "Baku, non cominciare".
    "Il tuo tempo alla Foglia si è esaurito già da molte lune, anche se ti rifiuti di vederlo. Andiamo a cacciare qualche demone, come dovremmo", insistette la Divoratrice di Sogni, con una nota pungente nella voce.
    Negli ultimi tempi la sentiva diventare irrequieta, nervosa, con lo sguardo fisso rivolto ad Est, dove il Mouryou stava ammassando forze demoniache in attesa di scatenare qualcosa di ancora più terribile rispetto a quanto era accaduto sull’Isola della Luna. Era dunque tutto fuorché stupito di sentirla mordere il freno davanti alla prospettiva di abbandonare il Villaggio con tutte le sue costrizioni, per dedicarsi finalmente ad una vita di caccia e vendetta, dove nient’altro avrebbe avuto posto. Niente obblighi, niente distrazioni; ci sarebbe stata solo la Missione. Ironia della sorte, avrebbero vissuto proprio come gli aveva insegnato a fare la Radice, anche se, dopo quanto era accaduto l’ultima volta che era stato a Tsuki, Yusuke non era certo di volersi imbarcare in una missione suicida, da solo contro un’orda di demoni forti quanto Kamaitachi. O forse stava solo fuggendo davanti all’inevitabile…? Sapeva che, prima che Baku gli si rivoltasse contro e magari decidesse di privarlo di quei poteri che aveva imparato a riconoscere come i propri, non ci sarebbe voluto molto tempo.
    "Un problema insolvibile alla volta, Yusuke", si disse, amaro.
    Accantonò il pensiero delle nubi scarlatte che avvolgevano l’Isola della Luna e riportò l’attenzione sul suo compagno, riservandogli uno sguardo desolato.
    «Goro, ti prego. Tutto quello che ti sto dicendo è la verità. Aiutami ad uscire da questo casino e ti prometto che, quando sarà finito, lascerò che mi uccida tu stesso se ti avrò mentito anche una sola volta».
    L’uomo sospirò, avvolto dallo sferragliare delle catene illusorie. «Vorrei poterti credere, ragazzo. Dico davvero. Ma non c’è altra scelta: una volta usciti da qui, uno di noi due dovrà morire. E se anche riuscissi ad uccidermi, Tora saprà immediatamente cos’è accaduto qui. Credi forse di poter sfuggire al miglior Sensore della Foglia e alla furia dell’Hokage in persona…?»
    Yusuke gli sferrò un pugno dritto in faccia.
    Il colpo risuonò di un rumore sordo, a cui seguì dopo pochi istanti un’acuta fitta di dolore alle dita. Quel maledetto aveva la mandibola più dura della pietra.
    «Perché!?» gridò l’Uchiha, recuperando l’equilibrio dopo l’affondo. «Perché per salvare una vita dobbiamo sempre toglierne innumerevoli altre…? Perché dobbiamo macchiarci di crimini più grandi di quelli che vogliamo prevenire?»
    Goro non rispose. Lui lo colpì di nuovo, facendogli scattare il capo all’indietro con un colpo di frusta dopo ogni pugno sferrato con rabbia.
    «Rispondimi, maledizione! Perché…!? PERCHÉ!?»
    Quando infine si fermò, ansante, aveva entrambe le mani sporche di sangue. Il volto di Goro era tumefatto, il corpo tenuto insieme dall’intricato groviglio di catene che lo sorreggevano. Durante il pestaggio, il colosso non si era fatto sfuggire neanche una parola, o un gemito di dolore. Yusuke si lasciò scivolare in ginocchio ai suoi piedi, lo sguardo fisso sulle mani gocciolanti, e tacque. Per un po’, l’unico suono che si udì fu il lento sciabordare dell’acqua nelle infinite onde concentriche che li circondavano.
    «…Perché qualcuno deve farlo», bofonchiò il compagno, sputando un grumo di sangue e saliva dalla bocca, dopo quelli che avrebbero potuto essere secondi, o minuti interi. «Spetta agli Shinobi come noi sacrificare loro stessi per costruire un mondo migliore, in cui altri possano vivere».
    Yusuke si passò le mani insanguinate tra i capelli. «Ma non è giusto… non è giusto. Io voglio essere qualcosa di più che un semplice sicario…!» Le fece scendere lungo il viso, segnandolo con lunghe strisciate vermiglie. «Io odio tutto questo. Odio questa vita, odio la Radice, odio essere al servizio di quel bastardo di Saburo!»
    Trasse un lungo sospiro. Quando tolse le mani dalla bocca, appoggiandole in grembo, mantenne gli occhi chiusi ed il capo rivolto a terra.
    «Va bene così, Goro. Non ho intenzione di trasformarmi in ciò che ho giurato di distruggere tanto tempo fa. Non diventerò un’altra belva rabbiosa da abbattere, o un'altra taglia da riscuotere per gli ANBU».
    La distesa acquatica che popolava l’orizzonte di Tsukuyomi si illuminò di luci dorate, mentre il rosso del cielo scemava in una volta di stelle su un manto notturno. Le catene che imprigionavano Goro svanirono, insieme a tutte le ferite e le trasformazioni illusorie che gli aveva procurato. L’uomo si massaggiò il mento, articolando la mandibola di nuovo in perfette condizioni.
    «Preferisco morire restando fedele a quello che sono».
    Con un ultimo impulso di Chakra rilasciato mentre svuotava i polmoni, dissolse l’Illusione Suprema e riportò entrambi nel mondo reale.
    "…Che razza di idiota", borbottò Baku, osservando il collasso della realtà illusoria.
    Le orecchie, abituate al silenzio assordante all’interno di Tsukuyomi, vennero sopraffatte dal frastuono causato dagli schiamazzi del pubblico dello stadio, tornato a riempire gli spalti gremiti. Quando riaprì gli occhi, si accorse che Goro gli stava premendo una mano sulla spalla sinistra. Lo osservò con pacata rassegnazione, in attesa che lo conducesse ad affrontare il giudizio della Radice. Nei suoi occhi non trovò animosità, ma un’espressione ermetica che non riusciva a decifrare.
    «Oggi non morirai, ragazzo», disse, sollevandosi in piedi senza allentare la presa su di lui. «Ho deciso che in te c’è qualcosa che non può andare perduto. Almeno non nel nostro piccolo gruppo di falliti e reietti, come me».
    Yusuke lo guardò dal basso verso l’alto, non osando muovere un singolo muscolo.
    «Che cosa…?»
    «La speranza. C’è ancora… speranza per te, credo. Di non finire come tutto il resto di noi». Goro lanciò un’occhiata in basso, verso il centro dell’arena, dove gli annunciatori stavano eleggendo il vincitore del torneo. «Ora andiamo a salvare la tua amica».




    Edited by Glustrod - 16/2/2023, 13:01
     
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    IV di V



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    All’interno dell’arena, il rumore dei passi pesanti e cadenzati di Goro echeggiava nell’angusto corridoio, seguito dallo scalpiccio leggero dei sandali di Yusuke. Appena più indietro li seguiva Tetsuo Nara, lo sguardo assente fisso sulle loro schiene ed un’espressione spenta stampata in viso. Quando, poco dopo la conclusione della finale del torneo, si erano introdotti nel suo spogliatoio per attenderne il ritorno dopo la vittoria brutale contro un giovane della Nuvola, avevano trovato il ragazzo così in apprensione per il destino della sorella che c’era voluto davvero poco perché Tetsuo incrociasse il suo sguardo, e cadesse così di nuovo preda della sua Tecnica di controllo mentale. Aveva poi lanciato su di lui una seconda illusione, per alterarne l’aspetto e farlo apparire come un anonimo Ninja della Foglia in divisa, la cui presenza, agli occhi delle persone che avrebbero incrociato, non sarebbe apparsa fuori luogo accanto all’Uchiha, dato che indossavano il medesimo gilet tattico.
    Goro spalancò la porta di servizio dando uno spintone sgraziato alla maniglia che, aprendosi con un gemito metallico, li catapultò all’esterno dello stadio. Emersero dal ventre del teatro nei pressi della seconda Tribuna Est, all’esatto opposto della mappa rispetto al settore in cui poche ore prima avevano inseguito la ragazza di nome Sumire. Li accolsero il vociare e gli schiamazzi del pubblico in festa, intento a festeggiare la premiazione dei primi tre classificati di quell’anno. Al terzo posto si era qualificata la Kunoichi che della Nuvola che il Nara aveva sconfitto in semifinale, mentre al secondo posto il Samurai sfuggito a morte certa per miracolo, dopo che Tetsuo lo aveva indotto a trafiggersi il petto con la sua stessa spada. Sul gradino più alto del podio Yusuke aveva fatto in modo che fosse inviato un clone ad attirare tutte le attenzioni su di sé, così che loro potessero svignarsela di nascosto da un’uscita secondaria. Ora che erano così vicini alla chiusura di quella storia assurda, non sapeva bene che cosa provare. Fino a pochi minuti prima era pronto a lasciarsi morire, mentre ora eccolo lì, a camminare fianco a fianco ad un nuovo, insospettabile alleato. Lanciò un’occhiata di sbieco verso Goro, che teneva lo sguardo puntato dritto davanti a sé, facendosi strada tra i passanti in ritardo per la cerimonia di premiazione: perché all’improvviso aveva deciso di aiutarlo? Cos’è che gli aveva fatto cambiare idea così bruscamente, quando tutto ciò che aveva detto per convincerlo si era rivelato inutile…?
    Yusuke si lasciò sfuggire un lieve sospiro. Quando aveva accettato di unirsi a lui nel piano per eliminare Tetsuo prima che Tora potesse leggergli nella mente, Goro gli era sembrato così… triste. Come se qualcosa dal suo passato fosse tornato a pesargli sul petto, a causa di ciò che lui gli aveva detto.
    "Importa davvero il perché, in fondo?", lo pungolò la Divoratrice di Sogni. "Ti è andata bene un’altra volta, nonostante i tuoi innumerevoli sforzi per farti ammazzare".
    Yusuke esitò, aggirando una famiglia che sembrava di ritorno da una rapina ad un negozio di dolciumi. Li seguì con lo sguardo anche dopo averli incrociati: aveva le traveggole, o sulla maglia di quel bambino era stampato il brutto muso di Kyoshiro Tsuuya?
    No, impossibile. Doveva esserselo immaginato.
    "Ehm… No, immagino di no", balbettò confuso, riprendendo il ritmo di marcia.
    "Così come non importa il fatto che tu non sia in grado di uccidere il gorilla, qui, mentre ammazzare il ragazzino per lo stesso, identico motivo non ti crea alcun problema, giusto…?"
    "Ehi, questo non—"
    "Non ci provare, Yusuke", lo zittì lei, decisa. "Ricorda che sono nella tua testa. E che è inutile provare a mentire con me, perché so sempre quello che pensi per davvero. La verità è che, criminale o no, stai per uccidere qualcuno soltanto per il tuo tornaconto personale. E questo sarebbe perfettamente normale, se solo la smettessi di riempirmi il cervello con tutte queste stronzate su ciò che è giusto e ciò che è sbagliato". Lui fece per ribattere, ma lei non glielo permise, incalzandolo con altri attacchi come in un duello di spada. "Ti dico una cosa, perciò vedi di ascoltarmi bene: è ora di piantarla con queste continue ipocrisie, di smettere di insistere nel prenderti in giro, ignorando l’evidenza di quello che sei: tu sei un distruttore, Yusuke della Luna di Sangue, proprio come me. E non c’è niente che tu possa fare p—"
    Un boato proveniente dalla parte opposta dello stadio li fece trasalire. C’era stata un’esplosione sulle gradinate, ed una colonna di fumo nero si alzava da quella che pareva la gradinata Nord dell’edificio. Grida di panico si sollevarono ovunque intorno a loro.
    «Ma che diavolo…»
    Non fece in tempo a terminare la frase, che avvertì uno spostamento d’aria improvviso alle sue spalle. Si volse di scatto, giusto in tempo per intravedere una figura ammantata di blu piombare dal cielo tra lui e Tetsuo Nara. Tra le mani brandiva quello che sembrava un kunai avvolto da uno strato di Chakra vorticante, che ne allungava la lama come se fosse una spada fatta di vento asservito alla volontà del suo evocatore. Un istante dopo, la testa di Tetsuo Nara rotolò sull’erba, accompagnata da una fontana di sangue vermiglio che gli schizzò addosso, colpendolo in viso. Avvertì il sapore dolciastro del sangue caldo bagnargli le labbra, e per un momento ebbe la sgradevole impressione di essere stato catapultato all’interno di un’illusione non sua.
    Reagì d’istinto, sguainando la spada in un fendente fulmineo mentre ne allungava la lama fino ad una lunghezza di un paio di metri. Con orrore, vide che la Kusanagi passava attraverso l’assalitore, ma senza colpirlo. Non era possibile. Menò altri due fendenti rabbiosi, incrociandone la traiettoria davanti a sé. La lama della Spada Kusanagi tracciò ampie fenditure nel terreno ad ogni colpo, ma ogni volta trapassò il corpo dell’aggressore senza riuscirne a tranciarne la carne, come se quell’individuo fosse del tutto incorporeo. Vide che il kunai del vento stava per calare su di lui, così con un ringhio snudò i canini affilati e vi frappose la sua arma, ricoperta di fiamme crepitanti. Le due lame cozzarono tra loro, davanti ai loro visi, rimanendo bloccate in uno stallo colmo di energia elementale latente. Fu allora che si accorse che il suo avversario era una donna: possedeva una cascata di capelli corvini che le ricadevano sulle spalle, leggermente mossi; poteva dimostrare circa una quarantina d’anni, anche se gli risultava difficile attribuirle un’età ben precisa per via dei tratti delicati e puliti del viso, induriti da un’espressione glaciale che non lasciava trasparire alcuna emozione. Quando la guardò negli occhi grandi, che risaltavano su quel volto chiarissimo, rimase paralizzato dal vedere una trama sconosciuta in quello che non poteva essere altro che uno Sharingan Ipnotico. Le tre tomoe erano divenute molto più grandi, tramutatesi in quelli che parevano petali scarlatti di un fiore sbocciato intorno alla pupilla. Perché un Uchiha avrebbe dovuto attaccarli a quel modo…!?
    Non aveva alcun senso!
    «Uchiha… Yusuke», scandì la donna, come se stesse osservando per la prima volta un curioso esemplare da laboratorio. «Il tuo modo di combattere mi ricorda tuo bisnonno».
    Incapace di formulare una risposta sensata, Yusuke rimase impietrito finché alle spalle della Kunoichi con comparve Goro, brandendo un costrutto di roccia generato intorno al braccio destro. Con un ruggito che poteva sembrare il verso di un animale feroce, le scaricò addosso un pugno con tutta la potenza di cui era capace.
    «No, fermo!» gridò Yusuke.
    La mano di roccia le passò attraverso la nuca e la schiena, finendo per colpire invece Yusuke in pieno petto. Con l’aria che gli abbandonava i polmoni in un soffio strozzato, fu scaraventato all’indietro di qualche metro e rovinò a terra, tracciando un solco sull’erba sotto di sé. Perse la presa sulla spada, che volò via da qualche parte. Pochi istanti dopo, percepì un’onda d’urto attraversare il terreno ed un grugnito dolorante levarsi dalla bocca di Goro.
    «Kagachi!»
    In uno sferragliare di pezzi d’armatura, Mana gli fu accanto. Si inginocchiò al suo fianco e lo afferrò per le spalle, aiutandolo a sollevare il busto. Quando si mosse, avvertì una fitta dolorante al costato che gli costò un gemito soffocato.
    «Sei ferito?»
    «…Credo di essermi rotto qualcosa», mugugnò a denti stretti.
    Lanciò un’occhiata davanti a sé. In mezzo al caos generato dall’esplosione e alle persone che cercavano di fuggire dallo stadio, sciamando loro intorno, accanto al cadavere decapitato di Tetsuo si ergeva l’Uchiha misteriosa. Goro ansimava in ginocchio, poco distante, tenendosi stretta una gamba da cui perdeva sangue a fiotti. La donna indossava un lungo cappotto blu con finiture argentate, e due minuti spallacci di metallo cuciti sulla stoffa in un’unica placca lavorata. Tra le dita di una mano reggeva la testa mozzata del Nara, che ancora gocciolava a terra, tenendola stretta tra i capelli. Il suo sguardo era puntato su Yusuke, e pareva impervio a tutto ciò che stava accadendo intorno a loro. Prima che potesse domandarle chi era, ed il perché di quell’aggressione, dai suoi occhi nacquero vortici di origine sconosciuta che ne assorbirono la figura, risucchiandola al loro interno e distorcendone le membra in un motivo ciclico, come un mulinello d’acqua nato nei fondali marini. Bastarono pochi secondi perché della donna non vi fosse più traccia alcuna, se non la scia di morte e sangue che aveva lasciato dietro di sé.
    «Chi era quella…!?» domandò Mana, alzando la voce per farsi sentire al di sopra delle grida della folla.
    Yusuke si sollevò a sedere, tenendosi le costole con la mano sinistra.
    «Non… non ne ho idea», rispose, amaro.




    Edited by Glustrod - 16/2/2023, 19:00
     
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    V di V



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    Il ticchettio incessante della pioggia contro il vetro riempiva l’ufficio di un tappeto sonoro che annebbiava i sensi. L’aura giallastra emanata dall’insegna luminosa della Luna Velata, appesa all’esterno del locale poco lontano dalla finestra, gettava un alone pallido e spento sulla stanza scarsamente illuminata. Non lontano dalla vetrata campeggiava una scrivania organizzata in maniera impeccabile, con diversi fascicoli e fogli colmi di appunti redatti in una grafia finissima, ciascuno posizionato con precisione geometrica a seconda della priorità con cui andavano letti, o differenziando gli incarichi ancora in corso da quelli già archiviati, ma meritevoli di uno sguardo più approfondito. Ogni cosa aveva un suo posto, stabilito secondo un ordine mentale noto soltanto a Konomi, al quale si atteneva con religiosa dedizione. La donna se ne stava acciambellata sulla poltrona, con lo schienale rivolto allo scrittoio e lo sguardo fisso sulla strada di sotto, senza curarsi davvero di cosa accadesse al di là del vetro. Tra le dita reggeva un calice colmo di vino dorato, proveniente dalle cantine Kotegawa del Paese delle Sorgenti Termali. Ne diede una lunga sorsata, assaporandone il gusto fruttato e fortemente aromatico. Appoggiando il bicchiere alla guancia, si perse a picchiettare sulla coppa con la punta di un dito laccato di nero e oro.
    "Sono in ritardo. Tutti e due", pensò, dondolandosi sulla poltrona, che ruotava con lei seguendo la spinta leggera dei piedi.
    A quell’ora i fratelli avrebbero già dovuto fare rapporto da un pezzo. Il protocollo prevedeva che si mettessero in contatto con un agente non appena avessero raggiunto il primo rifugio sicuro, appena fuori dai confini della Repubblica dei Samurai. Il messaggio avrebbe poi trovato il modo per arrivare fino a lei, come sempre. I ritardi e gli imprevisti la mettevano a disagio, in un settore dove spesso erano i dettagli e la precisione a fare la differenza tra chi moriva e chi dettava le regole del gioco. Sapeva che il massacro a Teichi, dietro l’apparente aggressione indiscriminata, nascondeva qualcosa che valesse la pena cercare, anche se fino a quel momento il quadro generale restava al di fuori della sua portata: perché una carrozza stava attraversando la foresta così ben protetta? Chi o cosa stavano trasportando? Che significato aveva l’isola volante osservata da alcuni testimoni, poi misteriosamente spariti…?
    Il rumore sordo di qualcosa che sbatteva sul tavolo la fece sobbalzare. Konomi si alzò di scatto, allontanando la poltrona con una spinta. Sulla scrivania era stata gettata una testa mozzata, che aveva imbrattato di sangue molte delle carte e dei documenti che la occupavano.
    Sangue. Sulla sua scrivania.
    Il suo primo pensiero corse a quanto tempo ci avrebbe messo per fare una valutazione dei danni e ripristinare tutta quella documentazione, o almeno quella più importante. Le ci vollero un paio di secondi per realizzare che quella testa apparteneva a qualcuno che conosceva: il viso grigiastro rivolto verso di lei era quello di Satoru Shirogane, l’agente il cui ritorno stava aspettando con tanta urgenza. Aveva ancora i capelli tinti di nero, che aveva colorato come parte del travestimento prima della partenza per la Repubblica. Un viaggio che, a quanto pareva, gli era stato fatale.
    Konomi sollevò lo sguardo oltre lo scrittoio. Incrociò gli occhi impenetrabili di Momoka, il Quarto Sussurro, che la squadravano a pochi passi di distanza. Anche nella penombra, non mancò di notare come il cappotto blu che indossava, così come l’onda di capelli mossi che le ricadeva su una spalla, fossero macchiati di sangue rappreso. Non si chiese nemmeno se quel sangue le appartenesse; conosceva già la risposta. Tra chi era stato abbastanza sciocco da sfidarla in combattimento, non aveva mai visto anima viva in grado colpirla anche solo una volta. La vista di quella donna le riempì la bocca del sapore amaro della bile.
    «E questo che significa!?» berciò Konomi, indicando il capo di Shirogane.
    Dal collo tranciato del ragazzo colava una scia di sangue scuro, che aveva raggiunto il bordo della scrivania e gocciolava per terra, creando una piccola pozza sul pavimento di legno.
    «Hai commesso un errore, Sakai». La donna fece un cenno verso il trofeo che le aveva appena consegnato. «Il tuo agente si è fatto scoprire. Sono intervenuta poco prima che la Radice lo traesse in custodia».
    «La Radice? Ma c—»
    Konomi distolse lo sguardo per un momento, la testa che correva ad immaginare almeno una dozzina di scenari diversi. Si ricompose, cercando di non dare a vedere quanto fosse infastidita. Ci sarebbe stato tempo per andare più a fondo, dopo.
    «No, non importa. Ma perché… questo?», aggiunse, indicando il capo mozzato con un gesto che lasciava trasparire il suo ribrezzo. «Shirogane era… utile. Avresti potuto teletrasportarlo via con te».
    Momoka lanciò un’occhiata alla testa, indugiando su di essa per un momento. «Sì, forse avrei potuto. Ma in quel caso non avresti appreso un’importante lezione, di cui oggi ti faccio dono. Non puoi mandare un bambino a svolgere un lavoro da uomo».
    Konomi sentì i muscoli del viso contrarsi in un’espressione carica di livore. Strinse con forza i bordi insanguinati della scrivania, a cui si era appoggiata piegandosi un poco in avanti. Il fetore emanato dal cranio di Satoru le riempiva le narici, ma non si mosse di un millimetro.
    «C’è qualcosa che vorresti dire, Konomi?»
    "Bastarda".
    Sospirò.
    «…Sì, in effetti c’è». Konomi sollevò il mento, schiarendosi la voce. «Che ne è stato del rapporto che Satoru doveva recuperare? Sei riuscita a portarlo con te…?»
    «Lascerai perdere quel rapporto. Per questa storia abbiamo rischiato che la Foglia venisse a conoscenza di troppe cose che devono restare segrete. Non vale la pena continuare a ficcare il naso dove sappiamo che altri andranno a curiosare, rischiando di compromettere il nostro lavoro».
    «Ma…»
    «Non mancarmi di rispetto, bambina», sibilò la donna, infiammandosi. «Ho vissuto abbastanza vite da sapere quando è il caso di lasciar perdere qualcosa. Abbiamo bruciato la nostra occasione per agire con segretezza, qualunque fosse la cosa che stavi cercando. Trovati un altro osso da addentare».
    Konomi si levò di scatto, togliendo le mani insanguinate dallo scrittoio.
    «Sono stata chiara…?»
    Per un momento, Konomi sostenne con aria di sfida lo sguardo scarlatto della sua interlocutrice. Poi, abbassò il capo e si piegò in un rigido inchino. La fronte della donna arrivò all’altezza del viso di Shirogane e dei suoi occhi vuoti, che la osservavano senza vederla, quasi attraversandola da parte a parte. Che cosa vedevano in lei? La stessa bambina impotente di tanti anni prima? O la stavano forse giudicando, per averlo mandato a morire per niente…?
    Deglutì un grumo di saliva che le si era formato all'ingresso della gola.
    «Sì, Sussurro».
    «Molto bene. Avrai presto mie notizie».
    Il rumore dell’aria che vorticava le rivelò, anche senza vederla, che Momoka considerava chiusa quella conversazione. Se ne stava andando, inghiottita dalla sua stessa Arte Oculare in un mulinello in grado di trasferirla ovunque lei volesse andare. Quando fu certa di essere di nuovo sola, Konomi scaraventò a terra tutto ciò che si trovava sul banco, ruggendo come un animale ferito. Fece volare via la testa mozzata che, prima di cadere a terra, andò a sbattere contro il muro, lasciandovi una strisciata vermiglia; lanciò le cartelle a casaccio e strappò tutti i pezzi di carta che le capitavano sotto tiro. Rimase ansimante, ricurva sul tavolo, stringendo tra le dita sporche frammenti di carta stropicciata e insanguinata. Nel palmo di una mano si erano conficcati dei frammenti di vetro, ciò che restava del bicchiere da cui aveva sorseggiato il vino, ora rovesciato sul pavimento.
    Fuori dalla finestra, la pioggia continuava a battere incessante sulla vetrata dell’ufficio semibuio.




    Edited by Glustrod - 21/9/2023, 17:01
     
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