Missione Maemi Takahashi & Yusuke Uchiha

Livello B [Istruttiva]

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    Missione Maemi Takahashi & Yusuke Uchiha
    Missione a Servizio di:Kirigakure No Sato
    Livello:B
    Esecutori della Missione:Maemi Takahashi & Yusuke Uchiha
    Luogo d'Incontro:Cancello Ovest di Kirigakure no Sato
    Appuntamento Ore:09:00
    Nel Paese degli Artigiani, ed in particolare nell’area di Mitsu e nei territori limitrofi, si sta verificando una serie di preoccupanti sparizioni. Negli ultimi sei mesi è stata denunciata la scomparsa di otto ragazze, tutte di età compresa tra i dodici e i sedici anni ed aventi i capelli di colore rosso acceso. Questo Paese non possiede una sua forza Ninja, dunque i suoi rappresentanti si sono rivolti a noi date l’impossibilità di scovare il colpevole ed il crescente numero di queste tetre sparizioni; non abbiamo molte informazioni su chi sia stato, se lavorasse da solo oppure no, ma le nostre fonti ci confermano che ci siano tracce di armi e Jutsu di un certo livello, quindi sospettiamo il coinvolgimento almeno di un Mukenin di livello B. Il vostro compito sarà dunque quello di recarvi a Mitsu ed incontrare gli esponenti delle forze militari locali per eventuali aggiornamenti recenti, ma in allegato troverete tutte le informazioni in nostro possesso. Scoprite cos’è accaduto a queste ragazze e fermate chiunque sia il responsabile della loro scomparsa.
     
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    «Parlato Maemi» - "Pensato Maemi" - «Parlato Yusuke» - «Parlato Altri»


    Una carcassa di piccole dimensioni penzolava dalla parte interna dello yane, dondolando dolcemente come cullata da una tetra brezza. Era legata a testa in giù, il sangue che colava dal collo squarciato per proseguire oltre i piccoli occhi spalancati, messi in rilievo da un chiaroscuro macabro e grottesco. Una goccia dopo l’altra cascava ritmicamente sul fondo della tinozza, per unirsi al bagno cremisi che vedeva il suo livello aumentare di secondo in secondo.
    La porta scorrevole che portava all’engawa si aprì, per poi chiudersi un attimo dopo. Delle mani pallide coperte da guanti slegarono il cadavere, salvandolo dal gelo mattutino per riportarlo su un tagliere dentro le mura domestiche. Un coltello sbucò dall’ombra; era molto snello, curvo e stretto. Un colpo secco, un crack, e la testa sproporzionatamente piccola si staccò docilmente dal collo. Con un movimento fluido, quelle stesse mani rivoltarono il corpo sull'altro lato. Un altro colpo, e anche le zampe vennero via. La ragazza non batté ciglio: i suoi movimenti sicuri ed esperti dimostravano una buona dimestichezza in quel che faceva, sufficiente da permetterle di muovere le mani senza prestare attenzione.
    L’acqua era pronta. Maemi acciuffò sgraziatamente l’animale per le ali e lo immerse nella pentola, finché l’acqua non lo inghiottì per intero. In attesa che le piume perdessero aderenza, tornò all’esterno per riprendere la tinozza zeppa; una damigiana in vetro era già infossata nel lavandino, pronta per accogliere il sangue che avrebbero usato per il sanguinaccio. Maemi lo travasò con cura, osservando con occhi spenti il liquido denso sgorgare a catinella. Nemmeno una goccia venne persa. Con un respiro, la ragazzina rivoltò i guanti per levarli senza il rischio di sporcarsi e sganciò il grembiule quasi intonso. Ora doveva aspettare.
    Le tenebre non si erano ancora dileguate, ma il chiarore fuori dalla finestra presagiva un’alba imminente che avrebbe sfumato l’oscurità in un grigiore via via sempre più pallido. Il freddo era pungente anche dentro casa. Maemi gettò con fare distratto il grembiule sullo schienale della sedia, per accucciarsi sulla stufetta vicino al tavolino. Era vecchia e sgangherata, ma ancora funzionante. Sistemò per bene i piccoli ceppi di legno, per poi farla andare. Per diversi minuti rimase in quella posizione, in attesa che il fuoco attecchisse e iniziasse a diffondere calore nell’ambiente. Sfregò le mani l'una contro l'altra, nel tentativo di scacciare quel senso di torpore dovuto al gelo. Diede un'occhiata all'orologio: segnava le cinque e mezza di mattina. C’era ancora tempo, ma non troppo.
    Si diresse in cucina e aprì più di uno sportello, richiudendone qualcuno subito dopo, afferrando alcuni oggetti da qualcun'altro. Quando ebbe raccolto tutto l'occorrente, si sedette al tavolo: afferrò una boccetta, la aprì e la posò sul ripiano. L’altra mano brandiva un contagocce, che distese in corrispondenza della boccetta; un risucchio, e il tubicino in vetro aspirò il liquido giallastro. Lo spostò con cura in quattro piccoli contenitori in plastica, e contò cinque gocce cadauno. Terminò riempiendoli d’acqua, chiudendo il tappo e agitandoli per amalgamare i due fluidi.
    Per qualche attimo fissò i quattro recipienti con sguardo cupo, come se desiderasse romperli. Invece, li prese delicatamente per riporli in frigo. Poi richiuse i vari tappi e rimise quanto preso al loro posto, perfettamente in ordine. Tornò alla stufetta e la spostò di qualche centimetro per assicurarsi che fosse esattamente in lina con il tavolino. Finito quello, andò a controllare l’animale morto che richiedeva la sua attenzione. Avrebbe finito di pulirlo prima di partire, perché in casa era l'unica che non provava schifo nel farlo. Una volta alzati, i suoi genitori si sarebbero trovati con la gallina già disossata e pronta, la casa calda, i medicinali dosati e tutto in ordine al millimetro. L’unica cosa che non avrebbero trovato era proprio Maemi, che terminata l’opera d’organizzazione del suo equipaggiamento sarebbe sgattaiolata fuori casa prima che chiunque potesse rivolgerle la parola.

    ***


    Era molto difficile mettere nero su bianco quel Maemi che provava nei confronti di Yusuke del Clan Uchiha. Poteva essere forse quell’aria sinistra, quegli occhi gialli che trasmettevano una rabbia repressa, o forse quell’atteggiamento da stronzetto arrogante? Quale che fosse, Maemi lo disdegnava. O forse era meglio dire che non si sarebbe dispiaciuta nel saperlo morto. Non si sentiva nemmeno in colpa ad ammetterlo, considerando che il sentimento doveva essere ricambiato in toto, dato che il giorno stesso del loro incontro il ninja di Konoha aveva tentato di ucciderla.
    L’aria era gelida per essere primavera, la notte aveva sparso una coltre di brina che abbracciava tutto come una coperta. La foschia aleggiava a diversi metri sopra le abitazioni, lasciando una buona visibilità senza rinunciare all’atmosfera inquietante tipica del suolo kiriano. Maemi non sembrò badarci, camminando con le mani in tasca e sul volto un’espressione che per lei era neutra, per chiunque altro sarebbe stata sconsolata. Solo per quella volta, si era legata il coprifronte al collo, il nodo allentato in modo che la placca ricadesse verso il basso, a mo’ di ciondolo. Non poteva fare diversamente, dato che la nuca era occupata da una spessa traccia scarlatta che le cingeva il capo come una corona, un modo comodo per assicurarsi che i capelli non le dessero noia. Ad ogni passo, la punta del fodero pichiettava ritmicamente sulla borsa legata alla cintura, producendo scricchiolii fastidiosi che diventavano mano a mano sempre più insopportabili. Il cancello Ovest era parecchio distante da casa sua, ma riuscì ad arrivare con i suoi consueti dieci minuti di anticipo. Poggiò la schiena ad uno dei pilastri del cancello e attese il suo compagno di missione, le braccia conserte e il volto vagamente imbronciato a ricordare l’immagine di una bambina in punizione. Un piede iniziò a tamburellare rumorosamente sul terreno, guadagnandosi un'occhiataccia dalle guardie di turno, che Maemi ignorò bellamente. “Chissà il principino Uchiha quando si degnerà di farsi vedere” pensò lei, sprezzante. Provava un fermento strano, un’impazienza di mettersi in moto mista al fastidio di dover collaborare con una persona a cui avrebbe volentieri cavato gli occhi. Ma il lavoro era lavoro, e non poteva essere sempre piacevole.

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    -Shuriken ad Astro 20/20;
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    Note-Tre shuriken con dieci metri di filo attaccato ciascuno;
    -Cinque kunai con attaccata una cartabomba ciascuno;
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    Andare a quel funerale era stato un errore. Gli altri Caduti della Luna si erano rivelati un covo di ragazzine piagnucolanti, tutte prese dalle loro personalissime elaborazioni del lutto per accorgersi di quanto stava accadendo lì, davanti ai loro occhi. Troppo impegnati a leccarsi le ferite, per capire che la caccia ai demoni aveva un’importanza superiore a qualsiasi altra cosa. Ma nessuno di loro era tornato sull’Isola della Luna una seconda volta, per toccare con mano la distruzione di cui loro stessi erano stati partecipi. Nessuno di loro aveva visto altri esseri umani raccogliersi sotto il vessillo dei demoni, accogliendo la distruzione in arrivo nella vana speranza di poter far parte del mondo che sarebbe venuto dopo. Tutto questo li rendeva ciechi ai suoi occhi, incapaci di portare avanti la lotta nell’unico modo in cui poteva essere combattuta: senza mostrare pietà.
    Superò i pesanti cancelli del cimitero della Nebbia, lasciandosi alle spalle chi ancora era rimasto tra i suoi vecchi compagni. Quello che davvero lo faceva infuriare era la sua stessa incapacità di prevedere ciò che, in un modo o nell’altro, sarebbe inevitabilmente accaduto. Avrebbe dovuto prevedere che, non appena il vecchio Muten aveva tirato le cuoia, qualcuno nel Villaggio ne avrebbe approfittato per accaparrarsi l’amuleto di Shaka. Si sarebbe dovuto precipitare lì, invece di perdere tempo alla Foglia. Lo ammetteva: non nutriva molte speranze di ritrovare quell’amuleto, soprattutto se il furto era stato commesso da qualcuno invischiato negli affari di spionaggio di Kiri. Ed immaginava fosse quello il caso, data la riservatezza riguardo la vera natura della pietra. Sospirò, imboccando una delle vie che conducevano ai quartieri più centrali del Villaggio.
    Yusuke sentì qualcuno tirargli un orlo della veste. Si voltò di scatto, rimanendo sorpreso di non trovare nessuno davanti a lui. Abbassò lo sguardo. Un bambino era ancora attaccato ad un lungo lembo di stoffa rossa. Era vestito di stracci, i piedi scalzi immersi nel fango per la pioggia del giorno prima. Non doveva avere più di otto o nove anni.
    «Che cosa vuoi?» grugnì.
    Si rese conto di essere stato più brusco del dovuto. Il bambino non disse niente, ma gli porse una pergamena sigillata da una lunga corda attorcigliata. La afferrò, ruotandola su sé stessa finché non scoprì un timbro di ceralacca appresso come sigillo ulteriore. L’ideogramma recitava Radice. Il successivo battito del cuore fu più forte di un pugno alla bocca dello stomaco. Si guardò intorno, allarmato, alla ricerca di un volto noto tra i passanti. Tutti i visi gli sembravano uguali e anonimi, i tratti che si mescolavano tra loro ogni volta che nuove figure entravano nel suo campo visivo. Riportò gli occhi dorati sul moccioso, che non pareva intimidito dal suo aspetto ferale.
    «Dove l’hai presa questa…?»
    Il bambino si scostò una ciocca di capelli sporchi dalla fronte. «Me l’ha data il signore».
    «Quale signore?» incalzò Yusuke, stringendo più forte il rotolo tra le dita appuntite.
    «Il signore con gli occhiali scuri».
    Serrò la mandibola, deglutendo un grumo di saliva che gli si era accumulato in bocca. "Tora". Perché era lì, nel Paese dell’Acqua? E perché contattarlo proprio in quel momento…? Era cambiato qualcosa nella caccia al Sole Rosso?
    Srotolò la corda che avvolgeva la pergamena e ne spezzò il sigillo di cera. L’aprì di scatto e si lanciò nella lettura del suo contenuto. Inarcò un sopracciglio, tornando indietro di qualche riga per rileggere meglio. Gli veniva affidata una nuova missione nel continente orientale, a servizio del Paese degli Artigiani. Senza una mappa non sapeva neanche dove si trovasse di preciso quel posto, perché non si era mai spinto al di là del mare fino al vecchio continente. Scostò la pergamena di lato e guardò il ragazzino di sottecchi.
    «Perché sei ancora qui?»
    «Sto aspettando», rispose quello.
    «Aspettando che cosa, di preciso…?» sospirò Yusuke.
    «La domanda». Il bambino sorrise, mostrando denti bianchissimi che sembravano abbaglianti su quel volto coperto di sporcizia. «Lui ha detto che avresti fatto una domanda».
    L’Uchiha ridusse gli occhi a due fessure. Si guardò intorno un’ultima volta, prima di riarrotolare la pergamena ed appoggiare una mano su un fianco.
    «D’accordo. Perché adesso? Perché… questo?» gli chiese, indicando il rotolo appena ricevuto. «Ho già il mio incarico».
    Il sorriso del bambino si allargò. «Aveva detto che la domanda sarebbe stata questa. E ha detto di dirti: “Continua a cercare. Ora ho bisogno di te a Mitsu, riceverai ulteriori istruzioni in seguito.” Ah, e anche “segui la volpe bianca”!»
    «Segui la volpe bianca blaterò Yusuke tra sé e sé. «Ma che signific—… Ehi, aspetta!» gridò al bambino, vedendolo voltarsi e correre via.
    Tese una mano per acciuffarlo, ma quello si era già intrufolato in mezzo ad un gruppo di passanti lì accanto. Li spinse via con malagrazia, obbligandoli a creare un varco per farlo passare. Ignorò le loro proteste e passò oltre, ma del marmocchio non c’era più traccia. Era troppo piccolo per stargli dietro, e troppo facile per lui mimetizzarsi tra la folla e sparire in un vicolo. Imprecò ad alta voce, causando più di un’occhiataccia volare nella sua direzione.
    "Ben fatto", graffiò la voce di Baku nella sua mente. "Ti sei fatto fregare da un moccioso di strada".
    Yusuke sbuffò di nuovo. «Oh, chiudi il becco».
    Si accorse di essere finito in una piazzetta secondaria dalla forma circolare, costruita intorno ad un grande albero secolare che sorgeva proprio al suo centro. L’albero era ritorto ed aveva perso quasi tutte le sue foglie, segno dell’arrivo ormai imminente dell’inverno, e se ne stava ricurvo come un vecchio con la schiena dolorante. Si accasciò su una panchina lì accanto, rigirandosi la pergamena tra le mani. Perché distoglierlo dalla sua ricerca di Hayato Kusanagi, proprio ora che le cose si facevano più complesse?
    C’era sicuramente qualcosa di strano, riguardo a Kaori Mitarashi e la sua sparizione. I recenti atti di vendita di tutte le sue proprietà non lasciavano dubbi sul fatto che intendesse lasciare la Nebbia per non farvi più ritorno, mentre il fatto che lei conoscesse già Kusanagi aggiungeva un ulteriore tassello alla vicenda. Quel che era ancora più strano era che il Sole Rosso avesse ucciso un membro della sua famiglia: perché allora unirsi a lui? E chi era quell’uomo così minaccioso, venuto ad ostacolare le sue indagini…?
    Si passò una mano davanti al viso, massaggiandosi gli occhi. Per quanto lo irritasse, doveva sospendere le indagini per dedicarsi a questa nuova impresa. Kaori, Kusanagi, la caccia ai demoni, Tae… non era più il momento per nessuno di quei pensieri. Li rinchiuse in un angolo della sua mente, dentro un cassetto troppo piccolo perché potesse contenerli tutti, in attesa che qualcuno di essi fuggisse dalla sua prigionia nel momento meno opportuno. Raccattò il rotolo che aveva appoggiato in grembo e gli diede un’altra letta, prendendosi questa volta il tempo di analizzare la missiva senza fretta. Lo mandavano ad occuparsi della sparizione di alcune ragazze, ed avevano classificato la missione come di Livello B. Probabilmente erano tutte morte, vittima di qualche psicopatico che si divertiva ad ammazzarle e seppellirle da qualche parte. Non c’era nessun accenno a volpi bianche da seguire, anche se di quello non si stupiva. Cominciava ad abituarsi ai continui giochi di specchi di cui la Radice faceva uso. Scorse verso l’alto per leggere con chi lo avrebbero mandato laggiù. Sgranò gli occhi.
    «Non ci credo».

    * * *


    Il mattino seguente, avvolto in un ampio mantello scuro che lasciava intravedere lembi di stoffa rossa del suo abito, raggiunse l’entrata ad Est del Villaggio. Ad ogni esalazione del respiro i suoi orecchini di carta tremolavano, e lui con essi, il fodero della spada che gli batteva contro la coscia seguendo il ritmo dei suoi passi. Un’altra delle meraviglie del Paese dell’Acqua, con la sua umidità che ti entrava nelle ossa e la dannata nebbia che non si sollevava mai per davvero. Solo un folle poteva trovare accogliente quei luoghi, ne era convinto. Rabbrividì. Si fece avanti verso la sagoma del grande portone d’accesso, vicino al quale lo attendeva uno scricciolo di ragazzina. La riconobbe subito per la criniera di capelli rossi, pettinati in una treccia che le cingeva il capo come una coroncina di fiori. Non appena incrociò lo sguardo di Maemi, si ricordò all’istante perché non sopportava quella ragazzina. "Eccola, la nostra saputella preferita".
    "Se questa volta vuoi farla fuori sul serio, ti consiglio di buttarla in mare durante il viaggio. Ti risparmieresti la fatica di nascondere il cadavere".
    Yusuke ignorò il commento del demone, anche se a quel pensiero un angolo della bocca si piegò in un ghigno appena accennato.
    «Takahashi» bofonchiò, lugubre.

    ~Yusuke Uchiha
    ChakraFisicoMentale
    270Ottimale.Incupito.
    ~Equip
    SlotOggettoNote
    IndossataLame RetrattiliPolsi
    FoderoSpada KusanagiFianco destro
    Rotolo MinoreScudoBraccio dx
    T. SupplFumogeni[5/5]Coscia dx
    ~Borsa
    Armi
    Kunai [8/10]Shuriken [20/20]Shuriken [20/20]
    Kunai [10/10]Palla Luce [2/2]
    Accessori
    Occhio CiberneticoPietra FocaiaMaschera Respiratoria
    Radiolina
    ~Gilet
    ArmiAccessori
    ~Note
    Note
    Sharingan ≈Disattivato
    Unione Demoniaca ≈ Disattivata
    Due Palle Luce ≈ Legate a due Kunai [2/2]
    Guanti ≈ Indossati
    Coprinaso in Bende ≈ Riposto
    Occhialoni ≈ Riposti

     
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    «Parlato Maemi» - "Pensato Maemi" - «Parlato Yusuke» - «Parlato Altri»


    «Takahashi».
    Gli occhi di Maemi scattarono in sù, rilassando la schiena poggiata contro il muro. A parlare era stato un ragazzo alto, con una criniera di capelli neri e dei rimarchevoli occhi gialli. Si stava avvicinava a lei, mettendo in mostra degli orecchini di carta e uno svolazzante mantello. Maemi lo fissò: flash del loro scontro in arena emersero da dietro le pupille con la delicatezza di uno schiaffo. Eccolo, Yusuke del Clan Uchiha. Era arrivato.
    La ragazza gli riservò un sorriso teso, ben poco amichevole. «Chi non muore si rivede, Uchiha» sibilò, quasi rammaricata che non fosse quello il caso. Si staccò dal muro, mettendosi a braccia conserte con l’indice sinistro che picchiettava ritmicamente sulla pelle diafana. «Prima di partire, credo sia il caso di chiarire un paio di cose: se dobbiamo collaborare per questa missione, è il caso di lasciarci l’arena alle spalle. Credi di poterlo fare?».
    Alla torre del Mizukage le era stato precisato che tra i due lei aveva il dovere di rispettare gli ordini e lui il diritto di impartirli. Una precisazione che l’aveva mandata su tutte le furie. Perché avrebbe dovuto prendere ordini da lui, se era uno straniero? Secondo la sua personale logica, non era giusto, in quanto non si trattava tecnicamente di un suo superiore. E tuttavia, essendo una collaborazione tra due diversi Villaggi, le regole e la catena di comando erano rimaste invariate, ponendolo chissà quanti gradini sopra di lei.
    Maemi non lo sopportava. Era un capriccio, era infantile, ma non gliene sarebbe potuto fregare di meno. Aveva pertanto deciso di mettere subito le cose in chiaro con un atteggiamento eloquente e, a suo dire, azzeccatissimo. Lei non sarebbe rimasta una pedina senza alcun potere decisionale, messa nelle mani di un tizio dalla dubbia sanità mentale. Il ninja di Konoha avrebbe fatto meglio a capirlo subito, e fare come voleva lei, altrimenti la missione sarebbe ben presto precipitata in qualcosa di molto spiacevole per entrambe le parti.
    Dopo un breve attimo in cui sembrava essere in corso una battaglia di sguardi, Maemi cedette; tirò un sospiro secco, che aveva un sentore di rassegnazione. Forse era il caso di fare il primo passo, almeno per il bene della missione. «Ammetto di aver tirato un po’ la corda con i miei battibecchi, quella volta, ma te la sei chiamata a inizio scontro» mormorò a denti stretti, riferendosi a quando, prima ancora dello scontro, il ninja le aveva suggerito di trovarsi un altro sfidante. «Tuttavia, per quel che può valere... mi scuso».
    “Anche se questo non vuol dire che dimentico, o che fa piacere averti tra i piedi” si ritrovò a pensare la ragazza. Per quanto volesse porgere l’altra guancia, il ricordo del demone di Chakra le impediva di lasciarsi del tutto alle spalle quell’episodio.
    Fece un cenno col capo ad indicare il portone spalancato. «Faccio strada io, senpai? Ci aspetta una bella camminata».

    ***


    Il villaggetto di Shimizu si apriva su un arcipelago a nord del Paese dell’Acqua, un insediamento formato da grappoli di case strette attorno ad un piccolo porto dall’aspetto poco curato, dominato dall’aria di salsedine e sale incrostato. Non era un posto turistico: la maggior parte delle facce che passeggiavano da quelle parti erano stanche e solcate da profonde rughe, i corpi e gli abiti temprati da una vita di fatica. Uomini di manovalanza, sicuramente, o pescatori di professione che si arrangiavano con i pescherecci di proprietà dalle insulse dimensioni. Erano poche le imbarcazioni grandi come i traghetti che Maemi e Yusuke avrebbero dovuto prendere quel giorno.
    Memore dell’ultima volta che si era diretta a Takumi, Maemi aveva ripercorso il tragitto fatto con Kisuke Momochi, prendendo la strada ad est per allungare il tragitto a terra e tagliare quello via mare. Ci vollero circa cinque ore di camminata per attraversare la grande isola, tempo che Maemi si beò in silenzio, immersa nel grigiore della foschia che era un po’ l’emblema del suo umore. Si era messa a pensare, ancora e ancora, finché il raziocinio non aveva ceduto il passo alla paranoia.
    L’Uchiha. Non si fidava di lui, e non sarebbe mai riuscita a fidarsi anche nel caso avessero abbandonato i loro dissapori. Forse perché era uno straniero? Di certo era forte, molto più di lei. Con una disparità tale, non sarebbero stati una bella accoppiata. Perché Konoha aveva mandato uno come lui per quel genere di missione? Le sembrava… strano. Ma ci potevano essere infinite possibilità che trascendevano la logica, pertanto Maemi dovette rassegnarsi al fatto che non l’avrebbe mai scoperto.
    Fu solo quando iniziarono ad imbarcarsi sul traghetto, che la kunoichi decise finalmente di parlare: «Sei mai stato a Mitsu?» gli chiese con tono neutro. «In ogni caso, non c’è problema. La conosco parecchio bene, quella città. Anche se...» e qui tentennò un attimo, la faccia turbata, «quello che sta succedendo è parecchio inquietante. Rapire delle ragazze… un po’ troppo anche per una città depravata come Mitsu».
    Maemi aveva una relazione complicata con Mitsu. In un certo senso, era come avere una sorella con cui non parlava da anni; di tanto in tanto quel nome tornava a fare capolino nella sua testa, portando con sé tutta una serie di sensazioni vecchie e poco piacevoli. Per quanto cercasse di ignorarla, di staccarvisi emotivamente… non la poteva ignorare. Era, dopotutto, la città in cui era nata e il destino stava continuando a portarla lì, come se volesse dirle qualcosa. Maemi scosse la testa: era una questione a cui non desiderava nemmeno pensare. «Un solo Mukenin di livello B non dovrebbe essere un problema, men che meno per te» borbottò lei più tra sé e sé, in un tentativo di distrarsi. «A patto che non abbia chissà che di speciale. Dopo marionette assassine e kunoichi per metà squalo, ho imparato ad aspettarmi di tutto».
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    Edited by Skipio - 22/2/2021, 15:03
     
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    Maemi ricambiò il suo saluto con un sorriso distorto. «Chi non muore si rivede, Uchiha».
    Le si affiancò. Fece correre lo sguardo al di là del cancello d’ingresso, lungo la strada fangosa che si tuffava nella nebbia. Appoggiò un gomito sul fodero della spada, sospirando.
    «Sembra che purtroppo tu abbia ragione. Dev’essere una sensazione nuova, per te».
    Lei raccolse le braccia al petto, assumendo un cipiglio polemico. «Prima di partire, credo sia il caso di chiarire un paio di cose».
    Yusuke trattenne l’impulso di roteare gli occhi. Dovevano ancora partire e già stavano per mettersi a discutere. Sbirciò quel suo dito affusolato, che tamburellava insistente contro il braccio sottile della ragazza. Di certo era un presagio dell’ennesima battuta in arrivo, una di quelle sue stilettate per ricordargli che sì, non si era dimenticata che era uno stronzo, e che gli avrebbe reso quella missione un incubo per la sua già scarsa capacità di sopportazione. Non proprio il modo migliore per convincerlo a non buttarla fuoribordo e levarsela dalle scatole. Forse poteva solo darle una spintarella, e nel tempo che la ragazzina ci avrebbe messo per raggiungere Mitsu lui poteva concludere la missione da solo. Dubitava che a quelli della Radice sarebbe importato, fintanto che portava a termine il suo compito.
    «Se dobbiamo collaborare per questa missione, è il caso di lasciarci l’arena alle spalle. Credi di poterlo fare?»
    Non gli sfuggì l’enfasi che Maemi aveva posto sul termine collaborare. Sbuffò. Ci mancava solo che quella mocciosa pretendesse di essere trattata come un suo pari. Forse le sfuggiva il non trascurabile dettaglio che lui non aveva bisogno di lei, per rintracciare quel pazzo rapitore – e con ogni probabilità anche assassino – né per fargli fare la fine che meritava. Se accettava di averla tra i piedi era solo perché così gli era stato ordinato, dato il contratto congiunto che i rispettivi Villaggi avevano stipulato con il Paese degli Artigiani. Ma il suo rispetto… quello no. Se lo doveva guadagnare. Si scambiarono uno sguardo ostile, finché, un po’ a sorpresa, la Kunoichi tirò un sospiro ed alzò bandiera bianca.
    «Ammetto di aver tirato un po’ la corda con i miei battibecchi, quella volta, ma te la sei chiamata a inizio scontro» biascicò con evidente disagio. «Tuttavia, per quel che può valere... mi scuso».
    Yusuke le lanciò una lunga occhiata. Sapeva che Maemi aveva ragione. Non appena l’aveva vista, le aveva consigliato di togliersi dai piedi, facendosi beffe del suo valore come avversario. L’aveva resa bersaglio della sua rabbia e del suo dolore, arrivando a tanto così da ucciderla in uno stupido scontro amichevole. Aveva usato contro di lei il pieno potere della sua Arte Oculare, senza che fosse ancora in grado di controllarlo del tutto. Quello, e la grande oscurità che ancora si agitava dentro di lui. La sua unica colpa era essere una ragazzina saccente dalla lingua troppo lunga per il suo stesso bene, che si era ritrovata contro l’avversario sbagliato, nel giorno sbagliato. Eppure ora gli stava porgendo le sue scuse. Forse si aspettava che ora lui facesse lo stesso, creando i presupposti per ricominciare da zero. Lavorare fianco a fianco, come compagni. Ma lui aveva visto cosa accadeva, quando permetteva a qualcuno di avvicinarglisi. L’Uchiha annuì, avanzando un primo passo verso l’uscita da quell’umido postaccio.
    «D’accordo. Scuse accettate» le rispose, secco.
    Era meglio lasciare le cose come stavano.

    * * *


    L’odore della salsedine gli riempiva le narici. Il porto di Shimizu non gli sembrava molto diverso da quello in cui era attraccato sull’Isola Nami, poco più di un anno prima. La stessa puzza di pesce marcio dietro ogni angolo, l’odore acre del catrame che rivestiva gli scafi delle navi più vecchie e quel qualcosa di indescrivibile nell’aria che parlava di luoghi e avventure lontane. Non era mai stato un amante del trovarsi in mare aperto. L’Acqua era uno degli elementi su cui aveva il dominio, ma era un’Arte che aveva coltivato molto poco, rispetto alla profondità del suo approccio all’Arte del Fuoco. Allo stesso modo, quando viaggiava per mare si sentiva ospite in una landa sconosciuta, pericolosa, che ti si può rivoltare contro in ogni momento. Per sentirsi a suo agio aveva bisogno di sentire la solida certezza della terra sotto i sandali, e dell’ombra di un albero sotto il quale ripararsi. L’esatto contrario del trovarsi sul ponte di un vascello, con la costante e fastidiosa sensazione di essere osservato da qualcosa di molto antico ed ostile, nascosto da qualche parte nelle profondità dell’oceano.
    Lui e Maemi attraversarono il ponte che li conduceva a bordo del traghetto per il Paese degli Artigiani, mettendosi in fila dietro gli altri passeggeri. Lo sguardo di Yusuke indugiò sul volo di un gabbiano che volteggiava in circolo sopra la loro imbarcazione. Gli ricordava un avvoltoio, in attesa che le belve feroci si saziassero della loro ultima preda.
    «Sei mai stato a Mitsu?» lo raggiunse la voce della sua compagna.
    «No» rispose lui, senza distogliere lo sguardo dal gabbiano. «È la prima volta che vado nel continente orientale».
    «In ogni caso, non c’è problema. La conosco parecchio bene, quella città. Anche se...»
    L’uccello ruppe il suo moto circolare, scendendo quasi in picchiata. Atterrò su uno dei tanti pali di legno che costeggiavano il molo, di quelli che le scialuppe e le barche più modeste utilizzavano per attraccare. A Yusuke parve che il volatile puntasse i suoi occhietti gialli proprio su di lui. Inclinò la testa, in una bizzarra imitazione dei movimenti a scatti del gabbiano. L’esitazione nella voce di Maemi lo riscosse, come se l’assenza di suono lo risucchiasse dal luogo in cui si stava perdendo.
    «…quello che sta succedendo è parecchio inquietante. Rapire delle ragazze… un po’ troppo anche per una città depravata come Mitsu».
    Ad essere sinceri, lui non era particolarmente impressionato da ciò che stava accadendo nel Paese degli Artigiani. Un pazzoide che fa sparire alcune ragazze era di gran lunga meno spaventoso di un antico re dei demoni, venuto per schiavizzare o sterminare l’intero mondo conosciuto. Meno terrificante di una nazione spazzata via in una sola notte, nel tempo che trascorre tra i battiti di un cuore. Lasciò che la conversazione morisse lì, sull’onda delle inquietudini di Maemi e sulla triste mareggiata dei suoi ricordi. Superò la ragazza e attraversò il ponte della nave, incurante delle persone che si muovevano lì intorno, appoggiandosi al parapetto rivolto all’orizzonte. Si accasciò in avanti, lasciando che il peso del busto si riversasse sui suoi avambracci. Evocò tra le mani una fiammella illusoria con cui giocherellò, facendola saltellare su scalini invisibili e roteare in aria, alterandone la forma con rapidi movimenti delle dita.
    Genso - Illusionismo
    oQ2rmbK
    Sviluppatore: Yusuke Uchiha
    Livello: E
    Tipo: Genjutsu
    Tramite questa tecnica l’utilizzatore può creare piccole illusioni, simili a trucchi di autentica magia. È possibile creare semplici Illusioni non più grandi di sé stessi. Le illusioni create da questo Jutsu sono rozze, chiaramente riconoscibili e non possono essere utilizzate in combattimento: non inganneranno nessuno, ma potrebbero divertire. Se si possiede la Specializzazione in Genjutsu le illusioni risultano esteticamente più rifinite, ma restano ugualmente riconoscibili senza sforzo. La tecnica non richiede Sigilli, ma ampi movimenti delle mani simili a quelli di un comune prestigiatore. Per mantenere questi semplici Genjutsu oltre la loro normale durata, è necessario pagarne il consumo A Turno. Dissolvibile tramite il Kai.
    Consumo: 1 (A Turno)

    «Un solo Mukenin di livello B non dovrebbe essere un problema, men che meno per te», lo disturbò la voce della ragazzina.
    "Ma questa non sta mai zitta…?" pensò Yusuke, incassando la testa tra le spalle. Allargò le braccia, aumentando le dimensioni della sua semplice illusione. In quel momento si accorse che la nave era ormai in movimento, sul punto di salpare per il mare aperto. L’ultima volta che aveva effettuato un viaggio lungo come quello che stavano per intraprendere, era attraccato sulle coste dell’Isola della Luna, insieme a Nobuo. E lo aveva mandato a morire.
    «A patto che non abbia chissà che di speciale», continuò Maemi, imperterrita e cieca al suo fastidio. «Dopo marionette assassine e Kunoichi per metà squalo, ho imparato ad aspettarmi di tutto».
    Qualcosa dentro di lui reagì a quelle parole. "Tae". Il nome della ragazza squalo gli risuonò nel petto come una nota acuta e dolente. Doveva per forza trattarsi di lei. Quante Kunoichi con quell’aspetto potevano esistere?
    L’Uchiha si volse verso la sua compagna, squadrandola come se la vedesse per la prima volta. «Conosci Tae».
    Con un gesto trasformò la piccola palla di fuoco in una sagoma umana, dandole fattezze simili a quelle della Caduta della Luna. Ricreò i capelli lunghi come li aveva da quando era stata posseduta dalla spada demoniaca, le forme generose e l’immancabile profilo di una felpa con il cappuccio. Un ultimo gesto e le disegnò una bocca irta di denti affilati, che campeggiava su un viso privo di ulteriori tratti distintivi.
    «Come vi…?» Esitò. «No, non importa».
    Agitò una mano come a scacciare un insetto fastidioso, disperdendo il suo piccolo Genjutsu, che si dissolse in un informe ammasso fumoso. Non doveva lasciarsi distrarre dal pensiero di lei, reso vivido dal loro incontro al funerale del giorno prima, e da tutto ciò che avrebbe portato con sé. "Non c’è passato. Non c’è presente. Non c’è futuro. Conta solo la missione", ripeté dentro di sé, come un mantra. Questo sembrò bastare per allontanare quel grumo di emozioni scomode, almeno per un po’.
    «Stavi parlando della missione», si schiarì la voce. «I tuoi hanno fatto bene a sceglierti per questo incarico. Ci tornerai utile quando farai da esca per quello psicopatico». Yusuke si fermò a studiare l’espressione di Maemi. «Perché sei consapevole che è per questo che hanno mandato te, vero?»

    ~Yusuke Uchiha
    ChakraFisicoMentale
    270-1= 269Ottimale.Incupito.
    ~Equip
    SlotOggettoNote
    IndossataLame RetrattiliPolsi
    FoderoSpada KusanagiFianco destro
    Rotolo MinoreScudoBraccio dx
    T. SupplFumogeni[5/5]Coscia dx
    ~Borsa
    Armi
    Kunai [8/10]Shuriken [20/20]Shuriken [20/20]
    Kunai [10/10]Palla Luce [2/2]
    Accessori
    Occhio CiberneticoPietra FocaiaMaschera Respiratoria
    Radiolina
    ~Gilet
    ArmiAccessori
    ~Note
    Note
    Sharingan ≈Disattivato
    Unione Demoniaca ≈ Disattivata
    Due Palle Luce ≈ Legate a due Kunai [2/2]
    Guanti ≈ Indossati
    Coprinaso in Bende ≈ Riposto
    Occhialoni ≈ Riposti

     
    .
  6.     +1   +1   -1
     
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    «Parlato Maemi» - "Pensato Maemi" - «Parlato Yusuke» - «Parlato Evocazioni» - «Parlato Altri»


    «Conosci Tae».
    Maemi, la cui attenzione era scemata in chiusura del proprio discorso, fece scattare nuovamente la testa verso l’Uchiha. Era stato il tono a catturare il suo interesse, ma ciò che vide del suo volto fu ancora meglio: il ninja con gli orecchini aveva gli occhi aperti e attenti, con il colore giallo brillante che aiutava a farlo sembrare un gatto pronto a saltare. Dato lo scarso entusiasmo mostrato fino ad allora, quella reazione risultava… particolare.
    La fiammella nata dalla mano del ragazzo - Maemi non aveva idea di che diamine stesse facendo - mutò forma, trasformandosi nell’immagine della ragazza squalo; appena gli occhi blu della kunoichi si posarono su quel miraggio, un’ombra calò sui suoi occhi. Tae Nobunaga: la compaesana che l’aveva eliminata durante il suo primo ed unico Torneo. Una chimera che pareva essere uscita direttamente da un laboratorio dell’orrore, con una grinta tanto incandescente quanto lo era sua spada.
    «Come vi…?» mormorò l’Uchiha, prima di ripensarci. «No, non importa».
    Maemi gli riservó un'occhiata di sottecchi, ma non commentó. Strano, si disse, che ad un tipo così freddo, finora rigido come se avesse una scopa infilata nel didietro, fosse bastato quel nome per perdere la compostezza. Doveva esserci qualcosa tra Yusuke e Tae Nobunaga, ne era certa, ma non sapeva cosa. Il pensiero le stuzzicò un po’ la curiosità, ma non abbastanza da azzardarsi ad indagare. Semplicemente distolse lo sguardo, poggiando entrambi i gomiti sulla ringhiera, i pugni chiusi sul mento che reggevano la testa.
    Il ragazzo di Konoha ci mise un po’ per riprendere a parlare, come se il discorso precedente lo avesse fiaccato. «Stavi parlando della missione» disse, con una voce un po’ strana. «I tuoi hanno fatto bene a sceglierti per questo incarico. Ci tornerai utile quando farai da esca per quello psicopatico». Ci fu una piccola pausa. «Perché sei consapevole che è per questo che hanno mandato te, vero?»
    Maemi non rispose subito; si prese il suo tempo per fulminarlo con lo sguardo, palesando tutta la sua irritazione. “Farò da esca… ha già deciso tutto lui” pensò, così incazzata da immaginare di dargli un coppino tanto forte da scaraventarlo in mare. Allora aveva intenzione di avvalersi del suo diritto al comando: se ne sarebbe pentito, in un modo o nell’altro. Maemi se ne sarebbe assicurata.
    Fingendo una calma che tuttavia non aveva, la kunoichi si staccò dal parapetto, sfilò un kunai dalla borsa e iniziò a giocarci distrattamente: il dito indice infilato nell’anello all’estremità dell’elsa, faceva roteare la lama con un sibilo metallico. «Direi che l’hanno capito anche i sassi, del perché sono qui» rispose, laconica. «La vera domanda è come mai abbiano mandato anche te».
    Non elaborò oltre il suo pensiero, non le interessava rendere partecipe il ragazzo nei suoi dubbi; invece, pensò che la piccola discussione tra loro fosse durata abbastanza. Dieci minuti e già le tremavano le mani dalla voglia di gettarlo fuoribordo.
    «Dovremmo arrivare a Mitsu verso domani pomeriggio» lo informò freddamente, fermando di botto il roteare dell’arma per poi infilarsela nuovamente in borsa. Si girò e iniziò ad andare per la sua strada, più precisamente in cabina. «Vediamo di non incrociarci più fino ad allora, che dici?».

    ***


    Maemi si era sfilata i sandali per tuffarsi sulla cuccetta, lo zaino da viaggio abbandonato sul pavimento accanto a lei, a portata di braccio. Aveva pescato da dentro una pergamena presa in prestito dalla biblioteca qualche giorno prima; la teneva poggiata sul cuscino, con lei a pancia in giù che si reggeva la testa con una mano, mentre i piedi si dondolavano in aria in una scena che aveva dell’infantile. I suoi occhi seguivano le righe eleganti che spiegavano le sottigliezze dell'Arte delle Illusioni, tentando non pensare a ciò che l’aspettava nei prossimi giorni. E tuttavia, c’era una piccola questione lasciata in sospeso che le impediva di continuare i suoi studi, un sassolino nella scarpa che non l’avrebbe lasciata in pace finché non se lo fosse tolto.
    Dopo un’ora passata in fallimentari tentativi di distrarsi, la ragazza scostò la pergamena a lato del letto e con un sospiro si rimise seduta, con i piedi nudi che saggiavano il freddo pavimento della sua stanza singola. Per un attimo rimase lì, in preda all’indecisione, poi si alzò e prese dalla borsa un suo kunai. Senza esitazione, passò la lama sul polpastrello, disegnando un taglietto che somigliava ad un sorriso rosso e sinistro.
    “Cinghiale, Cane, Gallo, Scimmia, Pecora” recitò lei nella propria testa, componendo i giusti sigilli per poi sbattere le mani sul pavimento. “Kuchiyose no Jutsu!”
    Kuchiyose no Jutsu - Tecnica del Richiamo
    YkrtwxH
    Villaggio: Tutti
    Livello: C
    Tipo: Ninjutsu
    Quest'abilità viene appresa esclusivamente da Shinobi dal rango Chuunin in poi. Non per la complessità stessa dell'abilità, ma in particolare tale normativa tutela gli Shinobi privi d'esperienza in modo che non facciano una scelta avventata ed errata. Una volta stipulato un Contratto con una razza animale infatti, non sarà più possibile tornare indietro e vi si rimarrà legati a vita. Le evocazioni necessitano di una notevole quantità di Chakra emessa tutta insieme per esser evocate, e per questo può risultare di difficile utilizzo. Per utilizzare la tecnica bisogna versar anche una minuscola goccia del proprio sangue per poi formare la serie di Sigilli necessari per l'esecuzione del Jutsu, che sono i seguenti: Cinghiale, Cane, Gallo, Scimmia, Pecora.
    Per riuscire ad evocare taglie Grandi è necessario il grado Sp.Jounin, per le Leggendarie quello ANBU.
    Consumo: 10

    Hina [Shina]
    Gatto1
    Di dimensioni pari a quelle di un gatto adulto, quindi con una lunghezza di circa trenta centimetri, questo piccolo felino a pelo lungo possiede il dono della parola. Veste con un kimono rosso che tiene chiuso con una cintura bianca. In combattimento è pressoché inutile ma come tutti i gatti può vedere al buio e possiede un udito sopraffine, riesce a captare numerosi rumori entro un raggio di cento metri, anche se gli sarà impossibile percepire un Ninja che si muove silenziosamente tramite un Jutsu. Può intrufolarsi praticamente dappertutto sfruttando l'estrema delicatezza dei suoi passi, risultando impercettibile anche per un comune Ninja di grado Sp Jounin. Ha buone doti atletiche e velocità alta. Basteranno due tecniche di livello D o una C per mettere fuori gioco questo gatto.

    Una serie di piccoli sigilli neri si aprirono a raggiera sotto il suo palmo, creando uno sbuffo di fumo. Dal nulla, comparve la figura di una gatta dal manto color nocciola, sulla fronte una lunga linea verticale tagliata orizzontalmente da altre due linee più piccole. Era Shina, una dei felini più piccoli del suo Contratto.
    Sentendo il leggere dondolio della nave, la micetta balzò su tutte e quattro le zampe, tirando fuori gli artigli e arpionandosi al legno come se si trovasse su una superficie scivolosa. «Maemi! Ma siamo per mare
    «Eh?» la ragazza fece la finta tonta, trattenendo un sorrisetto. «Per mare, dici? Ma sei sicura?»
    A quella risposta, la gatta fece un soffio incattivito. «Non prendermi in giro, signorinella! Siamo in mezzo al nulla con solo pezzi di legno che ci separano dall’acqua? Tu fai questo a me, un gatto? Ma hai un briciolo di rispetto?!»
    «Smettila di fare la fifona, Shina, su. Mica anneghi» la rimproverò lei, con un cenno della mano. «Ti ho richiamata per farmi un favore».
    «Se è così allora parti già male, lasciatelo dire!»
    Maemi sbuffò, decidendo di ignorarla. Con un sospiro, si abbandonò nuovamente sul letto, sedendosi e poggiando le mani sulle lenzuola dietro di lei per sorreggere il busto. «Mi trovo in una situazione un po’... delicata. Avere un interlocutore mi aiuta a pensare».
    «Sono in missione, sotto gli ordini di un tizio di Konoha che mi detesta. La prima e ultima volta che ci siamo visti è arrivato a tanto così dall'uccidermi. Si è frenato all'ultimo dal compiere un crimine dentro il suo stesso Villaggio, non so se ti rendi conto. Ma ora la situazione è diversa: saremo soli, senza nessun testimone, e ha già deciso che dovrò fare da esca. E in ballo c'è un Mukenin sulla carta più forte di me, mentre per lui dubito...»
    «Ma Kiri e Konoha sono alleate» replicò lei, che tuttavia aveva capito al volo l’insinuazione della ragazza. «Perché diamine avrebbe voluto farti fuori?».
    «Non so» borbottò lei, rabbuiata. Abbandonò il busto all’indietro, poggiando anche la schiena sulla cuccetta. I suoi occhi blu fissarono il soffitto, vitrei, la testa da un’altra parte. «Temo sia pazzo, completamente pazzo. In questa missione ci sono un una miriade di possibilità che possono finire con me stecchita: a lui basterà lasciarmi in pasto al Mukenin, farmi ammazzare e poi finirlo prendendosi tutta la gloria. E io diventerei una dei tanti morti in missione». Fece una pausa, per poi schioccare la lingua, infastidita. «E già ce lo vedo, quel bastardo, a ballare sul mio cadavere».
    «Non starai un po’ esagerando, ragazza mia? Forse sei solo paranoica».
    «Mai dare nulla per scontato, Shina» commentò la ragazzina, prendendo in prestito parole non sue. «Devo almeno provare a pararmi le spalle, in qualche modo. Preferisco passare per paranoica che finire sotto terra».
    «Questo è vero» le concesse la gatta, passandosi la lingua sui baffi. «A tal proposito… potrei avere un’idea».
    sdgFv3L
    ChakraFisicoMentale
    -160-10=150;-Ottimale;-Rabbuiata;
    Borsa
    Armi da LancioAccessori
    -Kunai 10/10;-Filo metallico 30/30;
    -Shuriken 18/20;-Filo metallico 30/30
    -Cartabomba 5/5;-Kit Grimaldelli
    -//;-Occhio Cibernetico;
    Gilet
    Armi da LancioAccessori
    -Shuriken a Tre Punte 30/30;-Torcia Elettrica
    NA-Radiolina
    Fodero
    -Katana;
    Doppia Tasca da Coscia
    Armi da Lancio
    -Shuriken ad Astro 20/20;
    -//
    Note-Tre shuriken con dieci metri di filo attaccato ciascuno;
    -Cinque kunai con attaccata una cartabomba ciascuno;
    -Un kunai con trenta metri di filo attaccato;
     
    .
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    xnbroxX
    Maemi si allontanò impettita dal ponte della nave, la cascata di capelli rossi che ondeggiava al ritmo ostile dei suoi passi. Yusuke la osservò sparire sottocoperta, senza aggiungere ulteriori commenti dopo che lei aveva espresso il desiderio di stare l’uno alla larga dell’altra, per quel che restava della traversata in mare. Il che, da quanto lei aveva detto, equivaleva a circa un giorno di viaggio. Un tempo più che sufficiente per prepararsi alla convivenza forzata che li attendeva nei giorni a seguire. Yusuke sospirò, lasciandosi cadere all’indietro ed appoggiandosi con i gomiti sulla ringhiera di metallo, le spalle rivolte al mare aperto.
    "Beh, direi che è andata bene", commentò Baku, riemergendo nella sua coscienza.
    "…Mi odia, Baku".
    "Meglio così" rispose lei, malevola. "C’è più soddisfazione nell’uccidere, quando odi il tuo nemico e lui odia te".
    Yusuke risucchiò l’aria tra i denti, gonfiando il petto. "Io non… la odio. Trovo solo molto difficile sopportare la sua voce".
    "Cambierai idea. Riconosco una serpe in seno, quando la vedo: quella ragazzina ha già cominciato a fare domande sul tuo ruolo in questa missione".
    Su questo, il demone aveva ragione. La Takahashi non era stupida, sollevava le domande giuste. L’importante era assicurarsi che non giungesse mai alle risposte corrette. In quel caso allora sì, che sarebbe stato costretto ad ucciderla sul serio. E, se non se ne fosse occupato lui stesso, la Radice avrebbe mandato qualcun altro a cancellare le tracce dei suoi errori.
    Si staccò dal parapetto, stirandosi i muscoli delle spalle. Si incamminò verso la poppa del traghetto per osservare il profilo del Paese dell’Acqua che si faceva sempre più confuso, i tratti all’orizzonte mescolati al grigiore della foschia che si alzava dal pelo dell’acqua. Incrociò una coppia di viaggiatori che passeggiavano sul ponte mano nella mano. Si accorse che entrambi lo guardavano con insistenza, un’espressione di malcelato disagio dipinta in volto. Quando lui incrociò il loro sguardo, chinarono il capo e si affrettarono a superarlo, gli occhi incollati alle tavole di legno sotto i loro piedi. Yusuke serrò una mano a pugno, sentendo le unghie affilate premere contro la carne morbida del palmo. Se solo avessero saputo quanto era spaventoso un vero demone, invece di temerne quel pallido riflesso disegnato sul suo viso… Rilassò le dita e si voltò, decidendo di lasciar correre. Non aveva senso perdere tempo con degli idioti come quelli.
    "È strano, però", pensò, rivolto alla Divoratrice di Sogni. "Pensavo che tu fra tutti avresti apprezzato le… “qualità” della mocciosa. Dimostra un certo interesse per le Arti Illusorie, è subdola quando combatte, caustica ogni volta che apre bocca… sembra il tuo tipo ideale".
    "Oh, lo farei se fosse dalla mia parte. E se non fosse un’umana, naturalmente. Per certi versi mi ricorda mia—".
    Baku lasciò la frase in sospeso, troncandola di netto. Yusuke avvertì un’angoscia improvvisa farsi strada dentro di lei, mentre una parola si formava nella sua mente, limpida e dolorosa.
    "…tua sorella".
    Lei aveva avuto una sorella, un tempo – anche se tecnicamente ciò poteva valere per ogni altro demone, dal momento che il Mouryou era davvero il padre di tutti loro. Il Mouryou le aveva chiesto di ucciderla. Quando lei si era rifiutata, lo aveva fatto lui stesso, davanti ai suoi occhi. E nessuno aveva cercato di impedirglielo. Nemmeno Kamaitachi, con il quale Baku condivideva all’epoca un rapporto molto… intimo. Quel tradimento era ciò che aveva scatenato la sua ribellione, che l’aveva spinta a sigillare sé stessa per secoli, in attesa che qualcuno indossasse i suoi orecchini. E quel qualcuno era stato lui, Yusuke.
    "Sai… con tutto quello che ci è successo, non te l’ho mai chiesto".
    "E forse dovresti continuare a non farlo" gli intimò lei con un basso ringhio.
    Lui decise di insistere comunque. "Perché il Mouryou voleva che tu la uccidessi…?"
    Yusuke sentì qualcosa incrinarsi dentro di lei. Poi udì un suono strozzato, come il raspare di unghie affilate contro la pietra.
    "…perché… mostrassi di avere ciò che serviva per far parte della sua cerchia più stretta". La sua voce si indurì. "Così è nostro padre… ama metterci l’uno contro l’altro. Mostrare che ci tiene tutti, in ogni momento, legati ad un guinzaglio molto stretto".
    Era disgustato. Aveva imparato ad accettare la malvagità come presenza nel mondo, anche quella più bieca, quella più fine a sé stessa, ma non riusciva a capacitarsi di come il Mouryou potesse fare una cosa del genere ai suoi stessi figli. Se demoni come Baku erano in grado di amare i loro simili, possibile che lui non provasse alcuna reticenza nell’uccidere creature a cui aveva letteralmente dato la vita?
    Gli parve di vedere sogghignare la presenza dentro di lui, amara, dopo che questa aveva letto i suoi pensieri.
    "Ragioni come un umano. Lo fa per lo stesso motivo per cui ha assorbito quegli idioti che gli hanno organizzato la festa a Tsuki". Yusuke avvertì un impeto d’odio riempirgli il petto. Era ciò che stava provando Baku, così intensamente da riversarsi dentro di lui. "A lui non importa di noi. Siamo tutti sacrificabili, se così nostro Padre decide".
    L’Uchiha serrò la mano sinistra intorno all’impugnatura della spada, lo sguardo rivolto alla costa. Ormai del profilo del Paese dell’Acqua non si vedeva più nulla: c’era soltanto mare infinito in ogni direzione, e questo lo metteva a disagio.
    "Non preoccuparti, Baku. Manterrò fede al nostro patto. Uccideremo il Mouryou, così come abbiamo eliminato Kamaitachi".
    Il demone proruppe in una risata che gli rimbombò nelle orecchie. Ogni suono sembrava amplificato, quando veniva da dentro.
    "Oh, ma non è morto" commentò lei, tetra. Parve accorgersi del suo sgomento, perché la sua voce si fece più tagliente. "Abbiamo solo distrutto il corpo che stava abitando. Pensavi che bastasse uccidere quella ragazza, per liberarti di lui…?"
    Yusuke rivisse il momento in cui aveva trafitto Kamaitachi con la spada del suo Susano’o. Per un attimo fu di nuovo sull’orlo del precipizio, a guardare il demone contorcersi contro la lama e vomitarsi sangue addosso. Lo guardò cadere di nuovo nel vuoto, senza un grido, solo l’ombra di un sospiro che gli abbandonava i polmoni nell’istante in cui il guerriero di Chakra si era dissolto. Fu colto da un senso di nausea improvviso al pensiero che l’assassino di Nobuo fosse ancora in vita, in qualche modo. Si appoggiò al parapetto con entrambe le mani, le ginocchia molli che minacciavano di cedere.
    "La tua stupidità non cessa mai di stupirmi" commentò Baku, gelida. "Ne hai avuto prova tu stesso, quando hai combattuto Nihiru nella foresta, ricordi? Puoi uccidere il portatore, ma il potere all’interno del Frammento resta intatto. Ci vuole qualcosa di più definitivo, per uccidere un demone".
    Yusuke annaspò. Sentiva la bocca impastata di un sapore amaro come il fiele, al pensiero che tutto ciò che aveva passato sull’Isola della Luna fosse stato inutile. Fino a quel momento, aveva tratto una magra consolazione dal pensiero che la morte di Nobuo fosse stata vendicata, per quanto potesse valere. Ma ora… quell’ovvia verità lo gettava nella disperazione.
    "Questo significa che… tornerà?"
    "C’è questa possibilità, sì" sospirò Baku. "Ma io non ci conterei troppo. Anche se stanno radunando nuove forze sull’isola, dovrebbero prima trovarlo e fornirgli un nuovo corpo. Considerato dove si trova ora, credo ci rimarrà un bel po’".
    Un soffio di vento improvviso lo aiutò a riscuotersi, sferzandolo in viso. Rimase in silenzio, con lo sguardo rivolto verso il basso. Non vedeva l’infrangersi delle onde contro lo scafo della nave, ma schizzi di sangue scarlatto sporcare a fiotti un manto di neve bianchissima, sulla cima di una montagna dall’altra parte dell’oceano.
    "Sembra che tu abbia trovato qualcosa su cui riflettere" lo sferzò il demone. "Ed io penso di aver sprecato abbastanza tempo dando fiato alla bocca. Lasciami in pace finché non avrai qualcosa di davvero utile da dire".
    La Divoratrice di Sogni si ritrasse all’interno della sua coscienza, lasciandolo solo con i suoi pensieri.

    ~Yusuke Uchiha
    ChakraFisicoMentale
    269Ottimale.Afflitto.
    ~Equip
    SlotOggettoNote
    IndossataLame RetrattiliPolsi
    FoderoSpada KusanagiFianco destro
    Rotolo MinoreScudoBraccio dx
    T. SupplFumogeni[5/5]Coscia dx
    ~Borsa
    Armi
    Kunai [8/10]Shuriken [20/20]Shuriken [20/20]
    Kunai [10/10]Palla Luce [2/2]
    Accessori
    Occhio CiberneticoPietra FocaiaMaschera Respiratoria
    Radiolina
    ~Gilet
    ArmiAccessori
    ~Note
    Note
    Sharingan ≈Disattivato
    Unione Demoniaca ≈ Disattivata
    Due Palle Luce ≈ Legate a due Kunai [2/2]
    Guanti ≈ Indossati
    Coprinaso in Bende ≈ Riposto
    Occhialoni ≈ Riposti

     
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    «Parlato Maemi» - "Pensato Maemi" - «Parlato Yusuke» - «Parlato Altri»


    La luce della lampada veniva deviata sulla lucida placca metallica del coprifronte, fornendo agli occhi di Maemi il proprio riflesso in una visione diabolicamente distorta. La ragazzina lo stava fissando con occhi spenti, inclinando di tanto in tanto la testa, e sorprendendosi nel notare come le fattezze si deformassero al minimo cambio di posizione. Intravedeva i propri capelli rossi, questa volta legati in una stretta coda alta con delle ciocche ribelli che erano scappate dall'elastico, cadendole tutte attorno al viso. In faccia aveva un'espressione... curiosa. Difficile da decifrare.
    Con un sospiro di rassegnazione, la kunoichi si decise a legarsi i due lembi di stoffa dietro la nuca, in modo che la placca col simbolo della Nebbia risultasse proprio in mezzo alla fronte. Erano quasi le cinque di pomeriggio, e tutti i passeggeri erano stati informati che da lì a momenti avrebbero attraccato al porto di Mitsu; molti, presi dall’entusiasmo di una novità dopo ventiquattro noiose ore di mare, si erano precipitati sovracoperta, in modo da ammirare la visione della città che li aspettava, facendosi sempre più grande, sempre più vicina.
    Maemi non era entusiasta; né di Mitsu, né nel rivedere quella faccia di merda che aveva un ché di animalesco. Proprio come richiesto dalla ragazza, i due compagni non si erano fatti vedere per tutto il resto della traversata. E come potevano, da una parte, se Maemi si era ostinata a rimanere chiusa in cabina come una reietta, rifugiandosi nei suoi studi sull’Arte delle Illusioni? Ma era meglio così, si era detta lei, ricordandosi il loro ultimo scambio di chiacchiere. L’idea che i prossimi giorni li avrebbero dovuti passare assieme… no, forse era meglio non pensarci.
    La ragazza portò entrambe le mani a formare un Sigillo, chiudendo gli occhi per richiamare il Chakra ed impastarlo per utilizzare una tecnica banale, imparata all’Accademia.
    Henge No Jutsu - Tecnica della Trasformazione
    GVoe
    Villaggio: Tutti
    Livello: E
    Tipo: Ninjutsu
    Grazie a questa Tecnica il Ninja potrà assumere l'aspetto d'una qualsiasi persona o oggetto, ma il peso e le dimensioni reali dell'utilizzatore rimarranno invariate e non potrà trasformarsi in nulla di più piccolo di un cucciolo di cane o più grande di un orso.
    Siccome la Tecnica non cambia il peso dell'utilizzatore bisogna fare attenzione, ad esempio sarà infatti possibile tramutarsi in uno Shuriken Gigante, ma sarà poi impossibile lanciarlo in assenza di un bonus alla Forza. Eventuali Armi possedute dal Ninja saranno utilizzabili solo se non camuffate tramite questa Tecnica. Questa è considerata la Tecnica di livello E più difficile da apprendere, difatti solo un Genin molto abile sarà capace di replicare alla perfezione l'aspetto di qualcuno, mentre inizialmente sarà possibile ad un occhio attento notare diverse imperfezioni.
    La tecnica si dissolve dopo aver subito un danno lieve.
    Consumo: 1 (A Turno)

    Dopo uno sbuffo di fumo, al posto di Maemi comparve una ragazza della sua stessa età ed altezza: non aveva cambiato molto del proprio aspetto, giusto una modifica al colore dei capelli e degli occhi, rendendoli entrambi di un nero pece. Anche i vestiti avevano subito un doveroso cambio di stile, rimuovendo tutto ciò che poteva ricollegarla al suo status da kunoichi: dunque via il corpifronte, il gilet, il fodero e pure il taschino alla coscia.
    Era pronta per andare. La mano della ragazza andò a lisciarsi nervosamente la frangia, prima di rassegnarsi ed aprire controvoglia la porta. Sarebbe tornata sovracoperta anche lei, in attesa di rivedere di nuovo la sua città natale.

    ***


    Mitsu. Quel panorama di costruzioni che si aprivano come gli spalti di un anfiteatro, arrivando dal porto, costruzioni tutte noiosamente uguali, blocchi di cemento monocolore stinto, come se l'intera città fosse il frutto di un piano urbanistico per case popolari, era quasi familiare. Il richiamo delle puttane che popolavano i vicoli oscuri che si dipanavano dal porto nemmeno la sorprendevano più, un po' come il latrare di Sumo ogni qualvolta sentiva passare il postino davanti al giardino. A conti fatti, poteva quasi affermare che nell’ultimo anno della sua vita aveva trascorso più tempo lì, in quella fogna di città, che durante tutta la sua esistenza come figlia di girovaghi. Il che era tutto dire.
    Erano circa le cinque di sera nel momento in cui i suoi sandali toccarono il pavimento cementato del Paese degli Artigiani. L’aria era impregnata di umidità, facendole arricciare ancor di più le ciocche scarlatte; il sole all’orizzonte, tagliato a metà sul limitare del mare, pareva un enorme spicchio d’arancia splendente, i raggi soffusi che gettavano bagliori tremolanti sullo specchio d’acqua. Passava una brezza gelida, che ad ogni folata riusciva a strappare un brivido alla giovane kunoichi di Kiri, costringendola a stringersi le braccia tra loro nel tentativo di riscaldarsi. Quel giorno era sabato, e dunque le vie del porto erano costellate di bancarelle e tendoni che formavano quasi un binario sul ciglio della strada principale; erano forse l’unica cosa che dava un certo colore e movimento alla zona altrimenti lasciata andare, con tutta la gente che produceva un brusio simile a quello delle cicale, sempre presenti nel quartiere dove viveva Maemi e che ormai facevano da sfondo alle sue mattinate estive.
    La ragazza, che in quel momento risultava un personaggio dimenticabilissimo agli occhi di tutti, si infilava negli spazietti tra una persona e l’altra, passando oltre agli abitanti che, tutti scuri in volto, parevano delle ombre indistinte e scolorite, come degli elementi di contorno in una composizione pittorica. Era anche quello uno scenario a cui Maemi si era fatta le ossa, e ormai sgusciava tra la folla senza battere ciglio, evitando sterco animale e vari tasselli di pietra saltati fuori dal lastricato della strada.
    «Benvenuto a Mitsu» annunciò Maemi con evidente sarcasmo, aprendo le braccia come a voler presentare lo spettacolo dell’anno, invece di una fogna piena di edifici squallidi. «Andiamo prima a parlare con i gendarmi, in caso ci siano novità» propose poi, prima di voltarsi verso il suo compagno per sfidarlo a ribattere. «Sempre se sei d’accordo, capo».
    Nella testa della ragazza dai capelli rossi era apparsa una riproduzione della città in stile stradario, collegando le mappe che si era studiata per le missioni passate ai ricordi di ciò che aveva vissuto in prima persona, quando si era intrufolata come una vera e propria spia nei vari angoli oscuri della città, in cerca dei mantelli neri. Non fu difficile ricordare dove fosse il luogo che stavano cercando: a pochi passi dalla struttura comunale, il Quartier Generale dei gendarmi risultava nel pieno centro, dove la pianta urbana si allargava e prendeva una forma quasi a spirale, il cui punto d’origine combaciava con una grossa piazza tassellata. Ci avrebbero messo una ventina di minuti, con Maemi che camminava veloce e sicura a far strada anche per l’Uchiha. Si guardava attorno guardinga, un po’ perché in quella città guardarsi le spalle dagli scippatori era d’obbligo, ma anche perché non aveva idea di come si fosse evoluta la situazione dopo lo sradicamento della Gakudo in zona. “È meglio se tengo un profilo basso in ogni caso, non si sa mai” rimuginò tetramente. C’era più di una persone che avrebbero potuto identificarla, e almeno per il momento non voleva far sapere a nessuno dell’arrivo a Mitsu di una kunoichi dai capelli rossi. Soprattutto considerando ciò che stava succedendo in quel periodo.
    sdgFv3L
    ChakraFisicoMentale
    -150-1=149;-Ottimale;-Concentrata;
    Borsa
    Armi da LancioAccessori
    -Kunai 10/10;-Filo metallico 30/30;
    -Shuriken 18/20;-Filo metallico 30/30
    -Cartabomba 5/5;-Kit Grimaldelli
    -//;-Occhio Cibernetico;
    Gilet
    Armi da LancioAccessori
    -Shuriken a Tre Punte 30/30;-Torcia Elettrica
    NA-Radiolina
    Fodero
    -Katana;
    Doppia Tasca da Coscia
    Armi da Lancio
    -Shuriken ad Astro 20/20;
    -//
    Note-Tre shuriken con dieci metri di filo attaccato ciascuno;
    -Cinque kunai con attaccata una cartabomba ciascuno;
    -Un kunai con trenta metri di filo attaccato;
     
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    Non era stato un viaggio piacevole. Quell’ultima conversazione con Baku lo aveva posto di fronte all’enormità del suo fallimento: aveva condotto Nobuo a morire senza alcuna ragione. Non aveva affatto liberato il mondo da uno dei demoni, il primo della sua lunga lista, e per niente si era messo nelle mani della Radice. Si era reso prigioniero di Emon Saburo e dei suoi ricatti con le sue stesse mani, ed era ormai troppo tardi per tornare indietro. Per fare qualunque cosa, se non arrendersi alla rabbia. Cedere alla furia che lo consumava, e che non sapeva contro chi rivolgere se non verso sé stesso. L’unico barlume di lucidità era costituito dalla missione, a cui si aggrappava come un naufrago sbatacchiato in qua e in là da un mare in tempesta. Presto avrebbe trovato qualcuno su cui sfogarsi, e al diavolo Maemi Takahashi e tutto il resto.
    Yusuke la raggiunse sul limitare di una strada cementata che collegava il molo al resto della città. L’aria era intrisa di umidità, in un modo quasi altrettanto sgradevole rispetto a quanto aveva dovuto sopportare nel Paese dell’Acqua. Al soffiare di una ventata d’aria pungente, si strinse nel mantello e guardò la ragazza rabbrividire, portandosi le braccia al corpo per trattenere un po’ di calore. Le lanciò un’occhiata di sottecchi. Aveva fatto qualcosa per alterare il suo aspetto, quel tanto che bastava per oscurare l’abbigliamento Ninja ed il colore dei suoi capelli. Una buona idea, se pensavano davvero di sfruttarla come esca per il rapitore. Si chiese se avesse lanciato un’Arte Illusoria o sfruttato una semplice Tecnica della Trasformazione, per ottenere quell’effetto. Se fosse toccato a lui nascondersi, avrebbe usato un’Illusione su sé stesso: permetteva di risparmiare energie in caso avesse dovuto mantenere il travestimento a lungo, e soprattutto era a prova di ferite, se qualcuno avesse sospettato di lei o se fossero finiti nei guai. Si morse la lingua; non era dell’umore adatto per giocare a fare il Maestro con la ragazza. Avrebbero affrontato eventuali problemi solo quando questi si fossero presentati loro.
    «Benvenuto a Mitsu» lo accolse Maemi, allargando le braccia per abbracciare il panorama che si apriva davanti ai loro occhi.
    All’Uchiha non sfuggì l’eloquente nota di sarcasmo nella sua voce. Anche illuminata dalla luce del tramonto, Mitsu gli appariva meno… esotica di quanto si aspettasse. Di un grigiore desolante, in realtà. Il quartiere del porto si presentava come un ammasso di edifici tutti uguali, accatastati l’uno sull’altro con banale regolarità. La lunga fila di tende e bancarelle che incorniciava la via maggiore appariva come carta da parati posticcia, incollata alla bell’e meglio su un vecchio muro per donargli un po’ di colore. Non esattamente il tipo di impatto che si aspettava dal suo ingresso in un continente inesplorato. Se tutto il Paese degli Artigiani era come quella fogna, non lo stupiva il fatto che non potessero neanche permettersi di arruolare una propria forza Ninja.
    «Andiamo prima a parlare con i gendarmi, in caso ci siano novità» suggerì Maemi. Si voltò verso di lui e lo guardò con aria di sfida. «Sempre se sei d’accordo, capo».
    Yusuke inspirò a fondo, fissando gli occhi dardeggianti e la smorfia dipinta sul volto della sua compagna. No, non era in grado di tenere la bocca chiusa. Conosceva i suoi limiti.
    «Spero per te che quella non sia una semplice Trasformazione» commentò, squadrando i capelli e gli abiti contraffatti con occhio critico, «o rischi di far saltare la tua copertura al minimo intoppo. Sono certo tu sia in grado di lanciare un Genjutsu convincente su te stessa, quando vuoi». Fece un cenno del capo, indicando la strada gremita di persone. «Ti seguo».
    Si incamminarono facendosi strada tra la folla. Maemi si muoveva rapida, sgusciando tra la calca sinuosa come un felino. Lui in quello non era altrettanto bravo. Fece del suo meglio per assumere un’aria minacciosa, anche se credeva che il suo aspetto fosse adatto allo scopo, e non si tirò indietro quando c’era da dare qualche spallata per farsi largo, tra chi si accalcava davanti a questa o quella bancarella. C’erano attimi in cui la perdeva di vista, ma riusciva sempre a rintracciare la sua figura in mezzo alla fiumana di persone. Quando il flusso lungo la via si fece più leggero, le si affiancò accelerando il passo. La sua attenzione fu catturata da una venditrice ambulante un poco più avanti.
    «Un presente dagli spiriti, per la buona sorte!» chiamava con voce gracchiante.
    Se ne stava ricurva in avanti, una mano poggiata al suo banchetto per aiutarsi a mantenere l’equilibrio e l’altra sollevata per richiamare l’attenzione dei passanti. Era poco più che un semplice tavolino coperto da un lembo di stoffa ricamata, sul quale erano disposte l’una accanto all’altra una serie di statuette di legno tutte uguali. Rappresentavano volpi con multiple code, dipinte di bianco. Yusuke rallentò il passo, il cuore che accelerava i battiti. "Segui la volpe bianca", ricordò. Si avvicinò alla bancarella, circospetto. Il volto della donna si schiuse un sorriso, disegnando una ragnatela di rughe sulla pelle abbronzata dal sole. Gli fece cenno di avvicinarsi ancora, mostrando la sua mercanzia con una gestualità molto lenta, come se anche semplici movimenti le costassero molta fatica. L’Uchiha cercò Maemi con lo sguardo, per vedere di quanto si fosse allontanata nel frattempo.
    «Tu va’ pure avanti. Ti raggiungo tra un minuto».
    Afferrò una statuetta, rigirandosela tra le mani ed osservandone i dettagli. Contò nove code, e notò i piccoli dettagli dipinti di rosso sulla punta di ciascuna di esse, così come sul viso dell’animale.
    «Che cosa rappresenta…?» le chiese, sollevando gli occhi dall’oggetto.
    «Uno spirito della terra che si mostra ai viaggiatori» rispose lei, con quella sua voce roca, che tuttavia racchiudeva una nota di gentilezza. «Se incontri il suo favore, può aiutarti a trovare la via».
    Yusuke annuì, aggrottando la fronte. Di certo non era a questo che si riferiva Tora nel suo messaggio. Doveva cercare qualcosa di meno letterale, come un luogo che potesse abbinarsi all’idea di una volpe bianca, o un contatto della Radice il cui nome in codice fosse proprio quello. Fece per rimettere la figura al suo posto, ma la donna gliela spinse contro il petto. Gli afferrò la mano libera tra le sue, stringendola tra le dita ossute. Aveva una presa sorprendentemente salda.
    «Un dono per te, Luna di Sangue. Da parte della Tigre» sussurrò.
    Lui trasalì. L’aveva chiamato per nome. E quella parola, Tigre, non poteva che riferirsi a Tora, l’uomo della Radice. Rimase come paralizzato mentre lei gli faceva scivolare qualcosa nel palmo della mano, rapidissima. Poi mollò la presa, facendo sparire le mani sotto la pesante cappa azzurra ricoperta di campanellini, che tintinnavano ad ogni suo movimento. Yusuke abbassò lentamente il braccio, ancora stordito. Mosse appena le dita per tastare cosa ci fosse nel suo pugno chiuso. Al tatto sembrava un foglio di carta ripiegato più volte. Un messaggio per lui, per indicargli la strada da percorrere.
    «Che gli spiriti ti proteggano, ragazzo» si congedò la donna, la cui espressione serafica non lasciava tradire nulla di quanto avesse appena fatto.
    Ad un tratto si sentì così insignificante, di fronte alla profondità e all’estensione della rete di contatti della Radice. Se quella vecchia faceva la spia per loro, allora chiunque in ogni angolo del mondo poteva essere un agente dell’organizzazione. Quanti altri occhi lo stavano osservando in quel momento, senza che lui se ne accorgesse? E quanti ancora sarebbero stati pronti ad intervenire, se lui non si fosse fermato proprio a quella bancarella...? Il solo pensiero gli faceva venire il mal di testa. Insieme ad esso, si fece strada la consapevolezza che non sarebbe mai più stato libero dalla morsa di Emon Saburo. Era suo, e gli sarebbe appartenuto per sempre.
    Lo sguardo fisso sulla statuetta di legno, nascose il biglietto nella tasca dei pantaloni. Si incamminò verso Maemi senza dire una parola.

    ~Yusuke Uchiha
    ChakraFisicoMentale
    269Ottimale.Pensieroso.
    ~Equip
    SlotOggettoNote
    IndossataLame RetrattiliPolsi
    FoderoSpada KusanagiFianco destro
    Rotolo MinoreScudoBraccio dx
    T. SupplFumogeni[5/5]Coscia dx
    ~Borsa
    Armi
    Kunai [8/10]Shuriken [20/20]Shuriken [20/20]
    Kunai [10/10]Palla Luce [2/2]
    Accessori
    Occhio CiberneticoPietra FocaiaMaschera Respiratoria
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    ~Gilet
    ArmiAccessori
    ~Note
    Note
    Sharingan ≈Disattivato
    Unione Demoniaca ≈ Disattivata
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    Guanti ≈ Indossati
    Coprinaso in Bende ≈ Riposto
    Occhialoni ≈ Riposti

     
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    «Parlato Maemi» - "Pensato Maemi" - «Parlato Yusuke» - «Parlato Altri»


    Henge No Jutsu - Tecnica della Trasformazione
    GVoe
    Villaggio: Tutti
    Livello: E
    Tipo: Ninjutsu
    Grazie a questa Tecnica il Ninja potrà assumere l'aspetto d'una qualsiasi persona o oggetto, ma il peso e le dimensioni reali dell'utilizzatore rimarranno invariate e non potrà trasformarsi in nulla di più piccolo di un cucciolo di cane o più grande di un orso.
    Siccome la Tecnica non cambia il peso dell'utilizzatore bisogna fare attenzione, ad esempio sarà infatti possibile tramutarsi in uno Shuriken Gigante, ma sarà poi impossibile lanciarlo in assenza di un bonus alla Forza. Eventuali Armi possedute dal Ninja saranno utilizzabili solo se non camuffate tramite questa Tecnica. Questa è considerata la Tecnica di livello E più difficile da apprendere, difatti solo un Genin molto abile sarà capace di replicare alla perfezione l'aspetto di qualcuno, mentre inizialmente sarà possibile ad un occhio attento notare diverse imperfezioni.
    La tecnica si dissolve dopo aver subito un danno lieve.
    Consumo: 1 (A Turno)

    Maemi teneva gli occhi incollati sulla schiena di Yusuke, che senza tante cerimonie le aveva detto di proseguire. “Che diavolo gli salta in testa…?”
    Si stava avvicinando al bancone di alcune statuine, la vecchia negoziante che sembrava non vedesse l'ora di attaccar bottone. Maemi guardò la scena sbattendo più volte le palpebre, incredula e pure un po' scocciata. Ma se l'Uchiha le aveva ordinato di starsene lontana, significava che non voleva renderla partecipe in quello che stava facendo. E cosa migliore da fare in quella situazione, se non fare l'esatto opposto di quel che voleva quel pallone gonfiato...?
    Muon Satsujin - Tecnica dell'Omicidio Silenzioso
    GVmb
    Villaggio: Kirigakure no Sato
    Livello: B
    Tipo: Taijutsu
    Questa Tecnica viene utilizzata in condizioni di visibilità scarsa o assente, come in un luogo buio o nei pressi di fitti banchi di nebbia. La Tecnica consiste nell'individuare l'avversario potenziando l'udito e l'olfatto, potendosi muovere e attaccare anche senza l'utilizzo della vista, facendo leva sull'effetto sorpresa. Finché resta attiva il fiuto dello Shinobi è paragonabile a quello di un Genin del Clan Inuzuka, non sarà dunque possibile identificare con precisione dov'è l'avversario, ma si riuscirà a capire se è vicino o lontano. Nel caso in cui si segua una traccia di sangue, si potrà invece individuare con la massima precisione la sua posizione. L'udito risulta essere maggiormente sviluppato e permette allo Shinobi di percepire persino il battito cardiaco dell'avversario. La capacità nel focalizzarsi sui diversi rumori è elevata, ma rumori molto forti, come l'esplosione di una carta-bomba, potrebbero distogliere l'attenzione dell'utilizzatore, anche se solamente per pochi istanti. Nel caso in cui ci siano numerosi soggetti, come cloni d'entità fisica, l'utilizzatore potrebbe facilmente confondere i bersagli visto che producono rumori "simili". L' olfatto sottoterra o in acqua è completamente inutile e l'udito potrà essere utilizzato solo contro avversari in movimento.
    Consumo: 8 (A Turno)

    Maemi si concentrò, senza nemmeno bisogno di Sigilli, e all’improvviso un marasma di input sensoriali la investirono come un gregge di buoi. Ci impiegò diversi secondi per discernere i vari suoni e odori, e si concentrò per scrollarsi di dosso tutti quei brusii inutili che facevano solo da distrazione. Chiuse gli occhi, permettendo alla mente di focalizzarsi solo sui suoni, su delle parole in particolare.
    La trovò, la voce dell’Uchiha che parlava. Maemi tese ancora di più le orecchie, cercando di distinguere bene ogni singola parola, e quando ci riuscì trovò la voce della vecchia con cui stava parlando Yusuke. « ...può aiutarti a trovare la via».
    Il ninja di Konoha non rispose. Passò qualche secondo.
    «Un dono per te, Luna di Sangue. Da parte della Tigre».
    Gli occhi di Maemi si aprirono di scatto. “Tigre?” si chiese la ragazza. “Luna di Sangue?”
    Non ebbe quasi tempo di domandarsi che diamine volessero dire, che il suo compagno era già di ritorno. Maemi lo fissò intensamente, senza dire nulla; poi, con un sospiro secco, rilasciò l'Omicidio Silenzioso e riprese a incamminarsi verso il centro di Mitsu, finché i suoi passi non si arrestarono proprio davanti al portone del Quartier Generare di gendarmeria. Era un edificio alto e dall’architettura strana, quasi deformata; pareva essere stato ristrutturato più volte, aggiungendogli altre elementi di volta in volta per creare un patchwork architettonico.
    «Andiamo» disse lei cupamente, prima di superare il portone.
    L’interno era brutto quanto l’esterno: arcate enormi e sproporzionate si presentavano all’entrata, il pavimento lucidissimo mentre pareti, soffitto e qualunque altro elemento erano di un orribile color mattone. Al centro dell’ampio ingresso c’era un bancone, dove una segretaria sembrava indaffaratissima; a capo chino, dall’entrata si intravedeva solo l’attaccatura dei corti capelli neri.
    Maemi le si avvicinò, schiarendosi la gola per attirare l’attenzione. «Salve. Dobbiamo vedere il direttore».
    La signora non alzò neanche la testa. Si limitò a sopprimere una risatina. «Dopo le quattro di pomeriggio il direttore non riceve nemmeno quella disgraziata di sua moglie. Meglio se tornare domani mattina»
    Maemi non credeva fosse necessario un commento così personale, ma non replicò. Tirò fuori dallo zainetto la pergamena con il sigillo del Mizukage, e gliela porse. «Gli porti questa, e poi chieda se ci può o meno ricevere».
    Fu allora che il capo della donna si alzò, rivelando sottili occhi protetti da una montatura spessa che le dava un’aria da impiegata. Il suo sguardo passò velocemente dalla pergamena alle facce dei nuovi arrivati. «Aspettate qui» rispose infine, agguantando la missiva dalla mano della ragazza e balzando giù dalla sedia. Si diresse verso una porta sul fondo della sala, aprendola e sparendo all'interno.
    Maemi rimase sola con Yusuke, la sala sprofondata in un silenzio scomodo. Prese un bel respiro, alzando il capo e notando un imponente lampadario decorato con tantissime gocce di vetro. «Volevo darti un avvertimento» disse dopo qualche attimo, la voce bassa e le labbra che si muovevano il meno possibile. Gli occhi erano ostinatamente incollati al lampadario, unica cosa esteticamente piacevole della stanza. «Sappi che ho dato istruzioni alle mie evocazioni di portare un messaggio alle alte sfere della Nebbia con dei sospetti nei tuoi confronti. Se mi dovesse accadere qualcosa durante questa missione… be’, ci metterebbero poco a fare due più due».
    Solo allora Maemi si concesse un fugace sguardo al proprio compagno. «Se vuoi evitare di combinare casini con Kiri, ti conviene che torni viva. Chissà quante cose interessanti potrebbero scoprire, Luna di Sangue».
    Era questa l’idea escogitata con Shina: e tuttavia, la conversazione appena origliata aveva dato un senso nuovo a tutto il piano. Maemi non si era dilungata sul perché inviassero proprio quel ninja per una missione che lei reputava di sotto del suo calibro, potevano esserci infinite giustificazioni: recenti risultati mediocri, irritato la persona sbagliata, un evento traumatico che lo aveva debilitato, e così via. Poteva anche essere semplicemente un giudizio errato da parte di lei. Ma quelle parole… quella Tigre, quel dono… qualcosa puzzava. E Maemi aveva l’impressione che scavando avrebbe finito col cacciarsi in guai seri.
    Di contro, questo voleva dire che, se c’era davvero qualcosa in canna, l’Uchiha avrebbe voluto tenere Kiri il più lontano possibile da sé. E questo dava a Maemi un vantaggio, una garanzia in più di tornare a casa tutta intera… e magari riprendersi il ruolo che, secondo lei, le spettava all’interno dell’operazione.
    La porta si aprì, e nel silenzio totale sembrò produrre un gran baccano. Gli occhi blu della kunoichi scattarono verso la segretaria, che pareva essersi tesa tutto d’un tratto.
    «Prego» disse lei, facendo cenno alla porta. «Kurosawa-dono ha accordato a ricevervi».
    Maemi annuì, e senza guardare in faccia il proprio compagno si diresse verso la porta che conduceva all’ufficio. Yusuke non poteva dare in escandescenza in quel momento, non davanti alle autorità di un Paese estero, non mentre stavano lavorando per la missione. Era proprio per quel motivo che Maemi aveva atteso fino ad allora per sganciare la bomba.
    L’ufficio del direttore era molto più piccolo di quanto Maemi si sarebbe aspettata, ma per nulla spartano; al centro, seduto dietro la sua scrivania, c’era il signor Kurosawa. Si trattava di un uomo dalla stazza moderata, senza capelli e un accenno di barba grigia sul mento. Le mani sovrastavano una piccola pila di fogli, sotto i quali sbucava un angolino di quello che - ad essere maliziosi - somigliava ad un romanzetto.
    «Benvenuti a Mitsu, shinobi» li salutò, e sotto il tono cordiale si udì una nota seccata. Alzò una mano con la pergamena di Maemi. «Questa mi pare sia vostra».
    La kunoichi allungò la mano per recuperarla.
    «Lasciatemi dire che sono colpito dalla vostra dedizione al dovere. Non era necessario precipitarsi qui dopo un viaggio stancante, tanto giorno più o giorno meno...»
    Maemi alzò un sopracciglio. Non le era sfuggito che, sotto le belle parole diplomatiche, il signor Kurosawa fosse in realtà scocciato del disturbo. «Sono scomparse delle persone, signore» disse lei senza riuscire a contenersi. «Direi che giorno più o giorno meno conta, per loro».
    Kurosawa non sembrò contento. «Credi che stia prendendo la questione alla leggera?»
    «No, signore, mi perdoni. Mi presento: Maemi Takahashi, Chuunin di Kirigakure no Sato» si affrettò a rispondere, cercando di salvare la situazione per il rotto della cuffia. Fece una pausa, un intervallo di tempo che l'Uchiha avrebbe potuto usare per presentarsi, prima che la kunoichi riprendesse in mano le redini della situazione. «Oltre al presentarci, volevano confermare le informazioni rilasciate dal Villaggio e sapere se ci sono state delle novità» .
    Kurosawa aprì le mani e le rivolse coi palmi verso l’alto. «E che devo dire di più rispetto a quanto scritto? È scomparsa una ragazza» disse, con l’ovvietà di chi non sapeva come rendere più chiara l’emergenza. «Dieci giorni fa, per l’esattezza, al calar della notte. Da lì non c'è stato più nessun altro caso, ma...»
    «Scusi» lo interruppe Maemi, perplessa. «Ma le informazioni menzionavano diverse ragazze».
    «Oh, be', sì» disse lui velocemente, come se si fosse appena ricordato di un particolare importante. «Sì, sì, quella di cui ho parlato è solo l’ultima sparizione. Tutte ragazze e tutte con un unico tratto in comune».
    «I capelli rossi».
    «Esatto».
    «Ok. Il rapporto è stato molto vago per quanto riguardo i luoghi delle sparizioni... Mi saprebbe dire dove si stimano che siano scomparse queste ragazze? In che parti della città?»
    «Ehm...» brancolò lui, come se non capisse il motivo della domanda. «Nella zona est, principalmente. Nord est e sud est, pure».
    «Quindi ad Ai Chiku, Kansai e magari anche Kantou. I distretti più umili».
    Ci fu un lampo di sorpresa da parte di Kurosawa. «Vedo che conosci Mitsu, ragazza».
    «Per forza. Qui ci sono nata» rispose Maemi senza pensarci, pentendosene l’attimo dopo. «In merito ai provvedimenti adottati si dice che avete fatto qualche ispezione, setacciato gli edifici più sospetti ma nulla di più. Mi conferma?» chiese subito, come cercando di correggere in gran corsa il proprio errore.
    «Mmm… sì, all'incirca. Non avendo certezze su dove siano state rapite, abbiamo brancolato un po' nel buio».
    “Non vi siete nemmeno sforzati di cercarle” si ritrovò a pensare lei, che tuttavia non era sorpresa nel vedere quanto fossero inutili le forze militari di Mitsu. «Mi faccia indovinare» disse poi d’un colpo, la voce tagliente. «L’ultima ragazza rapita, quella che ha menzionato all’inizio. Da che parte proveniva?»
    Kurosawa aveva di certo annusato qualcosa; si agitò un attimo sul posto, a disagio. «Kayaku».
    Maemi ci avrebbe scommesso: Kayaku era la seconda zona più fiorente della città, dove le strade erano pulite e c’era un’effettiva tutela da parte delle autorità. Ci vivevano le persone con un certo reddito, parenti di dignitari o che avevano fatto favori alle persone giuste, e la differenza che c’era tra il resto della città era immensa. Formalmente, non esistevano nemmeno i distretti a Mitsu, ma si era creata la consuetudine di trattarli come tali proprio per la disparità di vita e regole che vigevano da una zona rispetto ad un’altra. E a Maemi questa cosa faceva rivoltare lo stomaco. «Ah, ecco» sputò lei, incapace di tenersi per sé lo schifo che provava. Fissò il volto tondo dell’uomo, gli occhi che le lampeggiarono di furia, perché lei sapeva la verità. «Avete alzato il sedere dalla sedia solo per questa signorina da bene. Cos’è, le vite delle altre ragazze valevano meno della sua?».
    Il volto di Kurosawa si fece paonazzo, l’orgoglio ferito di un dignitario sgridato. Ma Maemi aveva fatto centro e forse, sotto sotto, quell’uomo una coscienza ce l’aveva, tanto che si guardò bene dal redarguirla. «Ad ogni modo, gli assalitori lasciano questo simbolo ogni volta» borbottò, prendendo il foglio in cima alla piccola pila. «Non so se l’avete mai visto...»
    Maemi glielo strappò di mano, fulminandolo con lo sguardo prima di abbassare gli occhi sul disegno. Aggrottò le sopracciglia, squadrandolo per bene: si trattava di una specie di triscele, ma con ben sei gambi che si snodavano dal punto d’origine per arricciarsi su sé stessi. A primo impatto, ricordava vagamente la figura di un polpo visto dall’alto. Ricordava qualcosa del genere nelle informazioni del fascicoletto, ma non ci aveva prestato molta attenzione...
    «Non mi dice nulla» mormorò dopo qualche attimo, prima di porgere il pezzo di carta al proprio compagno, in attesa che anche lui dicesse la sua.
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    ChakraFisicoMentale
    -149-1-8=140;-Ottimale;-Furiosa;
    Borsa
    Armi da LancioAccessori
    -Kunai 10/10;-Filo metallico 30/30;
    -Shuriken 18/20;-Filo metallico 30/30
    -Cartabomba 5/5;-Kit Grimaldelli
    -//;-Occhio Cibernetico;
    Gilet
    Armi da LancioAccessori
    -Shuriken a Tre Punte 30/30;-Torcia Elettrica
    NA-Radiolina
    Fodero
    -Katana;
    Doppia Tasca da Coscia
    Armi da Lancio
    -Shuriken ad Astro 20/20;
    -//
    Note-Tre shuriken con dieci metri di filo attaccato ciascuno;
    -Cinque kunai con attaccata una cartabomba ciascuno;
    -Un kunai con trenta metri di filo attaccato;
     
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    Maemi non gli chiese nulla riguardo il motivo della sua sosta. Sospirò, riprendendo la marcia verso i quartieri più interni della città. Quando lei gli ebbe dato di nuovo le spalle, Yusuke si prese il tempo di estrarre con cautela il biglietto dalla tasca. Senza fermarsi, lanciandole di tanto in tanto un’occhiata per non perderla di vista, lo aprì. Il foglio era completamente bianco. Aggrottò le sopracciglia e lo volse dall’altro lato. Niente. Nessun messaggio, nessuna indicazione sul perché lo avessero mandato laggiù, oltre a risolvere quegli stupidi omicidi. Si rigirò il foglietto tra le dita, esaminandolo più da vicino. Doveva esserci un errore: un metodo più complesso per decifrare qualunque cosa avessero lasciato per lui su quel pezzo di carta, qualcosa per… "Merda".
    Yusuke alzò lo sguardo di scatto, accorgendosi che la sua compagna si era fermata davanti ad un edificio. Si bloccò anche lui di colpo, evitando di finirle addosso per un pelo, e fece sparire il biglietto nella tasca dei pantaloni. Dovette alzare il naso all’insù per vedere quello stabile nella sua interezza, che svettava fra i palazzi tra i quali era incastonato. Ad una prima occhiata gli parve ci fosse qualcosa di sbagliato, in quel complesso, che sembrava essersi sviluppato come una creatura viva fatta di legno e mattoni che cresce nel tempo, sghemba e priva di coerenza con le altre parti di sé stessa, fino ad occupare tutto lo spazio vitale possibile. Gli dava l’idea di un rampicante spinoso, che cresceva avviluppandosi alle abitazioni limitrofe fino a fagocitarle del tutto, prima o poi. Immaginò si trattasse della sede delle autorità locali a cui aveva accennato Maemi al porto. Non lo si poteva definire un posticino invitante, quello era certo.
    «Andiamo» fece la ragazza, grave.
    Superarono un portone di legno spesso e scuro, i cui cardini metallici cigolarono sofferenti quando lo spinsero in avanti. L’interno dell’edificio era… disorientante. Il pavimento in marmo era così lucido da sembrare riflettente, ricco di venature grigiastre che attraversavano ogni singola piastrella, formando un reticolato sempre diverso sotto i loro piedi. Al contrario, nonostante le arcate del soffitto esageratamente grandi, il color ruggine che imperava ovunque posasse lo sguardo creava un effetto opprimente, quasi soffocante. Circa al centro della stanza, poco distante da un solenne lampadario colmo di lacrime di vetro che rifrangevano sottili fasci di luce, c’era una donna china su una scrivania, intenta a scribacchiare qualcosa in silenzio. La Kunoichi della Nebbia le si avvicinò e la convinse a chiedere un’udienza ad un uomo che chiamò “il direttore”, consegnandole un documento che recava il sigillo del Mizukage. La segretaria abbandonò la sua postazione, sparendo dietro una porta sul fondo della sala. Yusuke seguì il rumore dei tacchi che echeggiavano nella stanza vuota. Fece qualche passo in circolo per ammazzare il tempo, nell’attesa. L’ultima cosa di cui aveva bisogno era l’ennesimo scambio di carinerie con la mocciosa della Nebbia, dunque meglio non restare troppo vicini, se lo si poteva evitare. O forse era esattamente quello di cui aveva bisogno, pensò in silenzio. Che lei gli desse una scusa per arrabbiarsi sul serio.
    «Volevo darti un avvertimento» mormorò Maemi alle sue spalle.
    Come punto da un pungiglione alla base del cranio, l’Uchiha ruotò il busto verso la sua compagna. Teneva lo sguardo appiccicato a quell’orrido lampadario di vetro, ma sembrava impaziente di dirgli qualcosa. Che altro c’era…?
    «Sappi che ho dato istruzioni alle mie evocazioni di portare un messaggio alle alte sfere della Nebbia con dei sospetti nei tuoi confronti».
    Yusuke sgranò gli occhi. "Che cosa…!?" Di che cosa stava parlando, quella stronzetta…?
    «Se mi dovesse accadere qualcosa durante questa missione… be’, ci metterebbero poco a fare due più due» continuò lei, imperterrita. Distolse lo sguardo dal soffitto e lo abbassò su di lui. Poteva quasi giurare di vedere quel suo stupido sorriso, nascosto sotto quella facciata di impostata tranquillità. «Se vuoi evitare di combinare casini con Kiri, ti conviene che torni viva. Chissà quante cose interessanti potrebbero scoprire, Luna di Sangue».
    Yusuke snudò i canini in un ghigno furioso. Com’era possibile che avesse scoperto il suo coinvolgimento con la Radice? Non era un caso che lo avesse chiamato Luna di Sangue proprio in quel momento: doveva aver spiato la sua conversazione con la vecchia al mercato. Ma come? Era sicuro che fosse abbastanza lontana per agire in sicurezza… Fece saettare gli occhi lungo il perimetro della stanza, tramutando l’oro delle sue iridi nel vermiglio dello Sharingan, fisso sugli occhi di lei.
    Controllo Perfetto dell'Abilità [La cito una volta per tutta la Missione]
    hTYoNey
    Villaggio: Tutti
    Livello: Sconosciuto
    Tipo: Capacità
    Lo Specializzato nella propria Abilità Innata, Generica o Unica riuscirà a sfruttare il massimo dalle proprie tecniche del Clan tramite una innata predisposizione e il duro lavoro su di esse, permettendogli di manipolare con più sicurezza e minor energie tali tecniche. Questo si traduce nella possibilità, massimo per tecniche di livello A, di pagare due tecniche da Abilità Innata o Generica ad un consumo diminuito: una per la metà arrotondata per difetto ed l'altra di un terzo arrotondato per eccesso (le B 6, le A 10 e così via).
    Questa Capacità può essere ottenuta soltanto da coloro che non posseggono Chakra Bonus ottenuto tramite Abilità Innata o Generica (Modalità Eremitica, Jinchuuriki etc..), o altri mezzi particolari come Segno Maledetto (anche se si è originari di Otogakure no Sato); fa eccezione per gli Pseudo-Jinchuuriki.
    Consumo: N/A

    Sharingan Tre Tomoe
    nnXZZrc
    Villaggio: Tutti
    Livello: B
    Tipo: Doujutsu
    Sviluppata la terza Tomoe l'Uchiha può, nel caso si accorga di essere preda d'un Illusione, dissolverla istantaneamente, anche se a base uditiva nel caso in cui le suddette Illusioni coinvolgano il senso della vista; per illusioni di livello A o superiore, quando disperse, l'utilizzatore dovrà pagare un surplus di Chakra pari al costo del Genjutsu disperso a cui andrà sottratto il costo dello Sharingan. Può inoltre utilizzare qualsiasi Genjutsu semplicemente con lo Sharingan senza usare alcuna impostazione delle mani, se la vittima ne incrocia lo sguardo. Lo Sharingan dona capacità di preveggenza permettendo all'Uchiha di prevedere qualunque attacco fisico, movimento, Taijutsu e Ninjutsu e capire se è una tecnica a base elementale o meno, e di conseguenza l'elemento utilizzato per la tecnica. Tuttavia, ogni schivata o contromossa è vincolata ai limiti fisici dell'utilizzatore. E' possibile inoltre copiare qualsiasi Taijutsu, Ninjutsu e Genjutsu visto ed utilizzarli in combattimento fino al termine dello stesso.
    Consumo: 8/2= 4 (A Turno)

    La sala era deserta. Della segretaria non c’era alcun segno e non v’era nessun altro in vista. Espirò con modulata lentezza, stringendo gli occhi a due fessure. Non importava come avesse fatto a scoprirlo. Aveva tutto il tempo per sistemare le cose. Orientato a tre quarti rispetto a Maemi, fece scattare il meccanismo della lama celata sul braccio sinistro, a lei nascosto. Fece un passo in avanti, concentrando il Chakra nella sua Arte Oculare.
    «Prego» si udì una voce dall’altro lato della stanza.
    Gli occhi di entrambi gli Shinobi scattarono verso la fonte di quel suono. Era la segretaria, riemersa dal suo breve confronto con il direttore.
    «Kurosawa-dono ha accordato a ricevervi».
    Un movimento secco del polso e la lama tornò all’interno della guida che la ospitava, nascosta dalle bende e dalla manica dell’abito. Maemi zampettò all’istante verso l’ufficio nel quale erano stati invitati, lasciandolo lì schiumante di rabbia. Una mano serrata intorno all’impugnatura della spada fino a farsi sbiancare le nocche, la seguì senza aprire bocca. La donna li fece accomodare all’interno di un ufficietto che odorava di aria viziata, chiudendo la porta alle loro spalle. Li lasciò soli con un uomo che gli parve d’aspetto dimenticabile, seduto dietro alla sua scrivania, ma non vi prestò troppa attenzione perché afflitto da ben altri pensieri. "Quella piccola, lurida…" imprecò in silenzio, mordendosi la lingua. La sua priorità era appena diventata capire quale messaggio la ragazzina avesse affidato alle sue evocazioni. Che cosa aveva capito? Quali erano i sospetti che nutriva su di lui…? E, soprattutto, quando era avvenuto tutto questo? Non l’aveva persa di vista un secondo, da quando erano scesi dalla nave, e non si era accorto di nessuna evocazione da parte sua, mentre il messaggio doveva per forza averlo trasmesso dopo il suo incontro con l’agente della Radice. Allontanò dalla mente il fastidioso brusio delle voci di Maemi e del capo dei gendarmi del luogo. Niente di tutto quello che si stavano dicendo aveva importanza, in quel momento. "A meno che non avesse già evocato qualcosa di molto piccolo sul traghetto, o un animale passato inosservato… come un uccello" ragionò, scoccando un’occhiata furibonda alla ragazza, impegnata a discutere con il suo interlocutore. C’era anche la possibilità che lei avesse fatto qualcosa mentre lui era impegnato a parlare con la vecchia, approfittando dell’unico altro momento in cui non era sotto la sua sorveglianza. Si passò la lingua lungo l’arcata superiore dei denti, riflettendo. Doveva interrogarla e spremerle tutto quello che sapeva, soprattutto per quanto riguardava il coinvolgimento del Villaggio della Nebbia. Poi avrebbe deciso cosa fare.
    «Non mi dice nulla» mormorò Maemi, prima di porgergli un foglio su cui c’era scarabocchiato qualcosa.
    Yusuke la fulminò con lo sguardo. Avrebbe voluto prendere quel pezzo di carta e ficcarglielo in gola con la forza, appallottolato abbastanza bene da impedirle di respirare. La Takahashi aveva dimostrato ancora una volta di non essere affatto stupida: aveva aspettato che si trovassero lì, di fronte a testimoni troppo importanti perché lui potesse farle del male. Ma allora perché informarlo che lo aveva scoperto, rendendosi apertamente un bersaglio? C’erano troppe cose che non sapeva, in quella faccenda delirante.
    Prese il foglio tra le dita e lo osservò con calma, ricacciando più in basso il gorgo di pece e melma che suppurava ad ogni suo respiro. Era un simbolo, formato da sei tentacoli intrecciati in un motivo circolare e simmetrico. Gli bastò lanciare una rapida occhiata agli altri due per capire che doveva trattarsi di qualcosa di importante, ma oscuro. Se non fosse stato così preso dai suoi pensieri, forse avrebbe anche capito di che cosa stavano parlando.
    «Mai visto niente del genere» ammise, scuotendo la testa. Piegò il foglio in due e lo ripose in una tasca interna dell’abito, al di sotto del mantello. «Ma ci lavoreremo sopra. Avete altro da cui possiamo partire?»
    L’uomo lo guardò con l’espressione idiota di chi non sta capendo dove vuoi andare a parare. Lui cercò di darsi il tono di chi sapeva quello che stava dicendo.
    «Nomi, dati… tutto quello che avete raccolto prima del nostro arrivo» lo incalzò Yusuke.
    «Oh», sembrò riscuotersi il direttore, posando gli occhi sul caos che regnava sulla scrivania. «…Sì. Certo».
    Scostò alcuni documenti da una piccola pila e gli porse un fascicolo, a dire il vero molto più scarno di quanto si aspettava, dato il numero di casi collegati a quelle sparizioni.
    «Ecco qui. Non è molto, ma…», Kurosawa lanciò un’occhiata a Maemi, a disagio. «è un punto di partenza».
    L’Uchiha fece un cenno alla ragazza, perché prendesse lei la cartellina. Voleva avere entrambi le mani libere, per quello che sarebbe venuto dopo.
    «Bene. Direi che allora per il momento è tutto». Avevano già perso abbastanza tempo lì dentro. Dubitava che avrebbero trovato qualcosa di utile in quel fascicolo, data l’assenza di risultati prima del coinvolgimento dei loro Villaggi. «Vi terremo aggiornati sulle nostre indagini».
    Fece un brusco cenno del capo al direttore di quella gendarmeria e si voltò per andarsene. Varcata la porta dell’ufficio senza troppi complimenti, si scontrò con un uomo in uniforme che stava compiendo lo stesso percorso in direzione opposta. Le sue narici si arricciarono per il forte odore di tabacco che proveniva dal soldato.
    L’uomo piegò in avanti la visiera del suo cappello, in un inchino appena accennato. «Oh, chiedo scusa».
    Yusuke grugnì qualcosa in risposta e si affrettò a lasciare l’edificio, senza degnarlo di uno sguardo. Non appena il pesante portone si fu richiuso alle sue spalle, fece scattare un braccio verso Maemi per cercare di afferrarle il vestito e sbatterla contro la parete di pietra.
    «A che gioco stai giocando!?» sibilò, vicinissimo al suo viso.
    Cercò il suo sguardo e lanciò un’Illusione per estorcerle le informazioni di cui aveva bisogno.
    Genjutsu: Sharingan - Tecnica Illusoria: Sharingan
    GSXY
    Livello: C
    Tipo: Genjutsu
    Questo Genjutsu è il marchio caratteristico dello Sharingan e della abilità dello stesso nell'Arte delle Illusioni. A questo livello è utilizzabile in due modi, da scegliere al momento del lancio della tecnica. In ogni caso il Genjutsu necessita almeno del contatto visivo della vittima con lo Sharingan e dell'immobilità dell'utilizzatore durante la sua attuazione. Un utilizzo può essere portato contro uno Shinobi inferiore d'almeno due gradi e solo se colto totalmente di sorpresa e consisterà nel cancellare gli ultimi trenta secondi della sua memoria per fargli rivivere costantemente gli ultimi dieci minuti vissuti, facendolo cadere in uno stato di ipnosi. L'illusione è pericolosa nel caso in cui si abbia vissuto dieci minuti pressoché neutri, come in un appostamento ed in tal caso ci potrebbe mettere anche un'ora a comprendere di essere vittima d'un illusione. Se utilizzata in questo modo su un soggetto incapace di controllare il Chakra, come un civile o un comune Samurai, il suo effetto sarà quello di farlo svenire sul colpo per dodici ore.
    In alternativa si potrà utilizzare il Genjutsu con lo scopo d'estorcere informazioni alla vittima. Sarà necessario che l'utilizzatore rimanga immobile fissando negli occhi il bersaglio per tutto il tempo in cui il Jutsu viene adoperato e non più distante di due metri da esso. L'Uchiha dovrà fare una semplice domanda per volta, in modo chiaro e comprensibile al bersaglio che dovrà rispondere. I parigrado o superiori all'utilizzatore potranno rifiutarsi di rispondere rinchiudendosi in uno stato catatonico da cui potranno uscire solo se il Jutsu viene dissolto, oppure dopo due Turni. Gli inferiori di un grado o più, saranno tenuti a rispondere con precisione a qualsiasi domanda. Gli specializzati in Genjutsu sono considerabili di un grado superiore nell'uso di questo Jutsu, se lo subiscono.
    E' possibile dissolvere l'illusione con il Kai o subendo una ferita d'entità medio-lieve. Una volta dissolta ritorna anche la memoria degli ultimi trenta secondi precedentemente cancellati dall'Uchiha.
    Consumo: 4-1= 3

    «Cosa intendi per sospetti sul mio conto? Qual è il messaggio che hai affidato alle tue creature…?» Si spinse ancora un po’ più vicino alla ragazza, avvertendo dentro di sé l’esaltazione di Baku per l’improvvisa piega violenta che stavano prendendo gli eventi. Gli orecchini di carta frusciarono, come sospinti da un leggero soffio di vento. «Puoi ancora metterti in contatto con loro, per richiamarle indietro?»

    ~Yusuke Uchiha
    ChakraFisicoMentale
    269-4-3= 262Ottimale.Furente.
    ~Equip
    SlotOggettoNote
    IndossataLame RetrattiliPolsi
    FoderoSpada KusanagiFianco destro
    Rotolo MinoreScudoBraccio dx
    T. SupplFumogeni[5/5]Coscia dx
    ~Borsa
    Armi
    Kunai [8/10]Shuriken [20/20]Shuriken [20/20]
    Kunai [10/10]Palla Luce [2/2]
    Accessori
    Occhio CiberneticoPietra FocaiaMaschera Respiratoria
    Radiolina
    ~Gilet
    ArmiAccessori
    ~Note
    Note
    Sharingan ≈Attivato
    Unione Demoniaca ≈ Disattivata
    Due Palle Luce ≈ Legate a due Kunai [2/2]
    Guanti ≈ Indossati
    Coprinaso in Bende ≈ Riposto
    Occhialoni ≈ Riposti

     
    .
  12.     +1   +1   -1
     
    .
    «Parlato Maemi» - "Pensato Maemi" - «Parlato Yusuke» - «Parlato Altri»


    Henge No Jutsu - Tecnica della Trasformazione
    GVoe
    Villaggio: Tutti
    Livello: E
    Tipo: Ninjutsu
    Grazie a questa Tecnica il Ninja potrà assumere l'aspetto d'una qualsiasi persona o oggetto, ma il peso e le dimensioni reali dell'utilizzatore rimarranno invariate e non potrà trasformarsi in nulla di più piccolo di un cucciolo di cane o più grande di un orso.
    Siccome la Tecnica non cambia il peso dell'utilizzatore bisogna fare attenzione, ad esempio sarà infatti possibile tramutarsi in uno Shuriken Gigante, ma sarà poi impossibile lanciarlo in assenza di un bonus alla Forza. Eventuali Armi possedute dal Ninja saranno utilizzabili solo se non camuffate tramite questa Tecnica. Questa è considerata la Tecnica di livello E più difficile da apprendere, difatti solo un Genin molto abile sarà capace di replicare alla perfezione l'aspetto di qualcuno, mentre inizialmente sarà possibile ad un occhio attento notare diverse imperfezioni.
    La tecnica si dissolve dopo aver subito un danno lieve.
    Consumo: 1 (A Turno)

    «Bene. Direi che allora per il momento è tutto».
    Maemi tenne gli occhi fissi su quelli rossi di Yusuke del Clan Uchiha; non le era sfuggito il cambiamento repentino del colore di questi ultimi, un fatto strano e ancora inspiegabile, ma che già aveva visto in apertura del loro combattimento. Non promettevano nulla di buono, ma la ragazza cercava di mantenersi salda nella sua convinzione che il ninja non poteva farle alcunché. Giusto…?
    Mettendosi sotto al braccio la cartellina presa da Kurosawa, la ragazza fece un frettoloso inchino al direttore e seguì l'Uchiha verso l'uscita, scostandosi per far passare un uomo che puzzava di fumo e intento ad entrare nell'ufficio proprio in quel momento. L'aria tra i due Shinobi era forse più tesa di una corda di violino, ma Maemi cercava di ignorarlo. Era nel giusto. Sarebbe andato tutto bene...
    Una morsa ferrea le afferrò i vestiti nel momento in cui si richiuse il portone, e senza quasi capire che stesse succedendo la ragazza si ritrovò con la schiena che sbatteva contro la parete in pietra, facendole scivolare per terra la cartellina che aveva al braccio.
    Maemi trasalì, la mano che istintivamente scattò alla borsa portarmi; Yusuke le si parava davanti, gli occhi rossi e neri che la riempivano la visuale. Quello sguardo fisso su di lei, come pronto a sbranarla, la fece rabbrividire. I battiti della kunoichi accelerarono, la mano che tirava fuori un kunai, lasciando il braccio armato rigido sul fianco, senza osare fare il primo passo.
    «A che gioco stai giocando!?» ringhiò lui, ad un palmo da lei. Lei ricambiò lo sguardo, cercando di nascondere la paura della situazione. Sentiva il calore del suo fiato sul viso, qualcosa che era in grado di disortientarla. Aprì la bocca con l'intento di rispondergli per le rime, ma temendo che la voce uscisse tremolante la richiuse subito.
    «Cosa intendi per sospetti sul mio conto? Qual è il messaggio che hai affidato alle tue creature…?»
    A Maemi si seccò immediatamente la gola; le labbra tremanti si aprirono contro il suo volere. «Ho... inventato. Ti dovevo accusare di volermi uccidere» rispose con evidente difficoltà. Sgranò gli occhi. Che diamine… ma non voleva rispondergli. Non voleva parlare, eppure una specie di pressione dentro la testa le impediva di starsene zitta. Che stava succedendo...?
    «Il messaggio in sé non doveva essere importante» riprese, mentre la testa cercava disperatamente di capire cosa c'era che non andava. «Dovevo convincerti a tenermi in vita ad ogni costo».
    Aveva fatto qualcosa, ne era certa, ma come? Quando? Non c’era stato di mezzo alcun Sigillo. Doveva farlo smettere… non poteva permettersi di vuotare il sacco, il suo piano sarebbe andato in fumo.
    «Puoi ancora metterti in contatto con loro, per richiamarle indietro?»
    «Impossibile» rispose subito, prima di potersi mordere la lingua. La sua mente volò ancora una volta al loro combattimento, e ricordò quello che era successo quando erano saltati fuori gli occhi rossi dell’Uchiha. Quegli occhi... erano gli occhi, ne era certa. In passato erano stati in grado di catapultarla in una potentissima illusione. Possibile che anche questa volta...?
    Serrò i denti, il volto contorto da una furia improvvisa. Tentò di spintonare con violenza l'Uchiha, allontanandoselo di dosso, per poi portarsi una mano a formare un Sigillo. «Kai!» esclamò, usando un tono moderato per evitare di far baccano. Immediatamente, la pressione immaginaria dentro la sua testa sembrò scomparire, e si accorse dunque di avere ragione: quel brutto bastardo aveva usato un Genjutsu. Aveva cercato di interrogarla contro il suo volere.
    Kai - Disperdi
    GVoq
    Villaggio: Tutti
    Livello: E
    Tipo: Ninjutsu
    Questa Tecnica elementare viene insegnata agli Studenti fin dai tempi dell'accademia. Il Jutsu è di facile applicazione, a patto che ci si accorga di essere caduti all'interno di un Genjutsu, poiché basta comporre un singolo sigillo e pronunciare la parola "Kai" per dissolvere l'illusione. Con questa Tecnica sarà anche possibile liberare altri soggetti caduti in un Genjutsu, sempre che si riesca a rendersene conto. Per farlo si dovrà comporre un singolo Sigillo ad una mano e poggiare l'altra sulla spalla della vittima, concentrando il proprio Chakra dentro la stessa, per interrompere il flusso di Chakra destabilizzante e farla tornare in sé. Questa ultima variante non è utilizzabile su sé stessi, nemmeno mediante i Kage Bunshin.
    La tecnica ha effetto solo con alcuni Genjutsu.
    Consumo: 4

    Maemi era nera di rabbia. La mano sinistra, tremante, si era chiusa come una morsa sull’impugnatura del kunai. «Come ti permetti di usare Illusioni su di me?!» sibilò, sebbene gli avrebbe volentieri sbraitato in faccia. «Forse non ti è chiaro il concetto, provo a spiegarmi meglio: uccidimi e ti scaverai la fossa con le tue stesse mani. Sì, per ora Kiri è ancora all’oscuro del tuo segreto, ma se si mettesse ad investigare - e lo farà, nel caso morissi - allora rimarresti fregato. Io ho origliato quello che ti sei detto con la vecchia, ma non so altro. Capito ora?»
    Maemi fece un respiro profondo, un po’ per riprendere fiato e un po’ per calmarsi. Si abbassò per riacchiappare la cartellina e schiaffarla malamente sul petto del proprio compagno. Lo fissò in viso, attenta a non incrociare i suoi occhi. «Senti, a me non frega nulla di ciò che ho sentito. Voglio solo assicurarmi di tornare a casa viva e mi perdonerai se non nutro la benché minima fiducia nei tuoi riguardi. Dunque, se farai il bravo, il tuo piccolo segreto rimarrà tale. Hai il mio giuramento, e io non giuro mai il falso».
    Fece alcuni passi indietro, allontanandosi senza tuttavia distogliere gli occhi dall’Uchiha, ancora fumante di rabbia ma abbastanza salda di testa per reagire con lucidità. La mano era ancora tesa sull’impugnatura del kunai, pronta a tutto.
    «Pensaci un po’, questa notte» le suggerì lei, pungente. «E capirai che accettare i miei termini è la tua unica possibilità. Ah... un’ultima cosa: aggredire uno shinobi di un altro Villaggio è un’offesa molto grave. Non osare mai più toccarmi».

    ***


    Maemi non si era diretta immediatamente a cercare l’alloggio per dormire; invece, aveva fatto una breve sosta alla biblioteca della città. Breve perché l’edificio avrebbe chiuso in meno di venti minuti.
    La kunoichi non aveva con sé il disegno del simbolo fornitole dal direttore, perché se l’era tenuto quella merda di Uchiha. Ma se lo ricordava bene, e provò a ridisegnarlo per far capire al bibliotecario quello che cercava.
    «Mmm» fece lui, aggrottando le sopracciglia. «Credo ci sia menzione di qualcosa del genere in alcune vecchie leggende popolari. Ma purtroppo tutti i libri che ne trattano sono già stati prenotati».
    «Senta» fece lei, per nulla dell’umore adatto per le stronzate, «non prendiamoci in giro. Il fatto che manchi qualche minuto alla chiusura non giustifica raccontare balle...»
    Il signore le scoccò un’occhiata gelida. «Non sono balle. Se proprio ci tieni a saperlo, tutti i libri che parlano di quel simbolo sono stati prenotati da Miyako Yamamoto».
    «Dovrei sapere chi è?»
    «È la moglie del consigliere Yamamoto. Devi vivere sotto una roccia per non sapere chi è, sua figlia è recentemente scomparsa»
    Ah. Allora era Yamamoto il nome della famiglia altolocata che si era appena vista strappar via la figlia. “Ma cosa diavolo sta cercando di fare, quella donna?” si chiese Maemi, confusa. Scosse la testa, lasciando perdere la questione per tornare a rivolgersi al bibliotecario. «Ma non si possono portar via più di tre libri per volta! Me l’ha detto lei!»
    Di contro, ricevette uno sbuffo. «E io dovrei fare il pignolo con una madre che ha appena perso la figlia? Nossignore. Sono padre anch'io».
    La ragazza uscì dall’ingresso della biblioteca cinque minuti dopo, ancora più scocciata di prima. Ormai l’oscurità era scesa sulla città, mangiandosi ogni cosa e facendola sprofondare in un brutto senso di immobilità. A Mitsu c’era una illuminazione molto scarsa, dato che in alcune abitazioni ancora mancava la corrente; ma Maemi non aveva paura del buio, e si incamminò verso una locanda che aveva visto all’andata, scelta apposta perché non puzzava di puttane. “Kayaku” pensò lugubre, sapendo perfettamente dove fosse il distretto. Era molto più piccolo rispetto a quelli più poveri come Ai Chiku, per esempio, ma doveva capire dove fosse la residenza del consigliere Yamamoto. Dopo così tanti giorni, le tracce del Mukenin nei luoghi delle sparizioni si erano freddate. L'unico indizio che valeva la pena di investigare era proprio quello strano simbolo. E se la signora Yamamoto era così interessata, magari un motivo c'era. Magari poteva trovare qualcosa di interessante a Kayaku. Sì… sarebbe stata quella la sua prossima destinazione. E sarebbe andata da sola.

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    -Kunai 10/10;-Filo metallico 30/30;
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    -Cartabomba 5/5;-Kit Grimaldelli
    -//;-Occhio Cibernetico;
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    -Shuriken a Tre Punte 30/30;-Torcia Elettrica
    NA-Radiolina
    Fodero
    -Katana;
    Doppia Tasca da Coscia
    Armi da Lancio
    -Shuriken ad Astro 20/20;
    -//
    Note-Tre shuriken con dieci metri di filo attaccato ciascuno;
    -Cinque kunai con attaccata una cartabomba ciascuno;
    -Un kunai con trenta metri di filo attaccato;
     
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    Sharingan Tre Tomoe
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    Villaggio: Tutti
    Livello: B
    Tipo: Doujutsu
    Sviluppata la terza Tomoe l'Uchiha può, nel caso si accorga di essere preda d'un Illusione, dissolverla istantaneamente, anche se a base uditiva nel caso in cui le suddette Illusioni coinvolgano il senso della vista; per illusioni di livello A o superiore, quando disperse, l'utilizzatore dovrà pagare un surplus di Chakra pari al costo del Genjutsu disperso a cui andrà sottratto il costo dello Sharingan. Può inoltre utilizzare qualsiasi Genjutsu semplicemente con lo Sharingan senza usare alcuna impostazione delle mani, se la vittima ne incrocia lo sguardo. Lo Sharingan dona capacità di preveggenza permettendo all'Uchiha di prevedere qualunque attacco fisico, movimento, Taijutsu e Ninjutsu e capire se è una tecnica a base elementale o meno, e di conseguenza l'elemento utilizzato per la tecnica. Tuttavia, ogni schivata o contromossa è vincolata ai limiti fisici dell'utilizzatore. E' possibile inoltre copiare qualsiasi Taijutsu, Ninjutsu e Genjutsu visto ed utilizzarli in combattimento fino al termine dello stesso.
    Consumo: 8/2= 4 (A Turno)

    «Ho… inventato» gracchiò Maemi, nel vano sforzo di resistere al suo Genjutsu. «Ti dovevo accusare di dovermi uccidere».
    Yusuke si bloccò. "Che cosa!?" Quello che diceva non aveva senso. Perché mai avrebbe dovuto accusarlo di una cosa del genere…?
    Si tuffò nelle profondità dei suoi occhi grandi, magicamente inchiodati ai suoi dal flusso di Chakra che li univa. Sembrava… spaventata. Sotto il peso del suo braccio premuto contro di lei, ne avvertiva il petto alzarsi ed abbassarsi, in un tumulto contenuto a fatica. Continuò a scavare, senza distogliere lo sguardo. Le avrebbe strappato fuori tutta la verità.
    «Il messaggio in sé non doveva essere importante. Dovevo convincerti a tenermi in vita ad ogni costo».
    Allentò la presa che la teneva inchiodata al muro, quasi senza volerlo. Inclinò il capo e fissò un punto tra i ciottoli ai suoi piedi, pur senza vederlo sul serio. Era solo un altro dei suoi stupidi trucchi. Il tutto organizzato per… impedirgli di ucciderla?
    Il sollievo per non aver sentito nominare nulla che potesse ricollegarlo alla Radice si mescolò ad un senso di grottesca inquietudine, perché faticava a dare un senso logico a tutto quello che era accaduto negli ultimi minuti. Lei approfittò della sua esitazione per spingerlo via, scrollandoselo di dosso. Lui si riscosse dai suoi pensieri, notando quanto Maemi fosse arrabbiata per essere stata soggiogata da lui. Tremava, perfino, le nocche di una mano sbiancate intorno all’impugnatura di un kunai, che stringeva in maniera spasmodica, come se potesse dargli una qualche forma di sicurezza contro di lui.
    «Come ti permetti di usare Illusioni su di me?!» lo accusò la ragazza con rabbia mal trattenuta. «Forse non ti è chiaro il concetto, provo a spiegarmi meglio: uccidimi e ti scaverai la fossa con le tue stesse mani».
    Yusuke si mise le mani tra i capelli. «Ma perché sei così ossessionata dall’idea che io voglia ucciderti, stupida ragazzina!?»
    «Sì, per ora Kiri è ancora all’oscuro del tuo segreto, ma se si mettesse ad investigare - e lo farà, nel caso morissi - allora rimarresti fregato. Io ho origliato quello che ti sei detto con la vecchia, ma non so altro. Capito ora?» continuò lei, imperterrita.
    A Yusuke corse un brivido ghiacciato lungo la schiena. Allora aveva davvero ascoltato tutta la sua conversazione con il contatto della Radice. Il fatto che lo avesse chiamato Luna di Sangue era stata fin da subito un’indicazione troppo chiara, perché le cose potessero essere andate in maniera diversa. Si sentì ribollire di rabbia per il modo in cui Maemi si era presa gioco di lui.
    «Attenta a dove cerchi di ficcare quel tuo bel nasino, principessa» ringhiò lui a bassa voce. «Non sono io la cosa peggiore di cui dovresti preoccuparti, qui».
    Piccola stupida. Non si rendeva conto di quello in cui si stava cacciando. Se il suo legame con la Radice fosse stato scoperto dal Villaggio della Nebbia, non aveva il benché minimo dubbio che Emon Saburo avrebbe mandato qualcuno per sistemare le cose… e sarebbero spariti entrambi nel nulla. La Kunoichi raccolse la cartellina da terra e gliela sbatté sul petto in malo modo. Lo guardò, ma l’Uchiha si accorse che stava molto attenta a non fissarlo direttamente negli occhi. Arrivati a quel punto doveva aver capito che era lo Sharingan, la fonte delle sue Illusioni. Lui allungò una mano verso il fascicolo.
    «Senti, a me non frega nulla di ciò che ho sentito. Voglio solo assicurarmi di tornare a casa viva e mi perdonerai se non nutro la benché minima fiducia nei tuoi riguardi. Dunque, se farai il bravo, il tuo piccolo segreto rimarrà tale. Hai il mio giuramento, e io non giuro mai il falso».
    Maemi si allontanò da lui, che rimase in silenzio guardandola torvo. Serrò la presa sulla cartella, stropicciandola sotto le dita artigliate che scavavano nella copertina.
    «Pensaci un po’, questa notte, e capirai che accettare i miei termini è la tua unica possibilità» lo derise lei ancora una volta. Doveva proprio cercare di avere l’ultima parola, quella bastarda. «Ah... un’ultima cosa: aggredire uno Shinobi di un altro Villaggio è un’offesa molto grave. Non osare mai più toccarmi».
    Yusuke esplose di una furia che gli saliva da dentro. «Ah, è così, eh!? Benissimo! Fai pure quel che ti pare, mia cara: puoi anche andartene all’inferno, per quel che mi riguarda!» Le puntò un dito contro, agitando la cartellina con l’altra mano. «Non ho bisogno di te per sistemare questa merda. Anzi, mi stai addirittura facendo un favore», la schernì, allargando entrambe le braccia, «senza il tuo peso morto farò molto più in fretta.
    Quando la ragazza fu sparita dietro l’angolo, il sorriso beffardo di Yusuke gli morì sulle labbra, tramutandosi in un ghigno furibondo. Si voltò e scagliò in aria il fascicolo, dando voce a tutta la sua frustrazione in un grido bestiale. Diversi fogli sfuggirono dalla cartellina aperta e svolazzarono in aria, spargendosi sul ciottolato lì intorno. Yusuke si piantò le unghie nei palmi delle mani, ansante. Rimase lì, con i canini snudati ed il respiro affannoso.
    "Un’ottima uscita di scena, non c’è che dire" sussurrò Baku in un angolo della sua mente. "Il lancio dei fogli, poi, è stato un vero tocco di classe".
    Yusuke grugnì in risposta al suono della sua risata argentina. «Baku, non cominciare». Si massaggiò gli occhi con i palmi di entrambe le mani, respirando a fondo. «Perché quella mocciosa è così fissata con l’idea che io voglia ucciderla?»
    "Beh, tecnicamente hai cercato di ammazzarla, quando avete combattuto…"
    «Baku…» ringhiò lui, dimentico di star parlando ad alta voce.
    "Avresti dovuto ucciderla quando ne avevi l’occasione, come IO ti av—"
    «…Ti ho detto di farla finita!»
    La Divoratrice di Sogni si acquietò, e Yusuke fu di nuovo consapevole di trovarsi ancora in mezzo alla strada, insieme ad altre persone. Inclinò il capo e si accorse della presenza di alcuni passanti, impalati a pochi passi da lui, che lo osservavano come se fosse uscito completamente di testa. Le loro espressioni turbate e in apprensione lo facevano imbufalire ancora di più. «Beh? E voi che diavolo avete da guardare…!?» latrò, scoccandogli una delle sue peggiori occhiate.
    Quelli se ne andarono in fretta, scacciati dai suoi modi aggressivi. L’Uchiha allentò la tensione sulle spalle contratte e chiuse gli occhi, sospirando. Dentro di lui avvertì l’eco delle risate del demone, in lontananza. Si stava divertendo a vederlo in quelle condizioni.
    «Accidenti».
    Si mise in ginocchio e raccolse i fogli sparsi lì attorno, rimettendoli nella cartellina uno ad uno. Cercò di non soffermarsi di proposito sulle fotografie delle ragazze scomparse, mentre impilava i fogli l’uno sull’altro, ricacciando in profondità un moto di pietà nei loro confronti. Spostò l’attenzione sulla sua mano aperta: stava tremando. La rabbia poteva essere uno strumento potente, ma solo se non era lei a controllarci; così gli aveva insegnato Saburo, poco dopo averlo riportato alla Foglia dopo il massacro dei fedeli all’Ordine dell’Eclissi. Strinse la mano a pugno e la riaprì di scatto, con un respiro secco. "Solo la missione" recitò, riassumendo il controllo di sé. Che Maemi andasse dove le pareva. Avrebbe completato la missione anche senza il suo aiuto. "A partire dal significato di questo". Estrasse dalla tasca il foglietto piegato che gli aveva dato la vecchia e rimase a guardarlo, senza aprirlo. Era impossibile che la Radice gli avesse fornito un messaggio vuoto; doveva aver sbagliato qualcosa la prima volta che aveva provato a leggerlo, per cui valeva la pena ritentare. Prese un bel respiro e lo riaprì. Sgranò gli occhi, portandoselo più vicino al viso. Sul foglio c’era disegnato lo stesso simbolo che gli aveva mostrato la Takahashi, i sei tentacoli intrecciati in un motivo circolare in una sorta di doppia triscele. Era certo si trattasse dello stesso emblema. Dove aveva messo l’altro?
    Rovistò nelle tasche degli abiti finché non trovò quello preso in gendarmeria e li posizionò uno accanto all’altro, sopra la cartellina poggiata a terra. Le due immagini erano identiche, anche se disegnate da due mani differenti. Yusuke esultò in silenzio, prima di aggrottare la fronte. Perché prima non era riuscito a vederlo? Cos’era cambiato? "A meno che…" Interruppe il flusso di Chakra ai bulbi oculari e lo Sharingan svanì nell’oro liquido dei suoi occhi dal retaggio demoniaco. Il simbolo sul primo foglio, quello più a sinistra, scomparve. "Lo sapevo…!" Un messaggio vergato con il Chakra, che solo lui o quelli con abilità paragonabili alle sue potevano decifrare. Raccolse tutto quanto da terra e si mise la cartellina sotto il braccio. Se era su quello strano simbolo che la Radice voleva lui si concentrasse, allora così avrebbe fatto. Le sue indagini sarebbero partite da lì.

    ~Yusuke Uchiha
    ChakraFisicoMentale
    262-4= 258Ottimale.Determinato.
    ~Equip
    SlotOggettoNote
    IndossataLame RetrattiliPolsi
    FoderoSpada KusanagiFianco destro
    Rotolo MinoreScudoBraccio dx
    T. SupplFumogeni[5/5]Coscia dx
    ~Borsa
    Armi
    Kunai [8/10]Shuriken [20/20]Shuriken [20/20]
    Kunai [10/10]Palla Luce [2/2]
    Accessori
    Occhio CiberneticoPietra FocaiaMaschera Respiratoria
    Radiolina
    ~Gilet
    ArmiAccessori
    ~Note
    Note
    Sharingan ≈Disattivato
    Unione Demoniaca ≈ Disattivata
    Due Palle Luce ≈ Legate a due Kunai [2/2]
    Guanti ≈ Indossati
    Coprinaso in Bende ≈ Riposto
    Occhialoni ≈ Riposti

     
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    «Parlato Maemi» - "Pensato Maemi" - «Parlato Yusuke» - «Parlato Kurosawa» - «Parlato altri» - «Parlato altri»


    Henge No Jutsu - Tecnica della Trasformazione
    GVoe
    Villaggio: Tutti
    Livello: E
    Tipo: Ninjutsu
    Grazie a questa Tecnica il Ninja potrà assumere l'aspetto d'una qualsiasi persona o oggetto, ma il peso e le dimensioni reali dell'utilizzatore rimarranno invariate e non potrà trasformarsi in nulla di più piccolo di un cucciolo di cane o più grande di un orso.
    Siccome la Tecnica non cambia il peso dell'utilizzatore bisogna fare attenzione, ad esempio sarà infatti possibile tramutarsi in uno Shuriken Gigante, ma sarà poi impossibile lanciarlo in assenza di un bonus alla Forza. Eventuali Armi possedute dal Ninja saranno utilizzabili solo se non camuffate tramite questa Tecnica. Questa è considerata la Tecnica di livello E più difficile da apprendere, difatti solo un Genin molto abile sarà capace di replicare alla perfezione l'aspetto di qualcuno, mentre inizialmente sarà possibile ad un occhio attento notare diverse imperfezioni.
    La tecnica si dissolve dopo aver subito un danno lieve.
    Consumo: 1 (A Turno)


    Maemi irruppe nell’ufficio di Kurosawa alle sette e mezza di mattina, ignorando le sgridate imbufalite della segretaria che le intimava di aspettare, poiché il direttore era già occupato con qualcuno. Ma Maemi era troppo scontrosa per crederle: aveva dormito poco, con la sua spada a portata di mano, la paranoia che le faceva pensare alle peggiori possibilità, e pertanto era di cattivissimo umore. Le parole dell’Uchiha ancora le risuonavano a intervalli regolari nelle orecchie, facendola fumare. Oh, gliel’avrebbe fatto vedere, a quel pallone gonfiato, chi era il peso morto.
    Con sua grande sorpresa, Maemi scoprì di aver torto: il direttore era effettivamente in ufficio con qualcuno. L’uomo che gli faceva da compagnia si girò di scatto, rivelando una bocca armata di sigaretta e un cappello ingombrante. Subito le diede l’idea che fosse uno degli uomini di Kurosawa, forse per il fisico ben robusto, o forse per via di quella specie di uniforme addosso. Maemi incrociò gli occhi del tizio solo un attimo, prima che lui li nascondesse sotto la visiera.
    La ragazza aggrottò un attimo le sopracciglia, ma fece passare il suo sguardo verso il vecchio direttore; appena sentito la porta aprirsi, questi aveva sobbalzato sulla sedia.
    «Cielo!» fece, affrettandosi a sotterrare il quello che aveva in mano sotto una pila di fogli. Alzò gli occhi verso la ragazza, stranito. «Che succede? Qualche emergenza…?»
    «Guardi che non è che Mitsu deve essere in fiamme per farla muovere, eh» commentò Maemi con sprezzo, ben sapendo di star tirando un po’ troppo la corda. Diede un’occhiata verso l’ospite, che teneva gli occhi bassi sulle mani del direttore. «Ho urgenza di parlarle, se posso...»
    «Signore…!» arrivò la voce della segretaria, boccheggiante, dalla porta lasciata schiusa, procedendo a fulminare la ragazza con lo sguardo. «Mi perdoni, questa maleducata non ha voluto sentire ragioni...»
    «Lascia perdere, Anya, torna pure al tuo posto» la rassicurò lui con un gesto di noncuranza. Sembrava essere tornato molto più composto: guardò il signore con la sigaretta in bocca, e sembrò quasi sollevato nel poterlo congedare. «Temo che dovremo rimandare...»
    Il tizio si prese il suo tempo per assaporare un’altra boccata, prima di levare la sigaretta dalla bocca. «Temo di concordare. Allora a dopo, direttore» borbottò burbero, prima di voltarsi e dirigersi verso la porta. Maemi lo seguì con lo sguardo, e lo beccò pure che le lanciava un’occhiataccia, sicuramente infastidito per aver interrotto il suo colloquio.
    La ragazza arricciò il naso, portando la sua attenzione verso Kurosawa. «Permette ai suoi uomini di fumare in servizio, davanti a lei?»
    «Oh, no, no» si affrettò a rispondere lui, sventolando la mano davanti a sé. «Non è un mio uomo, lui. Per fortuna» e qui rabbrividì. «È un tipo molto strano, non capisco come faccia l’assessore Nishimiya a tenerlo sempre con sé...»
    «Vabbè, non mi interessa» lo interruppe Maemi scuotendo la testa. Sembrava che Kurosawa fosse quel tipo che partiva a briglia sciolta con la lingua, se gliene davi l’opportunità. «Sono qui per la missione, non per chiacchierare. Mi serve l’indirizzo della famiglia dell’ultima ragazza rapita».
    Kurosawa aggrottò le sopracciglia. «Mmm, mi pare sia scritto nella cartellina che vi ho dato ieri...»
    «Ce l’ha il mio compagno, ci siamo divisi i compiti».
    «Oh» fece lui, come bloccato un attimo. «Capisco».
    Si abbassò per aprire un cassetto, e vi tirò fuori una pila di fogli. Iniziò a sfogliarli, mentre Maemi attendeva in silenzio.
    «A proposito del tuo compagno…» disse il direttore, mentre metteva da parte l’ennesimo foglio. Tentennò un attimo. «Non vorrei fare una brutta figura, ma… come dire… non mi ha dato un’ottima impressione. Siamo sicuri che sia adatto al compito?»
    Maemi non rispose subito; per un attimo fissò il volto di Kurosawa, curiosa della domanda. Strano che gliene fregasse qualcosa, considerando che fino a quel momento non aveva fatto praticamente nulla se non scaldare la sedia. Possibile che il rimprovero della kunoichi, il giorno prima, gli avesse inculcato un attimo di buon senso?
    Alla fine, Maemi sospirò. «Non si deve preoccupare. Può sembrare un tipo strano, ma è decisamente il più forte tra noi due» borbottò, prendendo controvoglia le difese del compagno. Non perché non lo detestasse, attenzione, ma solo perché le veniva naturale tenere una facciata di unità almeno con quelli che dovevano essere i loro clienti.
    Ci fu una piccola pausa, poi Kurosawa trovò quello che stava cercando: un foglio pieno zeppo di scritte, da cui pescò anche l’indirizzo del consigliere Yamamoto.
    «Grazie» disse allora Maemi, contenta di non aver perso troppo tempo. Fece per voltasi e andar via, quando il direttore la fermò.
    «Scusami un secondo, ragazza mia… ma ho davvero bisogno mi facciate un rapporto giornaliero e dettagliato sull'andamento della missione».
    Maemi alzò un sopracciglio.
    «Ecco... hai visto il signore che c’era prima, no? È l’uomo fidato di un assessore, qui a Mitsu, che mi tiene sotto torchio. Vuole sapere ogni più piccolo dettaglio e mi farebbe molto piacere potergli dare ciò che cerca, così riesco a scrollarmi di dosso il suo uomo...».
    Maemi lo fissò, un po’ confusa; non riusciva a capire se Kurosawa stesse suggerendo che il tizio con la sigaretta lo stesse velatamente minacciando o che cosa. «E perché questo signore è così interessato alla vicenda?»
    Il direttore scrollò le spalle. «Credo sia un amico degli Yamamoto. La signora Miyako ha sguinzagliato più di una persona per metterci fretta».
    Maemi non rispose subito; tutto questo interesse per quello che facevano loro era quantomeno sospetto. “Ma tanto devo già andare dalla donna” pensò lei, credendo che avrebbe potuto constatare la situazione in breve tempo, se si fosse spicciata. Dunque lasciò perdere, iniziando a voltarsi per dirigersi verso l’uscita. «Ho capito, vedrò quel che si può fare»
    «Ehm, un’ultima cosa...»
    Maemi, che aveva la mano già sulla maniglia, si girò visibilmente scocciata. «Sì?»
    Kurosawa non sembrava molto contento di quello che stava per dire. «Riguarda Miyako-san. La sparizione di sua figlia l’ha stressata davvero molto. Fossi in te, farei attenzione a quello che dice: se è la verità, o solo frutto del suo disperato bisogno di trovare qualcosa, anche se non c’è nulla da trovare».
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    «Ecco a te». L’oste schiaffò un boccale ricolmo sul tavolo di legno consumato. Gli lanciò un’occhiata attraverso gli occhiali a mezzaluna. «Ehm… ragazzo».
    Yusuke prese una moneta dal borsello e la appoggiò sul tavolo con un sonoro clack, scostando per un momento un lembo del mantello scuro. L’uomo distolse lo sguardo ed allungò una mano ossuta per raccoglierla. Si allontanò verso il bancone, con quel suo passo ballonzolante che lo faceva somigliare ad un lungo stecco, sospinto in qua e in là da folate di vento contrastanti. L’Uchiha afferrò il boccale e se lo trascinò più vicino, accanto alla cartellina abbandonata in un angolo del tavolo scheggiato. Teneva il gomito dell’altro braccio poggiato sul ripiano, reggendosi la fronte con la mano libera. Lanciò un’occhiata verso una delle vetrate sporche che davano sulla strada, l’unica che riusciva a vedere dal cantone di locale in cui aveva scelto di sedersi a rimuginare in silenzio. Sospirò, passandosi la mano tra i capelli. Fuori era ormai buio pesto e da dentro non si vedeva nulla di ciò che stava fuori, perché in quel quartiere della città non erano molti gli edifici dotati di corrente elettrica. La bettola in cui si era rifugiato era illuminata da lampade ad olio, appese alle travi che attraversavano il soffitto con ganci metallici. Quel posto puzzava di alcol penetrante e pesce andato a male, esattamente come la maggior parte dei suoi avventori. Aveva battuto tutta la zona del porto, nel quartiere che chiamavano di Shio, chiedendo ad ogni persona che incontrava se riconoscessero il simbolo tentacolare disegnato sul foglio che si portava appresso. Aveva scelto quella zona perché quel marchio gli ricordava le spire di una creatura marina, un mostro di qualche tipo proveniente dalle profondità dell’oceano, o qualcosa del genere; perciò aveva sperato che i marinai del luogo potessero associarlo a qualcosa a loro noto, dandogli una base da cui partire. Invece aveva ricevuto solo sopracciglia aggrottate, risposte sgarbate o indifferenti scrollate di spalle.
    Afferrò il boccale e se lo avvicinò alla bocca. Non aveva idea di che razza di bevanda ci fosse in quel bicchiere, dalla cui spuma leggera proveniva un forte odore fruttato. Sapeva solo che l’oste l’aveva chiamato Bacio della Sirena, e che lo consigliava a tutti quelli che venivano “da fuori”. I pensieri di Yusuke indugiarono su Maemi Takahashi e sul modo in cui l’aveva trattata. Oltre ad averla aggredita, l’aveva terrorizzata a tal punto da indurla a pensare che lui volesse approfittare della missione per farla fuori. Era anche vero che, se non fosse stato per quella sua ridicola pagliacciata nel palazzo dei gendarmi, lui non avrebbe certo perso tempo a cercare di capire come uscirne, e avrebbe potuto ascoltare quello che si dicevano lei e quel tizio, Kurosawa. E forse adesso avrebbe avuto quantomeno l’ombra di un’idea di che cosa fosse quel dannato marchio, tanto per cominciare. Strinse l’impugnatura del boccale, immaginando di tenere ancora la ragazzina inchiodata al muro.
    "Che si fotta". Si meritava qualsiasi guaio le sarebbe capitato, da lì in avanti.
    Bevve un lungo sorso dal boccale, ingoiando la bevanda tutto d’un fiato. Aveva un sapore molto dolce, corposo, sorprendentemente buono per il posto in cui si trovava. Quando deglutì, gli si incendiò la gola. Soffocò un attacco di tosse, coprendosi la bocca con un pugno. Altro che bacio… sembrava gli avessero raschiato la gola con un kunai incandescente, accidenti.
    Udì sghignazzare nel tavolo accanto a lui.
    «Eccolo lì, il primo Bacio della Sirena».
    Un omone corpulento gli fece un cenno cameratesco, indicando il gotto dal quale l’Uchiha aveva appena bevuto. L’uomo rise di nuovo, curvo su un bicchierino pieno di liquore ambrato. Yusuke gli scoccò un’occhiataccia, che l’altro sembrò scrollarsi di dosso con naturalezza. Avvicinò il bicchierino al grosso naso bitorzoluto, annusandone il contenuto come in estasi.
    «Prima ti attira fuori rotta con il suo dolce profumo e le invitanti promesse…» Ne buttò giù il contenuto in un sorso. Sbatté il bicchiere sul tavolo, espirando rumorosamente. «…e poi ti trascina sott’acqua, dove rivela la sua vera natura».
    Yusuke si strinse nelle spalle, abbassando un pelo la guardia. Non aveva senso mettersi a discutere con uno sconosciuto perché gli aveva rivolto la parola a sproposito. Quella era una cosa che avrebbe potuto benissimo fare Chizuru, invece, con le saette che partivano dagli occhi e il mento sollevato all’insù, in segno di spregio. Lì, in un Paese sconosciuto ad un mare di distanza, si accorse che la sua amica gli mancava da morire; ma aveva allontanato anche lei, come tutti gli altri che gli avevano voluto bene. Affogò quel pensiero in un secondo sorso, che questa volta gli parve più sopportabile. Ad onor del vero, il contrasto tra la dolcezza iniziale e lo scossone che arrivava in seguito cominciava quasi a piacergli.
    «È… buona». Si volse verso l’altro avventore, pulendosi la schiuma dalla bocca. «Mi piace».
    L’uomo si scostò una ciocca di capelli stopposi dalla fronte umidiccia. «Questo lo vedo, giovanotto». Lo squadrò con una lunga occhiata indagatrice, grattandosi il ventre a botte che strabordava dai calzoni, velato da un’ampia camicia abbottonata solo in parte. «Da queste parti non si vede molto spesso uno come te… anzi, non credo di aver mai visto una faccia come la tua da nessuna parte, a dire il vero».
    Terminò la frase lasciandola in sospeso, in un muto interrogativo. Yusuke tenne la bocca chiusa, ma si passò involontariamente la lingua lungo i canini affilati. Bevve un altro sorso dal suo boccale.
    «Se ti raccontassi tutta la storia, non mi crederesti».
    «Oh, credimi: ne ho viste di cose strane su queste coste da riempirci una vita intera». L’uomo giocherellò con il suo bicchierino, facendolo oscillare sulla superficie del tavolo. «E ultimamente si sentono in giro storie molto cupe, provenire da Sud».
    Quell’uomo non era uno stupido. Forse era solo un vecchio marinaio a cui piaceva scambiare storie nelle taverne, ma non reputava saggio lasciare che la conversazione ondeggiasse in maniera pericolosa verso l’Isola della Luna e ciò che era successo laggiù. Poteva approfittarne per fare un ultimo tentativo per la sua ricerca, prima di arrendersi e andare a dormire.
    «Sto cercando qualcuno che sappia dirmi qualcosa riguardo a questo simbolo». Pescò il foglio dalla tasca e lo appoggiò sul tavolo, rivolto verso di lui. «Mai visto niente del genere?»
    Il marinaio si sporse in avanti e, dopo una rapida occhiata, esalò un lungo fischio sommesso. Ora che si era fatto più vicino, Yusuke ne avvertì l’alito pesante dal quale gli venne spontaneo allontanarsi, ma si trattenne dal farlo. Quello che aveva bevuto non era di certo il primo giro della serata.
    «Roba interessante, senza dubbio».
    E si ritrasse, senza aggiungere altro. Yusuke inclinò la testa, un’espressione perplessa stampata in volto.
    «Quindi…? Hai già visto questo simbolo, prima d’ora?»
    L’omone si passò l’unghia del mignolo tra i denti, come per rimuovere fastidiosi residui di cibo. «Beh, diciamo che potrei averlo visto, da qualche parte». L’Uchiha si illuminò, sporgendosi un poco di più verso di lui. Dopo tanti buchi nell’acqua, finalmente una pista…? «E forse potrei anche ricordarmi dove l’ho visto. Naturalmente questo se…»
    Il suo entusiasmò si smorzò appena, sostituito da una glaciale determinazione. «Se cosa?»
    «…se riuscirai a sopportare un liquore di prima scelta, e non quel latte per mammolette che stai sorseggiando».
    Yusuke si strinse nel mantello, deciso a non farsi sfuggire quell’unico barlume di luce nel buio di quella serata. «Sai che potrei semplicemente obbligarti a dirmelo».
    «Oh, non ne dubito, ragazzo». L’altro fece roteare il bicchiere vuoto sul tavolo malmesso e lo guardò con un sorriso sornione, da cui si intravedevano i denti anneriti dalle foglie di tabacco. «Ma hai tutta l’aria di uno a cui farebbe bene una buona bevuta».
    "Una buona bevuta…" Non era mai stato un gran bevitore, a dire il vero, e farlo in servizio non rappresentava propriamente quell’ideale di etica del lavoro che aveva sempre cercato di seguire. Ma la verità era che si sentiva così stanco. Stanco di essere costantemente arrabbiato, con chiunque; stanco di sentire una pozza d’odio cocente ribollire dentro di lui, destinata prima di tutto a sé stesso, e poi a chiunque fosse così stupido da avvicinarglisi. Ricordava che, quando aveva accettato la mano tesa di Emon Saburo dopo aver perso Nobuo, non desiderava altro che smettere di provare qualsiasi cosa. Solo una piatta, ma rassicurante, negazione di sé stesso. E quell’anelito era sempre lì, supplicante, soffocato sotto al groviglio delle sue emozioni irrisolte. Ad un tratto, l’invito di quel grasso ubriacone non gli sembrava più una così cattiva idea.
    Si lasciò cadere all’indietro, appoggiandosi allo schienale della sedia. «D’accordo. Ci sto».

    ~Yusuke Uchiha
    ChakraFisicoMentale
    258Ottimale.Abbattuto.
    ~Equip
    SlotOggettoNote
    IndossataLame RetrattiliPolsi
    FoderoSpada KusanagiFianco destro
    Rotolo MinoreScudoBraccio dx
    T. SupplFumogeni[5/5]Coscia dx
    ~Borsa
    Armi
    Kunai [8/10]Shuriken [20/20]Shuriken [20/20]
    Kunai [10/10]Palla Luce [2/2]
    Accessori
    Occhio CiberneticoPietra FocaiaMaschera Respiratoria
    Radiolina
    ~Gilet
    ArmiAccessori
    ~Note
    Note
    Sharingan ≈Disattivato
    Unione Demoniaca ≈ Disattivata
    Due Palle Luce ≈ Legate a due Kunai [2/2]
    Guanti ≈ Indossati
    Coprinaso in Bende ≈ Riposto
    Occhialoni ≈ Riposti

     
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